Donna a Una Dimensione

Femminismo Antagonista ed Egemonia Culturale

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  1. ruvolo
     
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    DONNA A UNA DIMENSIONE
    Femminismo Antagonista Ed Egemonia Culturale
    di Alessandra Nucci

    Reputo credibili quelle recensioni che si basano sulla capacità di parlare del libro letto con oggettività, passione si ma con distacco.
    La mia non lo è (credibile!). Quello che scriverò è tutto tranne che oggettività e distacco.
    La Nucci mi sta antipatica già dalle primissime righe. Capisco subito che sarà un libro che parlerà di molte cose che ho vissuto in prima persona vedendole da un punto di vista totalmente opposto.
    Forte senso di ribellione. Intuisco che pur andando contro le vecchie ideologie la Nucci è imbevuta di una nuova ideologia e vorrei mollare.
    Ma perderei la faccia con Milo image e darei troppo facile credito a tutti quelli che pensano che esiste una diversa opinione del nuovo femminismo antagonista solo perché si è ignoranti.
    Manderò giù quindi l’olio di ricino, è una buona medicina e io voglio guarire!

    Inizio-Centro-Fine dell’obiettivo del libro sono le agenzie internazionali che ruotano intorno all’ONU, responsabili di un inganno di dimensioni colossali che utilizza il femminismo per portare avanti invece che un Impero dei sensi, un Impero del Male. Una struttura ideologica e culturale che attraverso i suoi infiniti corsi d’acqua, nel nome dei diritti delle donne, della pace e dell’ambiente, sta colonizzando il nostro modo di pensare e vivere.

    Sulla stessa onda della modificazione genetica dei cibi, l’Impero porta avanti un’operazione di mutazione sociale e i passi da compiere in vista del “benefico” cambiamento prospettato sono:
    1) Rinnegare in blocco la società patriarcale compresi i valori fondanti “del padre” che porta in sé.
    2) Sentire la differenza Maschile/Femminile solo in termini antagonisti e quindi da eliminare in favore di una neutralità meno incisiva, meno pericolosa. (meno fertile, meno vitale)
    3) Messa al bando dello stereotipo che da “solida impronta” su cui calcare i passi per poi spingersi più in là diventa una catena da spezzare.
    4) Elevare oltre la norma l’eccezione sessuale nelle sue varianti e spostarla dai margini (posto che le è più consono) alla ribalta.
    5) Togliere la donna dal giogo della maternità “obbligata” attraverso un inquietante “Diritto alla Salute” che sa più di sterilizzazione globale che di libertà.
    6) Contrastare con ogni mezzo la sovrappopolazione.
    7) Spostare la battaglia uomo/padrone-donna/suddito al di là dell’occidente con l’obiettivo di un “ritorno” che tenga sempre sotto regime psicologico l’occidente.
    8) Delegittimare la Religione cristiana in quanto portatrice di valori patriarcali e opporle una sacralizzazione compensatoria del Femminile.

    Il libro è come guardarsi e guardare ciò che conosci e stimi in uno specchio deformante. Orribile. Esempi tra quelli che più mi toccano, le mitiche Vandana Shiva e Rigoberta Menchù. Le ONG a cui ho sempre e unicamente guardato come esempi utopistici di libere micro realtà, l’auspicata educazione sessuale nelle scuole, il controllo demografico e l’importanza di avere gravidanze consapevoli e non casuali a ripetizione, la legalizzazione della prostituzione, Rio e tanto altro che ora non ricordo..

    Ci vuole fegato :sick: .. nel senso che essendo forse il principale organo disintossicante, se il fegato non ti funziona bene hai poche possibilità di espellere le tossine, scorie ed altri elementi nocivi che la Nucci indica come veleni inconsapevolmente assimilati sotto il nome di panacee per la donna!

    Ci sto provando. Lavori in corso.image

    Il discorso sul controllo demografico e la salute riproduttiva sono i più difficili da digerire e smaltire. E’ un racconto horror di ciò che in nome del femminismo antagonista le donne in tutto il mondo stanno subendo sul proprio corpo.

