MODELLI DI STERILITA'

Induzione alla sterilità femminile attraverso modelli culturali

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  1. wookyee
     
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    Ovarian Dysfunction, Stress, and Disease: A Primate Continuum
    [....]
    Tra le cause, risulta da molti studi che l’esercizio fisico e la dieta possono indurre anormalità riproduttive.

    Fattori psicogeni (per es. stress, ansia, o depressione) anche contribuiscono sostanzialmente, sebbene il loro ruolo rimanga alquanto controverso, a causa delle difficoltà nel definire e quantificare tali fenomeni.

    Inoltre, l’esercizio fisico, la dieta e i fattoripsicogeni spesso coincidono, facendo diventare quasi impossibile distinguere il loro contributo indipendente ad ogni particolare episodio di anormalità ovarica.

    Per quanto riguarda l’estensione degli eventi, le prove emergenti suggeriscono che le disfunzioni ovariche pre –menopausa - che si manifestano lungo un continuum da deficit leggeri nella fase luteale del ciclo mestruale fino all’anovulazione e all’amenorrea – sono molto più comuni di quanto sia generalmente valutato sia dalle donne che dai loro medici.

    [...]

    Deficit funzionali riproduttivi - Visione di insieme: Eziologia e epidemiologia

    Il normale ciclo riproduttivo richiede i contributi dell’ipotalamo, della ghiandola pituitaria e delle ovaie, per avere un esatta temporizzazione e funzionamento, ciò suggerisce che esistano numerose opportunità per la sua interruzione.

    Tra le più importanti interruzioni epidemiologiche sono quelle indotte da attacchi psicogeni e metabolici (per esempio stress psicologico, esercizio fisico e dieta) in individui altrimenti capaci di una normale attività riproduttiva.

    Tali deficit sono stati chiamati “funzionali” per mostrare l’assenza di menomazioni negli organi riproduttivi e per suggerire che l’abolizione dell’”attacco” dovrebbe capovolgere il deficit.

    Nelle donne, il primo danno funzionale indotto da fattori psicogeni e metabolici è in origine ipotalamico, coinvolgendo le alterazioni nell’attività del generatore di GnRH.

    Il più ovvio segno clinico di questa anormalità è la cessazione del ciclo mensile (amenorrea) in un individuo che ha sempre avuto cicli regolarmente; la condizione che ne risulta è l’amenorrea funzionale ipotalamica (FHA) functional hypothalamic amenorrhea.

    […]
    Esercizio fisico, dieta e equilibrio energetico

    Ci sono notevoli prove che dimostrano che l’esercizio fisico eccessivo e i disordini alimentari interrompono il generatore di GnRH e inducono l’amenorrea ipotalamica. (Hirvonen 1977; Perkins et al. 2001; Warren and Fried 2001).

    Tra le atlete, per esempio, la prevalenza dell’amenorrea è solitamente, il 25% o più, specialmente quando le donne si dedicano a sport che provocano una diminuzione di peso, come il balletto o la corsa, che enfatizzano una massa corporea magra.

    Come con l’amenorrea psicologica, c’è una considerevole variazione individuale nella reazione all’attività fisica, perfino nelle atlete migliori; e alcuni individui sono resistenti alle alterazioni del ciclo indifferenti al livello di esercizio (Loucks and Thuma 2003; Loucks et al. 1989).

    Sebbene molti dati sulle atlete siano basati sull’osservazione, Bullen e colleghi (1985) valutarono i disordini mestruali in donne non allenate sottoposte ad un programma progressivo di estenuante esercizio fisico.

    Questo studio di riferimento ha mostrato l’affioramento di irregolarità mestruali all’inizio del regime degli esercizi con un incremento di intensità con l’incremento dell’impegno nell’esercizio fisico.

    Alla fine dei due mesi di allenamento, 13 delle 28 donne avevano avuto ritardi nel ciclo mensile e in questo modo erano diventate amenorroiche; 6 mesi dopo il completamento dell’esperimento, tutte le donne hanno recuperato il ciclo normale, dimostrando ancora la reversibilità della sindrome.

    Un risultato importante nel suddetto studio di Bullen, è che il deficit ovarico è maggiormente severo e prolungato nel sottoinsieme delle donne che sono anche sottoposte ad un leggero regime dietetico.
    Il fare la fame, ovviamente, è strettamente legato alla cessazione delle funzioni riproduttive, (e.g., Keys et al. 1950).

