Il problema siamo noi

Barbara Spinelli e la cultura dello stupro

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  1. Wang Mang
     
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    CITAZIONE
    CONTRO LA CULTURA DELLO STUPRO
    Maschi, italiani, la vera emergenza siete voi che legittimate e riproducete la cultura dello stupro.

    di Barbara Spinelli

    A seguire l’ennesimo stupro, immancabilmente i politici e i notabili di turno si sentono in dovere di ripristinare l’equilibrio violato: da bravi patriarchi tuonano nei microfoni e sulle pagine di giornali, promettendoci sicurezza e che giustizia sarà fatta, che ci proteggeranno. Una logica subdola, che paradossalmente rimarca quegli stessi istinti alla base dello stupro: la folle idea che il maschio possa “dominare” sul corpo della donna, farne oggetto delle proprie volontà, mero strumento per la realizzazione dei propri desideri….erotici, ma anche politici (vedasi le dichiarazioni di Berlusconi, sul corpo di Eluana che…può anche riprodurre!).
    L’immaginario collettivo sulla violenza sessuale costruito da politici e giornalisti ci propone una donna vittima e un aggressore “mostro” figlio di una barbara cultura, oppure, più raramente, un uomo “normale”, “di buona famiglia”, trasformatosi in mostro in preda ai fumi dell’alcol o della droga. Così i giornali li raccontano, così i criminali sessuali sono entrati nell’immaginario collettivo.
    Il discorso pubblico sulla violenza sessuale degli uomini sulle donne è mistificatorio. L’obbiettivo è deviare l’attenzione: o sul presunto bisogno di protezione della donna, o sulla necessità di “lotta ai non luoghi della città” -seguendo le affermazioni di Zingaretti sui fatti di Guidonia-.
    La risposta politica è più sicurezza, maggiore controllo del territorio.
    Questo approccio è devastante: cancella l’aggressore “in quanto uomo”, cancella la realtà statistica che conferma che la maggior parte degli stupri, delle molestie, delle violenze fisiche e psicologiche, avviene tra le mura domestiche, per mano di coniugi, amici, parenti. Perché questo ci insegna la cronaca delle ultime settimane: se è il rumeno o l’extracomunitario a stuprare ha commesso un crimine e quindi va punito ed espulso; se invece è lo stimato professore di scuola media ad avere abusato sessualmente di una sua allieva, può riservarsi di non rispondere al Gip ed alle “accuse” della ragazza che trova il coraggio di denunciare; se è il ragazzino di una “famiglia perbene”, annebbiato dai fumi di alcool e droga, la vittima lo vuole pure conoscere, lo possiamo perdonare.
    In questa isterica rappresentazione collettiva in chiave tragica del dramma dello stupro, sfuma la figura dell’aggressore, maschio, e la lucidità della sua scelta criminale predatoria, per lasciare spazio alla ferocia di un mostro straniero, tossico, alcolizzato, con disagi psicologici, con problemi esistenziali. Rappresentato il dramma, la ricerca del lieto fine ce la offrono politici e opinion man nostrani e di buona volontà, che fanno a gara per mettere a suo agio la vittima di turno, per offrirle un lavoro precario da due lire per tirare avanti, e per tranquillizzare le altre donne spaventate promettendo vigorosi militari a guardia delle strade e sguinzagliati in giro alla ricerca di nomadi e clandestini. Il tutto, mentre l’opposizione punta il dito evidenziando, nonostante la destra al Governo, il “crescere dell’insicurezza”.
    E’ chiaro che se la storia puntualmente viene costruita lasciando nella penombra la donna, nella parte della vittima che piange sulla sua disgrazia, e puntando i fari sul protagonista cattivo, lo straniero, e l’eroe buono, il politico-poliziotto italiano che, a stupro compiuto, arriva a gestire la situazione e ripristinare l’ordine, la morale è una scontata richiesta di tolleranza zero e controllo sociale. Si innesca una reazione pubblica di xenofobia e intolleranza nei confronti di clandestini e stranieri, la violenza sulle donne diventa un problema di ordine pubblico, e viene raccontata e condannata solo nel momento in cui si consuma in luoghi aperti e per mano di estranei malintenzionati.
