Abu-Grahib e lo psicostupro

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  1. doctor doctor
     
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    Riporto qui alcune considerazioni della dott.ssa Risoldi, psicoanalista


    Donne, torture e guerre



    Maria Chiara Risoldi
    Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana



    Le torture sui prigionieri iracheni nel carcere di Abu-Grahib per mano della soldatessa americana Lynndie England ci hanno suggerito un'immagine femminile molto lontana da quella comunemente condivisa. Abbiamo chiesto alla psicoanalista Maria Chiara Risoldi perché la realtà ci propone immagini tanto contrastanti con quelle più familiari che abitano il nostro immaginario.

    Le terribili immagini della soldatessa Lynndie England, che si fa fotografare mentre "tiene al guinzaglio" un prigioniero iracheno nudo nel carcere di Abu Grahib, ci hanno messo di fronte alla morte simbolica della bontà femminile. Abbiamo chiesto a Maria Chiara Risoldi, esperta di violenza femminile e autrice di un volume "Traumi di guerra", se è vero che la donna sia - per così dire - biologicamente più buona dell'uomo e quindi meno incline alla violenza e alla crudeltà.
    Prima di rispondere a questa domanda, ho bisogno di fare due premesse. La prima riguarda la distinzione tra natura e cultura. Diciamo subito che dal punto di vista "naturale" non c'è alcuna distinzione specifica tra maschile e femminile. Il bambino al momento della nascita è "neutro". È a partire da quel momento che interviene la cultura e la bambina viene educata al pacifismo. Questo tipo di educazione contiene una parte di luci e una parte di ombre. Le luci si riferiscono alle capacità di mettersi in relazione, di prendersi cura, di mediare e riparare, di occuparsi dei legami, capacità che vengono insegnate alle bambine e che andranno a costituire la parte più significativa della loro identità futura di donne. Le ombre sono costituite dalla implicita richiesta di rinunciare ad esprimere la propria aggressività, considerata come una parte negativa del sé da censurare, reprimere, rimuovere.

    In altri termini, quando la richiesta di rinunciare all'aggressività viene subita dalla bambina come perdita di una parte del sé e non come proposta educativa mediata dal linguaggio, la donna, una volta diventata adulta, è per così dire "costretta" all'altruismo e all'oblatività. È questo che la rende poi incapace di mettere in atto tutti quei legittimi compromessi che, al contrario, le renderebbero possibile perseguire anche il proprio benessere?
    Succede esattamente questo: nella stragrande maggioranza dei casi, le bambine non possono scegliere come e cosa diventare da grandi, esse vengono semplicemente "indirizzate" verso la non aggressività, l'oblatività, la scarsa capacità a prendersi cura di se stesse, l'abitudine a subire violenza.

    Come si arriva alla soldatessa americana?
    Fatte queste due premesse, la neutralità "naturale" del neonato e le luci e le ombre presenti nell'educazione "culturale" a cui vengono sottoposte le bambine, tutto il lavoro del pensiero della differenza, che è stato approfondito dalle psicoanaliste femministe, è stato quello di riuscire a mantenere una parte delle luci e contemporaneamente a eliminare le ombre. Ovvero, abbiamo tentato di educare le donne a riappropriarsi del diritto all'autodifesa. Il che significa riuscire a dire di no senza sentirsi in colpa, posporre qualche volta i bisogni del padre, del marito e dei figli ai propri, diventare capaci di riconoscere i propri bisogni e tentare di raggiungerne la soddisfazione prendendosi il tempo e lo spazio necessari, rinunciare alla spinta interna verso l'incondizionata oblatività.

    Quali sono state le conseguenze di questa sorta di rieducazione a cui è stata sottoposta, in modo simbolico, la figura femminile?
    La donna ha preso coscienza del proprio valore e delle proprie esigenze, ha imparato a riconoscerle e ha capito che per soddisfarle doveva mettere da parte il modello della Madonna che fino a quel momento era stato l'unico possibile. La conseguenza più rivoluzionaria di tutto questo è stata la messa in campo dell'aggressività femminile. Aggressività che la donna possiede eccome! Per dire di no al marito o ai figli, la donna ha dovuto riappropriarsi dell'aggressività che per secoli aveva tenuto a bada.