    Inoltre l’anoressia è generalmente associata con una prolungata amenorrea.

    Inoltre, le donne con FHA sono spesso più magre in confronto alle donne della stessa età.

    Comunque il passaggio all’amenorrea non è solamente secondario alla perdita di una quantità specifica di grasso corporeo, come suggerito da Frisch e Mc Arthur.

    Piuttosto, le anormalità riproduttive si sviluppano in progresso a cambiamenti nella composizione corporea (Bonen 1994), infatti, le evidenze emergenti, suggeriscono che sintomi di disordini alimentari, perfino quelli che non causano significanti perdite di peso, contribuiscono sostanzialmente alla FHA (Pirke et al. 1985; Warren et al. 1999).


    La combinazione di disordini alimentari e di attività fisica pesante possono portare ad uno stato di netto bilanciamento energetico negativo che aumenta notevolmente la vulnerabilità ad avere deficit riproduttivi.
    […]
    In questo esperimento la pulsatilità del LH, è interrotta bruscamente quando l’introito giornaliero di energia viene diminuito di più del 33%.

    Sebbene questo risultato rifletta un cambiamento calorico relativamente intenso, i dati sottolineano il ruolo dell’introito dietetico nel mantenimento della normale funzione riproduttiva.

    L’osservazioni sopradescritte hanno condotto alcuni studiosi ad ipotizzare che lo squilibrio energetico è il primo mediatore del FHA, perfino quando sono anche presenti lo stress psicologico o l’esercizio fisico, Couzinet et al. 1999; Warren and Fried 2001; Warren et al. 1999


    Ci sono prove per esempio, che lo stress psicologico possa indurre disordini alimentari e da questo, alterazioni metaboliche capaci di destabilizzare la riproduzione (Berga 1996; Brown et al. 1983).
    Inoltre, siccome lo stress psicologico e l’esercizio fisico eccessivo sono spesso accompagnati da disturbi dell’alimentazione, è quasi impossibile sbrogliare il loro contributo indipendente alla naturale storia del FHA.


    Clinical Versus Subclinical Manifestations

    La discussione precedente metteva a fuoco il problema dell’amenorrea, il segno più ovvio delle disfunzioni riproduttive.

    Dalla fine degli anni ’40, comunque, divenne evidente che i deficit delle funzioni riproduttive sufficienti per causare l’infertilità o aborti naturali, potevano accadere a donne che sembrava avessero cicli regolari.

    La più sottile di queste anomalie è un deficit nella secrezione del progesterone durante la fase luteale del ciclo ("luteal phase deficiency" [LPD1]), inizialmente scoperta attraverso misurazioni attente e giornaliere della temperatura. Studi successivi hanno mostrato che il corpo luteale, in questi casi, è caratterizzato da deficit di multipli ormoni, incluso poco estradiolo e concentrazioni di inibina.
    Un altro significativo deficit riproduttivo che è stato osservato nelle donne con apparenti cicli regolari è l’anovulazione, indicata sia da concentrazioni di soppressione del progesterone luteale sia dall’assenza di un flusso di LH a metà ciclo. Tecnicamente l’anovulazione avviene quando nessun follicolo matura completamente o quando matura ma poi muore.
    […]
    poiché sono entità subcliniche , LPD e anovulazione sono difficili da studiare.
    [..]
    Lo studio di De Souza e colleghi ha determinato che sotto alcune condizioni (tra donne impegnate in esercizio fisico non agonistico per esempio) questi difetti sono abbastanza comuni.
    In uno di questi studi, gli ormoni riproduttivi di 24 corritrici non agoniste sono stati comparati con quelli di 11 donne sedentarie durante tre cicli mestruali attraverso l’accertamento di campioni di urina giornalieri.

    Particolarmente il 57% dei cicli delle corritrici erano anormali (45% per LPD e 12% per anovulazione) un risultato collegato con l’attutita crescita del FSH nel passaggio luteale follicolare.
    Uno studio successivo ha comparato 20 corritrici non agoniste con 10 donne sedentarie con rispetto degli ormoni riproduttivi e metabolici, per 3 cicli mestruali consecutivi.

    Ancora, più della metà delle corritrici erano anormali, con prove che le anormalità erano indotte da un bilanciamento energetico negativo intermittente.

    Questi studi sono troppo limitati per permettere di dare una stima accurate dell’incidenza dei deficit ovarici, nella popolazione.