    A voler essere sincera ho scritto poco e niente. Il libro è una fonte infinita di informazioni e indizi, per cui se uno fosse interessato ad approfondire ne avrebbe per almeno un anno.
    E’ un libro come dice Milo, unico nel suo genere. Per quanto ne so, confermo. E’ scomodissimamente interessante. Ti rivolta come un pedalino. E’ un pò noioso, pedante ma una volta entrata dentro non lo lasci perché se è vero che la Nucci è parziale quanto basta è anche vero che è un libro onesto, che cerca di aprire uno spiraglio lì dove c’è il buio quasi totale.

    DA LEGGERE image

    p.s.
    Un unico consiglio personale.
    Mentre per i meno giovani come me (40 e oltre) è solo salutare auspico invece che sia letto dai giovani con più prudenza. Non perché non descriva ciò che deve essere descritto ma perché dalla prima all’ultima pagina ho sentito un sottile persistente e per me fastidioso filo ideologico che non mi piaceva quando ho iniziato e che continua a non farlo adesso che ho finito.









     
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  2. Baubo
     
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    CITAZIONE (ruvolo @ 1/5/2008, 17:41)
    8) Delegittimare la Religione cristiana in quanto portatrice di valori patriarcali e opporle una sacralizzazione compensatoria del Femminile.

    Solo una cosa... C'è ancora qualcuno/a che crede seriamente che la Religione Cristiana - anche volendo escludere l'ortodossia e le chiese orientali - sia portatrice di valori patriarcali?
    Ci pensa già da tempo il Cattolicesimo a propinarci "una sacralizzazione compensatoria del Femminile" col culto della Madonna.
     
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  3. Wishotel
     
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    CITAZIONE (Baubo @ 1/5/2008, 18:23)
    CITAZIONE (ruvolo @ 1/5/2008, 17:41)
    8) Delegittimare la Religione cristiana in quanto portatrice di valori patriarcali e opporle una sacralizzazione compensatoria del Femminile.

    Solo una cosa... C'è ancora qualcuno/a che crede seriamente che la Religione Cristiana - anche volendo escludere l'ortodossia e le chiese orientali - sia portatrice di valori patriarcali?
    Ci pensa già da tempo il Cattolicesimo a propinarci "una sacralizzazione compensatoria del Femminile" col culto della Madonna.

    Buh . . . non so se questo ti è d'aiuto :)

    #entry229764720
     
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  4. Milo Riano
     
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    Questa è la trascrizione della Introduzione del libro della Nucci.

    Il mio commento al libro è in lavorazione... chiedo venia! :)


    Introduzione

    Da diversi anni una parte del movimentismo femminista lavora con coesione crescente per sostituire alla tradizione giunta fino a noi una nuova serie di modelli umani preconfezionati e predigeriti, molto più tassativi e vincolanti dei ruoli da cui pretende di volerci liberare.

    Si tratta di un'evoluzione del femminismo che nasce non da un affiancamento ugualitario fra l'uomo e la donna ma dalla volontà di interrompere l'assetto sociale basato sulla famiglia, col condizionare sia uomini sia donne ad assumere pensieri e atteggiamenti, nelle questioni piccole e grandi, che riflettano una nuova interpretazione della storia, strettamente imparentata con lo stile e la storia della lotta di classe.

    Questo sviluppo ha radici lontane; contrapposizioni e rivendicazioni nella storia delle donne non sono un fatto nuovo. Nuovi però sono la visione antropologica del "genere", che postula un'umanità basilarmente androgina e in tutto intercambiabile, e l'antagonismo anti-uomo elevato a prassi di portata e ambito mondiali.

    Questo libro vuole essere una riflessione sui modi e i canali con cui si cerca di inserire nella cultura e nelle convinzioni di tutti il modello globale di donna che ne deriva, omologato ad un canone prefissato. Quello che interessa non sono tanto le posizioni femministe in se, bensì il fatto che, in un'epoca in cui si relativizza sistematicamente qualsivoglia idea, religione o filosofia, tali posizioni vengono date per valide in partenza, descritte e inserite nei meccanismi educativi come verità assolute, saltando a pie pari, in nome di una missione salvifica rispetto alla tradizione oscurantista occidentale, il momento della consapevolezza e dell'adesione personale.

    Il "mainstreaming', un'inculturazione globale programmata...

    Non si parla qui di chissà quale cospirazione segreta per rivoluzionare la società tradizionale in Occidente, ma di una volontà dichiarata di trasformare la cultura e i comportamenti, riportata in innumerevoli documenti programmatici e convenzioni dell'ONU, là dove raccomandano e si impegnano a lavorare al mainstreaming della storia e dell'idea di "genere".

