L'ingegneria genetica

che cos'è?

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  1. silverback
     
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    Negli ultimi 30 anni l'ingegneria genetica si è sviluppata a un ritmo sempre crescente. Un ritmo così veloce comporta naturalmente il pericolo che la grandissima maggioranza delle persone non sia più in grado di seguirne gli sviluppi. Ne derivano disorientamento e indifferenza nei confronti di questa tecnologia così attuale.
    Che cos'è dunque l'ingegneria genetica? Che cosa si fa in questo campo? A che cosa possono condurre tutti questi enormi sforzi scientifici? Quali potrebbero essere i contributi più importanti di questa tecnologia per il benessere dell'umanità? E dove potrebbero risiedere i pericoli? Che cosa potrebbe attenderci in futuro? E che cosa c'è già?
    Si conosce già il principio fondamentale della manipolazione dei geni: il taglio di filamenti di DNA in frammenti formati da singoli geni, e poi la ricombinazione di tali geni, nella quale essi possono anche essere trasferiti da un organismo a un altro. E per apprendere quali funzioni abbia un determinato gene, la cosa migliore è prima disattivarlo, ossia asportarlo, e poi confrontare l'organismo che non ha più quel gene con un organismo uguale nel quale il gene è ancora intatto. In questo modo si può accertare in quali proprietà i due organismi si differenziano. Soltanto così è possibile scoprire quali compiti abbiano i vari geni.
    Per apprendere qualcosa sulle funzioni dei singoli geni, nei laboratori di genetica si allevano "mutanti knockout", ossia mutanti con segmenti del corredo genetico eliminati, che vengono confrontati con esemplari normali. Provvedono al "knockout", anche qui, delle "proteine forbici", che vengono introdotte nel corredo genetico di un'ovocellula appena fecondata.
    In questi esperimenti i ricercatori si servirono dapprima di animali che venivano usati da molto tempo nell'investigazione dei processi ereditari, come per esempio il verme nematode Caenorhabditis elegans o il moscerino della frutta Drosophila melanogaster.
    Gli animali relativamente semplici hanno il vantaggio che il loro genoma - la totalità dei geni presenti in un organismo - è più facilmente comprensibile, pur rimanendo sempre piuttosto complicato.
    Per esempio, il genoma del nematode è formato da 19.000 geni, mentre quello dell'uomo ne ha un numero compreso fra 26.000 e 31.000. (*) La Caenorhabditis, lunga un millimetro circa, fu nel 1998 il primo organismo pluricellulare il cui corredo genetico fosse stato completamente decifrato.
    In altri termini: oggi si conosce compiutamente la sequenza dei geni sul suo filamento di DNA, senza peraltro sapere quali compiti svolgano i singoli geni. Solo di alcuni delle migliaia di geni di questo verme si è frattanto appresa la funzione.
    La cosa più sorprendente è il fatto che il genoma di un verme dalla struttura così semplice permette tuttavia di trarre delle conclusioni sull'uomo. Risulta sempre più chiaro che nel genoma umano si trovano molti geni di animali, anche di vermi. Ci sono per esempio i cosiddetti "geni della presenilina", che nell'uomo, quando non funzionano nel modo corretto, svolgono un ruolo nella malattia di Alzheimer. Questi geni sono presenti anche nei nematodi. Se non funzionano in modo appropriato, questi vermi non possono deporre le uova. Sul piano molecolare questi geni funzionano però nello stesso modo: lo si è potuto constatare sostituendo il gene della presenilina di nematodi malati, che non potevano deporre uova, con un gene umano sano della presenilina.
    Si suppone che il 50 per cento circa dei geni dei vermi abbiano un corrispondente nell'uomo.
    Geneticamente, quindi, non siamo poi molto diversi dai vermi.


    [CONTINUA]


    (*) 26.588 secondo la Celera Genomics; circa 31.000 secondo il consorzio pubblico Human Genome Project.

