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http://www.corriere.it/esteri/08_luglio_13...44f02aabc.shtml La chiamano «combat Barbie» Katrina, dal fronte a miss Inghilterra Il caporale impegnato in Iraq, menzione al valore nel 2005, accede alla finale al concorso di bellezza
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Katrina Hodge ha 21 anni, il grado di caporale nel Royal Anglian Regiment, occhi grigi, labbra sensuali. E una menzione al valore: la signorina nel 2005 era in Iraq su una jeep che correva nel deserto. Una mina, il mezzo si rovescia e la squadra britannica si trova a terra, sotto tiro di un guerrigliero. «Ero in completo stato di choc come gli altri: cappottando avevamo fatto tre giri. Rialzandomi ho visto quel tizio, il sospetto, con due fucili, sapevo di dover fare qualcosa e molto presto... » ha raccontato la ragazza.
Quel qualcosa è stato lanciarsi sull'iracheno, prenderlo a pugni e strappargli le armi. I compagni da allora l'hanno chiamata Combat Barbie. Il caporale Katrina non se l'è presa. Sa di essere più che carina: tanto è vero che, tornata in patria e inviata in servizio in una base logistica, ha deciso di iscriversi al concorso di Miss England. Ha vinto le selezioni ottenendo la corona di Miss Tunbridge Wells e ora è in finale per il titolo di più bella d'Inghilterra. I giornali popolari esultano e accompagnano le classiche foto in bikini della Miss con titoli tipo: «La caporalessa mostra le sue armi di distrazione di massa». Lei sta al gioco. Ma dimostra anche idee chiare, da soldato: «Certo, nei concorsi di bellezza senti sempre le ragazze sul palco dire che sognano la pace e l'amore nel mondo. Ma quando sono in uniforme io cerco davvero di riportare la pace, vorrei che ci fossero più donne nelle forze armate e voglio usare la notorietà di Miss England per mettere in risalto il lavoro che l'Esercito fa al servizio del nostro Paese ». Un decimo dell'organico delle forze armate britanniche è composto da donne.
E nelle missioni in Afghanistan e Iraq la percentuale sale a una su cinque: su 12 mila militari più di 2mila ragazze. Quella di Katrina-Combat Barbie è una storia glamour, ma quella di Sarah Bryant, 26 anni, caporale dell'Intelligence Corps, ha avuto una fine tragica. Il mese scorso la agente dei servizi segreti militari è stata fatta a pezzi da una mina trappola piazzata dai talebani durante una missione dietro le linee nemiche. Era bella da far girare la testa anche Sarah e le sue foto sui giornali, in abito bianco e coroncina sui capelli biondi, il giorno delle nozze, hanno riaperto il dibattito sulle donne in prima linea. Il regolamento dice che non dovrebbero essere impiegate in «operazioni ravvicinate o con la possibilità di uccidere il nemico».
Ma nella guerra asimmetrica non c'è campo di battaglia, non ci sono retrovie. E le donne al servizio di Sua Maestà hanno risposto denunciando il maschilismo di chi le vorrebbe lontane dal fronte. Mentre Katrina Hodge sfilava in passerella per le semifinali di Miss England, un elicottero della Raf ha lanciato un missile Hellfire nel deserto afghano uccidendo il capo talebano che aveva teso l'imboscata a Sarah.
Guido Santevecchi 13 luglio 2008
CITAZIONE «Ero in completo stato di choc come gli altri: cappottando avevamo fatto tre giri. Rialzandomi ho visto quel tizio, il sospetto, con due fucili, sapevo di dover fare qualcosa e molto presto... » ha raccontato la ragazza.
CITAZIONE Quel qualcosa è stato lanciarsi sull'iracheno, prenderlo a pugni e strappargli le armi.
... tratto dal film: SOLDATO JANE.
CITAZIONE E le donne al servizio di Sua Maestà hanno risposto denunciando il maschilismo di chi le vorrebbe lontane dal fronte.
(...)
