I miti delle donne

di Marina Terragni

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    Il caso estivo. L’attore fotografato con la Canalis e le lamentele dell’ex fidanzata
    Da Brando a Clooney
    I miti (discussi) delle donne
    Valentino? «Un piumino da cipria». Dicerie e veleni sui sex symbol


    «Le femmine hanno avido il sesso, i maschi poco vigore, ora che Sirio il capo dissecca e le ginocchia»: già nel 630 a.C. il poeta Alceo di Lesbo incolpava per la sua fiacchezza la terribile calura greca. E per garantire prestazioni dignitose implorava il conforto di un po’ di vino: «colma le tazze fino all’orlo». Forse a Laglio, Como, con la breva e il tivano, venti che increspano le acque del lago, ai maschi indigeni o acquisiti le cose vanno un po’ meglio. Paparazzata nel suo splendido negligé alla finestra di villa Oleandra-Clooney, Elisabetta Canalis ha un’aria sonnacchiosa e appagata. A letto uno mica è sempre uguale. Non è detto che a Clooney, sex symbol cosmico, le cose vadano sempre come gli sono andate con Sarah Larson, ex fidanzata che si è lamentata di un George sessualmente per nulla gorgeous: «Bomba del sesso? Ma non scherziamo. È tutta una montatura. La sua prestanza sessuale è poco superiore a quella di un impiegato di banca, una botta e via». Come ogni signora dovrebbe sapere, in buona percentuale è la donna a fare l’uomo, nella vita come nel letto. Magari quella scarsa era lei. Quanto poi agli impiegati di banca, non esistono riscontri certi. Anche se non è tanto il bancario medio quanto piuttosto il bello ricco e famoso a dover temere il venticello di una calunnia che soffia spesso in quella direzione.

    Se da documentate prove Papi è uscito senza macchia — almeno da questo punto di vista —, perfino il bulimico Marlon Brando, verosimilmente l’uomo più sexy di tutti i tempi, venne classificato dalla moglie Anna Kashfi come ipodotato e per niente abile. Fu Natascia Rimbova a stilare la celebre e impietosa sentenza a carico di Rudy Valentino: «È un piumino rosa da cipria», guardare e non toccare, tanto è inutile. Non si è salvato neppure Clark Gable, il mascalzone Rhett, il più vero fra tutti gli uomini veri: molto meglio fuori dalla camera da letto, consiglio di Joan Crawford. Elvis, racconta la moglie Priscilla, altro che The Pelvis, era un bambinone inconsistente. Perfino JFK, campione di fascino e virilità americana, se la cavava in pochi minuti, parola di Jackie, tempistica da ordinario marito medio, e sprofondava subito nel sonno. Di Nicholas Cage, indimenticata canotta italo- americana in «Stregata dalla luna», l’ex morosa Jenna Jameson ha detto che «puzza come il sudore distillato di un barbone senzatetto». E riguardo a Ronaldo l’amante Lara ci ha informato del fatto che «a letto non è un fenomeno come in campo». Cary Grant fu oggetto di dicerie così tenaci che cinque matrimoni, una figlia e una gran cotta per Sophia Loren, incontrata sul set di «L’orgoglio e la passione» non bastarono a smentire.

    Magnifico uomo che «ti rende felice solo a guardarlo», come disse qualcuna, principe della sophisticated comedy, inimitabile raffinatezza british (era nato a Bristol, nome di battesimo Archibald, infanzia povera e infelice) destinata a diventare l’eleganza americana per definizione, le maldicenze gli infelicitarono la vita. Una volta che era molto giù l’amico regista Peter Bogdanovich provò a consolarlo: in fondo che t’importa, tu sei Cary Grant. E lui: «Tutti vorrebbero essere Cary Grant. Anch’io». Unico presidio difensivo, la sua formidabile ironia: «Se vuoi avere successo con una donna — suggerirà — dille che sei impotente: non vedrà l’ora di smentirti». Per fortuna anche a Clooney, epigono a pieno titolo di Grant, il sense of humour non manca. Provi a riderci sopra. Impotenza, omosessualità e narcisismo, perché anche l’eccesso di bellezza per un uomo può essere un regalo avvelenato: ecco il triangolo delle Bermude della virilità.

    Esemplare assoluto di charme latino e attore generosamente disinibito, Marcello Mastroianni si misurò senza paura con tutti i lati dell’incertezza: «frocio» mandato al confino nell’indimenticabile «Una giornata particolare» di Ettore Scola; bellissimo e malinconico impotente in «Il bell’Antonio » di Bolognini, tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati, che ha i suoi precedenti nell’ «Armance», prima opera di Stendhal e in «Olivier ou le secret » di Madame Duras. Come a dire che la defaillance è solo l’altra faccia della virilità più piena: e chi era più virile di Marcello? Che è l’ombra ineliminabile, e forse indispensabile della mascolinità. Il bell’Antonio altro non è che il ritorno del rimosso di Alfio, suo padre, siculo priapico, amante instancabile e incontinente. Il genio di Marcello è prova della saggezza degli indiani americani, che chiamavano la virilità «il grande impossibile». Ma certo, sono impossibili anche certe intraprendenti signore e signorine, arcigne esaminatrici di prestazioni maschili — e poi volete che non vadano in ansia, poveretti? —, incapaci di fare quel passo indietro indispensabile prodromo al farsi avanti di uomo. E sempre pronte a lamentarsi del fatto che di veri uomini in circolazione non ce ne sono più. Dimenticando che per ogni vero uomo, quello che serve, altro che Viagra, è anzitutto una vera donna.


    http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_...44f02aabc.shtml
     
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