Addio economia del "macho" la Borsa è in mano alle donne

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  1. icarus.10
     
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    Addio economia del "macho"
    la Borsa è in mano alle donne
    di PAOLO PONTONIERE
    Addio economia del "macho" la Borsa è in mano alle donne


    SAN FRANCISCO - Che le donne se la stessero cavando meglio degli uomini in questa fase di recessione economica lo rilevavano già i dati del Bureau of Labor Statistics statunitense, secondo il quale le donne rappresentano oltre il 49 per cento della forza lavoro americana e sono responsabili del mantenimento di oltre il 50 per cento delle famiglie degli Usa. E sembra che stiano attraversando meglio anche la crisi dei licenziamenti, che tra gli uomi registrano un tasso del 32 per cento superiore a quello delle donne.

    Ma che le donne possano giocare un ruolo fondamentale nel salvare l'economia internazionale - o per dirla con la parafrasi di un economista americano: "Ci vogliono estrogeni per rimettere in sesto l'economia" - è una nozione che pochi riescono ad accettare. Sembra una boutade estiva, eppure il fenomeno è confermato da numerose ricerche.

    La prima indagine, resa nota dalla Ernst & Young, indica una relazione diretta tra il numero delle donne in posizioni dirigenziali e i profitti delle aziende: quelle che ne hanno di più registrano profitti nettamente più alti della media del loro settore industriale. Presentata ad un incontro delle parlamentari del Congresso Usa, la ricerca ha spinto i media americani a coniare un nuovo slogan: The Death of Macho Economy - la morte dell'economia machista, ovvero dell'economia superpotenziata dalle speculazioni. Tutta Wall Street e poca produzione, per intenderci.

    Il dato era stato in qualche maniera già anticipato da osservazioni realizzate da alcuni economisti all'ultimo World Forum di Davos. Sorprendendo i partecipanti al convegno, i ricercatori hanno sostenuto la tesi che proprio grazie alla presenza di un numero maggiore di donne a Wall Street rispetto a quante ce ne fossero durante la Grande Depressione, la Grande Recessione di questi anni non si è aggravata al punto da diventare una nuova Grande Depressione. Non solo: la ricetta per per porre fine ai contorcimenti della finanza internazionale sarebbe proprio iniettare una nuova dose di estrogeni nell'economia globale.

    E così tutte quelle qualità ritenute tipicamente femminili, che prima della crisi venivano denigrate come touchy-feely, umorali e ipersensibili, adesso vengono rivalutate e messe a confronto, in positivo, con l'eccesso di testosterone ostentato dai trader di Wall Street e dei maghi degli hedge fund e delle private equity.

    L'opinione a favore della femminilizzazione dell'economia americana, e di riflesso anche di quella internazionale, non è sostenuta solo dalla ricerca della Ernst&Young. Nel corso degli ultimi mesi, infatti, se ne sono susseguite molte altre dello stesso tenore. Dalla Goldman Sachs, in questo momento la maggiore banca di investimento del mondo, alla Columbia University, alla McKinsey&Co., tutte queste ricerche indicano che la partecipazione delle donne alla gestione dell'economia può determinare il successo di un'azienda. Gli indicatori presi in esame sono l'assunzione di decisoni produttive e non dannose, e l'analisi tra perdite e profitti in ambito aziendale.

    La Pepperdine University ha per esempio dimostrato che tra le "Fortune 500", le prime 500 aziende statunitensi, l'incremento del numero delle donne nelle alte sfere dirigenziali determina un incremento dei profitti sulla media del settore che varia tra il 18 e il 69 per cento.

    Anche in Europa, secondo la McKinsey&Co., la presenza femminile sembra avere effetti taumaturgici, se si considera che per le aziende che promuovono il maggior numero di donne manager si registra una prestazione azionistica nettamente superiore a quelle di altre aziende dello stesso comparto.

    Il tocco femminile non manca di farsi sentire nemmeno nel settore dei fondi di investimento, che hanno sofferto fortemente del crollo azionario. Il Calpers, il fondo dei lavoratori degli enti pubblici californiani, il più grande della nazione, ha perso per esempio quasi 100 miliardi di dollari. Ora, secondo il National Council for Research on Women, durante il periodo della bolla speculativa le investitrici e le manager dei fondi di investimento, adottando una strategia più misurata di quella dei loro colleghi maschi, hanno prodotto ricavi annui del 9,6 per cento contro il 5,8 dell'indice del settore.