    Edited by silverback - 28/7/2006, 01:53
     
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  2. silverback
     
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    Il moscerino della frutta Drosophila si presta ancora meglio allo studio delle funzioni di singoli geni, avendone alcune migliaia meno della Caenorhabditis elegans. Si stima che il 60 per cento dei suoi geni abbia corrispondenti nel corredo genetico umano. Nell'uomo sono stati trovati finora 289 geni che, quando sono difettosi, possono provocare malattie. Di questi, 177 si trovano anche nel corredo genetico della Drosophila. Nell'uomo molti di questi geni partecipano in qualche modo all'insorgere del cancro. Si spera perciò, attraverso l'analisi del corredo ereditario della Drosophila, di poter conseguire nozioni importanti sull'origine dei tumori maligni nell'uomo. Il moscerino della frutta potrebbe però essere utile anche come modello nello studio di malattie neurologiche come il morbo di Parkinson. Questo moscerino ha infatti un cervello sorprendentemente complesso e perciò anche un repertorio comportamentale piuttosto vario.
    I ricercatori introdussero quindi nel corredo genetico della Drosophila un gene umano alterato che ha un ruolo importante nella genesi del morbo di Parkinson. Il moscerino presentò allora disturbi dell'equilibrio. Recentemente un gruppo di ricercatori americani del California Institute of Technology a Pasadena ha scoperto una mutazione genetica per effeto della quale gli insetti hanno una durata di vita doppia. Lo stesso gene, senza questa mutazione, si trova anche nel corredo genetico umano. Pare dunque realistico pensare che un giorno, attraverso la manipolazione di questo gene, si possa raddoppiare anche la durata della vita umana.
    I ricercatori suppongono che il gene cinque volte mutato rallenti il metabolismo. Tuttavia i moscerini mutanti non presentano alcun segno di una ridotta attività vitale; essi volano con la stessa velocità e per la stessa durata, consumano altrettanto cibo e sono addirittura più forti dei moscerini della frutta normali.
    Questo "gene dell'invecchiamento" identificato nella Drosophila non è il primo, bensì già il terzo scoperto dai ricercatori. Esso riesuma naturalmente l'antichissimo sogno dell'umanità di poter vivere per sempre. Dagli anni Sessanta si sa che le cellule del cancro sono già molto vicine all'immortalità.
    Quest'affermazione sembra assurda dato che le cellule cancerose provocano la rapida morte dell'organismo malato, e quindi la loro stessa morte. Ma l'"orologio" delle cellule cancerose non segna il tempo nello stesso modo delle cellule normali, che terminano la loro vita dopo circa 60 divisioni. I laboratori posseggono colture di cellule cancerose che sono state prelevate da pazienti malati di cancro mezzo secolo fa e che sono ancora in vita, ossia continuano a dividersi.
    Sul piano cellulare il processo di invecchiamento non è altro che il crescente rallentamento della divisione delle cellule degli organi. Le cellule cancerose presentano però proprietà anomale, che disattivano l'invecchiamento, e queste proprietà devono trovarsi nel DNA. Lo si sa da oltre 40 anni, ma soltanto ora si conoscono le prime tre basi genetiche dell'invecchiamento.
    Il desiderio dell'uomo di vivere il più a lungo possibile, o addirittura per sempre, è comprensibilissimo: rimane solo la questione se sia anche ragionevole. La morte non è infatti una crudeltà della natura nei confronti della vita, bensì una disposizione dotata di un senso, la quale ha anche un valore incalcolabile per la vita. Le generazioni dei genitori devono morire per fare posto ai figli. Soltanto questi possono garantire il necessario adattamento ai mutamenti ambientali, e solo in questo modo la specie nel suo insieme può sopravvivere. A ciò si aggiunge il problema dello spazio: se tutti gli esseri viventi fossero immortali, sulla superficie limitata della sfera terrestre mancherebbe ben presto il necessario spazio vitale; la vita eterna raggiungerebbe ben presto i suoi limiti, e verrebbero a mancare le condizioni per l'immortalità. L'evoluzione, quindi, non ha programmato geneticamente la morte e la riproduzione in tutti gli esseri viventi per un semplice capriccio, ma per garantire la possibilità di sviluppo alla vita stessa.


    [CONTINUA]
     