    Che cosa è accaduto poi?
    Che siamo cadute nell'eccesso opposto. Negli ultimi trent'anni, per eliminare le ombre, abbiamo imitato il modello maschile, basato da sempre su egocentrismo, violenza e distruttività. A questo punto entra in campo la soldatessa Lynndie. Prima di ogni altra considerazione, dobbiamo pensare che la soldatessa Lynndie England è una donna che ha scelto di andare a fare il soldato. È una donna che ha già aderito a un modello maschile e - direi di più - maschilista.

    La scelta era già stata fatta?
    Sicuramente. La soldatessa Lynndie England è semplicemente andata oltre, si è fatta trasformare nella caricatura del modello maschilista peggiore. Leggendo le sue dichiarazioni riportate dai quotidiani, comprendiamo come l'assoluta mancanza di consapevolezza le impedisse di comprendere l'assurdità di certe richieste e, soprattutto, l'atrocità di quello che stava compiendo.

    I ruoli si sono totalmente invertiti?
    La catastrofe simbolica che le foto di Abu Grahib ci rimandano allude proprio alla sparizione di un confine netto tra femminile e maschile. In questa vicenda: esistono solo vittime e carnefici. D'altra parte dobbiamo tenere presente un dato fondamentale che è alla base della rivalsa delle donne che scelgono di fare il soldato. Una delle armi della guerra è sempre stata lo stupro delle donne, dunque la donna che decide di fare il soldato è animata anche da questo tipo di rivalsa: per anni sono stata vittima durante le guerre come se fossi stata terreno da conquistare, perché attraverso me l'uomo ha schiacciato l'altro uomo, adesso identificandomi con l'aggressore faccio io, di fatto, la strupratrice.

    L'esperienza di tutti i giorni ci dice che, se da un lato le donne sono educate all'oblatività, alla mediazione, alla non aggressività, dentro le mura di casa talvolta esprimono un tasso di violenza (per lo più verbale, ma non solo) molto più alto di quanto non sarebbero disposte ad ammettere. Fino ad arrivare, nei casi più estremi, agli episodi di cronaca che tutti purtroppo conosciamo, in cui alcune di esse giungono ad uccidere i propri figli. Mi chiedo se la violenza espressa e messa in atto da queste due tipologie di donna "cattiva" - la soldatessa di Abu Grahib e la madre figlicida - scaturisca da una fonte comune.
    Sì, la violenza agita dalle donne prende le mosse sempre dallo stesso punto di partenza, ovvero da una violenza subìta. Le donne che sfogano la propria aggressività picchiando (in casi estremi uccidendo) i figli sono state bambine picchiate, bambine abituate a non considerare un trauma l'essere picchiate. A loro volta, diventate madri, mettono in atto quel meccanismo difensivo basilare per l'essere umano che consiste nell'identificarsi con l'aggressore e, attraverso quella che oggi si chiama "trasmissione psichica transgenerazionale", la distruttività subìta si riproduce e i le madri sfogano la violenza di cui sono state oggetto picchiando a loro volta i figli.

    Le donne che da bambine sono state picchiate, riverseranno inesorabilmente la violenza di cui sono state vittime sui propri bambini?
    No, non tutte. Nella mia lunga esperienza di consulente presso la Casa della donna ho potuto verificare che non tutte le bambine cresciute in questo tipo di realtà diventano donne che maltrattano, mentre è sicuro che tutte le donne che sfogano in questo modo hanno alle spalle esperienze di maltrattamento.

    Le donne che hanno fatto le kapò nei campi di concentramento nazisti hanno aderito a un modello maschile distruttivo e violento come quello a cui ha aderito la soldatessa England?
    Il meccanismo è sempre lo stesso. La donna si trova sempre davanti a un bivio obbligato. O prende la strada del modello della Madonna - sacrificale, buona, che non dice mai di no -, oppure si identifica con il maschio come aggressore e diventa portatrice di violenza, distruttività, crudeltà. Le donne devono imparare a superare questa dicotomia tra bianco e nero, fra bene e male e devono capire che la strada del compromesso è l'unica percorribile.

    Per concludere, possiamo affermare che non esiste una bontà biologica delle donne?
    C'è un libro molto bello, uscito qualche anno fa, che si intitola "Riti di sangue", in cui l'autrice (la biologa Barbara Eherenreich) racconta la storia della guerra fin dalle origini, mettendo in luce come in tempi remoti la femmina dell'uomo si recava a caccia insieme al maschio. In un secondo momento, per accudire meglio ai piccoli e per coltivare i campi, la donna ha smesso di andare a caccia e di difendere il territorio, lasciando che fosse l'uomo ad occuparsi di questi compiti. Possiamo, dunque, affermare che da qualche migliaia di anni si è sviluppata un'estraneità culturale della donna alla guerra, ma questa estraneità non ha nulla di biologico. Come ho detto all'inizio, al momento della nascita, il neonato maschio e la neonata femmina possiedono la medesima capacità di aggredire e di difendersi.

