La tenerezza delle donne, via per la pace...e dell'amore

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    In Occidente, si dice spesso o si diceva fino a poco tempo fa:
    "I serial killer sono sempre uomini".
    Questa convinzione era così radicata che quando nel 1990 fu arrestata in Florida l'assassina di uomini Ailleen Wuornos, i giornalisti subito diedero notizia della "sconvolgente scoperta" del primo serial killer donna. Niente di più lontano dalla verità.
    In effetti, il primo serial killer di cui si hanno notizie fu una femmina, cioè Locusta l'avvelenatrice (di cui ho già parlato).
    Quando si parla di omicidio in serie le criminali sono una minoranza, come in tutti gli altri casi di omicidio: le femmine sono accusate nel 12% dei casi in cui sono stati identificati dei serial killer.
    (Complessivamente le femmine killer sono responsabili del 10% degli omicidi commessi in America ogni anno.)
    In termini di modus operandi, le femmine solitamente invertono la tendenza dei serial killer uomini: mentre i killer americani "stazionari" sono in media soltanto l'8% del totale, le assassine che rientrano in questa categoria sono ben il 29%, compresa la massa delle vedove nere e delle infermiere o aiuto infermiere, coinvolte negli omicidi in ambito medico.
    Per quanto riguarda i moventi, mentre soltanto il 14% dei serial killer americani uccide per motivi strettamente economici, ben il 41% delle donne pratica l'omicidio per denaro.
    Il resto condivide gli altri moventi con gli omologhi maschili, compresi gli omicidi per pietà o per eroismo, quelli per vendetta e i rari casi di sadismo sessuale.
    Quando le femmine agiscono come killer in squadra, esse uccidono il più delle volte in coppia con un altro uomo e si presume spesso (a volte contro ogni evidenza) che siano strumenti consenzienti nelle mani di maschi dominanti.
    Questo atteggiamento sessista, ha indotto molte serial killer che hanno agito con un complice, a difendersi in giudizio invocando "la sindrome della moglie maltrattata", ma le giurie sdegnate di fronte al tasso di criminalità in crescita vertiginosa, sono (o sarebbero...?) sempre meno inclini a tener conto di questi argomenti, infliggendo lunghe pene detentive - o la condanna a morte - senza badare al sesso.
    Le femmine assassine beneficiano, in realtà, di un senso di cavalleria e/o di una "diversa sensibilità" nei loro confronti quando si avvicina la data dell'esecuzione...
    Mentre circa cinquanta donne americane risultano attualmente condannate a morte (tra queste 6 serial killer), soltanto 3 sono state giustiziate da quando la pena di morte è stata ripristinata nel 1976.
    Due di queste erano "vedove nere": Velma Barfield e Judias Buenoano.

    Edited by silverback - 15/12/2006, 01:02
     
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    Aggiungo dell'altro riguardo alle vedove nere.
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    Presa a prestito dal ragno velenoso che uccide il proprio compagno dopo l'accoppiamento, questa definizione si applica in criminologia alle femmine omicide che prendono di mira i loro mariti, i parenti o gli amanti. Il guadagno che ne deriva, attraverso assicurazioni sulla vita o eredità, è spesso il movente di questo tipo di crimini, sebbene possa non essere l'unico.
    Nanny Doss, secondo quanto da lei confessato, uccise i successivi mariti in cerca dell'amore romantico, quello stato di perfetta felicità di cui si parla nelle riviste femminili.
    Quando una madre uccide suo figlio- specialmente quando la vita della vittima non è stata oggetto di una polizza assicurativa - vi è chiaramente qualche movente psicologico all'origine del crimine.
    La sudafricana Daisy De Melker uccise i propri figliastri in uno sconsiderato "sforzo"..di ottenere "maggiori attenzioni" dal marito..
    Altre madri omicide, come Marybeth Tinning, apparentemente..soffrono di SINDROME DI MUNCHAUSEN PER PROCURA, essenzialmente una patologica richiesta del tipo di attenzione e di compassione che esse ricevono nei momenti tragici..
    Al pari del loro omonimo tessitore di ragnatele, le vedove nere spesso utilizzano il veleno per liberarsi di compagni e genitori, fratelli ed altri parenti vari.
    Dove sono coinvolti dei bambini, il metodo omicida preferito dal "gentil sesso" è il soffocamento.
    Naturalmente vi sono delle eccezioni.
    Le ferite d'arma da fuoco sfuggono a qualsiasi tentativo di classificazione come cause naturali, ma i colpi possono essere sparati in modo da simulare un suicidio o una morte accidentale, una delle tattiche preferite da Barbara Stager, nel North Carolina.
    La corpulenta Belle Gunness non soltanto prendeva a randellate, ma a volte smembrava le sue vittime, mentre Velma Barfield diede fuoco a uno dei suoi mariti, mentre egli dormiva.
    In Texas, Betty Beets preferì far sparire suo marito completamente, attendendo poi la dichiarazione ufficiale di morte per intascare la polizza dell'assicurazione sulla vita.
    Le vedove nere, infine, nonostante i fiumi d'inchiostro utilizzati per descrivere i loro delitti come "tranquilli" e "gentili" sono annoverate tra i killer più spietati mai registrati.
    Il calcolo estremo con cui esse preparano i loro crimini può contribuire a spiegare perché due delle tre donne giustiziate in America dal 1976, Velma Barfield e Judas Buenoano, figurano in questa categoria.
    Altre sono state condannate a morte in North Carolina e Texas.
     
