"Ai miei tempi"...

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  1. Barnart
     
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    CITAZIONE (lelen @ 12/8/2006, 00:06)
    non è ammissibile che tutta la colpa dei mali moderni ricada sul fatto che trent'anni fa alcune donne (e alcuni uomini!) abbiano deciso di cambiare rotta...

    Ripetiamolo ancora una volta: il femminismo non è il male assoluto (se non altro perché è male solo per chi lo subisce, in buona sostanza, i maschi) e non è il solo male di questa epoca. Non sarà l'ultimo male della storia.
    Ve ne sono anche altri. In parte autonomi, in parte correlati e intrecciati.
    E' una gravissima malattia dell'Occidente, ma non è caduto dal cielo. C'è una storia che lo precede (antecedenti, cause, concause) e - si spera - una che lo seguirà.
    Ad es. non esiste solo l'ideologia messianica femminista, esiste anche una femminilizzazione in senso lato (in molti aspetti della vita collettiva) che lo ha preceduto e ora lo accompagna. Che ne ha aiutato lo sviluppo. Ma sono cose in sé diverse.

    E ci sono poi tanti mali antichi e nuovi che con esso non hanno relazioni. Tralascio l'elenco.

    Il fatto che ci si occupi di fem.o non significa che non si veda altro.

    La QM non coincide con la critica al femminismo, non si esaurisce in essa.

    Il '68 non ha creato la modernità (benché l'abbia esaltata e diffusa). Semmai ne è stato figlio.
    E la modernità a sua volta si può criticare, anche condannare, se si vuole, ma da essa non si esce andando indietro.

    Quanto a me, io esprimo una sola condanna, che però non riguarda epoche, popoli o civiltà: io condanno la classe intellettuale maschile di queste ultime due generazioni.

    Il capo di imputazione, come ben sappiamo, è: alto tradimento.



    CITAZIONE (*STRIDER* @ 11/8/2006, 18:44)
    Spesso, parlando con delle persone anziane, mi capita di sentirmi dire:"Oggi non c'è più rispetto, oggi i giovani sono tutti maleducati e irrispettosi, una volta c'era più rispetto per gli anziani, ai miei tempi c'era meno violenza, ecc., ecc.".
    Bene.

    Sul passato.

    Ovunque si guardi, passato, presente, futuro, altrove (altre culture), vi è sempre il rischio di idealizzare o di condannare in blocco. Oppure semplicemente di stravolgere elementi e caratteri di epoche e luoghi. In malafede o meno, non importa. Istintivamente (per ragioni ovvie) chi è orientato in senso conservatore tende a idealizzare il passato, chi è progessista a condannarlo. Bisogna perciò sempre rapportare, tarare, la nostra valutazione tenendo conto di queste pulsioni inconsce.

    Il passato (al pari dell'altrove quando è troppo lontano per essere visitato personalmente) ha un grave difetto: non esiste se non nel racconto altrui. E questo racconto è soggetto a tutti i limiti e le deformazioni dalle quali vediamo alterata la cronaca. Il passato è una pura ricostruzione fondata sui c.d. "documenti", e questi, appunto, parlano del passato ma non sono il passato. Perciò quasi non vi è area degli studi storici che non sia oggetto di controversie. E dove queste non sono ancora sorte, nessuno può escludere che nasceranno.
    Dove è la verità storica?
    Già abbiamo difficoltà a metterci d'accordo sul presente, che pure abbiamo sotto gli occhi, figuriamoci su ciò che non possiamo controllare. Quasi ciascuno ha la sua mappa del presente, ma almeno qui c'è un territorio cui confrontarla. Per il passato invece ciò non vale: il territorio è scomparso e ci rimangono solo le mappe. Quale sarà quella meno errata?

    Queste considerazioni impongono prudenza nel riferirsi a tutto quel che "sappiamo" sul passato. Bisognerebbe sempre premettere una locuzione limitatrice e condizionante:
    "Pare che nel quindicesimo secolo..."
    "Sembra che in età classica..."
    "Dicono alcuni storici che le popolazioni dell'Alvernia..."
    "Sostengono certi antropologi che tra gli Iatmul..."
    "Affermano alcuni linguisti che il pre-latino del mediterraneo occidentale..."

    Questo quanto ai dati crudi.
    Quanto poi alla dimensione psicologica collettiva (o media), ossia alla vera esperienza esistenziale della vita di popoli ed etnie lontane e non più interrogabili, la prudenza dovrebbe essere estrema. Si tratta di congetture. Certo, sarebbe utilissimo conoscere veramente nel profondo quale fosse la vita interiore degli uomini del passato.
    E' più felice, vive psicologicamente più a lungo, fa esperienze più intense e profonde, è in miglior rapporto con se stesso etc. un manager del XXI secolo o un Arapesh di 2 secoli fa?
    E' più realizzata una single postmoderna in carriera o una donna Maori del '500?
    Non do risposte. Pongo domande.

    Quanto al nostro tema, nel caso del femminismo, il passato e l'altrove sono ovviamente dannati mente si loda il presente in senso autocelebrativo in quanto alla sua formazione il fem.o stesso avrebbe dato il contributo decisivo. Ancor più si celebra il futuro che sarà sempre più modellato su F. Il che non impedisce di affermare il contrario, ad es. dicendo che "...la violenza sulle donne continua a crescere". Affermazioni contraddittorie che hanno il ben noto scopo.

    Tra l'idea che si stia andando sempre in peggio e l'idolatria del progresso si colloca la linea del dubbio e della prudenza.

    Quanto a me, cerco di non deviare da questa.

    Rino



    Edited by Barnart - 14/8/2006, 15:23
     
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9 replies since 11/8/2006, 17:44   436 views
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