    Comunque suggeriscono che questi disordini sono molto più comuni di quello che possano pensare le donne e i loro medici

    [...]

    Public Health Implications

    E’ spesso proposto che le alterazioni fisiologiche che accompagnano FHA e LPD e anovulazione sono adattabili, cioè loro mantengono l’omeostasi mentre spostano l’energia dall’attività riproduttiva quelle attività che sono necessarie per combattere le emergenze.

    Per la maggior parte, comunque, le condizioni ambientali che provocano la FHA e altri deficit funzionali riproduttivi nelle società industrializzate non comprendono le emergenze.

    Piuttosto, rappresentano le sfide giornaliere, in risposta alle quali i meccanismi fisiologici e psicologici necessari per far fronte a queste sfide, attivano i processi neurali centrali sufficienti a interrompere la ciclicità ovarica in una percentuale di individui.

    […]

    Comunque esistono studi che lasciano alcune domande clinicamente rilevanti, senza risposta.

    a) quanto sono comuni i deficit riproduttivi subclinici? Il rilievo sulla salute pubblica di queste condizioni dipende in parte, sul numero di donne affette da questi disturbi.
    Sfortunatamente non ci sono studi che determinano l’incidenza del LPD e dell’anovulazione in una popolazione di donne normali (Ginsburg 1992).
    I sottogruppi tipicamente valutati (per esempio donne infertili o con aborti spontanei abituali, atlete, e donne che fanno esercizio fisico) mostrano un’incidenza che va dal 10 al 50%.

    b) I Fattori psicologici e l’esercizio fisico contribuiscono indipendentemente sull’eziologia dei disordini della funzione riproduttiva, o è il bilancio energetico negativo la condizione necessaria e sufficiente?
    Con poche eccezioni, studi attinenti sono stati limitati a questi fattori, comparando le caratteristiche dietologiche, comportamentali e psicologiche delle donne con deficit funzionali con quelle che non li avevano; l’eziologia non è stata generalmente esaminata.
    Dove tale valutazione è stata fatta (incominciando con persone sedentarie, e individui non a dieta), è stato scoperto che restrizioni dietetiche inducono un cambiamento nella pulsatilità del LH. (Loucks and Thuma 2003).

    c) Perché alcune donne sono vulnerabili ai disturbi ovarici mentre altri soggetti nelle stesse condizioni ambientali sono resistenti? Numerosi studi su donne impegnate in esercizi fisici estenuanti illustrano questo fenomeno particolarmente bene: alcuni individui diventano amenorroiche rapidamente, altri sviluppano LPD ma continuano ad avere le mestruazioni, e le rimanenti sembrano non malate. Identificare i fattori responsabili per la vulnerabilità e la resistenza potrebbe facilitare grandemente l’interferenza o la prevenzione.

    Le domande precedenti è improbabile che siano indirizzate a studi umani ciò è dovuto sia a sfide logistiche sia a limiti etici.

    L’uso di appropriati animali offre una potenziale metodologia alternativa che permette agli studiosi di esercitare un controllo sperimentale su variabili ambientali rilevanti, manipolare fattori di rischio sospetti, impiegare tecniche invasive per la misurazione e valutare prospettivamente lo sviluppo delle conseguenze collegate sulla salute dei deficit funzionali riproduttivi.

    La sezione seguente rivisita i contributi dati da questi studi.


    Use of Nonhuman Primates to Model the Etiology and Sequelae of Functional Reproductive Deficits


    Un corpo considerevole della ricerca, specialmente nel genere Macaco, dimostra che i cicli mestruali delle donne dei primati antropoidi di altri vecchi mondi sono marcatamente simili nel (disegno) progetto complessivo, nel timing degli eventi che li costituiscono e nel profilo ormonale (Corner 1923; Knobil 1988; Zuckerman 1930)

    In vista delle loro molte similarità riproduttive condivise, è per esempio non sorprendente che alcuni tipi di deficit funzionali mestruali osservati nelle donne accadano anche nelle scimmie.
    Infatti, quello che appare essere la prima descrizione della anovulazione ipotalamica reversibile fu pubblicata con riferimento al macaco mulatto, non alle donne (Corner 1927; Corner et al. 1945).