    Anche una ricerca della French Fund Association concorda con questa conclusione. Secondo l'istituto francese i fondi di investimento gestiti dalle donne nel corso degli anni hanno prodotto risultati più stabili e costanti rispetto ai fondi gestiti da dirigenti uomini e il dato è costante misurando i risultati anno su anno, ogni tre e ogni 5 anni. Le manager molto spesso non si piazzano all'apice della classifica, ma di sicuro mai al fondo. Secondo la Catalyst, un istituto di ricerca sulle donne e il mondo del lavoro, per fare la differenza tra una strategia aziendale di successo e una destinata al fallimento basta la presenza di appena tre donne nei ranghi dirigenti. E infatti le compagnie che registrano la presenza di 3 o più donne nel loro consiglio di amministrazione distanziano la concorrenza del 40 per cento in tutti gli indici della prestazione aziendale.

    E se i dati economici non bastano a convincere gli scettici, gli studiosi si avventurano anche in una spiegazione scientifica e ormonale del fenomeno. Una la fornisce per esempio il professor Scott Page dell'Università del Michigan che ha concepito il teorema di "previsione della diversità", il Diversity Prediction Theorem, secondo il quale un gruppo diversificato di persone produce sempre decisioni migliori di un gruppo omogeno, specialmente quando lo si considera dal punto di vista della diversità sessuale. "Un gruppo di uomini bianchi chiusi in una stanza non raggiunge mai la migliore conclusione", sostiene Peterson. Sarà per questo che in Norvegia è la legge a decidere che le donne debbano occupare di diritto almeno il 40 per cento dei posti nei consigli di amministrazione aziendali. O che aziende come la Hermes, la Wal Mart, la Capital One, Best Buy, Sun Microsystems, Yahoo, Xerox, Sara Lee e la PepisCo hanno deciso di affidare i destini della loro aziende a dirigenti donne.

    "Le cose a livello di dirigenza aziendale stanno certamente cambiando", afferma Danah Boyd. Tra le principali ricercatrici della Harvard University sul tema del ruolo delle donne nell'era del Web 2.0, Boyd è considerata una delle massime autorità statunitensi in fatto di media sociali e fenomeni femminili. "Sono finiti i tempi in cui le donne che si interessavano di economia, tecnologia e computer venivano definite secchione", continua Boyd. "Adesso il fenomeno più interessante, in termini di successo aziendale, non è tanto il boom dell'iPhone, ma le donne che, dalle nanotecnologie alla computeristica, stanno cambiando la faccia dell'industria e della nostra società".

    (26 luglio 2009)

    http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/e...ne-manager.html
     
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  2. Milo Riano
     
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    CITAZIONE
    la morte dell'economia machista, ovvero dell'economia superpotenziata dalle speculazioni. Tutta Wall Street e poca produzione, per intenderci.

    Tutta speculazione e poca produzione: questa sarebbe la filosofia machista applicata all'economia? Ma da quando? Andiamo bene, andiamo... Un tempo c'era l'industria pensante, macha, e quella dei servizi, frùfrù. Che brutta fine hanno fatto 'sti machi, neanche un ringraziamento per tutta l'opulenza prodotta... Ma poi, se la crisi è isterica e umorale, non è che la colpa era del sistema dopato con gli estrogeni (così faccio felice anche la Bossi Fedrigotti perché do la colpa alle donne :P)? Eppure questa storia della crisi, della colpa dei maschi, e delle aziende "prudenti" (in settori poco competitivi), e quindi le nuove qualità: femminili. Tutto ciò puzza di racconto auto-assolutorio.


    Il Foglio - 31 marzo 2009

    L'eccezione che rovina il racconto autoassolutorio dei banchieri centrali arriva dal Libano

    Il Sole 24 Ore ha raccontato e intervistato uno strano esemplare di capo di un'istituzione monetaria. Ha semplicemente vietato i subprime fin dal 2004. Elementare no?