    Il mainstreaming del "genere" consiste nell'inserimento nella cultura generale non della parità uomo/donna ma del concetto di una identicità dei gusti e delle inclinazioni fra maschi e femmine, fino al disprezzo e alla delegittimazione aprioristica di ogni idea tradizionale o dato empirico che indichi il contrario. Il concetto viene presentato e diffuso non come teoria convincente ma come dato acquisito, posto in modo pregiudizialmente antagonista rispetto alla cultura vigente, vista come violenta perché connotata al maschile.

    Sotto il vessillo del "genere", il femminismo si avvale delle burocrazie, delle agenzie internazionali legate alle Nazioni Unite, operando nelle delegazioni governative o come organizzazioni non governative di vario tipo per imporre una prospettiva di genere in ogni area, pubblicazione o attività. È questo il mainstreaming, un'operazione che mira, con ripetizioni e pressioni concentriche, a entrare nel modo meno percettibile possibile nelle abitudini di pensiero di tutti, come se ci fosse sempre stato.

    Affine a un movimento sindacale o partitico a se stante, rispetto a questi il femminismo omologante ha il vantaggio di poter fare non solo politica ma anche cultura pervasiva, il "mainstreaming" appunto. Essendo infatti le donne non una classe sociale, ma metà dell'umanità, trasversale a tutte le classi sociali, la cultura rivendicativa femminista ha la facoltà di portarsi anche dentro al sistema educativo, agli atenei, alle scuole e ai centri di cultura, sia come presenza di esponenti sia come identità, in un modo che ai sindacati e ai partiti sarebbe precluso. Così non c'è branca della storia, della letteratura o delle scienze che non si presti ad essere "generizzata", tramite una rilettura rivendicativa delle abilità e dei contributi femminili che si pretendono sempre e in ogni luogo ancora oggi oscurate.

    Volendo far attecchire un nuovo modello di umanità unidimensionale, nuova donna e di conseguenza anche nuovo uomo, si provvede prima di tutto a delegittimare il modello tradizionale. Questo viene fatto bollando come "stereotipati", e quindi da evitare, i comportamenti e le aspirazioni che l'esperienza a qualunque latitudine ha registrato nei secoli come tipicamente femminili o tipicamente maschili. Ciò comporta al contempo l'incoraggiare nuovi stereotipi, inculcati con l'educazione a scuola e le immagini dei media, in cui la donna è conformata a un modello per il quale la carriera e il lavoro fuori casa non sono più una scelta, ma l'esigenza unica per realizzarsi nella vita, l'uomo non è più tanto da uguagliare quanto da soppiantare, e la maternità diventa un'opzione vista come meccanica, residuale, impersonale e un po' kitsch.

    Strumentalizzata per le cause più diverse, da quelle dichiarate, come la filosofia del regresso dell'ambientalismo ideologico, a quelle coperte, come il controllo demografico, nel nuovo paradigma mondiale la donna è ridotta a una sola dimensione, libera cioè, come le donne sotto il socialismo reale, solo di conformarsi. Numerosi esempi dimostrano che certo attivismo femminista non è al servizio della donna ma di un cambiamento radicale della società. Quando infatti la necessità di mettere in campo l'indignazione femminista collide con altre istanze politiche, o politicamente corrette (il silenzio in occasione del processo a O.J. Simpson o dell'impeachment di Bill Clinton in America, l'immobilismo sulla morte di Hina e sul suicidio di Kaura in Italia, sono solo alcuni esempi), il femminismo fa regolarmente un passo indietro.