    Studi conseguenti hanno chiarito che le scimmie, come le donne, hanno esperienze di deficit che vanno dal LPD e anovulazione alla oligomenorrea e alla amenorrea (Wilks et al. 1976, 1977; Williams and Hodgen 1982).
    Come nelle donne le interruzioni di rilascio di gonadotropina si pensa siano l’usuale causa immediata di queste anormalità riproduttive. Prese insieme, le prove esistenti, suggeriscono che i macachi siano bene adatti a fare da modello per i fenomeni riproduttivi in relazione al rischio di malattie croniche. Molti studi di questo tipo sono stati svolti sia nei (Macaca mulatta) che (Macaca fascicularis), i quali si assomigliano strettamente nelle caratteristiche riproduttive.
    […]


    Eziologia dei deficit della funzione riproduttiva osservato sperimentalmente nelle scimmie
    Ruolo dello stress metabolico e da esercizio fisico


    Restrizione nutrizionali severe (per esempio patire la fame) e condizioni come l’anoressia nervosa sopprimono la riproduzione nelle scimmie così come nelle donne. (Drew 1961; Dubey et al. 1986; Keys et al. 1950)

    Comunque, i deficit della funzione riproduttiva che accadono molto più frequentemente nelle donne rispecchiano modelli di disordini alimentari, poiché cambiamenti sfavorevoli nella funzione riproduttiva accadono in anticipo rispetto ai cambiamenti nella massa corporea e nella composizione.


    [...]

    Fra le donne, l’effetto dei disordini alimentari nel sistema riproduttivo è molto più importante negli individui impegnati negli sport sia agonistici che dilettantistici.

    Gli studi di Williams e colleghi sono particolarmente esaustivi a questo riguardo, poiché prospettivamente investigano sull’impatto dell’attività fisica (la corsa) sulla funzione riproduttiva tra le scimmie cynomolgus con inizialmente un ciclo normale, che consumavano costantemente un numero di calorie giornaliere.

    Gli studiosi allenarono 8 scimmie a correre su un tappeto per 2 ore al giorno, 7 giorni a settimana, quando furono pienamente allenate, gli animali correvano approssimativamente 12km al giorno.

    Per la determinazione degli ormoni riproduttivi fu prelevato il sangue dalle scimmie corritrici e da 8 scimmie sedentarie (utilizzate come controllo) ogni giorno.


    A tutti gli animali sottoposti ad esercizio venne l’amenorrea (ma non alle scimmie campione sedentarie), sebbene l’inizio variava dal 7° al 24° giorno dopo l’inizio dell’allenamento.

    Non c’erano significative differenze nelle caratteristiche del ciclo tra le scimmie corritrici e le sedentarie fino a due cicli prima della comparsa dell’amenorrea.

    A questo punto, le corritrici mostrarono cicli allungati che tendevano ad essere anovulatori e deficienti nel progesterone luteale, cambiamenti che apparsero essere secondari alla soppressione del rilascio di gonadotropina.

    Le tre cose fondamentali trovate in questo studio sono tre:
    1) Il passaggio all’amenorrea fu brusco;
    2) C’era una considerevole variabilità per l’inizio delle disfunzioni riproduttive;
    3) Le scimmie corritrici non persero peso, rispetto alle scimmie sedentarie, nonostante consumassero lo stessa quantità di calorie, implicando un adattamento metabolico all’esercizio fisico.

    In uno studio successivo, gli studiosi testarono l’ipotesi che l’esercizio fisico osservato inducesse amenorrea fosse dovuto alla bassa disponibilità di energia.

    Per completare lo studio accertarono gli effetti di una alimentazione supplementare in 4 delle scimmie corritrici amenorroiche dello studio precedente.

    Tutti gli animali erano stati amenorroici per gli ultimi 3 cicli prima della previsione di una alimentazione supplementare, la quale venne offerta nella forma di “festa” (barrette – frutta secca- frutta fresca).

    Gli animali continuarono ad allenarsi durante lo studio.
    Il peso aumentò decisamente, e tutti gli animali mostrarono una ripresa delle funzioni riproduttive, sebbene il tasso di recupero fosse bimodale – due delle scimmie ripresero in circa 2 settimane sebbene le due rimanenti non ritornarono all’attività ciclica ormonale per quasi due mesi.


    Insieme, le scoperte di questi due studi significano che la bassa disponibilità di energia è un segnale primario che indebolisce la funzione riproduttiva nel contesto dell’esercizio fisico. La riduzione di T3 e il mantenimento stabile del peso corporeo in associazione con l’amenorrea indotta dalla corsa suggerisce ulteriormente che l’esercizio fisico eccessivo determina un cambiamento metabolico consistente con la conservazione dell’energia, almeno nelle scimmie sottoposte in modo random ad un regime di allenamento con la corsa.