    Diventa in questo modo impossibile una riflessione collettiva contro la violenza sulle donne come problema culturale, e addirittura la rappresentazione del problema della violenza sulle donne in termini di “rischio di stupro da parte di estranei in luoghi insicuri” riesce a creare più allarme sociale delle statistiche, che invece rappresentano come rischio dominante quello di violenza in famiglia e molestie sessuali da parte di partner, parenti e conoscenti.
    Così, mentre le donne silenziosamente continuano a convivere con traumi domestici quotidiani, a subire ricatti sessuali sul lavoro e ammiccamenti osceni per strada, la stampa e i politici continuano a parlare di mostri.
    Come se lo stupro, in casa o per strada, non fosse frutto di una cultura patriarcale, pornograficamente fallocentrica, che vuole la donna disponibile, oggetto sessuale che sorride ammiccante dai grandi cartelloni pubblicitari sulle strade, dalle riviste dei giornali, dai reality, dal Parlamento, sempre disponibile a ruoli servili, gratis in casa e sottopagate fuori.
    In Italia stuprare una donna è reato, ma la “cultura dello stupro” non solo è moralmente lecita, soprattutto è socialmente e simbolicamente dominante.
    Incombe dai megacartelloni pubblicitari della Relish, pesa come un macigno nelle battute di Berlusconi, da quella sulle precarie che vorrebbe sposate a suo figlio, a quella delle belle donne con il soldato di scorta, a quella – forse involontaria ma non per questo meno inquietante- sulle capacità riproduttive di Eluana, corpo vuoto vincolato a una mera funzione biologica, che solo per stupro potrebbe dare vita.
    Vince anche economicamente, la cultura dello stupro, aumentando le tirature dei giornali che si perdono nel disquisire su seni rifatti e propongono nei loro siti fotogallery di donne da calendario.
    Forse non è questa la vera emergenza, il monopolio maschile del discorso pubblico, l’accondiscendenza collettiva al gioco perverso degli ammiccamenti fallocratici di vecchi tombeur de femmes, il silenzio collettivo degli uomini “normali” sulle loro responsabilità, l’incapacità di cogliere che la matrice dello stupro sta proprio nel sessismo, in una cultura che esclude dalla soggettività politica le donne e le relega al ruolo passivo di sedotte e seduttrici, donne per bene e donne male, destinatarie in ogni caso di politiche di controllo sociale volte alla disciplina del loro utero, sia esso come strumento di maschio piacere o come strumento di maschia preservazione della specie?
    L’interesse marginale (o la non menzione) che la stampa nazionale riserva alle notizie di “normali” anziani cittadini italiani che stuprano le badanti, “normali” professori italiani che stuprano le alunne, “normali” figli italiani che uccidono madre e sorella, “normali” zii italiani che stuprano le figlie della sorella con cui viveva in casa, (giusto per citare notizie pure di questi giorni) ci dimostra che la “normalità” dello stupro –confermata dalle statistiche, ripeto- è un tabù.
    E questo silenzio assordante, questa rimozione del problema, è essa stessa un femminicidio simbolico, politico, ideologico, che si ripete ad ogni atto di violenza di un uomo sulla donna, e si rinvigorisce attraverso provvedimenti, leggi e sentenze che di questa stessa cultura si nutrono, giustificandola e riproducendola.
    Siamo un Paese governato da maschi ipocriti e moralisti, donne asservite alle logiche dominanti, dove governati e governate sono silenti.
    E’ questo silenzio ipocrita e moralista che consente il femminicidio, perché legittima la cultura familista e quella dei cinepanettoni, impedisce lo stanziamento di fondi per politiche di promozione dei diritti delle donne, di informazione e ausilio per scappare dalla violenza, e favorisce invece politiche securitarie, di controllo e gestione maschile del territorio, della sessualità, della maternità, della produttività lavorativa stessa delle donne, depotenziandone il ruolo, marginalizzandone il pensiero, impedendone l’effettiva autodeterminazione ed il protagonismo politico e culturale.
    E’ un femminicidio perché la quotidiana discriminazione di donne e lesbiche continua nell’impunità collettiva, tacitamente accettata, culturalmente favorita.
    Se il maschio italiano non si interroga sulle proprie responsabilità e non si ripensa nella sua umanità, dismettendo le logiche di dominio patriarcale fino ad oggi fatte sue, questa sì rappresenta una vera emergenza.
    Se noi donne e lesbiche continuiamo a tacere su questo, la normalità dell’emergenza ci seppellirà, “in quanto donne”.

