Le cause biologiche dell'omosessualità

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  1. silverback
     
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    Per avviare un'analisi di associazione genetica nell'orientamento sessuale del maschio, si è dovuto innanzitutto trovare marcatori significativi (segmenti di DNA che contrassegnano certi punti su un cromosoma). Fortunatamente il Progetto Genoma umano ha prodotto un ampio catalogo di marcatori situati su tutta la lunghezza dei cromosomi X.
    I più utili sono brevi sequenze ripetitive di DNA che hanno lunghezze leggermente diverse da una persona all'altra. Per individuare i marcatori, ci si è serviti della reazione a catena della polimerasi* (o *PCR, inventata da Kary B. Mullis, Premio Nobel per la Chimica, nel 1993), producendo parecchi miliardi di copie di regioni specifiche del cromosoma, e si sono quindi separati i diversi frammenti mediante elettroforesi su gel.
    Il secondo passo dell'analisi è consistito nell'individuare famiglie adatte. Se si studiano caratteri semplici come il daltonismo o l'anemia falciforme, che coinvolgono un solo gene, si analizzano ampie famiglie multigenerazionali, nelle quali ciascun membro evidentemente ha o non ha il carattere in questione. Questa strategia non è però adatta per studiare l'orientamento sessuale. In primo luogo, è difficile identificare con certezza qualcuno come omosessuale: la persona potrebbe mascherare il suo vero orientamento, o non esserne consapevole. Poiché l'omosessualità era in passato ancor più stigmatizzata (naturalmente non fra gli antichi greci o i romani; è notorio che è stata la cultura ebraico-cristiana quella che più ha combattuto l'omosessualità), lo studio di famiglie multigenerazionali è particolarmente problematico. Inoltre la costruzione di modelli genetici mostra che, per caratteri che coinvolgono parecchi geni diversi, espressi a livelli variabili, lo studio di ampie famiglie può in realtà ridurre la probabilità di trovare un gene associato: vi sono troppe eccezioni. Per questi motivi, Hamer e collaboratori hanno deciso di concentrarsi su nuclei familiari con due figli maschi omosessuali. Un vantaggio di questa scelta è che non vi sono probabilità di errore quando un individuo dichiara di essere omosessuale. Inoltre, è possibile scoprire un singolo gene associato anche se, per la sua espressione, occorrono altri geni o fattori non ereditari. Per esempio, supponiamo che per essere un maschio omosessuale sia necessario un gene sul cromosoma X assieme a un altro gene su un autosoma, più un certo insieme di circostanze ambientali. Lo studio di fratelli omosessuali darebbe un risultato netto, in quanto entrambi i soggetti avrebbero il gene sul cromosoma X. Per contro, i fratelli eterosessuali di maschi omosessuali avrebbero talvolta lo stesso gene sul cromosoma X e talvolta no, il che porterebbe a risultati in grado di ingenerare confusione.
    Gli scienziati che effettuano queste analisi sono convinti che lo studio dei fratelli sia la chiave per comprendere i caratteri che sono influenzati da molti elementi. Dato che Hamer e collaboratori avevano interesse nel trovare un gene che si esprimesse solo nei maschi, ma che fosse trasmesso per via femminile, hanno limitato la ricerca a famiglie con maschi omosessuali, ma in cui non vi fossero coppie padre omosessuale-figlio omosessuale. Sono state reclutate 40 famiglie. Dai fratelli omosessuali e, dove possibile, anche dalle loro madri o sorelle sono stati prelevati campioni di DNA.
    Questi sono poi stati tipizzati per 22 marcatori che si estendono sul cromosoma X dall'estremità del braccio corto a quella del braccio lungo. Per ogni marcatore, una coppia di fratelli omosessuali veniva registrata come concordante se essi avevano ereditato marcatori identici dalla madre o come discordante se avevano ereditato marcatori diversi. Si prevedeva che la probabilità che i marcatori fossero identici per caso fosse del 50 per cento. Sono state anche effettuate correzioni per l'eventualità che la madre possedesse due copie dello stesso marcatore. I risultati sono stati sorprendenti. Su una parte molto estesa del cromosoma X i marcatori erano distribuiti a caso tra i fratelli omosessuali, ma all'estremità del braccio lungo del cromosoma, nella regione Xq28, c'era una considerevole concordanza: 33 coppie di fratelli su 40 condividevano lo stesso marcatore. Benché la dimensione del campione non fosse grande, il risultato era significativo sotto il profilo statistico: la probabilità che un rapporto così diverso dalla media fosse determinato dal puro caso era meno di una su 200.
    In un gruppo di controllo di 314 coppie di fratelli, la maggior parte dei quali erano presunti eterosessuali, i marcatori Xq28 erano distribuiti a caso.
    L'interpretazione più semplice è che la regione cromosomica Xq28 contenga un gene che influenza l'orientamento sessuale nei maschi. Questo studio offre finora la prova più consistente del fatto che la sessualità umana sia influenzata dall'ereditarietà, in quanto esso esamina direttamente il DNA. Ma, come con tutti gli studi allo stadio iniziale, vi sono alcune riserve di cui occorre tener conto.



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