    ... per costruire una cultura antagonista

    Posta al servizio della ridefinizione "neutra" della natura umana, la causa del femminismo di "genere", stendardo delle burocrazie stataliste e mondialiste, ribalta il principio di sussidiarietà quando costituisce il pretesto per un controllo senza precedenti di ogni aspetto della vita. Lo stanno a dimostrare le rivendicazioni femministe e le sperimentazioni per dimostrare 1'interscambiabilità dei "generi" (capitolo 1), i dispositivi dei trattati internazionali e dei documenti prodotti dalle conferenze mondiali (capitolo 2), la propaganda e le azioni che mirano al controllo della popolazione (capitolo 3) e la svalutazione di tutto quanto attiene al maschile (capitolo 4). Ma siccome infine l'essere umano è assetato di senso, la nuova natura umana, condizionata alla perfetta indifferenziazione e uguaglianza fra uomini e donne, deve essere sostenuta da una fede in un qualcosa di altro e di superiore: ecco quindi intervenire la nuova spiritualità, pure essa diffusa dall'alto (capitolo 5).
    Il motore di questa trasformazione è psicologico. Nella sua doppia veste politico-rivendicativa e culturale, l'attivismo femminista potenzia la tendenza crescente della cultura globalizzante verso due principali atteggiamenti di fondo, comuni anche ad altri movimenti di protesta ideologica: l'indignazione e il vittimismo, utili per distruggere, ma non per costruire. L'omologazione a questi modi di sentire, ancor prima che di esprimersi, produce quella cultura antagonista che si va facendo sempre più strada nella società occidentale, non solo femminista.

    Alla donna a cui si "rivela" di essere stata da sempre e a tutti i livelli non compagna e complemento dell'uomo, ma sua vittima e suddita del patriarcato, si propone di scandagliare costantemente il passato, accumulare ovunque le prove delle ingiustizie subite, per poi farne i capisaldi di una cultura "delle donne", a cui si vorrebbe rivendicare il monopolio dell'indignazione. Si tratta di una rivendicazione compensatoria che chiede di essere indennizzata con gli interessi, in particolare con il riconoscimento della titolarità assoluta e individuale del diritto a far nascere o meno i bambini. In questa ottica anche la liberalizzazione dell'aborto non è presentata come male minore ma come vessillo orgoglioso e principale tratto distintivo del nuovo concetto di genere, che per essere neutro ha bisogno dell'affrancamento dal "destino biologico".

    La rivendicazione di un risarcimento psico-sociologico in pianta stabile assimila così il femminismo ad altri movimenti di protesta che si esprimono per elenchi di accuse. Per gli stessi motivi esso si discosta invece dal cristianesimo, che all'accusa antepone l'autocritica, l'oblazione, e la carità. Ed è proprio in virtù di questi principi che la religione cristiana è posta dal femminismo di genere sul banco degli imputati, quale principale responsabile della cultura patriarcale che si ritiene abbia oppresso e reso passive le donne di tutti i secoli, a partire soprattutto da Maria.


    Edited by Milo Riano - 5/5/2008, 15:27
     
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  5. Wishotel
     
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    CITAZIONE (Wishotel @ 1/5/2008, 18:26)
    CITAZIONE (Baubo @ 1/5/2008, 18:23)
    Solo una cosa... C'è ancora qualcuno/a che crede seriamente che la Religione Cristiana - anche volendo escludere l'ortodossia e le chiese orientali - sia portatrice di valori patriarcali?
    Ci pensa già da tempo il Cattolicesimo a propinarci "una sacralizzazione compensatoria del Femminile" col culto della Madonna.

    Buh . . . non so se questo ti è d'aiuto :)

    #entry229764720

    Trovato anche questo:






    Permalink: http://www.zenit.org/article-9252?l=italian

    Tra genio femminile e vero femminismo


    Intervista all'autrice del libro "La donna a una dimensione”



    ROMA, mercoledì, 7 marzo 2007 (ZENIT.org).- In questa intervista a ZENIT, Alessandra Nucci, autrice del libro "La donna a una dimensione. Femminismo antagonista ed egemonia culturale" (Marietti, 2006, pagg. 256 pagine, Euro 18), critica il femminismo che vuole cancellare il ruolo di madre e moglie, e indica nel genio femminile la via per la vera emancipazione.

    Nel suo libro pubblicato accusa un certo femminismo di aver stravolto la condizione naturale della donna. Ci spiega il perché e come sarebbe avvenuto questo stravolgimento?

    Nucci: Io accuso un femminismo d'élite di essersi appropriato delle giuste istanze delle donne per portarle a sostegno della costruzione di una cultura “antagonista”. Si tratta di una strumentalizzazione ideologica le cui radici si possono rintracciare fin dall’800, ma che negli anni Novanta ha trovato uno sbocco e una copertura nella teoria “di genere”, una riformulazione dell’antropologia di cui la maggior parte delle donne non sentiva il bisogno.