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    Nata nel 1560, Erzsebet Bàthory era figlia di un militare aristocratico e sorella del re di Polonia in carica. La sua famiglia, infatti, era una delle più antiche casate nobiliari d'Ungheria: la sua insegna araldica portava l'emblema del drago, incorporato da re Sigismondo nell'Ordine del Dragone.
    Il clan dei Bàthory comprendeva cavalieri e giudici, vescovi, cardinali e re, ma la casata era ormai decaduta dalla metà del XVI secolo: la nobile discendenza era stata guastata da incesti ed epilessia, i rami più recenti della famiglia annoveravano alcolizzati, sadici e assassini, omosessuali (considerati al tempo dei criminali) e satanisti. Nonostante fosse bellissima, Erzsebet era chiaramente il frutto di una genetica "corrotta" e di un'educazione perversa. Per tutta la vita soffrì di atroci emicranie ed era vittima di improvvisi svenimenti - probabilmente di natura epilettica - che i superstiziosi membri della famiglia ritenevano segnali di possessione demoniaca. Cresciuta nella dimora dei Bàthory ai piedi della cupa catena dei Carpazi, Erzsebet fin dall'adolescenza fu introdotta al culto del demonio da uno zio seguace di Satana.
    La zia preferita, una delle più note lesbiche d'Ungheria, insegnò a Erzsebet i piaceri della flagellazione e altre perversioni, ma la giovane Erzsebet aveva sempre creduto che fosse meglio infliggere il dolore, piuttosto che provarlo.
    Quando Erzsebet aveva solo 11 anni, i genitori decisero il suo futuro matrimonio con il conte Ferencz Nadasdy, un aristocratico guerriero. Le nozze furono rinviate fino al momento in cui Erzesebet compì 15 anni e furono celebrate solennemente il 5 maggio 1575.
    La sposa conservò il proprio cognome, a significare che la sua famiglia era di rango superiore ai Nadasdy.
    I novelli sposi si stabilirono al castello di Csejthe, nella zona nordoccidentale dell'Ungheria, ma il conte Nadasdy disponeva anche di altri palazzi in varie parti del Paese, ciascuno provvisto di una prigione sotterranea e di una sala di tortura, appositamente concepita per soddisfare le "esigenze" di Erzsebet.
    Nadasdy si assentava spesso, ogni volta per settimane o mesi, lasciando la sua sposa "sola e annoiata" in cerca di "svaghi".
    Erzsebet si dilettava d'alchimia, soddisfava i suoi capricci sessuali con uomini e donne senza distinzione, cambiava abiti e gioielli cinque o sei volte al giorno, rimirava se stessa per ore in specchi a figura intera.
    Ma soprattutto, quando era arrabbiata, nervosa o semplicemente annoiata, la contessa torturava le domestiche per divertimento.
    Nei primi anni di matrimonio una delle maggiori fonti di irritazione per Erzsebet era sua suocera.
    Impaziente di avere dei nipoti, la madre di Nadasdy tormentava incessantemente Erzsebet per la sua incapacità di concepire.
    Erzsebet avrebbe poi avuto "finalmente" dei figli dopo dieci anni di matrimonio, ma non provava alcun istinto materno allora, poco più che ventenne.
    Le giovani donne del suo personale di servizio arrivarono ben presto a temere le visite della madre di Nadasdy, sapendo che alla partenza della vecchia signora avrebbe fatto inevitabilmente seguito un'altra serie di brutali violenze.
    In materia di torture la contessa bisessuale possedeva una feroce immaginazione.
    Alcune delle sue diavolerie erano state apprese fin dall'infanzia, altre provenivano dall'esperienza che Nadasdy aveva acquisito durante le guerre contro i Turchi, ma Erzsebet aveva anche inventato delle tecniche personali.
    Aghi e spilli erano tipici ferri del mestiere: con essi forava le labbra e i capezzoli delle vittime, a volte infilava loro degli aghi sotto le unghie.
    "Piccola sgualdrina!", sogghignava mentre la sua prigioniera si contorceva per il dolore.
    "Se fanno male, non deve far altro che levarseli".
    A Erzsebet piaceva anche mordere le sue vittime sulle guance, sui seni, ovunque, cavando loro il sangue con i denti. Altre venivano spogliate, ricoperte di miele ed esposte all'assalto di formiche e api.
    Il conte Nadasdy, a quanto si sa, si univa a Erzsebet in alcune delle sedute di tortura, ma con gli anni arrivò ad aver paura della moglie, trascorrendo sempre più tempo in viaggio o nelle braccia della sua amante.
    Quando alla fine il marito morì nel 1600 o 1604 (le fonti variano), Erzsebet perse ogni ritegno, dedicandosi a tempo pieno al tormento e all'umiliazione sessuale di giovani donne.
    In breve ampliò il proprio orizzonte, dal personale di servizio alle fanciulle sconosciute.
    Domestici fidati perlustravano la campagna alla ricerca di nuove prede, attirando le giovani contadine con l'offerta di un lavoro, ricorrendo alla droga o alla forza brutale, mentre si diffondevano voci allarmanti che assottigliavano le fila delle reclute volontarie.
    Nessuna delle persone che andò a servizio da Erzsebet ne uscì mai viva, ma i contadini dell'epoca avevano ben pochi diritti e una nobildonna non veniva biasimata dai suoi pari se a casa esagerava con la "disciplina"..
    Poco più che quarantenne, Erzsebet Bàthory presiedette un olocauso in miniatura di sua invenzione.
    Con la complicità dell'anziana balia, Ilona Joo e della mezzana Doratta Szentes - alias "Dorka" - Erzsebet imperversò per le campagne, esigendo tra i contadini vittime a volontà.
    Essa portava con sé speciali pinze d'argento, concepite per strappare la carne, ma era altresì a suo agio con aghi e spilli, ferri per la marchiatura e attizzatoi roventi, fruste e forbici...di tutto un po'.