    Ecco il link: http://femminicidio.blogspot.com/
     
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  2. Tex6969
     
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    Wang Mang
    CITAZIONE
    L’interesse marginale (o la non menzione) che la stampa nazionale riserva alle notizie di “normali” anziani cittadini italiani che stuprano le badanti, “normali” professori italiani che stuprano le alunne, “normali” figli italiani che uccidono madre e sorella, “normali” zii italiani che stuprano le figlie della sorella con cui viveva in casa, (giusto per citare notizie pure di questi giorni) ci dimostra che la “normalità” dello stupro –confermata dalle statistiche, ripeto- è un tabù.

    Semplicemente odiosa, bugiarda e infame !!!!
     
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  3. bartali
     
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    Barbara Spinelli (Roma, 31 maggio 1946) è una giornalista e scrittrice italiana.
    Cenni biografici
    Nata a Roma nel 1946 da Altiero Spinelli e Ursula Hirschmann, lui antifascista e lei ebrea (conosciutisi a Ventotene durante il confino di Spinelli e del marito Eugenio Colorni), Barbara inizia la carriera scrivendo articoli per il "Globo".

    È stata tra i fondatori del quotidiano "Repubblica" per passare, negli anni 1984 -1985, al "Corriere della sera" e infine alla "Stampa", prima come corrispondente da Parigi, dove tuttora lavora e vive, poi come editorialista.


    Premi, onorificenze
    Per la sua battaglia in difesa dei diritti civili le è stato assegnato l'8 marzo 2005 il premio "È giornalismo" quale vincitrice per l'anno 2004.

    Nel giugno del 2005 è stata nominata Grande ufficiale da Carlo Azeglio Ciampi in occasione della Festa della Repubblica [1]

    Ha vinto il Premio Ischia come giornalista dell'anno 2006 per l'informazione scritta.
    Nel 2007 è stata insignita del Premio Internazionale Ignazio Silone per la saggistica.
    Il 21 ottobre 2008 è stata insignita della Laurea Magistrale Honoris Causa in "Studi Europei" dalla Facoltà di Scienze Politice dell'Università del Piemonte Orientale.

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  4. Guit
     
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    Immagino allora che ogni società dove avviene un furto sia colpita da una "cultura del furto".

    Che ogni società dove avviene un omicido sia colpita da una "cultura dell'omicidio".

    E via dicendo.

    Occorre che la Spinelli si vada a ripassare il concetto di democrazia, prima di esternare il proprio razzismo.


    E' così vigliacco e meschino usare un reato per caratterizzare un gruppo sociale.

    La Spinelli fa parte dei bempensanti laici, quelli che si inalberano se dai ai rumeni dello stupratore e nel frattempo usano uno stupro per dare dello stupratore a tutti gli uomini.

    Senza alcuna forma di vergogna. Senza alcun contraddittorio.



    Sapete cosa mi rispose una volta una femminista a tale obiezione, candidamente: "Ma gli uomini non sono un gruppo sociale".

    Aveva risolto il problema così. Con un piede nell'individualismo e l'altro nel collettivismo.

     
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  5. bartali
     
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    CITAZIONE (Guit @ 12/2/2009, 18:04)
    Sapete cosa mi rispose una volta una femminista a tale obiezione, candidamente: "Ma gli uomini non sono un gruppo sociale".

    Un modo elegante per dire "gli uomini sono animali"? :huh:
     
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  6. Guit
     
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    CITAZIONE (bartali @ 12/2/2009, 18:14)
    CITAZIONE (Guit @ 12/2/2009, 18:04)
    Sapete cosa mi rispose una volta una femminista a tale obiezione, candidamente: "Ma gli uomini non sono un gruppo sociale".

    Un modo elegante per dire "gli uomini sono animali"? :huh:

    No, non intendeva questo. Aveva ridotto il senso di "gruppo sociale" alla etnia e alla culturalità, per escludere gli uomini, accorpati da un carattere sessuale (fisico), evitando così alla radice di dover rispondere della negazione agli uomini di quei sani principi di cui si vanno riempiendo la bocca per altre categorie.