    L' eccezione che rovina il racconto autoassolutorio dei banchieri centrali e delle varie autorità di vigilanza finanziaria di tutto il mondo (nonché degli investitori passati rapidamente dal ruolo di padroni dell'universo a poveri abbindolati) ci è stata candidamente raccontata dal Sole 24 Ore di domenica. Un titolo in prima, buttato lì così, per dire che un signore, nel suo bell'ufficio di Beirut, aveva capito e aveva anche agito. Un breve articolo e una intervista facile facile per riferire, con candore spietato, che solo uno, dicasi uno, tra i banchieri centrali mondiali aveva mostrato un po' di sale in zucca e aveva applicato le doti di prudenza e di saggezza finanziaria che dovrebbero essere premessa ovvia per svolgere quel compito. Quell'uomo si chiama Riad Salameh e fa il banchiere centrale di un paese complicato come il Libano, e, forse perché di complicazioni ne vedeva già abbastanza attorno a sé, aveva deciso di vietare, fin dal 2004, alle banche del suo paese qualunque investimento in mutui subprime o in titoli anche indirettamente legati ad essi.

    Proprio così: vietare e basta. Con il risultato, riferito dal Sole 24 Ore, di sfoggiare banche commerciali sottoposte alla sua vigilanza eccezionalmente sane, e di poter vantare, nell'aggregato, depositi in crescita del 16 per cento, prestiti al settore privato in aumento del 23 per cento e riserve valutarie salite del 60 per cento. Secondo il racconto auto-assolutorio tutti avevano capito tutto ma, educatamente, al massimo bisbigliavano, scrivevano tra le righe dei loro moniti, ammonivano ma si ritraevano, o, più spesso, direttamente tacevano. E perché tanto riserbo? Il racconto che va per la maggiore copre quel silenzio con altrettanto silenzio o con il pietoso riconoscimento della mancanza di strumenti per agire o con la rabbiosa denuncia di un altro colpevole: i governi sordi e collusi. Quel racconto è crollato per una piccola intervista. Poche righe a pagina 9 del giornale confindustriale e buonanotte ai G4, G8, G20, al Financial stability forum, alla Banca dei regolamenti internazionali, al Fondo monetario internazionale, ai ricordi di Bretton Woods, alle agenzie di rating, ai Patti Chiari, al mercato che sa fissare i prezzi, agli spiriti animali che muovono il profitto, alla mano invisibile che indirizza verso la maggiore efficienza. Tutto crolla di fronte alla saggezza dell'uomo di Beirut. Aveva applicato complessi modelli? Disponeva di informazioni riservate e speciali? Tutt'altro. Si può dire che abbia applicato una regoletta proprio terra terra, quella che consiglia diffidenza di fronte a investimenti con rendimenti attesi molto superiori alla media, alla ragionevolezza e al normale ritorno di utili sul capitale nel settore produttivo.

    Alla domanda numero 6 gli viene chiesto nuovamente di spiegare la sua decisione di vietare l'acquisto dei subprime da parte delle banche libanesi. Ecco la fantastica risposta: "Nell'agosto del 2004 abbiamo deciso che l'acquisto da parte delle banche private di prodotti finanziari strutturati e derivati doveva essere approvato dalla Banca centrale; finora non abbiamo autorizzato nessuno a farlo. Allora i tassi di interesse erano piuttosto bassi mentre questi prodotti offrivano una redditività più alta, erano perciò attraenti. Ma per noi la priorità è proteggere i depositi". Bene. E gli altri? Ogni parola è una mazzata per i suoi colleghi. La data è crudele: tre anni prima che esplodesse la crisi. Lo strumento indicato è semplice e efficace: sottoporre a stretta vigilanza l'acquisto di titoli strutturati e derivati e non autorizzarne, mai, l'acquisto. La diagnosi è spietata: c'era già, forse, un errore, cioè quei tassi di interesse troppo bassi; ma sarebbe stato errore ancora maggiore lasciar circolare titoli dalla redditività troppo alta e perciò sospetta. Fino alla botta conclusiva: per noi (per noi dice) la priorità è proteggere i depositi. E gli altri, che priorità avevano? Salameh forse agiva nell'ombra, come banchiere centrale di un piccolo paese? Non sembrerebbe, visti i tre riconoscimenti come banchiere centrale dell'anno ricevuti, l'ultima volta nel 2006. Il premio lo dà la rivista Euromoney. Urge abbonamento.