    Alcuni complici nella famiglia delle vittime le spogliavano, tenendole ferme mentre Erzsebet riduceva loro i seni a brandelli o bruciava loro la vagina con la fiamma delle candele, a volte mordendo via grossi lembi di carne dal viso o dal corpo.
    Una delle vittime fu costretta a cuocere e mangiare un pezzo del suo stesso corpo, mentre altre furono bagnate e lasciate a congelare nella neve.
    A volte Erzsebet apriva loro la bocca con una tale forza da lacerarne le guance.
    In altre circostanze, i servi si occupavano del lavoro sporco, mentre Erzsebet andava e veniva lì accanto gridando:"Di più! Di più! Ancora più forte!", fino a quando sopraffatta dall'eccitazione, crollava a terra priva di sensi.
    Un "giocattolo" del tutto particolare di Erzsebet era una gabbia cilindrica, all'interno della quale erano state poste delle lunghe punte.
    Una ragazza nuda veniva costretta a entrarvi, per essere poi sollevata a diversi metri da terra per mezzo di una puleggia.
    Erzsebet o uno dei suoi servitori, girava intorno alla gabbia con un attizzatoio rovente che spingeva contro la ragazza, costretta così, per sfuggirvi, a finire contro i ferri appuntiti.
    Sia nel ruolo di spettatrice che in quello di esecutrice, Erzsebet era sempre "brava" a fornire il suo commento in diretta, con "suggerimenti e battute" disgustose, che con il trascorrere della notte diventavano crude oscenità e incoerente balbettìo.
    Liberarsi dei corpi senza vita delle vittime era una faccenda relativamente semplice nel Medioevo.
    Alcuni venivano sepolti, altri erano lasciati in giro per il castello a decomporsi, mentre certi venivano gettati all'esterno in pasto ai lupi e agli altri predatori della zona.
    Se ogni tanto veniva ritrovato un cadavere smembrato, la contessa non doveva temere alcuna incriminazione.
    In quel luogo e a quel tempo, il sangue reale costituiva una protezione assoluta.
    A questo contribuiva la circostanza che uno dei cugini di Erzsebet era il primo ministro d'Ungheria e che un altro cugino rivestiva la carica di governatore della provincia nella quale essa viveva.
    Nel 1609, alla fine, Erzsebet andò troppo oltre, passando dalle sventurate contadine alle figliole dei nobili di rango inferiore e aprì le porte del castello di Csejthe per offrire a 25 fanciulle selezionate "istruzione nel contegno da tenere in società".
    Questa volta, quando nessuna delle sue vittime sopravvisse, le lamentele giunsero alle orecchie di re Matthias, il cui padre era stato presente alle nozze di Erzsebet.
    Il re, a sua volta, assegnò al conte Gyorgy Thurzo, il più vicino al castello di Erzsebet, il compito di indagare.
    Il 26 dicembre 1610, Thurzo organizzò un'incursione a tarda notte al castello di Csejthe e sorprese la contessa in flagrante, nel bel mezzo di una seduta orgiastica di torture.
    Una mezza dozzina di complici di Erzsebet furono arrestati per essere poi giudicati; la contessa fu costretta agli arresti nella sua dimora, mentre il parlamento emetteva una speciale legge che la privava dell'immunità da procedimenti giudiziari.
    Il processo si aprì nel gennaio del 1611 e durò fino a febbraio inoltrato, con il Primo Giudice Theodosius Syrmiensis a presiedere un gruppo di venti giuristi minori.
    Dinanzi alla corte furono dichiarati ottanta capi d'accusa per omicidio, sebbene la maggior parte dei resoconti storici collochi il conto finale delle vittime di Erzsebet tra 300 e 650.
    La stessa Erzsebet fu dispensata dal presenziare al processo e venne tenuta rinchiusa nel suo appartamento sotto stretta sorveglianza, ma la condanna per tutti i capi di imputazione era una conclusione scontata. Il tempo della contessa sanguinaria era finito.
    I domestici complici di Erzsebet furono giustiziati, Dorka e Ilona dopo essere state pubblicamente torturate, ma la contessa venne risparmiata e condannata alla prigione a vita in una piccola suite del castello di Csejthe. Le porte e le finestre del suo appartamento furono murate, lasciando solo delle piccole aperture per la ventilazione e per il passaggio dei vassoi con le vivande.
    Là visse in isolamento per tre anni e mezzo, fino a quando fu trovata morta il 21 agosto 1614.
    Non si conosce la data esatta della morte di Erzsebet, dato che molti vassoi erano rimasti intatti prima che fosse trovato il suo corpo.
    La "leggenda" [...] della Bàthory è andata crescendo racconto dopo racconto, fino alle narrazioni più recenti che comprendono storie di vampirismo e di bagni rituali nel sangue, ritenuti da Erzsebet un aiuto per "restare giovane".
    Il culto sanguinario di Erzsebet è in genere collegato al sangue versato da una giovane domestica sconosciuta, schizzato per caso sulla contessa, in seguito colpita dal fatto che la sua pelle sembrasse ancora più pallida e diafana del solito, una caratteristica considerata all'epoca segno di grande bellezza.
    In realtà, durante le ampie deposizioni rese al processo di Erzsebet non si fece alcun accenno a veri e propri bagni di sangue.
    Alcune delle vittime rimasero dissanguate per le brutali ferite inferte o per un piano particolare, ma il dissanguamento intenzionale era legato alla pratica alchemica di Erzsebet e alla magia nera, piuttosto che all'idea di un "bagno caldo".
    In ogni caso, la carneficina di Erzsebet cominciò quando era sulla ventina, molto prima che la paura di invecchiare potesse farsi strada nella sua mente.