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  3. silverback
     
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    Nell'ingegneria genetica si celano innanzitutto i pericoli dell'incontrollabilità e della irreversibilità. Gli esseri viventi manipolati geneticamente, una volta messi al mondo, trasmettono automaticamente il loro corredo genetico mutato ai discendenti. La massiccia liberazione di tali organismi generati artificialmente potrebbe condurre a un danneggiamento irreversibile del "biosistema Terra".
    La domanda è solo se il danno sarà ancora riconosciuto come tale o non sarà invece considerato una cosa del tutto normale. L'uomo manipolato geneticamente potrebbe non essere più in grado di riconoscere i danni prodotti dalla manipolazione.
    Attualmente si ha l'impressione che fra i ricercatori genetici ci siano due campi contrapposti di importanza pressappoco pari: i sostenitori di una linea forte e quelli di una linea debole.
    Gli hardliner vogliono sperimentare tutto ciò che suggerisce loro lo spirito di ricerca e che in qualche modo promette di essere commerciale. Essi vogliono realizzare una "seconda creazione", cancellando con essa tutti i presunti errori della prima. Si tratta di denunciare l'imperizia di "Dio" nella creazione e di detronizzarlo. Nelle sue estreme conseguenze, questo orientamento si propone di creare organismi che non erano stati previsti dalla natura. E, per quanto concerne l'uomo: se si praticasse per molte generazioni la manipolazione genetica - per esempio sui geni responsabili del volume e della struttura del cervello - si potrebbe pervenire un giorno alla nascita di "uomini" così diversi dall'uomo attuale come noi siamo diversi dagli scimpanzé.
    E' infatti certo che anche tali geni siano manipolabili. Proprio in tal modo, nel corso dell'evoluzione, ha avuto origine una machine à penser come il cervello attraverso mutazioni casuali di certi geni. Anche nello sviluppo embrionale del singolo organismo vivente i geni sono responsabili del fatto che per esempio naso, occhi, cranio e cervello si formino nel giusto ordine. In questo caso si tratta di attivare o disattivare i geni corrispondenti. Qui gli "interruttori" sono di nuovo altri geni.
    La cosa interessante è che i geni che guidano la formazione di una testa e di un cervello sono già presenti in animali semplici privi di testa e quindi anche di un cervello. Semplicemente tali geni non vengono attivati.
    Per formare dunque per la prima volta nell'evoluzione esseri viventi dotati di una testa, la natura usò materiale esistente già da molto tempo, che si trattava solo di attivare. Chi può dire quanti geni esistenti non sono mai stati finora usati compiutamente nel corso della lunga evoluzione della vita? Chi può dire quindi che non potrebbero esistere cervelli capaci di prestazioni ancora maggiori del cervello umano attuale?


    [CONTINUA]
     
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  4. silverback
     
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    I softliner vogliono invece usare la massima prudenza nell'integrare la nuova tecnologia nella creazione, ossia non contrapponendosi alla creazione stessa, bensì operando per migliorare il principio evoluzionistico esistente della natura, che funziona comunque da ben 4 miliardi di anni, là dove sembra che valga la pena di migliorarlo. Si deve cercare di migliorare la natura là dove essa causa sofferenze. Alleviare il dolore è una delle motivazioni più nobili che l'uomo conosca. Addurre argomenti contro di essa sarebbe come mettere in discussione la medicina. Il problema è semmai quali sofferenze giustifichino interventi così radicali come la manipolazione dei geni. La società potrebbe certamente trovarsi concorde nella terapia, per mezzo di una medicina genetica del futuro, di tutte quelle malattie croniche che incidono in misura grave sulla qualità della vita e conducono inevitabilmente alla morte chi ne è affetto qualora non si applichi la nuova medicina. Ma chi può determinare dove comincia la "misura grave" (a parte il fatto che tutte le malattie croniche conducono alla morte se non vengono curate)?
    E' però opportuno aggiungere che non ci si deve attendere troppo da una futura medicina genetica.
    Già oggi è infatti chiaro che, benché molte malattie assai rare - stimate in numero di circa 4000, che compaiono solo in uno 0,5 per cento della popolazione - siano causate da un unico gene difettoso, le patologie più frequenti sono imputabili per lo più a cause diverse. La maggior parte delle malattie non è dunque curabile solo con terapie geniche. D'altra parte la genetica svolge comunque un ruolo più o meno importante in ogni malattia. Secondo le conoscenze attuali tutte le forme di cancro hanno come causa anche difetti genetici. Un vasto studio condotto in Scandinavia su 45.000 coppie di gemelli ha peraltro rivelato che nell'origine dei tumori il corredo ereditario ha un ruolo essenzialmente minore di quello del cambiamento di vita. Secondo questo studio l'ambiente contribuisce all'insorgere del cancro per due terzi, il corredo genetico solo per un terzo. In determinati tipi di cancro, come per esempio quello intestinale, quello alla mammella e quello alla prostata, i geni svolgono un ruolo maggiore di quanto si sia supposto finora. Con la sola terapia genetica non sarà tuttavia possibile estirpare il cancro; in questa malattia i fattori ambientali sono infatti più importanti di quelli genetici.