    22 giugno 2004


    Ho dimenticato di citare il sito: www.gynevra.it
     
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  2. Wang Mang
     
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    CITAZIONE
    Una delle armi della guerra è sempre stata lo stupro delle donne, dunque la donna che decide di fare il soldato è animata anche da questo tipo di rivalsa: per anni sono stata vittima durante le guerre come se fossi stata terreno da conquistare, perché attraverso me l'uomo ha schiacciato l'altro uomo, adesso identificandomi con l'aggressore faccio io, di fatto, la strupratrice.

    Perché, la soldatessa è stata violentata? Non risulta.

    CITAZIONE
    Sì, la violenza agita dalle donne prende le mosse sempre dallo stesso punto di partenza, ovvero da una violenza subìta.

    Ovvero, la tipica giustificazione che mira a deresponsabilizzare (moralmente e in alcuni casi penalmente) tutte le donne.

    Sarebbe opportuno dire a questa accademica (è un peccato che simili imbecillità non macchino il curriculum scientifico) che, antropologicamente parlando, i sessi non riproducono mai le forme e i comportamenti dell'altro, ma li adattano in continuazione e li rimodellano.
    Il comportamento della soldatessa è femminile, non generato né da ideali maschili, né da modelli maschili.
    E' una dimostrazione di dove si può spingere la crudeltà femminile e di che forme assume.
     
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    Lupus in fabula

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    Non condivido quasi nulla di quanto scrive quella psicanalista.
    Intanto nn è vero che alla nascita siamo "neutri", e se quella avesse letto un pò di più lo dovrebbe sapere. E se anche lo fossimo, le cose cambierebbero cmq con lo sviluppo e la crescita, per questioni ormonali.
    Donna e uomo hanno un diverso modo di rapportarsi coòl mondo, hanno diversi strumenti (naturali) per interpretare la realtà. Gli strumenti si, che in sè sono neutri, e se si parla di bontà e/o malvagità si può fraintendere il discorso. Parliamo invece di opportunità e vantaggi personali, che questo è il discorso.
    Una donna può essere malvagia e crudele come e più di un uomo, solo che gli strumenti che usa di solito sono diversi, e quelle immagini mostrano strumenti solitamente maschili in mano ad una donna.
    La donna di solito ne usa altri, ma assolutamente non meno malvagi e distruttivi.
    Per il resto, partendo da presupposti errati, non fa che creare confusione; getta (al solito) fango sul maschile, tira acqua al proprio mulino di donna -essere in sè perfetto- e non crea nulla nè di buono e nè di vero e costruttivo.
    Una schifezza.

    La donna poi (essere in sè perfetto) o prende a modello questo o prende a modello quell'altro. Ma non sa crearsi un modello suo ?
    Come sempre si dà l'idea di una estrema assoluta passività della donna, che da un lato le premette di essere sempre incolpevole, dall'altro le permette di avanzare continue richieste, di ogni tipo.
     
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  4. doctor doctor
     
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    CITAZIONE
    Non condivido quasi nulla di quanto scrive quella psicanalista.

    Sono d'accordo.

    CITAZIONE
    Una donna può essere malvagia e crudele come e più di un uomo, solo che gli strumenti che usa di solito sono diversi, e quelle immagini mostrano strumenti solitamente maschili in mano ad una donna.

    Qui lo sono un pò meno: gli strumenti che usa non sono maschili; appartengono a entrambi i generi altrimenti si rischia di cadere nella trappola "prendono le peggiori abitudini degli uomini".

    Risoldi qui mischia componenti sociali e naturali e le usa quando fa comodo per categorizzare le donne e gli uomini sulla polarità bene/male
     
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  5. Scienziato apocrifo
     
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    CITAZIONE (doctor doctor @ 29/10/2007, 12:41)
    Qui lo sono un pò meno: gli strumenti che usa non sono maschili; appartengono a entrambi i generi altrimenti si rischia di cadere nella trappola "prendono le peggiori abitudini degli uomini".