    Edited by silverback - 3/1/2005, 01:43
     
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    Di Giulia Fazekas si sa poco prima del 1911, quando comparve improvvisamente nel villaggio ungherese di Nagyrev, situato a un centinaio di chilometri a sud-est di Budapest sul fiume Tisza.
    Era una femmina di mezz'età, vedova, a quanto da lei riferito, anche se nessuno sapeva esattamente cosa fosse successo a suo marito. Tra il 1911 e il 1921, l'ostetrica Fazekas era stata arrestata dieci volte per aver praticato aborti illegali, ma giudici comprensivi [...] l'avevano ogni volta assolta.
    Nel frattempo, a quanto pare senza destar sospetti, aveva dato inizio a una delle "sagre" più micidiali d'Europa.
    L'ondata di delitti è da far risalire alla prima guerra mondiale, quando gli uomini idonei alle armi di Nagyrev furono arruolati per difendere l'impero austro-ungarico.
    Al tempo stesso, il piccolo centro rurale di Nagyrev fu ritenuto luogo ideale per l'allestimento dei campi nei quali rinchiudere i prigionieri di guerra alleati, circostanza questa che scatenò le più sfrenate fantasie di femmine che erano state improvvisamente private della presenza degli uomini.
    Molto probabilmente i prigionieri godevano, all'interno del villaggio, di una relativa libertà, per cui divenne presto motivo d'orgoglio per le mogli di Nagyrev, rimaste sole, vantare un amante straniero, se non tre o quattro.
    Prevaleva dunque un'atmosfera di dilagante promiscuità e gli uomini, che poco alla volta tornavano a casa dalle zone dei combattimenti, trovavano le loro donne stranamente "emancipate", spesso inappagate con un solo uomo nel loro letto.
    Dato che le mogli cominciarono a lamentarsi per la noia o per le violenze che subivano, l'ostetrica Fazekas offrì il suo aiuto fornendo loro arsenico, ottenuto facendo bollire la carta moschicida per poi separare il letale residuo. Nel 1914 Peter Hegedus fu la prima vittima accertata e altri mariti seguirono col tempo, prima che l'avvelenamento si trasformasse in mania, per cui l'elenco delle vittime arrivò a comprendere genitori, figli, zie, zii e vicini.
    A metà degli anni Venti, Nagyrev si era guadagnato il soprannome di "distretto degli omicidi".
    In questo periodo si calcola che circa 50 donne fecero uso dell'arsenico per sfrondare l'albero genealogico della loro famiglia.
    Julia Fazekas era quanto di più vicino a un medico vi fosse nel villaggio e suo cugino era l'impiegato che archiviava tutti i certificati di morte, minando così ogni investigazione fin dall'inizio.
    Il numero finale delle vittime è ancora sconosciuto, ma la maggior parte dei rapporti indica in 300 la cifra più verosimile di persone uccise in 15 anni di omicidi su larga scala.
    Le "Fabbricanti di angeli" videro il loro mondo sgretolarsi nel luglio 1929, quando un maestro del coro del vicino villaggio di Tiszakurt accusò la signora Ladislaus Szabo di avergli servito del vino avvelenato.
    Una lavanda gastrica gli salvò la vita e gli investigatori stavano ancora valutando l'accusa, quando un altro uomo si lamentò per essere stato avvelenato dalla sua "infermiera", la stessa signora Szabo.
    Quest'ultima fu arrestata e nel tentativo di ottenere clemenza, denunciò un'amica, la signora Bukenoveski, come sua complice. La signora Bukenoveski, a sua volta, fu la prima a fare il nome di di Julia Fazekas.
    Nel 1924, raccontò, la Fazekas aveva fornito l'arsenico utilizzato per uccidere la madre settantasettenne della Bukenoveski, che fu poi gettata nel Tisza per simulare un annegamento accidentale.
    La Fazekas fu fermata per essere interrogata e negò tutto risolutamente.
    Non disponendo di prove concrete, la polizia fu costratta a rilasciarla, ma si mise a sorvegliarla, seguendola in giro per Nagyrev mentre andava ad avvertire le sue clienti, che furono arrestate una per una.
    Vennero incarcerate trentotto donne sospettate di omicidio e la polizia piombò a casa della Fazekas per prendere il (la...) capobanda.
    Trovarono la donna morta per una dose della sua stessa medicina, circondata da recipienti pieni di carta moschicida a mollo nell'acqua.
    Ventisei donne di Nagyrev sospettate furono sottoposte a giudizio a Szolnok, dove otto vennero condannate a morte, sette ebbero l'ergastolo e le altre ebbero pene minori.
    Tra le condannate vi erano Susannah Olah, una sedicente "strega" che si vantava di addestrare dei serpenti velenosi ad attaccare le sue vittime a letto e faceva a gara con la Fazekas nel vendere "la polvere dell'eredità di zia Susi"; Lydia, sorella settantenne della Olah, che negò con decisione la sua colpevolezza, ma non riuscì a impressionare la giuria; Maria Kardos, che uccise suo marito, un amante e il figlio malaticcio di 23 anni, convincendo il giovane a cantarle una canzone sul letto di morte; Rosalie Sebestyen e Rose Hoyba, condannate per l'omicidio dei loro "noiosi" mariti; Lydia Csery, condannata per l'uccisione dei genitori; Maria Varga, che confessò di aver acquistato il veleno dalla Fazekas per uccidere suo marito, un eroe di guerra rimasto cieco, che si lamentava perché lei portava a casa gli amanti; Juliana Lipke, tra le cui sette vittime si trovavano la suocera, una zia, un fratello, una cognata e il marito, che avvelenò alla vigilia di Natale; infine Maria Szendi, una vera "paladina della liberazione delle donne", [...] che dichiarò alla corte di aver ucciso suo marito perché "riusciva sempre ad averla vinta. E' terribile come gli uomini abbiano tutto il potere". [...]