    [CONTINUA]
     
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  5. silverback
     
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    Quanto ho detto finora vale non solo per le malattie ma anche per la nostra esistenza in generale: i limiti del nostro comportamento sono fissati dai geni, ma all'interno di questi limiti c'è uno spazio indefinitamente grande per i cambiamenti e quindi per la libertà individuale. Neppure i gemelli omozigoti, i cui geni coincidono al 100 per cento, si comportano tutti nello stesso modo. Essi sviluppano personalità autonome ben individualizzate e percorrono vie diverse nella vita. Già nell'utero materno le "condizioni ambientali" per i due feti non sono perfettamente identiche. Uno dei due ha più spazio dell'altro, uno è più vicino al cuore della madre, uno vede la luce prima dell'altro. Si suppone che la personalità e le capacità di un essere umano siano geneticamente condizionate, ossia innate, al 50 per cento. (*)
    L'altra metà va messa in conto all'ambiente, ed è quindi acquisita. Senza dubbio le future ricerche sui geni mostreranno che migliaia di essi influiscono direttamente o indirettamente sulle capacità e sui comportamenti umani. Tuttavia la mappa del DNA non funzionerà mai come una carta geografica sulla quale si possa seguire esattamente la via del comportamento umano.
    Per concludere: tra i fautori più radicali di un'ingegneria genetica illimitata, non influenzata da questioni etiche, c'è James Watson, lo scopritore, insieme a Francis Crick, della struttura del DNA.
    Egli è fermamente convinto che, con l'aiuto dell'ingegneria genetica, si potrà creare un uomo nuovo e migliore.
    "Se, aggiungendo geni, si potessero creare esseri umani migliori, perché non dovremmo farlo?" chiede Watson.
    ____________________________________________________________

    Fonte: "BREVE STORIA DELLA VITA"; di Gerhard Staguhn (2001).
    ____________________________________________________________

    (*) Secondo Charles Murray e Richard J. Herrnstein* (1930-1994*), autori nel 1994 del libro "The Bell Curve" (libro che scatenò un putiferio negli Stati Uniti; 500.000 le copie vendute), le capacità mentali di un essere umano sarebbero innate all'80 per cento.
    Altri esperti, come Michael Daniels, Bernie Devlin e Kathryn Roeder, autori verso la fine degli anni '90 del lavoro "Intelligence, Genes and Success", che rianalizza le principali tesi riportate in "The Bell Curve", sono dell'opinione che quella percentuale debba essere ridotta al 48 per cento.
    (Ognuno dice la sua...)

    Fonte: LE SCIENZE DOSSIER, edizione italiana di SCIENTIFIC AMERICAN, numero 1 - Primavera 1999.

    Edited by silverback - 9/8/2006, 13:43
     
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  6. Quinzio
     
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    QUOTE
    "Se, aggiungendo geni, si potessero creare esseri umani migliori, perché non dovremmo farlo?"

    Credo che ci sarebbero grosse difficolta', nonche' grossi litigi per arrivare a determinare cos'e' "migliore" e "peggiore".

    QUOTE
    (*) Secondo Charles Murray e Richard J. Herrnstein* (1930-1994*), autori nel 1994 del libro "The Bell Curve" (libro che scatenò un putiferio negli Stati Uniti; 500.000 le copie vendute), le capacità mentali di un essere umano sarebbero innate all'80 per cento.
    Altri esperti, come Michael Daniels, Bernie Devlin e Kathryn Roeder, autori verso la fine degli anni '90 del lavoro "Intelligence, Genes and Success", che rianalizza le principali tesi riportate in "The Bell Curve", sono dell'opinione che quella percentuale debba essere ridotta al 48 per cento.
    (Ognuno dice la sua...)

    Io mi metto nel gruppo dell'80% e spiego anche il perche'.

    Io sono alto 171cm e con tutti gli sforzi di volonta' possibili non sarei diventato ne un cm piu' alto ne' un cm piu' basso.
    Non capisco perche' il cervello debba comportarsi in maniera diversa.
    Chiaramente il cervello ha la possibilita' di apprendere, ma questo non vuol dire che uno possa modificare la propria bravura nell'apprendere.
     
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  7. silverback
     
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    Quinzio, litigi o no, un giorno li creeranno degli esseri umani "migliori".
    Sempre che l'umanità non si estingua prima a causa di una guerra nucleare o di qualche altra catastrofe.

