Le donne ci amano tanto quanto noi amiamo loro?
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Le donne ci amano tanto quanto noi amiamo loro?

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  1. ventiluglio
     
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    Lelen:
    CITAZIONE
    Vorrebbe dire che già la selezione naturale prevede una maggior resistenza delle donne a infezioni etc. Diciamo unmaarcia in più per una questione di sopravvivenza della specie, visto che le donne partoriscono e allevano la prole.

    Non mi sembra del tutto scorretto come ragionamento. Ma c'è di più.

    Questo argomento della differente Aspettativa di Vita (AV per brevità) tra uomini e donne, l'avevo un po' approfondito, con alcune letture a tema, diverso tempo fa.

    Contrariamente alle tue supposizioni risulterebbe che allo "stato naturale" le donne avrebbero una AV circa uguale o addirittura inferiore (in media) a quella degli uomini. Perché una percentuale notevolissima di donne (come d'altra parte accadeva ancora pochi secoli fa, anche in Occidente) morirebbe di parto.
    Il nostro caratteristico sviluppo del cranio rende infatti, come è noto, il parto umano particolarmente delicato, doloroso e pericoloso per la sopravvivenza della gestante.

    Sembra tuttavia che le donne, se si escludesse appunto la - per natura altissima - mortalità per parto, avrebbero una AV "biologica" leggermente superiore agli uomini (anche senza considerare i diversi rischi, i lavori logoranti, le guerre, lo stress, il fumo, l'alcol, la naturale propensione maschile a prendersi meno cura di se stessi, ecc.), con una maggiore resistenza femminile alle infezioni, ad esempio, e con una specie di rallentato logoramento al tempo dell'organismo.
    In altre parole le donne sarebbero effettivamente "programmate" geneticamente per vivere un po' più a lungo, sempre beninteso che sopravvivano al parto.

    Onde evitare poi che una gravidanza in età "avanzata" esponga nuovamente delle donne (spesso già precedentemente "madri", ovvero con prole) al rischio di morte per parto, la Natura farebbe sì che la femmina umana vada relativamente presto in menopausa (fenomeno naturale, anch'esso quasi esclusivamente umano) proprio per impedire che i figli avuti precedentemente rischino di rimanere orfani e quindi con scarsissime possibilità di sopravvivenza.
    La donna che abbia superato indenne la prova terribile del parto sarebbe così adatta a sopravvivere il più a lungo possibile, permettendo una cura ed uno svezzamento della prole prolungata (altra caratteristica peculiare umana).

    Sembra poi che esista una stretta correlazione tra l'AV "biologica" di un organismo vivente ed il rischio di "morte accidentale" a cui esso statisticamente è soggetto:
    Tutti gli animali con alto rischio di "morte accidentale" (predazione, o altro) subirebbero infatti una specie di accelerazione delle funzioni vitali che porterebbe il loro organismo a logorarsi e comunque morire naturalmente prima.
    Maggiore rischio di "morte accidentale", minore AV "biologica".
    Questo fenomeno, ad una cruda e spietata lettura "evoluzionistica" della faccenda, non deve meravigliare.
    Perché facendo un paragone "meccanico" sarebbe come se un progettista evitasse accuratamente lo spreco di progettare un motore automobilistico adatto a funzionare per milioni di chilometri, sapendo che quell'automobile statisticamente entro i primi 200.000 km si distruggerà in un incidente, o subirà un'usura delle altri parti meccaniche che la renderebbe comunque inutilizzabile.
    Com'è noto il motore di una formula uno è progettato per funzionare per un numero di chilometri infinitamente inferiore a quello previsto per un trattore o un'utilitaria.
    La formula uno è progettata per vincere le corse, non per durare nel tempo.
    E gli organismi viventi sono "fatti" per perpetuare la vita (tramandandola alle genenerazioni successive) al minor costo e nel modo più efficiente possibile, non per perpetuare se stessi all'infinito.

    In questo senso la relativamente minore AV maschile all'interno della sua stessa specie homo si spiegherebbe forse con la maggiore possibilità per il maschio di andare incontro a morte violenta (guerre, lotte per il diritto a riprodursi, ecc.) rispetto alla femmina.
    O meglio ancora, al contrario, è proprio la minore AV maschile (esclusa la mortalità per parto femminile) a indurci a ritenere che, allo "stato naturale", il maschio umano statisticamente affronterebbe una vita più "pericolosa" di quella della femmina.

    E' però grazie ai ritrovati della scienza occidentale (quasi esclusivamente "maschile") che la "mortalità femminile per parto è stata, con l'Era Moderna, praticamente azzerata.
    Alterando così in modo drastico il dato naturale.

    ...a voi le conclusioni.


    Lorenzo

    Edited by ventiluglio - 30/12/2005, 00:36
     
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