    Edited by silverback - 3/12/2007, 13:30
     
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    La prima vedova nera del XX secolo nacque come Brynhild Paulsdatter Storset l'11 novembre 1859, nel piccolo villaggio di pescatori di Sebu, sulla costa occidentale della Norvegia.
    Figlia di un commerciante che fallì, Brynhild emigrò negli Stati Uniti nel 1881; tre anni dopo si stabilì a Chicago, americanizzando il suo nome in Belle (a volte Bella).
    Nel 1884, all'età di 25 anni, sposò un immigrato norvegese, Mads Sorenson.
    La coppia aprì una pasticceria nel 1896, ma il negozio fu distrutto dal fuoco l'anno seguente.
    Belle disse agli agenti dell'assicurazione che era esplosa una lampada al kerosene e la società pagò la polizza, anche se tra le macerie non venne trovata nessuna lampada.
    I Sorensen usarono l'imprevista somma di denaro per acquistare una casa, che il fuoco rase al suolo nel 1898, comportando altri pagamenti da parte dell'assicurazione.
    La "sfortuna" [...] perseguitava la coppia e un'altra casa bruciò prima che trovassero un'abitazione che potesse soddisfare le loro esigenze, ad Alma Street.
    Così come tutto quello che Belle toccava si riduceva presto in cenere, allo stesso modo la sua famiglia verso la fine degli anni Novanta, cominciò ad assottigliarsi.
    La prima ad andarsene fu la figlia maggiore, Caroline, nel 1896. Due anni dopo toccò ad Axel, il primo figlio.
    In entrambi i casi, si disse che i bambini erano stati vittime di "colite acuta", mostrando sintomi che, a ripensarci, avrebbero potuto indicare un avvelenamento.
    Il 30 luglio 1900, Mads Sorenson morì in casa, mostrando i classici sintomi dell'avvelenamento da stricnina.
    Belle ammise di aver dato al marito una "polvere", per tentare di "fargli passare il raffreddore", ma il medico di famiglia non richiese l'autopsia.
    Essendo già in cura per una forma di dilatazione cardiaca, la sua morte fu automaticamente attribuita a cause naturali.
    La vedova Sorensen riscosse il pagamento dell'assicurazione e se ne andò da Chicago, per stabilirsi appena fuori La Porte, nell'Indiana, con tre figli sotto la propria ala.
    Due figlie erano sue: Myrtle, nata nel 1897 e Lucy, nata nel 1899.
    La nuova componente della famiglia, Jennie Olsen, era adottiva, affidata a Belle dai genitori naturali che, a quanto sembra, non volevano più occuparsi di lei.
    Nell'aprile 1902, Belle sposò un agricoltore norvegese di nome Peter Gunness.
    Meno resistente del precedente marito, Gunness durò soltanto otto mesi.
    Il 16 dicembre 1902, egli rimase ucciso quando una pesante griglia per cuocere la carne "cadde" dallo scaffale dove si trovava, fratturandogli il cranio.
    Dalla loro breve unione nel 1903, nacque un bambino, Philip.
    Tre anni dopo Jennie Olsen sparì dalla fattoria.
    Quando i vicini s'informavano, Belle rispondeva che la figlia adottiva era stata mandata "a scuola di buone maniere in California".
    Rimasta vedova per la seconda volta, con i figli soltanto ad aiutarla a mandare avanti la fattoria, Belle cominciò ad assumere dei vagabondi che lavoravano per qualche tempo e poi, a quanto pare, se ne andavano. Essa iniziò anche a mettere sui giornali di tutto il Midwest degli annunci in norvegese nella rubrica dei cuori solitari, intrattenendo nella sua azienda una serie di potenziali mariti.
    In qualche modo però, nessuno di loro rispondeva ai requisiti richiesti...e nessuno fu mai rivisto.
    Il 28 aprile 1908, la proprietà dei Gunness fu completamente distrutta dal fuoco.
    Gli investigatori, scavando tra le macerie, trovarono nel seminterrato quattro corpi inceneriti; tre erano chiaramente bambini, mentre un quarto - il cadavere decapitato di una donna, privo dunque dell'eventuale prova del cranio - fu ritenuto quanto restava della signora Gunness.
    Lo sceriffo del luogo arrestò con l'accusa di omicidio e incendio doloso, Ray Lamphere, l'uomo tuttofare alle dipendenze di Belle dal 1906 fino al suo licenziamento nel febbraio 1908.
    Il caso si complicò il 5 maggio, quando gli investigatori cominciarono a trovare nel ranch dei Gunness altri corpi. Smembrati, avvolti in sacchi di iuta e cosparsi di soda caustica, alcuni ridotti a scheletri, i cadaveri raccontavano la cruda storia di un massacro su larga scala, che continuava da anni.
    Il numero finale delle vittime è oggetto di perenne controversia.
    Senza citare le sue fonti, The Guinness Book of World Records, attribuì a Belle sedici vittime riconosciute e altre dodici "possibili".
    Il rapporto del coroner locale fu più modesto, elencando, oltre ai corpi rinvenuti nel seminterrato, dieci cadaveri di uomini, due corpi di donne e una quantità non specificata di frammenti ossei.
    I pretendenti di Belle erano stati seppelliti insieme nel letame del recinto dei maiali, mentre le donne erano state sepolte in un giardinetto.
    Soltanto sei delle vittime furono identificate con certezza.
    Tra queste Jennie Olsen, ben lontana dalla mitica scuola di buone maniere.
    I braccianti Eric Gurhold e Olaf Lindblom avevano finito i loro giorni nel recinto dei maiali, insieme agli agricoltori John Moo di Elbow Lake, Minnesota, e Ole Budsberg di Iola, Wisconsin.
    Questi ultimi avevano entrambi risposto agli annunci di Belle sul giornale e così avevano fatto probabilmente i sei anonimi compagni che ne avevano condiviso il destino.
    La donna sconosciuta sepolta vicino a Jennie Olsen è un'anomalia, ancora oggi inspiegata.
    Il coroner aprì un'inchiesta il 29 aprile e le deposizioni dei testimoni si susseguirono fino al primo maggio, dando al caso l'aspetto di una normale udienza preliminare "sul cadavere di Belle Gunness".
    Dopo il 5 maggio, con la scoperta dei nuovi corpi, i documenti ufficiali cominciarono a descrivere la donna decapitata come "una donna adulta non identificata", lasciando presumere che Belle potesse aver finto la propria morte per fuggire.
    Una vana ricerca del cranio scomparso iniziò il 19 maggio e portò al rinvenimento della protesi dentale di Belle, completa di denti.
    Ignorando le varie domande ancora senza risposta, il coroner emise il suo rapporto finale il 20 maggio, dichiarando che Belle Gunness era morta "per mano di uno sconosciuto".
    Ray Lamphere, dalla sua cella, fu irremovibile nell'affermare che Belle era ancora viva.
    Il 28 aprile, egli raccontò, dopo che Belle ebbe incendiato la casa, egli l'aveva portata alla stazione ferroviaria di Stillwell, nell'Indiana.
    La polizia inizialmente prese il suo racconto alla lettera, arrestando una vedova innocente, Flora Heerin, in viaggio da Chicago a New York City, per visitare alcuni parenti.
    Trascinata giù dal treno a Syracuse e brevemente fermata come Belle Gunness, la signora Heerin si rivalse facendo causa alla polizia di Syracuse per errato arresto.
    Accusato di quattro omicidi e incendio doloso, il caso di Ray Lamphere andò in giudizio nel novembre 1908.
    Il 26 novembre, egli fu riconosciuto colpevole soltanto di incendio doloso, facendo intendere dunque che i giurati ritenevano che la morte di Belle non fosse stata provata "al di là di ogni ragionevole dubbio".
    Nei due anni che sopravvisse in prigione, Lamphere continuò incessantemente a parlare del caso, attribuendo a Belle quarantanove omicidi, sostenendo che essa tra il 1903 e il 1908 aveva ricavato più di 100.000 dollari dalle sue vittime.
    La donna trovata nel seminterrato, egli sosteneva, era stata trovata in un locale, ingaggiata per la serata e uccisa per fungere da controfigura.
    Belle aveva promesso che si sarebbe messa in contatto con Lamphere, una volta stabilitasi altrove, ma sembrava aver cambiato programma..
    Il primo avvistamento di Belle fu registrato il 29 aprile, sei giorni prima della scoperta alla fattoria dei nuovi corpi. Il capotreno Jesse Hurst era certo che la "signora" Gunness fosse salita sul treno alla stazione di Decatur, nell'Indiana.
    Giaceva su una barella e sembrava piuttosto sofferente.
    Forse, ma che dire allora della notizia di un altro avvistamento a La Porte, il 30 aprile?
    Mentre si trovava in visita presso Almetta Hay, la migliore amica di Belle, un agricoltore locale disse di aver visto la donna scomparsa seduta a bere caffè.
    Quando Almetta nel 1916 morì, i vicini, rovistando nel disordine del suo tugurio, rinvennero un cranio di donna infilato tra due materassi.
    Malgrado l'ipotesi che potesse appartenere alla vittima decapitata del seminterrato, la traccia non fu seguita.
    Nel corso degli anni vi furono altri presunti avvistamenti.
    Nel 1917, un vicino d'infanzia riconobbe Belle Gunness in una paziente ricoverata all'ospedale di South Bend, dove stava lavorando come infermiere tirocinante.
    Egli chiamò la polizia, ma Belle era già riuscita a svignarsela prima dell'arrivo dei poliziotti.
    Nel 1931 un procuratore distrettuale di Los Angeles scrisse allo sceriffo di La Porte, dichiarando che l'imputata di omicidio Esther Carlson - accusata di aver avvelenato August Lindstrom, 81 anni, per motivi di denaro - poteva essere Belle Gunness.
    La Carlson aveva con sé le fotografie di tre bambini molto somiglianti a lei, ma La Porta non poteva permettersi in tempi di depressione, di mandare all'ovest il suo sceriffo e la sospettata morì di tubercolosi prima del processo, lasciando la questione in sospeso per sempre.
    Nel 1935, gli abbonati a una rivista della polizia riconobbero nella foto di Belle una notevole somiglianza con la tenutaria di un bordello nell'Ohio.
    Un detective dilettante, avuta di fronte l'anziana donna e rivoltosi a lei come "Belle", fu colpito dalla veemenza della sua reazione.
    Poiché continuava tramite amici a occuparsi della faccenda, gli fu insistentemente consigliato di lasciar perdere...ed egli così fece.
    Se la Gunness effettivamente, come pare, sopravvisse alla sua "morte", essa con Bela Kiss fa parte del ristretto gruppo di assassini/e che - sebbene identificati/e, con prove tali da meritare dei verdetti di colpevolezza - sono riusciti/e a sfuggire all'arresto e vivono dunque anonime esistenze.
    Il lascito di Belle sono dicerie e una manciata di pessime rime, tra le quali si legge:
    "E' rossa dell'Indiana la luna
    Perché Belle forte e cupa era una;
    E pensa a tutti quegli uomini di Norvegia
    Che St. Paul mai più rivedranno".