    Riguardo alla questione dell'intelligenza, ti posso dire che il discorso è più complesso di quanto si creda, nonostante pure io sia dell'opinione che le capacità mentali sono soprattutto innate (ora, in che percentuale, non è possibile stabilirlo).
    Per esempio, c'è chi come Horward Gardner, sostiene che all'idea dell'esistenza di un'unica intelligenza definibile in termini di QI è meglio sostituire quella di otto, o forse anche nove, tipi diversi di intelligenza.
    1) Linguistica
    2) Logico-matematica
    3) Musicale
    4) Spaziale
    5) Cinestetica
    6 e 7) Intelligenze personali (*)
    8) Naturalistica
    9) Esistenziale

    In parte mi trovo d'accordo con lui.
    _________________________________

    (*) La "mia" intelligenza.
     
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    CITAZIONE (silverback @ 9/8/2006, 12:28)
    I softliner vogliono invece usare la massima prudenza nell'integrare la nuova tecnologia nella creazione, ossia non contrapponendosi alla creazione stessa, bensì operando per migliorare il principio evoluzionistico esistente della natura, che funziona comunque da ben 4 miliardi di anni, là dove sembra che valga la pena di migliorarlo.

    I softliner hanno ragione nel dicharare che bisogna andarci cauti in certe cose. Però trascurano il fatto che per la nostra specie ormai la selezione naturale è ormai quasi del tutto assente...
     
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  9. silverback
     
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    CITAZIONE (silverback @ 9/8/2006, 13:19)
    Secondo Charles Murray e Richard J. Herrnstein* (1930-1994*), autori nel 1994 del libro "The Bell Curve" (libro che scatenò un putiferio negli Stati Uniti; 500.000 le copie vendute),

    Stavolta ci ha pensato James Watson a dar fuoco alle polveri...
    http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre..._africani.shtml

    le politiche sociali per l'africa si basano su assunti sbagliati
    «Neri meno intelligenti dei bianchi»
    Il premio Nobel della medicina Watson: l'aspirazione ad attribuire eguali capacità razionali a tutti è irrealistica

    LONDRA - Una serie di affermazioni decisamente controverse. E che da molte parti gli valgono l'esplicita accusa di razzismo. Per lo scopritore della struttura del Dna, lo scienziato e premio Nobel nel 1962 per la medicina, James Watson, 79 anni, i neri africani sono meno intelligenti dei bianchi occidentali. Affermazione che ha suscitato polemiche e condanne nel Regno Unito alla vigilia del suo arrivo a Londra per la presentazione del suo libro «Avoid boring people. Lessons from a life in science». Lo riporta il quotidiano britannico The Independent.

    NERI MENO INTELLIGENTI - Watson si dice pessimista «Per le prospettive del continente africano, dal momento che tutte le nostre politiche sociali si basano sul fatto che la loro intelligenza sia pari alla nostra, mentre tutti i test lo smentiscono». Lo scienziato ha quindi previsto che entro i prossimi dieci anni verranno scoperti i geni responsabili di tale diversità. Il premio Nobel riconosce come naturale l’aspirazione umana all’uguaglianza degli uomini, ma «le persone che hanno avuto a che fare con dipendenti neri sostengono che non è vero». Riflessioni contenute anche nel libro dello scienziato, in uscita nel Regno unito la prossima settimana: «Non c’è un valido motivo per prevedere che le capacità intellettive delle persone divise geograficamente al momento della loro evoluzione si siano esplicate in maniera identica. Il nostro desiderio di attribuire uguali capacità razionali come una sorta di patrimonio universale dell’umanità non è sufficiente per renderlo reale».

    EUGENETICA - Watson non è nuovo a controversie nate da alcune sue dichiarazioni su politica, sessualità e razza. Nel 1997 affermò che una donna avrebbe dovuto avere il diritto di abortire se dalle analisi fosse emersa l’omosessualità del suo bambino. In seguito suggerì un nesso tra colore della pelle e tendenze sessuali, sostenendo che le persone di colore avrebbero una libido più accentuata rispetto ai bianchi. Quindi affermò che la bellezza umana potrebbe essere geneticamente manipolata: «la gente pensa che sarebbe orribile se facessimo tutte le ragazze belle, io credo invece che sarebbe meraviglioso».


    17 ottobre 2007
     
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  10. Quinzio2
     
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    CITAZIONE
    «la gente pensa che sarebbe orribile se facessimo tutte le ragazze belle, io credo invece che sarebbe meraviglioso»

    Che poi è esattamente quello che avviene già in modo naturale tramite quel processo che si chiama selezione naturale.