CITAZIONE (silverback @ 11/3/2007, 12:26) Non solo: alle femmine deve essere imposto l'obbligo del taglio dei capelli (i pidocchi attaccano solo i maschi...?) e in caso di guerra, devono essere spedite in prima linea, in battaglioni interamente femminili. Il motivo? In battaglioni misti ci sarebbero molti più morti fra gli uomini, perché essi tendono sempre a proteggere l'altro sesso, e quindi a rischiare di farsi ammazzare per loro. Se parità deve essere, che lo sia fino in fondo. Altrimenti niente.
(In fin dei conti sono loro, le femminucce, che sbraitano sempre.) IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell.
La sindrome della gravidanza in Marina Non è politicamente corretto toccare questo Casto nell'esercito, ma... un'ampia percentuale di soldatesse ha scelto di abortire dopo aver usato la gravidanza come mezzo per evitare il turno nell'Operazione Desert Storm. {...] È scorretto usare un feto per sottrarsi alla responsabilità che ti sei assunto arruolandoti, per poi uccidere quel feto. Lettera firmata di un medico dell'esercito, Kuwait La mentalità che implica la stima di sé porta anche alla «sindrome della gravidanza in Marina»: il fenomeno della donna che approfitta dell'addestramento tecnico e poi, un momento prima che la nave salpi, resta incinta, e può perciò restare a terra a buon diritto; oppure che resta incinta subito dopo la partenza della nave - il che le consente di sottrarsi alle proprie responsabilità - e costringe i compagni a sostituirsi a lei. Tutto ciò è compatibile con la stima di sé, ma in un contesto militare, quando oltre il 40 per cento delle donne imbarcate su navi statunitensi come l'Acadia rimase incinta durante i preparativi per la partenza, mette in pericolo la vita degli uomini. Come mai? La Marina addestra delle squadre. Ogni membro di una squadra è addestrato a interagire con gli altri in situazioni in cui una frazione di secondo può salvare o far perdere una vita. Quando d'improvviso viene a mancare una parte della squadra, non è sufficiente una semplice sostituzione, perché troppo preziosa è l'interazione tra le personalità peculiari che fanno parte della squadra. In sostanza, quando anche una sola donna dichiara forfait, tutta la squadra è perduta. Con quali conseguenze? Proviamo a immaginare che cosa sarebbe successo se il luogotenente Conklin fosse stato una donna incinta quando i due missili iracheni aprirono una breccia di circa cinque metri nella fiancata della Stark... L'attacco missilistico provocò un incendio che si propagò rapidamente, minacciando di far saltare per aria la nave e i 200 uomini a bordo. Il luogotenente Conklin, ventisettenne (persona reale, storia vera) rimase gravemente ferito e ustionato alle mani, alle braccia e ai piedi. Ma sapeva che strisciando tra i rottami in fiamme per raggiungere la sala macchine e spegnere i motori avrebbe forse potuto evitare l'esplosione. Il percorso verso la sala macchine era nero come la pece e il calore arrivava a circa 400 gradi Fahrenheit (la carta brucia a circa 451 gradi; di qui il titolo del film Fahrenheit 451). Eppure entrò, protetto soltanto da una T-shirt bagnata nell'acqua salata del mare, tenendo chiusi gli occhi (così si sarebbero bruciate le palpebre e non gli occhi). Avanzò a tastoni, seguendo il sistema di tubature, e ogni volta che toccava un tubo bollente si sentiva strappare la pelle delle dita e delle mani; raccontò poi che era stato come camminare in un forno acceso e poggiare le mani sulle teglie bollenti. Non si dette per vinto finché non riuscì a chiudere le valvole. Faticosamente tornò sui suoi passi e scoprì che la nave rischiava ora di affondare e non era del tutto scongiurato il pericolo di un'esplosione: continuò perciò a fare tutto quanto gli fu possibile per salvare la nave.