    Edited by silverback - 3/1/2005, 23:28
     
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  6. silverback
     
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    Questa sera dedicherò un po' di "spazio" alle GROUPIE, cioè le ammiratrici dei serial killer..
    _____________________________________________________

    Nonostante la cupa atmosfera di violenza e perversità che circonda i serial killer, essi talvolta esercitano un effetto quasi ipnotico sul "gentil sesso", attirando le groupie in una bizzarra variante della sindrome della celebrità.
    Il vecchio Charles Manson è famoso per la tenace devozione delle componenti femminili della sua "famiglia" (e di una nuova generazione di fan che crede ostinatamente sia stato incastrato), ma altri assassini se la cavano piuttosto bene per conto loro, senza beneficiare di discepoli già disponibili.
    In Arizona Charles Schmid - "Il pifferaio pasticcione di Tucson" - aveva il suo seguito ben radicato di teenager al processo in cui fu condannato a morte.
    Theodore Bundy riceveva numerose lettere d'amore da giovani femmine attraenti, molte delle quali, con le loro lunghe capigliature brune divise nel mezzo, assomigliavano alle sue vittime preferite; scegliendone alla fine una come moglie mentre era in carcere, Bundy sconfisse il tempo e diventò padre di un bambino dal braccio della morte, attraverso l'inseminazione artificiale, prima di essere giustiziato nel 1989.
    Nel Nevada, Carrol Cole riceveva visite a strazianti poesie d'amore da una donna che aveva la metà dei suoi anni.
    La presunta fidanzata di John Gacy, due volte divorziata e madre di otto figli, rimediò una serie di apparizioni in alcuni talk-show televisivi, ed entrambi gli "Strangolatori della collina" - Kenneth Bianchi e Angelo Buono - si sono sposati dopo essere stati condannati all'ergastolo.
    Una ex di Bianchi, Veronica Compton, si guadagnò il carcere per conto suo con l'accusa di tentato omicidio, mentre cercava di liberare il suo amante imitando la tecnica dello strangolatore con un bersaglio casuale, munita di un suo campione di sperma, fatto uscire clandestinamente dalla prigione.
    La Compton si mise poi con il "Killer del Sunset" Douglas Clark.
    In una lettera della Compton a Clark, in un esempio classico di eufemismo, hanno trovato scritto:"Il nostro senso dell'umorismo è poco comune. Mi domando perché gli altri non vedano, come noi, gli aspetti necrofili dell'esistenza"..
    Per ironia della sorte, considerando il suo aspetto fisico e la natura dei suoi crimini, nessun altro psicopatico attirò ammiratrici più ferventi del "Cacciatore della notte" Richard Ramirez, l'adoratore di Satana dall'aspetto cadaverico condannato a morte per 13 omicidi a Los Angeles.
    Una sorta di fan club assisteva regolarmente a Los Angeles alle sedute del suo processo, durato 14 mesi; alcune delle giovani femmine prendevano appunti ed esprimevano il loro interesse in termini di "ricerche scolastiche", mentre altre ammettevano francamente la loro attrazione nei confronti di Ramirez e del suo satanismo dichiarato.
    Una di loro confessò alla stampa:"Volete sapere se lo amo? Sì, nel mio modo infantile. Provo una tale pietà per lui. Quando lo guardo, vedo un gran bel ragazzo che si è rovinato la vita perché non ha mai avuto nessuno che lo guidasse".
    Altre due groupie, una delle quali posava per foto pornografiche, fecero circolare per la prigione della contea delle foto che le ritraevano nude e una delle giovani donne minacciò la rivale - e per ragioni ignote, il presidente degli Stati Uniti...- in violenti attacchi di gelosia.
    Sposatosi alla fine con una delle sue ammiratrici, un'altra seguace di Satana, Ramirez riceveva anche le visite regolari di una componente della giuria che lo aveva condannato a morte, tardivamente convinta che "Richard non aveva avuto un processo equo".
    Un caso ancora più significativo..riguarda Henry Lucas e Phyllis Wilcox.
    Follemente innamorata dello psicopatico con un occhio solo, dopo una lunga corrispondenza e varie visite in carcere, la Wilcox - una donna sposata che ancora oggi vive col marito [...] - si convinse dell'innocenza di Henry e tramò un complotto per liberarlo dal braccio della morte.
    Dopo essersi procurata una falsa patente e una nuova carta d'identità, la Wilcox si presentò ai media nelle vesti di Frieda Powell, l'ex fidanzata che Lucas aveva in precedenza confessato di aver ucciso nel 1983, quando questa aveva appena 15 anni.
    L'improvvisa riapparizione della Powell dopo 13 anni naturalmente riempì le pagine dei giornali, ma la polizia seppe presto la verità da vari documenti della Wilcox.
    Phyllis riuscì ad evitare il carcere con l'accusa di ostacolo alla giustizia, ma il suo stupido tentativo di liberare Lucas fu sventato.
    Anzi, anche se il suo travestimento avesse avuto successo, la Wilcox non avrebbe ottenuto alcun risultao: Lucas è stato riconosciuto colpevole di dieci omicidi e non è stato il caso della Powell a mandarlo nel braccio della morte.
    ______________________________________________