     
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    CITAZIONE (Quinzio2 @ 18/10/2007, 07:58)
    CITAZIONE
    «la gente pensa che sarebbe orribile se facessimo tutte le ragazze belle, io credo invece che sarebbe meraviglioso»

    Che poi è esattamente quello che avviene già in modo naturale tramite quel processo che si chiama selezione naturale.

    selezione SESSUALE...
     
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  12. animus
     
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    La risposta bella e' stata quella dell'altro nobel, la montalcini.

    Ma no, non e' vero, sono intelligenti come e anche piu' dei bianchi.

    Come dire, c'e' un razzismo cattivo , ed uno buono , cosa che del resto noi gia sappiamo per cio che ci riguarda.

    Certo che queste due affermazioni mi hanno sconvolto, se gia credevo poco nell'intelligenza in generale delle persone, queste 2 perle che arrivano dai nobel, gli hanno data la mazzata definitiva.

    Gente....lasciate ogni speranza..
     
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    CITAZIONE (silverback @ 18/10/2007, 01:27)
    CITAZIONE (silverback @ 9/8/2006, 13:19)
    Secondo Charles Murray e Richard J. Herrnstein* (1930-1994*), autori nel 1994 del libro "The Bell Curve" (libro che scatenò un putiferio negli Stati Uniti; 500.000 le copie vendute),

    Stavolta ci ha pensato James Watson a dar fuoco alle polveri...
    http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre..._africani.shtml

    le politiche sociali per l'africa si basano su assunti sbagliati
    «Neri meno intelligenti dei bianchi»
    Il premio Nobel della medicina Watson: l'aspirazione ad attribuire eguali capacità razionali a tutti è irrealistica

    LONDRA - Una serie di affermazioni decisamente controverse. E che da molte parti gli valgono l'esplicita accusa di razzismo. Per lo scopritore della struttura del Dna, lo scienziato e premio Nobel nel 1962 per la medicina, James Watson, 79 anni, i neri africani sono meno intelligenti dei bianchi occidentali. Affermazione che ha suscitato polemiche e condanne nel Regno Unito alla vigilia del suo arrivo a Londra per la presentazione del suo libro «Avoid boring people. Lessons from a life in science». Lo riporta il quotidiano britannico The Independent.

    NERI MENO INTELLIGENTI - Watson si dice pessimista «Per le prospettive del continente africano, dal momento che tutte le nostre politiche sociali si basano sul fatto che la loro intelligenza sia pari alla nostra, mentre tutti i test lo smentiscono». Lo scienziato ha quindi previsto che entro i prossimi dieci anni verranno scoperti i geni responsabili di tale diversità. Il premio Nobel riconosce come naturale l’aspirazione umana all’uguaglianza degli uomini, ma «le persone che hanno avuto a che fare con dipendenti neri sostengono che non è vero». Riflessioni contenute anche nel libro dello scienziato, in uscita nel Regno unito la prossima settimana: «Non c’è un valido motivo per prevedere che le capacità intellettive delle persone divise geograficamente al momento della loro evoluzione si siano esplicate in maniera identica. Il nostro desiderio di attribuire uguali capacità razionali come una sorta di patrimonio universale dell’umanità non è sufficiente per renderlo reale».

    EUGENETICA - Watson non è nuovo a controversie nate da alcune sue dichiarazioni su politica, sessualità e razza. Nel 1997 affermò che una donna avrebbe dovuto avere il diritto di abortire se dalle analisi fosse emersa l’omosessualità del suo bambino. In seguito suggerì un nesso tra colore della pelle e tendenze sessuali, sostenendo che le persone di colore avrebbero una libido più accentuata rispetto ai bianchi. Quindi affermò che la bellezza umana potrebbe essere geneticamente manipolata: «la gente pensa che sarebbe orribile se facessimo tutte le ragazze belle, io credo invece che sarebbe meraviglioso».


    17 ottobre 2007

    Elementare Watson: tu ti droghi! :D
    Scherzi a parte, ciò che dice questo tipo potrebbe avere delle fondamenta valide, ma perché considerare l'intelligenza come un barile che è più o meno pieno o più o meno vuoto? Magari gli individui di una certa popolazione umana potrebbero avere un'intelligenza diversa, non per questo minore.
    Per quanto riguarda i giudizi dei datori di lavoro che hanno avuto dipendenti di colore poco mi fido. Come anche per le "politiche sociale" per lo "sviluppo" economico e sociale dell'Africa...
     
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12 replies since 28/7/2006, 00:41   458 views
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