Mentre Conklin con coraggio affrontava tutto questo, il marinaio Mark Caouette, che aveva perduto una gamba e perdeva sangue, rifiutò i tentativi dei compagni di portarlo in salvo. Preferì condurre a termine altre operazioni importanti. Fu poi ritrovato il suo cadavere carbonizzato. Nel frattempo l'elettrotecnico Wayne Weaver riusciva a mettere in salvo dai sei ai dodici uomini; il suo corpo fu poi ritrovato aggrappato al corpo dì un altro uomo che stava cercando di salvare. Questi uomini tra i 19 e i 36 anni salvarono la vita a 163 uomini, perché 37 morirono. Per loro, essere una squadra significava poter contare sulla disponibilità di ogni membro a mettere la propria vita in secondo piano. Non significava approfittare dell'addestramento per poi trovare il modo di restare a terra poco prima della partenza.
Negli ultimi dieci o vent'anni, abbiamo parlato di sessismo ai danni delle donne quando uomini del genere rifiutavano l'idea che delle donne potessero essere imbarcate sulle navi da guerra (o entrassero in una squadra di pompieri volontari). Questo mi spiegò un militare: «Non stiamo ad aspettare un'emergenza per scoprire chi è pronto a rischiare la vita e chi invece se la darà a gambe. Quando arriva una nuova recluta, simuliamo situazioni in cui qualcuno stia rischiando la vita. Vogliamo vedere se l'ultimo arrivato cerca di salvare il collega nei guai o invece di salvarsi la pelle. Ma se lo facciamo con le donne, quelle urlano: 'Discriminazione'. Non tutte le donne, ovviamente. Ma se una donna ha lo smalto alle unghie... be', non ho mai visto una donna con lo smalto che non volesse essere salvata». La «sindrome della gravidanza in Marina» è soltanto la manifestazione esteriore di un problema rilevato da quasi tutti gli studi condotti sulle forze armate - dall'U.S. Signal Corps all'U.S. Army. Da ogni studio risuìtò che, secondo gli uomini, le donne avevano incarichi più leggeri o promozioni immeritate, spesso grazie ai loro «favori» sessuali. Provavano un forte risentimento per le donne che, comunque, ricevevano una paga uguale. Gli interrogativi sulla serietà delle donne nell'esercito si moltiplicarono quando alcuni studi rilevarono che soltanto il 21 per cento delle donne prendeva in considerazione l'ipotesi di una carriera militare, contro il 51 per cento degli uomini. Secondo gli uomini, questo atteggiamento si riscontrava nelle soldatesse che usavano creme varie, si raccoglievano i capelli e si truccavano persino in condizioni simulate di combattimento.
Le accademie militari hanno preso atto delle differenze, per esempio del fatto che a West Point le donne si mettono in malattia quattro volte più spesso degli uomini, e non hanno reagito rendendo gli standard delle donne uguali a quelli degli uomini, bensì creando una doppia serie di standard. Per esempio, in un campo di addestramento della Marina si dovettero esentare tutte le donne dall'addestramento in fanteria e dalle esercitazioni nei percorsi a ostacoli. Con quale risultato? Durante la Guerra del Golfo gli uomini dovettero intervenire ogni volta che una donna non riusciva a cambiare una ruota, a spingere un veicolo affondato nella sabbia, a trasportare pesanti lattine di combustibile, o a trasportare un soldato ferito. E per giunta gli uomini potevano pregiudicare gravemente la propria carriera se si fossero lamentati di questa discriminazione. Paradossalmente, lamentandosi della discriminazione sarebbero subito stati accusati di fare della discriminazione. Abbiamo così due diverse mentalità: la mentalità-del-battersi-se-necessario nell'«esercito di lui», e la mentalità-del-battersi-se-desiderato nell'«esercito di lei». Si definiscono dunque un esercito di uomini che disprezzano la propria vita e un esercito di donne che apprezzano la propria vita. Si rafforza così la sensazione che le donne stiano bluffando con la rivendicazione dell'eguaglianza. Si spacca in due l'esercito.
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell.