    Fonte: DIZIONARIO DEI SERIAL KILLER (2000), di Michael Newton.

    Edited by silverback - 15/12/2006, 01:05
     
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  7. davide_v
     
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    CITAZIONE (WlaClioNokia @ 2/1/2005, 14:46)
    A proposito, Davide, e di quelle donne che hanno gestito giri di pedofilia o, come nell'ultimo "scandalo sessuale" dei "turisti-orchi" che andavano con le *adolescenti brasiliane* (ma le donne non maturano prima e più in fretta dei maschi?), di quella *donna* che gestiva gli incontri fra le ragazze ed i turisti, che vogliamo dire?



    Si deve utilizzare lo stesso metro: un bel taglio netto alle ovaie. "Zac e via" come disse non ricordo più chi a proposito dei pedofili maschi.

    ------------
    Kataweb.it:

    Pordenone, 02 gen 2005 - 14:39

    Partorisce e getta feto in cassonetto, indagata 34enne


    Una 34enne di Claut, ricoverata dal 31 dicembre a Pordenone per un'emorragia da parto, è indagata per infanticidio e sospettata di aver gettato il proprio figlio in un cassonetto dei rifiuti, dopo averlo partorito in casa. Le ricerche del feto, intanto, sono riprese anche oggi nell'impianto di raccolta di Aviano, dove confluiscono i rifuiti raccolti nella cittadina friulana. La donna, che non è sposata e ha un lavoro stagionale in una gelateria in Germania, non ha saputo dare spiegazioni del gesto al pm che ieri l'ha interrogata. Non sembra chiarito in particolare se fosse consapevole di essere incinta.



    Su La Stampa del 3 gennaio si legge: ".....I sanitari hanno ascoltato le parole di una donna di umili origini, affaticata dal duro impegno di stagionale in Germania, dove vende gelati.....". Infatti è noto che il tedesco medio è particolarmente ghiotto di gelati per cui la produzione nei mesi estivi raggiunge volumi enormi, miliardi di tonnellate al giorno, costringendo le povere gelataie a turni di lavoro massacranti. Come conseguenza i bambini finiscono nei cassonetti. Tutto a causa della golosità teutonica.
    Il bello arriva ora:
    ".... Ma c'e' chi non trascura l'ipotesi che la donna non fosse del tutto consapevole della gravidanza in atto" e ancora: "Secondo quanto è trapelato, forse la ragazza aveva notato irregolarità nel ciclo mestruale, ma le aveva ricondotte all'assunzione di alcuni farmaci per curare un trauma a un ginocchio. Poi però sembrava che tutto fosse tornato a posto. Probabilmente aveva avuto delle emorragie, ma non aveva saputo o non aveva saputo dare importanza a questi sintomi" (N.B. : IL BAMBINO ERA DI SETTE MESI !!).
    Non è la prima volta che sento parlare di una donna che non si accorge di essere incinta. Non fosse per la tragicità del fatto non ci rimarrrebbe altro da fare che ridere a crepapelle una settimana intera. Proprio loro, le Donne, "che solo noi conosciamo il segreto della Vita", "che il nostro corpo è in contatto diretto con la Natura", "che la gravidanza ci trasforma, ci rende ancor più sensibili, ci fa comprendere il senso dell'Esistenza" alla fine non riescono neppure ad accorgersi di aspettare un bambino!! Se queste (sempre più numerose) raprresentano la nostra salvezza allora l'umanità ha bisogno di infiniti "in bocca al lupo".

    Edited by davide_v - 4/1/2005, 11:03
     
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  8. Paolo S.
     
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    Davide, riguardo all'autore della proposta di tagliare il pene ai pedofili, credo (ripeto, credo) si trattasse di uno della Lega Nord.
    In merito alla famosa sensibilita' femminile c'e' veramente da "ammazzarsi" dalle risate...
    Come fa una donna a non accorgersi di essere incinta?

    Edited by Paolo S. - 4/1/2005, 12:41
     
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  9. Paolo S.
     