    Stress psico - sociale

    Gli studi sui primati non umani hanno investigato su alcuni fattori descritti sopra.

    In uno studio nel quale uno stress moderato era l’oggetto scientifico dello studio e che coinvolgeva 11 scimmie adulte rhesus, con ciclo normale, Xiao e colleghi (2002) valutarono gli effetti dello stress su animali che erano alloggiati in gabbie individuali e erano abituati ad essere misurati giornalmente senza anestesia per tamponi vaginali e campioni di sangue

    Gli animali furono divisi in due gruppi, con un gruppo esposto allo stress, durante la fase follicolare del ciclo mestruale mentre le scimmie dell’altro gruppo furono stressate nella fase luteale. Gli ormoni riproduttivi, la lunghezza del ciclo, il peso corporeo e il cortisolo dai due precedenti cicli normali furono comparati con i dati raccolti durante il periodo di stress e i due seguenti cicli mestruali.

    In questo studio, lo stress imposto nella fase follicolare ha indotto una diminuzione delle concentrazioni di LH e di progesterone nella fase luteale dello stesso ciclo. L’esposizione allo stress durante la fase luteale ha condotto ad una immediata riduzione del LH luteale e del progesterone che rimase nei cicli mestruali successivi. Su tutti gli animali, il serio cortisolo si è alzato nel primo giorno dello stress e rimase elevato per 2 settimane dopo la cessazione dello stress.


    Gli autori hanno interpretato i loro risultati come dimostrazione che lo stress rapidamente induce disfunzioni riproduttive similari al LPD.

    Da notare, la guarigione dallo stress non fu immediata, perché gli effetti rimasero perfino al ciclo successivo. Questi dati forniscono una prova iniziale che fattori psicogenici possono indurre disfunzioni riproduttive indipendentemente dalla restrizione calorica o alterazioni nell’attività fisica.

    Cameron mostrò che i Macachi cynomolgus con ciclo normale, con esercizio fisico moderato soggetti ad una leggera dieta divennero anovulatori dopo l’esposizione allo stress consistente nell’incontro con scimmie non del loro gruppo sociale (analogamente alla tipologia di stress utilizzata da Xiao nel 2002).

    In contrapposizione, né la restrizione dietetica, né il movimento verso una nuova location hanno indotto indipendentemente danni riproduttivi, in queste scimmie sottoposte ad esercizio (Cameron 2003). Quest’ultima osservazione sembra particolarmente fondamentale dal momento che l’esercizio fisico, le restrizioni dietetiche e i fattori psicologici accadono spesso simultaneamente nelle donne.


    Prevalenza di deficit subclinici

    Come affermato precedentemente, la prevalenza dei deficiti subclinici non è stata accertata con dati su una popolazione di riferimento del nord America.

    Comunque, l’incidenza del LPD e dell’anovulazione aumenta ad un sorprendente alto livello (più del 50%) tra un selezionato sottoinsieme di donne – quelle che fanno esercizio fisico non agonistico. (De Souza et al. 1998)

    Sebbene non ci siano studi pubblicati su scimmie che fanno esercizio fisico non agonistico, i macachi cynomolgus che correvano in modo estenuante senza un incremento di apporto calorico alla fine divennero amenorroiche (Williams et al. 2001a).

    Per prima cosa, comunque, passarono attraverso uno stato di LPD e anovulazione simile a quello osservato nelle donne impegnate nella corsa. Inoltre, c’è una considerevole variabilità nel tempo del corso di queste disfunzioni: alcune scimmie conservano la loro normale ciclicità fino a circa 2 anni, mentre altre diventano anormali in poco tempo circa 5 mesi.


    L’estensione delle osservazioni attuali sulle scimmie e sui sottogruppi selezionati di donne ad una popolazione di riferimento suggerisce che la complessiva incidenza di deficit riproduttivi subclinici è approssimativamente del 30% con deviazioni da questa media collegate in larga parte con le condizioni ambientali. Individui ad alto rischio potrebbero includere quelli impegnati anche in poco esercizio fisico regolare (particolarmente quando associato a qualsiasi livello di disordine alimentare) e quelli esposti ad alti livelli di stress quotidiano. La sottonutrizione cronica è un altro fattore che grandemente incrementa l’incidenza di disfunzioni riproduttive subcliniche, sebbene l’impatto di queste condizioni sia ugualmente più grande nei paesi non industrializzati.
    [..]
    Differenze individuali nella suscettibilità e resistenza ai deficit funzionali riproduttivi.