    Non credo.
    D'altronde siamo tutti d'accordo che UU e DD sono diversi, no?
    ..e allora ci deve pur essere qualche diversità.
    Gli strumenti maschili sono, per forza di cose, diversi da quelli femminili, se non altro perchè le donne non sempre possono fare le stesse cose degli uomini e vice-versa.
    Può una donna usare una piccozza da minatore, rompere una parete di roccia, quindi riempirsi di pietre un sacco da 60 Kg e metterselo in spalla fino alla cariola che porta fuori dalla cava?
    Può un uomo a cui si è bucata una gomma dell'auto, con la bellezza del suo fisico, mostrando le sue tornite e muscolose cosce, indurre un'automobilista di passaggio a fermarsi per dargli una mano a montare la ruota?


    Quindi si può benissimo supporre che l'uso della piccozza è più tipicamente maschile, così come l'uso della seduzione (o in questo caso, della coscia scoperta) è uno strumento più tipicamente femminile.
     
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  6. silverback
     
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    CITAZIONE
    Sì, la violenza agita dalle donne prende le mosse sempre dallo stesso punto di partenza, ovvero da una violenza subìta.

    Francamente, non se ne può proprio più di questa storia.

    CITAZIONE
    Le donne che da bambine sono state picchiate, riverseranno inesorabilmente la violenza di cui sono state vittime sui propri bambini?

    Anch'io, da bambino, sono stato picchiato spesso da mia madre - a volte con la cinghia dei pantaloni -, ma
    non per questo vado in giro a stuprare o a massacrare di botte le femmine.
    Al massimo le demolisco psicologicamente quando mi provocano e me li fanno girare di brutto.

    CITAZIONE
    La soldatessa Lynndie England è semplicemente andata oltre, si è fatta trasformare nella caricatura del modello maschilista peggiore. Leggendo le sue dichiarazioni riportate dai quotidiani, comprendiamo come l'assoluta mancanza di consapevolezza le impedisse di comprendere l'assurdità di certe richieste e, soprattutto, l'atrocità di quello che stava compiendo.

    Responsabili nel Bene, irresponsabili nel Male.
    Innocenti a prescindere, esattamente come i bambini, pertanto eterne minorenni.
    Propongo di togliere il diritto di voto alle donne, poiché i minorenni non votano e non possono avere
    potere decisionale.


    CITAZIONE
    Il bambino al momento della nascita è "neutro". È a partire da quel momento che interviene la cultura e la bambina viene educata al pacifismo. Questo tipo di educazione contiene una parte di luci e una parte di ombre. Le luci si riferiscono alle capacità di mettersi in relazione, di prendersi cura, di mediare e riparare, di occuparsi dei legami, capacità che vengono insegnate alle bambine e che andranno a costituire la parte più significativa della loro identità futura di donne. Le ombre sono costituite dalla implicita richiesta di rinunciare ad esprimere la propria aggressività, considerata come una parte negativa del sé da censurare, reprimere, rimuovere.

    Silverback, 2004:
    CITAZIONE
    Anche l'esperienza dei kibbutz israeliani, animati da uno spirito egualitario e dall'obiettivo di "emancipare" le femmine dagli "svantaggi" della maternità, hanno dimostrato in maniera incontestabile la diversità esistente fra i due sessi.
    Nei kibbutz l'accesso alle professioni era aperto a tutti indiscriminatamente, le femmine erano educate a non porre eccessiva cura nell'aspetto esteriore e invece di crescere in nuclei familiari tradizionali i bambini erano allevati in speciali comunità per l'infanzia.
    In modo affine ai Kinderladen tedeschi, anche nei kibbutz l'educazione era strettamente unisex e mirava a estirpare gli stereotipi maschio-femmina.
    Tra il 1956 e il 1958 l'antropologo americano Melford E.Spiro dedicò un'ampia ricerca alle conseguenze dell'educazione innovativa applicata ai kibbutz israeliani.
    E fu il primo a sorprendersi scoprendo che i piccoli istraeliani sviluppavano le classiche preferenze per giochi maschili e femminili.
    A dispetto di tutti gli sforzi degli educatori, particolarmente spiccata era la preferenza delle bambine per giochi mamma-bebè.
    L'antropologo andò oltre: tornò a controllare i soggetti del suo studio dopo un intervallo di vent'anni.
    Le bambine dei kibbutz, ora adulte, erano diventate donne "emancipate", tenaci nel perseguire gli stessi obiettivi professionali dei colleghi uomini?
    Avevano sviluppato gli stessi interessi professionali dei maschi della loro generazione?
    Al contrario.
    Spiro constatò una specie di controtendenza: la maggior parte delle femmine cresciute nei kibbutz era tornata coscientemente ai ruoli tradizionali, con l'annessa divisione dei compiti.
    Invece di continuare la lotta per "l'emancipazione" impegnandosi nell'eliminazione di pregiudizi e ingiustizie, queste femmine cresciute all'insegna dell'ideale della parità dei sessi ora chiedevano di dedicarsi ai figli e al focolare domestico, contrapponendo a quell'ideale unisex una scelta di vita ispirata ai ruoli tradizionali.
    Spiro, fino ad allora fautore della tesi sociogenetica dei ruoli sociali, concluse "ipotizzando" l'esistenza di "fattori preculturali determinanti": fattori biologici, dunque, che determinano in modo decisivo le costanti comportamentali di maschi e femmine..