    Lei sostiene che queste forme di rivendicazioni si collegano alla destrutturazione della famiglia da una parte e alle politiche demografiche e di riduzione delle nascite dall’altra. Può illustrarci questo passaggio del suo pensiero?

    Nucci: Il genere impone un concetto di uguaglianza che in realtà porta all’uniformità, e si traduce pertanto in un indebolimento delle appartenenze e delle identità che formano la famiglia. Sono passaggi che risultano visibili in particolare se si segue l’evolversi delle conferenze e delle convenzioni dell’ONU. La Conferenza del Cairo del 1994 doveva occuparsi di popolazione ma ha visto una massiccia partecipazione femminista intenta a rivendicare i propri “diritti riproduttivi”, intesi come il diritto a non avere dei figli.

    L’anno dopo, le stesse componenti hanno agito sulla Conferenza sulla donna a Pechino per ufficializzare, con abili strategie di organizzazione del “consenso”, la ri-definizione della parola “genere”. Si tratta di una conquista del territorio culturale, palmo per palmo, che poi si riversa sulla cultura mondiale, tramite un sistema ormai piramidale di enti e organismi, governativi e non, risalenti all’ONU, che hanno assunto tutti una componente educativa, e di cui la maggior parte di noi non sospetta neppure l’esistenza.

    Tra le correnti culturali che lei indica come decisive in questa destrutturazione delle identità, vi è l'eco-femminismo, che lei sostiene essere un tentativo di favorire forme di panteismo neopagano. Può dirci qualcosa al riguardo?

    Nucci: L’alleanza fra femminismo e ambientalismo si è formalizzata alla Conferenza mondiale di Rio de Janeiro su Ambiente e Sviluppo del 1992. Qui erano presenti decine di delegazioni femministe, che riuscirono a inserire nei documenti finali copiosi riferimenti alla condizione della donna. In questo modo, da questa conferenza che per la prima volta ha espresso una visione del mondo biocentrica, l’uomo è andato ponendosi sempre di più allo stesso livello della flora e della fauna, mentre alla donna è stato dato il ruolo di guardiana della natura, con la quale avrebbe in comune la capacità di dare la vita e la sorte di vittima della società patriarcale.

    Il paradosso è che è proprio l'ambientalismo che confluisce nel panteismo New Age, e che ha per sacerdotesse le donne dedite alle filosofie orientali, ad avere diffuso la cultura che vuole oggi che sia tutto "naturale" e "olistico", dalle patate all'educazione. Però quando si tratta della naturale fisiologia della donna, ogni mezzo è lecito e opportuno per scorporarne la maternità e manipolarla con mezzi artificiali.

    Queste teorie si sono innestate nel terreno già dissodato da una parte della teologia femminista, che nelle sue forme più estreme ha dato luogo a formazioni neo-pagane, e che tanto ha contribuito allo svuotamento dei conventi americani a partire dalla fine degli anni Sessanta.

    In un capitolo del suo libro lei sostiene che la Chiesa non rifiuta in toto il femminismo, ma fa un ben preciso discernimento. Cosa intende?

    Nucci: Mentre nella cultura “dell’accusa” in cui viviamo oggi le diversità sono esaltate per contrapporle, la Chiesa vede nelle differenze qualcosa che conduce alla relazione. E’ quanto scriveva il Santo Padre Benedetto XVI nella sua Lettera ai vescovi sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, uscita nel 2004 quando era Prefetto per la Congregazione per la dottrina della fede. Sulle orme degli scritti di Papa Wojtyla, anche la Lettera ai vescovi metteva in luce il fatto che esistono valori e un “genio” distintamente femminili. Ma è fin da quando Paolo scrisse “non c’è più né uomo né donna” (Gal 3,27-28), che la Chiesa ha sempre affermato la parità fra i sessi, depurata della rivalità.

    La storia e i documenti stanno ad attestare inoltre che non è nemmeno vero che celebri la donna solo se moglie e madre. Il solo fatto, infine, che per la Chiesa il modello di perfezione per tutti, maschi e femmine, sia una donna, Maria di Nazareth, dovrebbe essere prova sufficiente che il cattolicesimo è pro-donna per definizione. Per fortuna, se il lessico antagonista piega tutto alla tesi dell’oppressione patriarcale, oggi sono in maggioranza, anche se non fanno chiasso, le teorie femministe che valorizzano nella donna proprio questa grande propensione alla relazionalità.