Uccidere o essere uccisi... Se vostro figlio si rifiuta di presentarsi per la leva quando compie i 18 anni, può ottenere in cambio l'esclusione da tutti i pubblici uffici - dalle Poste alI'FBI. Dovrà pagare una multa, che può arrivare anche a 250.000 dollari, e passare cinque anni in prigione. Una volta in galera, sia per il suo giovane corpo vergine sia per la fama che si è fatto, cioè di uno che non vuole battersi, vostro figlio diventa un perfetto candidato alla violenza omosessuale, e quindi probabile vittima dell'AIDS. In breve, la sua vita è in grave pericolo. Perché? Perché era troppo sensibile per uccidere. L'obbligo della leva e le qualità combattive portano, insieme, allo stupro legalizzato degli uomini? Sì. Ma non possiamo ignorare la sensazione che si esageri quando paragoniamo l'esecuzione in massa degli uomini, come mostra il film sulla Guerra Civile Glory, allo stupro legalizzato. Come mai? Ebbene, siamo talmente abituati a definire «gloria» la morte degli uomini! La donna dalle molteplici scelte, l'uomo senza possibilità di scelta In molti Stati, un ragazzo di 18 anni che non si è presentato alla leva non può frequentare una scuola statale. Non può nemmeno ottenere un prestito per frequentare una scuola privata. La leva, obbligatoria soltanto per gli uomini, lascia alla donna che non decide di entrare nell'esercito la possibilità di: 1. Frequentare una scuola statale 2. Frequentare una scuola privata con l'aiuto dello Stato 3. Sposarsi e lavorare; restare nubile e lavorare; avere dei figli... Lascia l'uomo che non si presenta nella possibilità di: 1. Andare in galera Gli standard, diversi per la donna, affrancano quest'ultima da dilemmi morali, permettendole di vedere se stessa e le altre donne come persone più innocenti e morali degli uomini. Questa convinzione si rafforza in tempo di guerra, quando alle donne non viene neppure richiesto di abbandonare il normale lavoro e di produrre armamenti per due anni. In breve, il problema con il Selective Service è che è davvero selettivo.
Quali sono le due leggi più incostituzionali d'America? Perché l'obbligo alla leva per i soli uomini e il dovere di combattere saranno infine riconosciuti come le leggi più incostituzionali d'America? Esse violano uno dei diritti inalienabili: il diritto alla vita. Privare i nostri padri e i nostri figli del loro diritto alla vita a causa del loro sesso è la massima violazione del Quattordicesimo Emendamento, che garantisce a tutti protezione secondo i termini della legge. Tale garanzia fu il fondamento della legislazione che regola i diritti civili.
Più un paese è sciovinista e più... Più un paese è sciovinista e più protegge le donne. E, di conseguenza, tanto più limita le donne. L'Italia e la Spagna proteggono completamente le donne dal servizio militare non permettendo loro di arruolarsi. La Danimarca offre un più ampio ventaglio di scelte (arruolarsi e partecipare alle azioni), ma tuttora protegge le donne dalla leva obbligatoria. Come gli Stati Uniti, offre alle donne scelte e non obblighi. Pertanto questi paesi soffrono ancora di uno sciovinismo maschile e di uno sciovinismo femminile, e non possono definirsi emancipati. Il livello di emancipazione di un paese si misura dal grado di libertà che gli uomini hanno dall'obbligo di proteggere le donne e dal grado di socializzazione delle donne affinché proteggano parimenti gli uomini. Nessun paese è molto emancipato.
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell.