    Le donne e le scimmie esposte a cambiamenti psicologici, calorici, o di esercizio fisico mostrano considerevoli variazioni individuali nella reazione riproduttiva.

    Alcune donne che fanno esercizio fisico mantengono cicli normali, alcune sviluppano LPD o anovulazione e mantengono questo stato, altre rapidamente diventano amenorroiche. (e.g., De Souza et al. 1998 and 2003; Loucks et al. 1989; Warren and Fried 2001).

    Sebbene tutte le scimmie allenate strenuamente diventino amenorroiche, alcune sono resistente per anni mentre altre soccombono in pochi mesi.

    In modo simile, le donne rispondono in modo variabile allo stress della vita quotidiana.

    [..]
    Rimane non chiaro perchè situazioni che inducono deficit in alcuni individui lasciano altri illesi. Alcuni studiosi hanno fatto considerazioni sul fatto che caratteristiche della personalità come il perfezionismo e la premura di piacere, rendono le donne specialmente inclini a impegnarsi in comportamenti (p.es. diete e esercizio fisico) che incrementano la loro vulnerabilità ai deficit riproduttivi. Per questa ragione, un counseling o una terapia comportamentale sono alcune volte raccomandabili come un primo responso sulle disfunzioni riproduttive. Tra le scimmie subordinate, una continua mancanza di controllo riguardo l’accesso a partner sociali, spazio e cibo, può essere sufficiente per interrompere le funzioni riproduttive, indipendentemente dai tratti caratteriali.

    Curiosamente, le donne e le scimmie depresse assomigliano alle loro controparti per i deficit riproduttivi, particolarmente con rispetto dell’attivazione cronica del HPA, Questa attivazione direttamente o indirettamente può indurre concomitanti interruzioni riproduttive. […]

    La depressione, allora, o i suoi concomitanti tratti del temperamento, può rappresentare un segno addizionale della vulnerabilità alla disfunzione ovarica. Come i deficit riproduttivi, le individuali differenze nella suscettibilità alle disfunzioni ovariche probabilmente a un origine multifattoriale, che varia in base alla situazione. Sebbene, probabilmente non irrisolvibile, le determinanti di queste differenze rimangono scarsamente capite e forniscono un suolo fertile per futuri studi.

    [..]
    Considerazioni evolutive

    Questo articolo ha così vastamente focalizzato sui fattori prossimi – stato sociale e stress, bilancio energetico negativo, esercizio fisico – che sfociano in disfunzioni riproduttive. In questa sezione, noi abbiamo indirizzato (lo studio) alla possibilità che questi deficit rappresentino una reazione di adattamento alle sfide ambientali che reversibilmente spostano l’energia via dalla riproduzione verso il mantenimento e la sopravvivenza. (e.g., Berga 1996; Warren and Fried 2001)
    [...]
    Il meccanismo di adattamento ipotizzato per racchiudere questo responso ai cambiamenti ambientali negli umani e in altri primati è stato riferito ai vari “soppressione riproduttiva”, filtrazione della riproduzione”, risposta flessibile”. Vitzthum 2001; Wasser and Barash 1983; Wasser and Place 2001)
    [...]
    Sebbene possano esistere molti pregiudizi disciplinari nell’attribuzione delle cause, le prove attuali suggeriscono che entrambi dieta e condizioni psico – sociali influenzano la riproduzione dei primati.
    [..]
    Le donne che vivono in una varietà di condizioni ecologiche sono sottoposte ad analoghe soppressioni riproduttive in risposta ai cambiamenti nelle condizioni ambientali, sebbene siano forse guidate da un set più variabile di segnali immediati.
    [..]
    Nei paesi industrializzati, dove il cibo è normalmente recuperabile in abbondanza durante tutto l’anno, l’interesse della ricerca si centra su sottoinsiemi di individui con deficit riproduttivi; tali deficit sono di solito attribuiti allo stress e ad altri fattori comportamentali, inclusi i disordini alimentari e l’esercizio fisico. (Berga 1996).


    http://dels.nas.edu/ilar_n/ilarjournal/45_...an_manuck.shtml
     
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