    E questo:

    27/11/2006
    Permalink: http://www.zenit.org/article-10838?l=italian

    Il “femminismo antagonista”, uno strumento di oppressione delle donne


    Intervista con la professoressa Alessandra Nucci



    ROMA, lunedì, 27 novembre 2006 (ZENIT.org).- E’ appena arrivato in libreria il volume di Alessandra Nucci: “La donna a una dimensione. Femminismo antagonista ed egemonia culturale”, (Marietti 1820, 256 pagine, 18 Euro), in cui l’autrice denuncia come una certa cultura di “genere” stia tentando di postulare “un'umanità basilarmente androgina e in tutto intercambiabile e l'antagonismo anti-uomo elevato a prassi di portata e ambito mondiale”.

    Nella sua opera, la professoressa Nucci descrive come il femminismo occidentale che, “sembrava sopito per mancanza di buone cause, al volgere del Millennio è tornato alla ribalta, con maggiore antagonismo, ponendosi al servizio di una cultura omologante fatta di tenui appartenenze e ‘generi’ interscambiabili”.

    “Per questa cultura – aggiunge –, egemone in ambito internazionalista, la volontà femminile non è da conoscere e da favorire, ma da influenzare e incanalare verso scopi che non sempre corrispondono all’interesse della donna e spesso le sono perfino contro”.

    Il libro della Nucci traccia la genesi e la funzione di questo nuovo femminismo, che sarebbe stato “elaborato a tavolino da un’élite intellettuale e diffuso nel mondo da istituzioni e associazioni tese a promuovere una società pianificabile, fatta di una moltitudine atomizzata di persone poco interessate ad appartenersi l’un l’altra e dunque poco interessate a riprodursi”.

    Per comprendere e approfondire queste argomentazioni, ZENIT ha intervistato Alessandra Nucci, già femminista ribelle, oggi nonna serena, docente al master Donna Cultura e Società dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

    Perché questo libro politicamente scorretto?

    Nucci: Il mio è un discorso che si fonda sul rispetto della libertà, ciò significa che se le scelte di vita sono condizionate da pressioni di cui non si è consapevoli, in realtà non si è liberi affatto. Nello specifico il condizionamento di cui parlo è quello operato da una parte importante del movimento femminista, che invece di accogliere le istanze che vengono dal basso si è arrogato il diritto di definirle dall’alto, per conformarle a un modello astratto di società in cui tutti gli esseri umani sarebbero uguali e fungibili.

    Non mi riferisco qui alle pari opportunità o pari dignità, che sono le istanze del femminismo che chiamerò tradizionale, e in cui mi riconosco, ma all’uguaglianza e intercambiabilità che nasce dal concetto di “genere”, consacrato nel famoso “Piano d’azione” di Pechino. A partire da quel documento, “genere” non coincide più con il sesso biologico ma con il ruolo che ognuno si “sente” di assumere.

    L’educazione al “genere” è molto di più di un programma di diffusione di un particolare visione del mondo. E’ una delle principali strategie in atto per soppiantare gli assunti dettati dalla tradizione e dal diritto naturale, che sta portando di fatto alla graduale accettazione di una “benevola” regolamentazione del mondo, legittimata a controllarci tutti quanti, in tutti gli aspetti della vita.

    Da chi sono messe in atto queste strategie?

    Nucci: Da un’élite che ruota intorno ai vertici dell’ONU e della stessa Unione Europea, con annesse agenzie e organismi governativi e non governativi. I propositi educativi intorno al “genere” sono aperti e dichiarati, inseriti nelle conferenze, nei documenti e nei Global forum gestiti o patrocinati dall’ONU e dall’UE. Per fortuna comincia ad esserci una piccola bibliografia e alcuni bollettini al riguardo, su cui è possibile documentarsi.

    L’ONU è ancora percepito dai più come un organismo neutrale, che funziona come semplice portavoce delle singole nazioni. In realtà si sta lavorando alacremente per annullare la sovranità delle nazioni, cioè dei governi che di fatto sono molto più vicini ai popoli di quanto potrà mai essere un’unica struttura mondiale. E attenzione al “mandato” a educare i popoli, che l’ONU deriva dall’atto costitutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dove si definisce per la prima volta la salute non come la semplice assenza di malattia, ma come il diritto di ognuno al massimo benessere possibile. Questo diritto in realtà serve a dare all’OMS e alle altre agenzie dell’ONU il potere di decidere del nostro benessere, non solo fisico ma anche psicologico e sociale. Un potere enorme, il potere di incidere perfino sui nostri pensieri e sui nostri stili di vita, campi che il principio di sussidiarietà riserva alle libere coscienze di ognuno, campi in cui difficilmente c’è qualcosa di neutro.