La «cella di vetro» finale La «classe d'élite» ovvero la «classe di morti»: l'esercito è una conseguenza della competizione e del potere maschili? La mia politica? Signore, io sono un soldato. Io non ho una politica. Generale francese Henri Giraud Consideriamo le massime autorità militari il bastione del potere maschile. Negli Stati Uniti, come in Francia, la politica di creare la guerra è determinata dalla legislatura, la politica riguardante la scelta tra combattere o negoziare è determinata dal presidente, e il presidente e la legislatura sono determinati dai voti degli elettori. Il generale è semplicemente l'autista. Il suo lavoro consiste nel portarci dove gli diciamo di andare. Il singolo soldato è addestrato non a predominare ma a essere un subordinato. Solamente dopo aver dato prova della sua capacità di ricevere degli ordini può cominciare a darne. In effetti, il suo addestramento a impartire ordini è creato dalla sua capacità di obbedire agli ordini; l'addestramento al predominio è creato dalla sua subordinazione. Riteniamo il maschio giapponese la quintessenza del maschio dominatore. Eppure i maschi giapponesi, durante la seconda guerra mondiale, furono addestrati secondo il «costume del guerriero». E il costume del guerriero era quello della subordinazione: il guerriero giapponese era pronto a morire per l'imperatore e i suoi antenati; era educato a credere che alla vittoria non ci fosse altra alternativa che la morte. Il kamikaze non è che un frutto del costume del guerriero - la totale schiavitù all'«altro». Spesso apriamo la bocca per parlare della competitività degli uomini e chiudiamo gli occhi per non vedere l'altruismo degli uomini. Ma nell'esercito un uomo si sacrifica per uno Stato e per la libertà di un popolo che non conosce. Piuttosto altruista. Eppure l'esercito è anche competitività. Gli uomini si mettono in competizione per servire. O competono per essere altruisti. Nella vita degli uomini, la competizione è spesso la via che conduce all'altruismo.
Il fondo «uccidi-un-bambino» Nella recente guerra Iran-Iraq, l'Iran, e poi l'Iraq, misero in prima linea «ondate umane» di bambini piccoli, anche di soli sei anni. I ragazzini lanciavano granate e sparavano, e alla fine gli iracheni furono costretti a rispondere con il fuoco, uccidendoli. Molti soldati iracheni riferirono tuttavia che nel momento in cui uccidevano un bambino di sei, otto anni, «non riuscivano a far finta di nulla». Soffrivano di collassi nervosi, avevano sudori freddi, incubi, e il ricordo li ossessionò per anni. I bambini iraniani ovviamente servivano proprio a questo scopo: logorare il morale degli iracheni. L'uso dei bambini trovava un vasto appoggio in Iran, tanto che quando una città veniva attaccata le famiglie, a quanto è stato riferito, spingevano i figlioletti ad andare in guerra, nella convinzione che fosse meglio essere martiri in battaglia e assicurarsi il paradiso che morire durante un'incursione aerea, senza neppure impugnare un'arma. Con il paradiso come obiettivo, i ragazzini «andavano volontari» al fronte. Prima dell'età della ragione. Il risultato di questa precoce socializzazione infantile è una serie di odiatissimi Saddam Hussein e di donne protette. I ragazzi vengono arruolati alla guerra non soltanto con l'allettamento del paradiso ma anche con l'ignoranza dell'inferno che ogni guerra provoca. Nessuno avvertì il soldato sovietico che nella sua memoria sarebbe rimasto per sempre impresso il momento in cui aveva dovuto separare un piccino dalla madre ormai morta, in Afghanistan, e come quel corpicino, mentre lo teneva in braccio, sarebbe stato straziato... Né quell'altro soldato sovietico sapeva che con i suoi occhi avrebbe visto - e mai più dimenticato - un ribelle afghano che praticava un'incisione attorno alla vita di un compagno e poi lo scorticava e con la sua pelle si ricopriva il capo. Se cominceremo a preoccuparci di più delle persone che muoiono, lanceremo degli avvertimenti, invece di ricorrere ad allettamenti. Scriviamo avvertimenti sulla pubblicità delle sigarette, ma non sui manifesti che invitano i giovani ad arruolarsi. Se sul finire degli Anni Settanta abbiamo pagato le tasse, abbiamo così contribuito a pagare le armi vendute all'Iran, e quindi dato il nostro contributo all'ondata umana: al fondo «uccidi-un-bambino».