    Giuseppe De Filippi



     
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  3. milanesestanco
     
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    cinesi , indiani, russi , venezuelani , brasiliani, coreani saranno sicuramente contenti se USA ed Europa vorranno seguire i dettami di LaRepubblica sulle dirigenze e femminilizzare tutto.

    segnalo che il candidato a segretario del PD Ignazio Marino ha la seguente proposta nel suo programma:


    "”Introdurre una norma antidiscriminatoria che preveda una percentuale minima di genere del 40% nelle Istituzioni e nei Consigli di Amministrazione"


    ed infine segnalo questo:
    http://presidentblog.splinder.com/post/21023215/
    tanto per un esempio di perchè le donne riescano meglio e di quanto sia ipocrita la politica.

    a presto
     
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  4. adangwin
     
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    CITAZIONE (icarus.10 @ 26/7/2009, 15:09)
    E sembra che stiano attraversando meglio anche la crisi dei licenziamenti, che tra gli uomini registrano un tasso del 32 per cento superiore a quello delle donne.

    Domanda retorica: non sarà perché gli uomini lavorano in settori mediamente più produttivi e quindi più soggetti agli sbalzi delle turbolenze economico/finanziarie?



     
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  5. ilmarmocchio
     
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    La repubblica e il suo fondatore, Scalfari, hano sempre portato sfortuna a chi hanno sostenuto. Le quote rosa in Italia hanno abbassato il livello della politica all'abisso di oggi. Se vogliamo affossare anche l'economia, andiamo avanti cosi'.
     
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  6. madjakk
     
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    CITAZIONE (milanesestanco @ 26/7/2009, 17:00)
    cinesi , indiani, russi , venezuelani , brasiliani, coreani saranno sicuramente contenti se USA ed Europa vorranno seguire i dettami di LaRepubblica sulle dirigenze e femminilizzare tutto.

    segnalo che il candidato a segretario del PD Ignazio Marino ha la seguente proposta nel suo programma:


    "”Introdurre una norma antidiscriminatoria che preveda una percentuale minima di genere del 40% nelle Istituzioni e nei Consigli di Amministrazione"


    ed infine segnalo questo:
    http://presidentblog.splinder.com/post/21023215/
    tanto per un esempio di perchè le donne riescano meglio e di quanto sia ipocrita la politica.

    a presto

    Anche di obbligare il 50% dei padri a prendere il congedo di maternità in modo da non discriminare le donne (letto su credo l'ultimo numero di Vanity Fair)
     
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  7. doppler effect
     
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    L'economia attuale si basa su due fondamentali livelli di stratificazione; ciascun livello non è separato ma sono contigui, uno sopra l'altro.

    Il primo, quello che giace per terra, è il lavoro di produzione e realizzazione di beni materiali per il fabbisogno dei consumatori. Il lavoro su questo livello è composto in buona parte da uomini.
    Il secondo livello serve a gestire le pratiche relazionali, di marketing, di sevizi, di burocrazia affinchè i beni realizzati confluiscano verso i consumatori finali. A questo livello le donne sono la maggiorparte.

    In questi tempi di crisi, il primo livello risente in modo più diretto della mancanza di ordini, senza contare che le macchine che servono alla produzione, oltre che a costare molti soldi, se stanno ferme, si hanno perdite di spese di ammortamento non indifferenti.

    Se viene giù il primo livello, passato un pò di tempo viene giù anche il secondo, solo questione di tempo.
     
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  8. Guit
     
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    Ritengo che abbia ragione Doppler ma c'è dell'altro.

    La continua narrazione di una donna superiore e di un uomo inadeguato produce prima o poi discriminazione ai danni degli uomini.

    Si tratta dei normali risultati di un razzismo. Chi ne viene colpito regredisce nella scala sociale, trova maggiori difficoltà a esprimersi e ad essere valorizzato.

    Perché le difficoltà lavorative delle donne sono sempre state interpretate come evidenza di discriminazione nei loro confronti e le attuali difficoltà degli uomini non dovrebbero esserlo ?

    La narrazione modifica la realtà e la realtà modifica ben poco la narrazione.

    Adesso racconteranno pedissequamente delle qualità femminili superiori in azienda, vero o falso non importa, nessuno farà analisi approfondite, e il risultato sarà la svalorizzazione degli uomini per il fatto di essere uomini.

    Chi ha dei dubbi resti a guardare che succede. E' successo lo stesso in tutti gli altri settori, a cominciare dalla scuola.

    E infatti i media di massa hanno steso un velo di tabù in tutti i settori dove, grazie alla narrazione razzista, gli uomini stanno in sofferenza.