    Quali sono i limiti nel movimento femminile?

    Nucci: Non è un movimento unico, per fortuna, esistono anche aggregazioni che non ruotano intorno a un’ideologia antagonista ma intorno alla collaborazione fra uomo e donna, in assoluta parità di opportunità e diritti. La parte del movimento femminile che contesto (la più potente, anche se non può dire di rappresentare la maggioranza delle donne) è quella che strumentalizza le donne per creare posizioni di potere per le proprie esponenti, e che indirizza critiche e lamentele solo all’Occidente. Per queste femministe il patriarcato da mettere sotto accusa è solo quello di stampo occidentale, la cultura maschilista da riformare è solo quella in cui siamo cresciute noi. Prova ne è che quando i problemi derivano manifestamente da altre culture scatta il divieto di critica in base al “rispetto per la diversità”. Io trovo che combattere oggi il patriarcato occidentale, come fosse ancora un monolito, sia tanto facile e gratificante quanto miope e pericoloso.

    Lei sostiene che è stato il cristianesimo a contribuire in maniera decisiva all’emancipazione femminile. Ci spiega come e perché?

    Nucci: E’ un dato di fatto che si legge nella storia del mondo. Quando Paolo dice “non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna” sta solo codificando quello che Gesù aveva sancito con la sua vita. Ma già nel giudaismo la donna aveva un suo ruolo e un rispetto sia in famiglia sia fuori, che non escludeva affatto il comando. Ma come è sempre successo, ogni qualvolta si verifica una ribellione contro la Chiesa, i ribelli si inventano sempre e comunque qualche altra forma di trascendenza o superstizione a cui credere.

    Anche gli Illuministi, che fecero di tutto per tirar fuori le monache dai conventi, si dedicarono alla Dea Ragione, al mesmerismo e a varie superstizioni. Così anche al giorno d’oggi vi sono femministi – uomini e donne, anche con l’abito – che accusano la Chiesa di ingiustizia e oscurantismo e continuano anche a istigare le suore alla ribellione, in nome di una supposta nuova razionalità. Se andiamo a vedere, però, gran parte di essi professa le dottrine neo-gnostiche del New Age, quando non addirittura il panteismo neopagano di chi si auto-proclama strega. Sono cose anche queste accreditate in vari modi da organismi e manifestazioni collaterali alle Nazioni Unite, di cui bisognerebbe essere al corrente.

    Perché allora il movimento femminista accusa il cristianesimo e soprattutto Maria di essere strumento di oppressione?

    Nucci: Quello che le femministe antagoniste non accettano è il ruolo che la cultura di matrice cristiana assegna alle donne, perché il Magistero bisogna conoscerlo per intero, e Maria non è modello supremo solo per le donne, ma anche per gli uomini. Quello che esse non accettano è che il cristianesimo offre e indica soluzioni dove è decisiva la collaborazione fra uomo e donna, nel rispetto e, anzi, nella valorizzazione delle loro differenze. Eppure è proprio questa collaborazione, dati alla mano e limiti umani compresi, che ha permesso alla donna occidentale di conquistare le garanzie e la parità di diritti di cui oggi gode.

    Ci sono ingiustizie anche nel mondo avanzato e progredito?

    Nucci: Certo che ci sono, è la condizione umana. Ma ci siamo conquistate gli strumenti e le conoscenze necessarie per difenderci e farci valere, esattamente quanto gli uomini. Utilizziamoli e… attenzione a non finire per fare dei passi indietro. Per fortuna tante si stanno svegliando, si stanno organizzando. Mi riferisco ad esempio al “Manifesto del nuovo femminismo” proposto dal Movimento per la Vita in risposta all’appello del Papa sul genio femminile, che si contrappone ai nuovi luoghi comuni e che, lanciato due anni fa, è riuscito ad attirare l’adesione di donne consapevoli e responsabili in maniera trasversale tra i diversi strati sociali, nell’ambito della cultura, la religione e la politica.
     
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