Come vengono preparati i ragazzi ad affrontare il pericolo? Nell'immagine che presentiamo, dei ragazzi cinesi hanno pile di mattoni sulla testa e vengono colpiti con un maglio perché imparino a temere meno la morte. (Riuscite a immaginare la rivista Time che mostra delle ragazzine colpite sulla testa con un maglio ed evita qualsiasi riferimento al sessismo?) In realtà, questa pratica di portare mattoni in testa ed essere colpiti nasconde due trucchi. Innanzitutto, i mattoni assorbono in gran parte i colpi. Il secondo trucco, di conseguenza, è quello vero: gli uomini sono indotti a credere che affrontare il pericolo a testa alta (per così dire) non sia una cosa così terribile come appare. Anche in questo modo l'esercito fa sì che gli uomini tengano in poco conto le proprie paure - in questo caso «dimostrando scientificamente» agli uomini che «persino una femminuccia» può sopportare i colpi di un maglio. Osservate! Reclute della Marina che imparano a diventare insensibili ai dolore.
La psicologia che fa dell'uomo uno di cui disporre «II dipartimento della Difesa diede due milioni di dollari alla Louisiana State University affinché studiasse il modo per riportare sul campo di battaglia i soldati che avevano subito lesioni al cervello (invece di aiutarli ad adattarsi alla vita civile). Il Physicians' Committee for Responsible Medicine protestò energicamente. Ma aspettate... La protesta non riguardava il reclutamento di uomini che avevano subito lesioni cerebrali, ma il fatto che fossero sottoposti a lesioni cerebrali dei gatti allo scopo di scoprire come riutilizzare al meglio gli uomini. Anche i titoli dei giornali proclamavano: I MEDICI CONTRO IL PROGETTO CHE PREVEDE UNA STRAGE DI GATTI.»
IL MITO DEL POTERE MASCHILE, di Warren Farrell.
Perché ci importa così poco della vita degli uomini? Abbiamo visto che fu il sacrificio della vita di tanti uomini che storicamente portò alla sopravvivenza della razza. Pertanto, inconsciamente, le varie società hanno appreso a non preoccuparsi molto della vita degli uomini. Osservate come il maggior interesse per la sopravvivenza di una donna venga inconsciamente messo in rilievo nei titoli:The New York Times 6 americani, compresa una donna, tra i 10 rilasciati a Baghdad (5 MARZO 1991) Se siamo indifferenti alla vita degli uomini, perché gli sposati con figli potevano contare su un rinvio della leva? Perché cominciamo a preoccuparci della vita degli uomini quando sono utili alla sopravvivenza di donne e bambini.
Donne innocenti, uomini colpevoli Sia i conservatori sia i liberali accettano passivamente espressioni quali «donne e bambini innocenti». Quando vengono catturati degli ostaggi stranieri e vengono liberati soltanto donne e bambini, nessuna ideologia protesta contro il sessismo: Los Angeles Times Donne e bambini stranieri possono lasciare l'Iraq, dice Hussein Immaginiamo una legge che imponga alle nostre figlie di andare nella giungla e rischiare Un colpo mortale alla testa. Se vi arrivasse la notizia che sono stati uccisi «uomini e bambini innocenti», non vi mettereste a urlare: «Un momento, anche mia figlia è innocente!»? Tutti esprimerebbero il loro biasimo. Quando un paese entra in guerra, tutti i cittadini di quel paese sono parimenti innocenti e parimenti colpevoli. Quando gli Stati Uniti attaccarono l'Iraq, il 76 per cento delle donne approvò l'intervento, come l'87 per cento degli uomini. Chi è colpevole? Chi ha provocato la guerra? La guerra è provocata dalla paura originaria di non sopravvivere. Ed è una paura che coinvolge entrambi i sessi. E siccome è una paura molto radicata, siamo indotti a esagerare le cattive intenzioni altrui non appena ci convinciamo che potrebbero minacciare la nostra sopravvivenza. Perché? Un errore nel sottovalutare una minaccia spazzerebbe via tutti, molti errori nel sopravvalutare spazzerebbero via gli uomini soltanto. In quanto così fortemente radicata, la nostra paura di non sopravvivere ha portato alle distorsioni del nazionalismo e alla tendenza a mettere in secondo piano l'umanità degli uomini rispetto al poter disporre di loro. È tempo di smetterla di biasimare gli uomini per questa paura, che è propria di entrambi i sessi. Quando conservatori e liberali accettano passivamente espressioni come «donne e bambini innocenti», ben pochi comprendono che frasi del genere mantengono le donne al loro posto: più una donna accetta il ruolo dell'innocente, più pretende un protettore, ribadendo così la propria innocenza e giustificando la più ampia protezione. È effettivamente un posto di potere, ma presenta un conto da pagare: più ha bisogno di protezione, più cerca gli sciovinisti maschi, che la proteggono ma non la rispettano. Perché?