    Ovviamente non applicava la stessa riduzione alla categoria femminile.

    Sai quelle forme di contrasto basate sul riduzionismo semantico? Proprio quella.
     
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  7. bartali
     
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    CITAZIONE (Guit @ 12/2/2009, 18:25)
    CITAZIONE (bartali @ 12/2/2009, 18:14)
    Un modo elegante per dire "gli uomini sono animali"? :huh:

    No, non intendeva questo. Aveva ridotto il senso di "gruppo sociale" alla etnia e alla culturalità, per escludere gli uomini, accorpati da un carattere sessuale (fisico), evitando così alla radice di dover rispondere della negazione agli uomini di quei sani principi di cui si vanno riempiendo la bocca per altre categorie.

    Ovviamente non applicava la stessa riduzione alla categoria femminile.

    Sai quelle forme di contrasto basate sul riduzionismo semantico? Proprio quella.

    Ah! Quindi neanche i gay e le donne sono "gruppo sociale".

    Penso che dietro a questa asserzione ci sia un pensiero sostanzioso e cioè l'imposizione sociale (di origine femminile) che gli uomini non debbano curare corporativamente i loro interessi. Negare che possano essere considerati un "gruppo sociale" toglie anche la possibilità che possa avvenire (strategia psicologica). Farli passare come eterni privilegiati rende ridicola la possibilità che possa avvenire.

    Riprendo l'esempio di queste due denominazioni:
    La Donna (singolare -> lobby)
    Maschile plurale (plurale -> ininfluenti nel dibattito sociale)

    Entrambe sono frutto della stessa volontà.

    La conclusione a cui arriverei è che chi gradisce la situazione attuale teme fortemente che gli uomini si alleino per difendere i propri diritti e per limitare i propri doveri.

    Edited by bartali - 12/2/2009, 19:17
     
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  8. ilmarmocchio
     
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    La Spinelli e' proprio l'esempio di cosa e' oggi il giornalismo in Italia. Ripetizione di cliches sempre uguali, incoerenza nelle argomentazioni e sopratutto un odio che si sprigiona anche dalla foto
     
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  9. Blueman
     
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    C'è il modo di far conoscere le nostre ragioni ai lettori/lettrici di questa "grandissima" giornalista? Perchè tanto fino a che ci lamentiamo qui da soli e tra noi otteniamo solo di darci ragione.
    Io invece vorrei- da maschio brutale e cattivo quali siamo noi tutti- disturbare le conversazioni da salotto bene (o dovrei dire da casa di ricovero per minorati mentali) di cotali esempi d'umana virtude!
     
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  10. Tex6969
     
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    Per Blueman
    Ecco gli indirizzi mail per scrivere alla Stampa, giornale che paga, lautamente suppongo, le scemenze scritte da questa becera femminista in menopusa che sprizza livore contro gli uomini dagli occhi furenti.

    Ti allego il link per gli altri indirizzi che vale la pena inserire sempre per conoscenza.
    Appena hai una bozza mettila qui che aderisco,

    grazie.

    http://questionemaschile.forumfree.net/?t=35323088

    [email protected]
    [email protected]
     
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  11. silverback
     
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    CITAZIONE
    CONTRO LA CULTURA DELLO STUPRO
    Maschi, italiani, la vera emergenza siete voi che legittimate e riproducete la cultura dello stupro.

    Tralascio i soliti deliri relativi alla "cultura dello stupro", facendo semplicemente notare la vigliaccheria e il razzismo delle Spinelli che, a quanto pare, non ha "le ovaie" per attaccare nello stesso modo gli albanesi, i rumeni, i marocchini, etc.
    Intendiamoci, non che la cosa mi stupisca... storia vecchia.

    Per esempio:
    http://www.legnostorto.com/index.php?optio...18107&Itemid=29
    CITAZIONE
    La graduale trasformazione dell’utopia femminista nel suo opposto, la legge coranica, è ormai evidente nei paesi scandinavi, dove l’applicazione dell’ideologia femminista e multiculturalista ha raggiunto le punte più avanzate. Negli ultimi anni, infatti, si è verificato un enorme aumento degli stupri e delle violenze sulle donne, per opera nella quasi totalità dei casi di giovani immigrati islamici. In Svezia il numero degli stupri è quadruplicato in una generazione, parallelamente all’afflusso di una immigrazione islamica senza controllo che ha già preso possesso di intere città, come Malmoe. Pur rappresentando non più del 5 % della popolazione, in Norvegia e in Danimarca due terzi di tutti gli uomini arrestati per stupro sono “di origine etnica non-occidentale”, un eufemismo usato per designare gli appartenenti alla religione musulmana.