    CITAZIONE
    In bambini e bambine vi è il germe innato della differenza sessuale.
    Ma l'idea che sia la disposizione genetica che spinge a selezionare gli stimoli dell'ambiente secondo il ruolo sessuale, contraddice la tesi molto popolare e in voga non solo fra le femministe, ma anche presso molti e stimati ambienti scientifici, secondo la quale la differenza sessuale è frutto esclusivamente dell'ambiente culturale, il prodotto di una secolare educazione agli stereotipi.
    I dubbi intorno a questa concezione sociogenetica hanno cominciato ad addensarsi in seguito all'esperienza di asili alternativi sorti dopo il '68.
    All'epoca, molte giovani coppie di genitori decisero di rompere con i ruoli sessuali tradizionali impartendo ai figli un'educazione non repressiva e sessualmente neutra.
    L'idea era che le differenze tra maschi e femmine sarebbero andate così via via scomparendo, anzi non sarebbero sorte affatto.
    In Germania, tra le varie iniziative, vi fu l'organizzazione di asili autogestiti da cooperative di genitori, che furono battezzati "Tante-Emma-Laden", le botteghe della zia Emma.
    In questi Kinderladen o botteghe dell'infanzia, si cercò di praticare una cultura della non-violenza e di favorire l'affermarsi di comportamenti solidali e reciproci.
    I promotori dei Kinderladen intendevano soprattutto mettere in discussione i tradizionali ruoli sociali, per cui, per esempio,le bambole erano tabù per le femmine.
    Gli psicologi Horst Nickel e Ulrich Schmidt Denter, all'epoca ricercatori presso l'Università di Dusselfort, ed essi stessi simpatizzanti di un'educazione antiautoritaria, si prefissero di documentare il progetto dei Kinderladen dal punto di vista scientifico.
    Misero quindi a confronto lo sviluppo di circa 400 bambini in età compresa fra i tre e i cinque anni provenienti in parte da scuole tradizionali e in parte da quelle alternative.
    In un primo momento, i rilevamenti sembrarono confermare le aspettative: le attività di gioco nei Kinderladen palesavano una minore tendenza alla conflittualità.
    Ma la ragione era che, in caso di contrasto, le bambine cedevano subito, senza colpo ferire.
    Si scoprì così che le differenze comportamentali erano ancora più pronunciate nei bambini cresciuti nelle antiautoritarie "botteghe di zia Emma", i quali si avvicinavano agli stereotipi sessuali più dei bambini educati tradizionalmente.
    I maschi erano più aggressivi e inclini all'uso della forza e le femmine più paurose e portate a cedere ai maschi in situazioni di esasperata competizione.
    Le femmine imparavano a "difendersi" solo verso i cinque anni.
    La conclusione fu scoraggiante: gli stereotipi che gli studiosi si aspettavano di trovare negli asili tradizionali erano ancora più "ingombranti" nei Kinderladen alternativi.
    Successive ricerche hanno avvalorato i dubbi sulla tesi sociogenetica della differenza sessuale.
    L'educazione agli stereotipi maschio-femmina durante i primi anni di vita non è mai tanto sistematica da spiegare l'insorgere di comportamenti specifici solo attraverso la socializzazione.
    Questo vale in maggior misura per le categorie "autoaffermazione e aggressività", dove le differenze di comportamento vanno ben al di là di quanto possa incidere l'esempio trasmesso quotidianamente dai genitori.
    Con buona pace delle femministe e relativi seguaci maschi.

