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CITAZIONE (Davide.4. @ 27/10/2007, 17:57) Quando un uomo perde il lume della ragione non è controllabile.
L'uomo è un concentrato di emozioni.
La vendetta per un torto è più forte di qualsiasi cosa. L'ossessione che ne deriva... Mix letale. Il 13 marzo 1996 Thomas Hamilton entrò in una scuola elementare di Dunblane, in Scozia, portando con sé due revolver e due pistole semiautomatiche. Dopo aver ferito gli insegnanti che avevano cercato di fermarlo, irruppe nella palestra, dove stavano giocando i bambini. Sparò a ventotto di loro, uccidendone sedici, poi uccise il loro maestro e, infine, rivoltò l'arma contro se stesso. "Il demonio ci ha fatto visita ieri e non sappiamo perché" disse il direttore della scuola il giorno dopo. "Non lo capiamo e non credo che lo capiremo mai". Sì, probabilmente non capiremo mai che cosa spinse Hamilton alla sua ultima ignobile impresa. Ma quella vendetta senza senso perpetrata da un solitario gonfio di amarezza ha un inquietante suono familiare. Hamilton, sospettato di pedofilia, era stato obbligato a dimettersi da capo scout e, per poter continuare a stare con i ragazzi, aveva formato propri gruppi di giovani. Uno teneva le sue riunioni nella palestra della scuola di Dunblane, ma Hamilton, in seguito alle proteste di alcuni genitori per il suo strano comportamento, era stato allontanato dalle autorità scolastiche. Il giovane era divenuto oggetto di scherno e pettegolezzi; nel quartiere avevano pure iniziato a chiamarlo "signor Verme". Alcuni giorni prima che la sua furia esplodesse, aveva inviato delle lettere ai media e alla regina Elisabetta, difendendo la propria reputazione e chiedendo di essere reintegrato nel movimento scout. La tragedia suscitò particolare impressione perché nessuno pensava che a Dunblane sarebbe mai potuto accadere qualcosa del genere. Dunblane è un paese idillico, la cui comunità è molto unita e dove il vero e proprio crimine era sconosciuto. Non è l'America, dove gli squilibrati sono di casa, il numero di armi in circolazione è uguale a quello degli abitanti e gli accessi di furia omicida di lavoratori delle poste scontenti sono così comuni che, quando uno perde le staffe, si dice che "va fuori di testa come un postino". Gli accessi di furia omicida, tuttavia, non sono un'esclusiva americana o del solo Occidente e neppure delle società moderne. Il termine amok, passato in inglese a indicare la condizione di chi è in preda a crisi di incontrollata violenza, è in realtà un termine malese per designare il furore sanguinario che prende a volte uomini indocinesi soli che hanno perduto la persona amata, i loro soldi o la faccia. E la stessa sindrome è stata descritta in una cultura ancora più lontana dall'Occidente: quella dei cacciatori-raccoglitori di Papua Nuova Guinea, che vivono come all'età della pietra. L'uomo amok è con ogni evidenza fuori di sé, un automa inconsapevole di ciò che lo circonda e indifferente agli appelli e alle minacce. Ma la sua furia è preceduta da un lungo rimuginare sul proprio fallimento, ed è accuratamente programmata quale modo di uscire da una situazione insostenibile. Lo stato amok è, in modo agghiacciante, uno stato cognitivo. Non è innescato da uno stimolo o da un tumore, né da una casuale scarica chimica all'interno del cervello, bensì da un'idea. Un'idea così standard che la seguente descrizione dello stato mentale amok, scritta nel 1968 da uno psichiatra che aveva intervistato a Papua Nuova Guinea sette amok ospedalizzati, si applica perfettamente ai pensieri di assassini di massa lontani continenti e decenni: "Non sono un uomo importante, 'un grand'uomo'. Possiedo soltanto il mio personale senso della dignità. Un intollerabile insulto ha ridotto la mia vita a niente. Non ho nulla da perdere, quindi, se non la mia vita, che non è nulla, perciò scambio la mia vita con la tua, che è stata così favorita. Lo scambio va a mio vantaggio, perciò ucciderò non solo te, ma molti come te, riabilitando al contempo me stesso agli occhi del gruppo di cui faccio parte, anche se nel corso di tutto ciò potrei essere ucciso".
Questa sindrome è un esempio estremo dell'enigmaticità delle emozioni umane. Emozioni che, per quanto esotiche al primo sguardo, si rivelano all'analisi universali e, irrazionali per eccellenza, dimostrano di essere strettamente intrecciate con il pensiero astratto e di avere una propria fredda logica.
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