    Nel 2001 Unni Wikan, professoressa di antropologia sociale all’università di Oslo, ha dato la precedenza al multiculturalismo sul femminismo, spiegando in un’intervista al quotidiano Dagbladet che “le donne norvegesi hanno la loro parte di responsabilità in questi stupri” perché, essendo ormai la Norvegia una società multiculturale, le donne norvegesi devono adattarsi ai costumi degli immigrati, abbigliandosi e comportandosi in maniera giudicata non provocatoria dalla loro cultura.

    Sono o non sono razziste e vigliacche 'ste femministucole da quattro soldi?

    Edited by silverback - 13/2/2009, 22:24
     
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  12. *Wolverine*
     
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    Sulla Gazzetta dello Sport di oggi, alla pagina 51, sono riportate le seguenti statistiche.
    Nel 2008 i casi di violenza sessuale denunciati sono stati 4.465 (cioè più di dieci al giorno) e il 58% delle volte i responsabili erano italiani. Questo significa però che il 42% delle volte i responsabili erano stranieri. Tenendo conto del fatto che gli immigrati in Italia rappresentano circa il 5% della popolazione, si capisce bene che quello degli stranieri, e in particolare dei clandestini o sbandati, è un problema molto grosso, visto che il 5% commette il 42% dei reati! La comunità rumena è in testa alla classifica: il 19% degli stupri è colpa loro. A Roma sono quasi alla pari con gli italiani: 35% i nostri, 31% i rumeni.
     
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  13.  
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    Lichtenstein .. o San Marino, che anche loro hanno il rappresentante all'ONU

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    CITAZIONE (*Wolverine* @ 16/2/2009, 15:43)
    Sulla Gazzetta dello Sport di oggi, alla pagina 51, sono riportate le seguenti statistiche.
    Nel 2008 i casi di violenza sessuale denunciati sono stati 4.465 (cioè più di dieci al giorno) e il 58% delle volte i responsabili erano italiani. Questo significa però che il 42% delle volte i responsabili erano stranieri. Tenendo conto del fatto che gli immigrati in Italia rappresentano circa il 5% della popolazione, si capisce bene che quello degli stranieri, e in particolare dei clandestini o sbandati, è un problema molto grosso, visto che il 5% commette il 42% dei reati! La comunità rumena è in testa alla classifica: il 19% degli stupri è colpa loro. A Roma sono quasi alla pari con gli italiani: 35% i nostri, 31% i rumeni.

    se non ricordo male è la stessa cifra riportata dall'Istat che ha fornito i dati in collaborazione con le cancellerie delle procure in base ai fascicoli aperti per le varie ipotesi di reato: vale però il discorso fatto in altro 3D e cioè immagino che le cancellerie si siano limitate a fornire il numero dei reati denunciati in base a quell'articolo di legge, quindi potrebbero ragionevolmente essere denunce che vanno dalla semplice molestia (la famosa palpata) allo stupro vero e proprio.

     
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  14. TullioConforti
     
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    QUOTE
    Se il maschio italiano non si interroga sulle proprie responsabilità e non si ripensa nella sua umanità, dismettendo le logiche di dominio patriarcale fino ad oggi fatte sue, questa sì rappresenta una vera emergenza.
    Se noi donne e lesbiche continuiamo a tacere su questo, la normalità dell’emergenza ci seppellirà, “in quanto donne”.

    Ah ecco questo spiega tutto.

     
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  15. Motociclista
     
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    anziani cittadini italiani che stuprano le badanti
    :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl:

    Ma qualcuno se la immagina la scena del nonnino col catetere che sottomette una corpulenta badante dell'equador?
    Non è che la "giornalista" ha scritto l'articolo dopo aver visto un film porno? In fondo qualche prurito l'avrà pure lei nelle parti basse, anche se non è detto che lei approvi.
     
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19 replies since 12/2/2009, 17:08   512 views
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