    CITAZIONE
    Alla femmina la Barbie, al maschietto l'automobilina.
    Ma è veramente quello che i cuccioli di uomo desiderano o è ciò che la nostra società fa credere loro di desiderare?
    Per rispondere alla domanda Gerianne Alexander, psicologa della Texas A&M University, ha studiato il comportamento dei cercopitechi, un genere di scimmie africane che vive in gruppi numerosi.
    Con la collega Melissa Hines dell'Università di Londra, la ricercatrice ha messo a disposizione delle scimmie giocattoli "da maschio" o "da femmina", per poi registrarne le scelte, sicuramente non influenzate dagli usi e costumi della nostra società.
    Le femministe e relativi seguaci maschi potranno anche restarci male, ma in effetti le scimmie femmine passavano la maggior parte del tempo a giocare con le bambole, mentre i maschi davano la preferenza alla palla o alle automobiline.
    I giocattoli che piacevano a entrambi i sessi erano gli animali di peluche o, al massimo, le intramontabili e "unisex" matite colorate.
    Insomma, proprio quello che succede di solito negli esseri umani; il che ha fatto concludere le ricercatrici che la preferenza per uno o l'altro tipo di giocattoli sia innata e legata al ruolo che si avrà da adulti.
    Nelle femmine la preferenza per le bambole o i pupazzi di colore rosa fa pensare che esse le considerino neonati da allevare, mentre il fatto che i maschi preferiscano oggetti che si muovono o che si lanciano si può spiegare con la loro attitudine a spostarsi e cacciare.

     
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  7. doctor doctor
     
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    ..e allora ci deve pur essere qualche diversità.
    Gli strumenti maschili sono, per forza di cose, diversi da quelli femminili, se non altro perchè le donne non sempre possono fare le stesse cose degli uomini e vice-versa.
    Può una donna usare una piccozza da minatore, rompere una parete di roccia, quindi riempirsi di pietre un sacco da 60 Kg e metterselo in spalla fino alla cariola che porta fuori dalla cava?
    Può un uomo a cui si è bucata una gomma dell'auto, con la bellezza del suo fisico, mostrando le sue tornite e muscolose cosce, indurre un'automobilista di passaggio a fermarsi per dargli una mano a montare la ruota?

    Scienziato, gli argomenti che porti possono andar bene per quanto riguarda gli aspetti lavorativi e di socializzazione, ma per quanto riguarda il crimine, la faccenda è più complessa e soprattutto, meno netta di quanto si possa pensare. Mi spiego: se è vero che una donna in generale non può usare la piccozza per fare il lavoro da minatore, è vero però che può usarla per spaccare la testa a qualcuno, giacché in questo caso risulta uno strumento non particolarmente difficile da maneggiare.
    In questo senso intendo che gli strumenti utilizzati per commettere crimini non sono né maschili né femminili. Che poi esistano crimini che uomini e donne commettono più di frequente, questo mi sembra chiarissimo.
     
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  8. Guit
     
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    E' eccezionale ed eccezionalmente offensivo come tentino sempre di ricondurre la loro oscena violenza, allo spettro della violenza maschile.

    Non so se vi rendete conto della situazione.

    Uomini avranno fatto a donne, in guerra, cose orribili. Ma un taglio editoriale di questo stampo non s'è mai visto.

    L'informazione ci ha restituito l'immaginario di un carcere sadomaso.

    Un vero e proprio psicostupro non rivelato, sulla base di un precedente psicostupro culturale operato ai danni degli uomini.

    Abu-graib andrebbe conteggiato nel thread "diritto allo stupro?".
     
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  9. doctor doctor
     
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    CITAZIONE
    Ma un taglio editoriale di questo stampo non s'è mai visto.

    Credimi, Guit, ce ne sono molti più di quanto pensi.

    CITAZIONE
    Uomini avranno fatto a donne, in guerra, cose orribili.

    Si, ma in guerra ci sono uomini che fanno agli uomini cose orribili, donne che fanno agli uomini cose orribili, e donne che fanno alle donne cose orribili. Secondo te perché questi ultimi due aspetti non vengono mai affrontati?

     
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  10. Guit
     
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    CITAZIONE (doctor doctor @ 29/10/2007, 15:22)
    CITAZIONE
    Ma un taglio editoriale di questo stampo non s'è mai visto.

    Credimi, Guit, ce ne sono molti più di quanto pensi.