    Avete mai sentito parlare dell'abbandono scolastico, fenomeno quasi esclusivamente maschile?

    Quando la condizione di discriminazione passerà dall'essere narrata a essere reale, cesseranno di parlarne. Nell'eventualità in cui lo faranno, diranno che la donna è più brava e si merita quello che ha.

    Mentre continueranno a fare pseudoricerche sul cervello che può fare tante cose contemporaneamente, al contrario di quello dei maschi.

    Come facevano i nazisti.

     
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  9. tonireve
     
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    CITAZIONE
    la Borsa è in mano alle donne

    Questo lo si vede in qualsiasi famiglia, dato che l' uomo guadagna e la donna spende
    :shifty:
     
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  10. Carlo Zijno
     
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    Ti quoto mille per mille, Guit.
    E ci aggiungo dell'altro: la natura maschile è portata all'intraprendenza, all'osare, al ricercare nuove strade: ed è quindi per sua natura più pericolosa rispetto a quella femminile, più portata alla conservazione ed all'ottimizzazione di quello che c'è.

    Ma come è vero che la gestione "al maschile" può essere più pericolosa, è altrettanto vero che rappresenta l'unica strada per produrre significativi incrementi del benessere e nuove frontiere allo sviluppo.

    L'alternativa (gestione del presente, salvo modesti progressivi incrementi da accantonamento) porta nel medio termine all'asfissia ed alla perdita di competitività.

    Culturalmente, però - e qui torniamo all'intervento di Guit - un discorso del genere è indigeribile per i mentori del politicamente corretto, che pur di sostenere le proprie tesi finiscono anche per contraddire loro stessi come anche hanno sottolineato doppler, adangwin e lo stesso Guit.

    Ultima notazione, commentando l'intervento di milanesestanco: se qualcuno di voi, casualmente, fosse del PD, non voti Marino al congresso ma neanche Franceschini (vedi un po' da queste parti: http://metromaschile.blogspot.com/2009/04/...re-partito.html).

    Carlo



    CITAZIONE (Guit @ 27/7/2009, 13:35)
    Ritengo che abbia ragione Doppler ma c'è dell'altro.

    La continua narrazione di una donna superiore e di un uomo inadeguato produce prima o poi discriminazione ai danni degli uomini.

    Si tratta dei normali risultati di un razzismo. Chi ne viene colpito regredisce nella scala sociale, trova maggiori difficoltà a esprimersi e ad essere valorizzato.

    Perché le difficoltà lavorative delle donne sono sempre state interpretate come evidenza di discriminazione nei loro confronti e le attuali difficoltà degli uomini non dovrebbero esserlo ?

    La narrazione modifica la realtà e la realtà modifica ben poco la narrazione.

    Adesso racconteranno pedissequamente delle qualità femminili superiori in azienda, vero o falso non importa, nessuno farà analisi approfondite, e il risultato sarà la svalorizzazione degli uomini per il fatto di essere uomini.

    Chi ha dei dubbi resti a guardare che succede. E' successo lo stesso in tutti gli altri settori, a cominciare dalla scuola.

    E infatti i media di massa hanno steso un velo di tabù in tutti i settori dove, grazie alla narrazione razzista, gli uomini stanno in sofferenza.

    Avete mai sentito parlare dell'abbandono scolastico, fenomeno quasi esclusivamente maschile?

    Quando la condizione di discriminazione passerà dall'essere narrata a essere reale, cesseranno di parlarne. Nell'eventualità in cui lo faranno, diranno che la donna è più brava e si merita quello che ha.

    Mentre continueranno a fare pseudoricerche sul cervello che può fare tante cose contemporaneamente, al contrario di quello dei maschi.

    Come facevano i nazisti.

     
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  11. ilmarmocchio
     
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    Marino , e' quello che mi piace di piu' ( in senso ironico ). Il classico cervellone
    (presunto) che va negli USA perche' in Italia e' troppo bravo. La avrebbe fatto mirabilie, gli USA di qui, gli USA di la... e poi che ti fa ? Ritorna nella schifosa Italia dalla quale avrebbe dovuto emigrare e si butta in politica, con quei stessi politici che sono i primi responsabili dei mali italiani. E l'amore per la scienza, per le vite umane, ecc ecc ? Ma che vada a ca...e
     
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10 replies since 26/7/2009, 14:09   206 views
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