Perché gli uomini amano le donne più di se stessi, ma rispettano se stessi più delle donne? Ricordate come abbiamo protetto i nostri figli prima di rispettare la loro capacità di proteggersi da soli? La capacità di proteggere genera rispetto. Ma lo sviluppo della capacità di proteggere si compie tenendo testa al lato oscuro del mondo. Il che porta alla perdita dell'innocenza. Quando l'uomo che ha acquisito la capacità di proteggere incontra la donna innocente, «si innamora» perché l'innocenza della donna gli consente una riunione con l'Io che è andato perduto nel lungo processo per arrivare a tener testa alla complessità. Se apparentemente s'innamora di lei, in realtà egli s'innamora della propria innocenza perduta. Amava il proprio Io innocente perché quella innocenza gli consentiva di vedere direttamente la propria anima, così come vediamo le montagne in un paese senza smog. Più la donna è innocente - o tradizionale - e più cerca l'uomo in grado di gestire la complessità. Ed è proprio la sua capacità di gestire la complessità che le consente di conservare la sua innocenza. (Il protettore, in effetti, protegge quella innocenza.) Ma nel procedimento che lo porta ad affrontare il lato oscuro della vita, egli si allontana dalla propria spiritualità. Diminuisce di conseguenza l'amore che lei gli porta, mentre aumenta la sua dipendenza da lui. Per contro, egli dipende spiritualmente da lei e l'ama di più, pur rispettandola meno. Egli rispetta la parte di sé capace di gestire la complessità, ma detesta quella parte di sé che ha dovuto scendere a patti. Quando le donne vengono considerate persone innocenti, gli uomini tributano loro un'adorazione quasi religiosa. E ciò non a caso. Il richiamo della religione, come della donna «innocente», risiede in parte nel fatto che ci consente di essere in contatto con il nostro spirito più semplice - o spiritualità. Nel fatto che ci offre un temporaneo sollievo dalle complessità della vita. Ma le donne non si innamorano forse di uomini che rispettano? Lo chiamiamo amore. Ma la donna non è in realtà «presa dall'amore» quanto «presa dal rispetto». L'uomo con un'oncia di introspezione è spesso portato a chiedersi se è davvero amore, o non piuttosto rispetto, quello che hanno saputo generare l'uniforme militare o la divisa da calciatore che indossa. Di qui la crisi descritta nel film Ufficiale e gentiluomo: la donna «innamorata» d'improvviso si disamora quando l'aspirante pilota decide di essere fedele a se stesso e rinuncia a diventare pilota. Il film è entrato nella fantasia femminile grazie all'ufficiale che si porta via la donna, e non per l'amico che, dopo aver guardato dentro se stesso, ha deciso di non diventare ufficiale. Il pubblico ha ignorato l'uomo che dava un valore al proprio Io, ha applaudito l'uomo che si sarebbe sacrificato. Per lo più gli uomini cercano l'applauso. E del resto vedono ben poche donne pronte ad applaudire Rinunciatario e gentiluomo. Gli uomini non ameranno se stessi e le donne non ameranno gli uomini finché il ruolo del killer-protettore resterà in misura così macroscopica il ruolo del maschio. La soluzione? I due sessi dovranno sviluppare la propria integrazione spirituale, unendo al bisogno di protezione il bisogno di restare in contatto con la propria innocenza. L'integrazione ci regala la pace interiore. Non fa dipendere la spiritualità dalla negazione della realtà.
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