    So purtroppo di cosa stai parlando.


    CITAZIONE
    Uomini avranno fatto a donne, in guerra, cose orribili.

    Si, ma in guerra ci sono uomini che fanno agli uomini cose orribili, donne che fanno agli uomini cose orribili, e donne che fanno alle donne cose orribili. Secondo te perché questi ultimi due aspetti non vengono mai affrontati?
    [/QUOTE]

    E te lo chiedi doctor? Perché il punto non sono i fatti bensì la loro rappresentazione.

    Il male bashing si basa su precise scelte editoriali.

     
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  11. doctor doctor
     
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    CITAZIONE
    E te lo chiedi doctor? Perché il punto non sono i fatti bensì la loro rappresentazione.

    Il male bashing si basa su precise scelte editoriali.

    Lo so Guit, la mia purtroppo era una domanda retorica.
     
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  12. Barnart
     
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    CITAZIONE
    .. l'assoluta mancanza di consapevolezza...

    Se questo fosse vero non solo per la L. E. ma per quasi tutte le donne (adulte e mature non meno di lei) cosa dovremmo ricavarne?

    Quel che propone Silver sarebbe il minimo da farsi.

    Un sospetto - respinto per tanti anni - si sta ingrandendo e approfondendo di giorno in giorno: se fosse vero davvero che la donna è veramente inconsapevole?
    Se fosse inconsapevole sarebbe davvero da assolvere sempre e la sua proclamata e pretesa innocenza avrebbe il più solido fondamento.
    Innocenza piena, totale, eterna. Ineffabile.

    Avrebbe dunque ragione Otto Weininger.

    Ma c'è un problema: Weininger era davvero un misogino conclamato.
    Non resterebbe che ricavarne questo: che anche i misogini possono avere ragione su qualche punto importante.

    E questo sarebbe molto amaro...

    Rino























     
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    La donna secondo me non è affatto inconsapevole.
    La donna è una piantina cha ha bisogno di meno luce rispetto ad altre piantine. La natura l'ha fornita di questa caratteristica e l'ha adeguatamente compensata per questo. Ma la luce ugualmente le piace molto, la attira.
    Così, se ne ha l'opportunità, si prende tutti gli spazi al sole che desidera, e diventa come quelle altre piantine. Però lei non ne ha bisogno, di quegli spazi, mentre gli altri si. Così quegli altri muoiono, ma lei rivendica ugualmente il diritto ad avere quegli spazi, incurante di ogni altra cosa. Mantiene così antichi privilegi ed acquisisce i nuovi, a scapito dell'altro genere e ne è consapevole, o perlomeno il forte sospetto ce l'ha. Ma in fondo " l'universale" non è affare suo.

    Edited by Reduan - 29/10/2007, 20:11
     
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  14. doctor doctor
     
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    Un sospetto - respinto per tanti anni - si sta ingrandendo e approfondendo di giorno in giorno: se fosse vero davvero che la donna è veramente inconsapevole?
    Se fosse inconsapevole sarebbe davvero da assolvere sempre e la sua proclamata e pretesa innocenza avrebbe il più solido fondamento.
    Innocenza piena, totale, eterna. Ineffabile.

    Non credo proprio. Le donne sono al contrario ben consapevoli di ciò che fanno e delle conseuenze delle loro azioni. Che poi possano tirare in ballo la questione dell'innocenza nei momenti in cui fa loro comodo, questo è un'altra storia.
    Le ricerche di Piaget, Kolbehrg, e Bruner hanno dimostrato che la formazione del giudizio moarle e, collegato ad esso, le facoltà di critica e giudizio, avvengono precocemente.
    Parlare di inconsapevolezza mi sembra un'esagerazione molto pretenziosa.
     
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  15. Wang Mang
     
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    CITAZIONE
    Il bambino al momento della nascita è "neutro". È a partire da quel momento che interviene la cultura e la bambina viene educata al pacifismo.

    Queste non sono nient'altro che balle. Anche se è possibile che qualche bambina sia educata al pacifismo (senza spiegare cosa sia, tra l'altro), l'autrice non fa che riaffermare l'equivalenza tra femminilità e assenza di violenza da contrapporre a quella dei bambini i quali sarebbero sempre educati alla violenza, alla guerra, allo stupro, all'appropriazione del corpo della donna, alla misoginia.........
     
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16 replies since 29/10/2007, 10:23   245 views
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