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    CITAZIONE (silverback @ 3/1/2005, 23:17)
    Questa sera dedicherò un po' di "spazio" alle GROUPIE, cioè le ammiratrici dei serial killer..
    _____________________________________________________

    Nonostante la cupa atmosfera di violenza e perversità che circonda i serial killer, essi talvolta esercitano un effetto quasi ipnotico sul "gentil sesso", attirando le groupie in una bizzarra variante della sindrome della celebrità.
    Il vecchio Charles Manson è famoso per la tenace devozione delle componenti femminili della sua "famiglia" (e di una nuova generazione di fan che crede ostinatamente sia stato incastrato), ma altri assassini se la cavano piuttosto bene per conto loro, senza beneficiare di discepoli già disponibili.
    In Arizona Charles Schmid - "Il pifferaio pasticcione di Tucson" - aveva il suo seguito ben radicato di teenager al processo in cui fu condannato a morte.
    Theodore Bundy riceveva numerose lettere d'amore da giovani femmine attraenti, molte delle quali, con le loro lunghe capigliature brune divise nel mezzo, assomigliavano alle sue vittime preferite; scegliendone alla fine una come moglie mentre era in carcere, Bundy sconfisse il tempo e diventò padre di un bambino dal braccio della morte, attraverso l'inseminazione artificiale, prima di essere giustiziato nel 1989.
    Nel Nevada, Carrol Cole riceveva visite a strazianti poesie d'amore da una donna che aveva la metà dei suoi anni.
    La presunta fidanzata di John Gacy, due volte divorziata e madre di otto figli, rimediò una serie di apparizioni in alcuni talk-show televisivi, ed entrambi gli "Strangolatori della collina" - Kenneth Bianchi e Angelo Buono - si sono sposati dopo essere stati condannati all'ergastolo.
    Una ex di Bianchi, Veronica Compton, si guadagnò il carcere per conto suo con l'accusa di tentato omicidio, mentre cercava di liberare il suo amante imitando la tecnica dello strangolatore con un bersaglio casuale, munita di un suo campione di sperma, fatto uscire clandestinamente dalla prigione.
    La Compton si mise poi con il "Killer del Sunset" Douglas Clark.
    In una lettera della Compton a Clark, in un esempio classico di eufemismo, hanno trovato scritto:"Il nostro senso dell'umorismo è poco comune. Mi domando perché gli altri non vedano, come noi, gli aspetti necrofili dell'esistenza"..
    Per ironia della sorte, considerando il suo aspetto fisico e la natura dei suoi crimini, nessun altro psicopatico attirò ammiratrici più ferventi del "Cacciatore della notte" Richard Ramirez, l'adoratore di Satana dall'aspetto cadaverico condannato a morte per 13 omicidi a Los Angeles.
    Una sorta di fan club assisteva regolarmente a Los Angeles alle sedute del suo processo, durato 14 mesi; alcune delle giovani femmine prendevano appunti ed esprimevano il loro interesse in termini di "ricerche scolastiche", mentre altre ammettevano francamente la loro attrazione nei confronti di Ramirez e del suo satanismo dichiarato.
    Una di loro confessò alla stampa:"Volete sapere se lo amo? Sì, nel mio modo infantile. Provo una tale pietà per lui. Quando lo guardo, vedo un gran bel ragazzo che si è rovinato la vita perché non ha mai avuto nessuno che lo guidasse".
    Altre due groupie, una delle quali posava per foto pornografiche, fecero circolare per la prigione della contea delle foto che le ritraevano nude e una delle giovani donne minacciò la rivale - e per ragioni ignote, il presidente degli Stati Uniti...- in violenti attacchi di gelosia.
    Sposatosi alla fine con una delle sue ammiratrici, un'altra seguace di Satana, Ramirez riceveva anche le visite regolari di una componente della giuria che lo aveva condannato a morte, tardivamente convinta che "Richard non aveva avuto un processo equo".
    Un caso ancora più significativo..riguarda Henry Lucas e Phyllis Wilcox.
    Follemente innamorata dello psicopatico con un occhio solo, dopo una lunga corrispondenza e varie visite in carcere, la Wilcox - una donna sposata che ancora oggi vive col marito [...] - si convinse dell'innocenza di Henry e tramò un complotto per liberarlo dal braccio della morte.
    Dopo essersi procurata una falsa patente e una nuova carta d'identità, la Wilcox si presentò ai media nelle vesti di Frieda Powell, l'ex fidanzata che Lucas aveva in precedenza confessato di aver ucciso nel 1983, quando questa aveva appena 15 anni.
    L'improvvisa riapparizione della Powell dopo 13 anni naturalmente riempì le pagine dei giornali, ma la polizia seppe presto la verità da vari documenti della Wilcox.
    Phyllis riuscì ad evitare il carcere con l'accusa di ostacolo alla giustizia, ma il suo stupido tentativo di liberare Lucas fu sventato.
    Anzi, anche se il suo travestimento avesse avuto successo, la Wilcox non avrebbe ottenuto alcun risultao: Lucas è stato riconosciuto colpevole di dieci omicidi e non è stato il caso della Powell a mandarlo nel braccio della morte.

    eh eh eh...sara' un caso che parecchie donnicciole sono attratte sia dai figli di "buona donna" che da certi criminali??...
    Sara' un caso che gli uomini gentili, educati e sensibili se la prendono molto spesso nel didietro??...
    (Ho scritto "molto spesso" non "sempre"; pero'...).
    Non credo, non credo proprio...
    Cmq, caro Silver, le notizie che hai riportato sono veramente interessanti...molto interessanti...
     
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  10. silverback
     
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    I delitti a Manor House cominciarono con un giochino. All'inizio le omicide decisero di scegliere le loro vittime in base all'alfabeto: le iniziali dei loro nomi dovevano formare la parola MURDER, uno scherzo riservato alla polizia. Il caso volle, però, che le donne anziane inizialmente selezionate fossero ancora troppo combattive, per cui le criminali dovettero cambiare la loro strategia.
    Poco importa. Alla fine esse riuscirono a trovare facili prede per soddisfare il loro desiderio omicida.
    Nata nel 1963, Gwen Graham è originaria della California, creciuta a Tyler, nel Texas.
    "Tranquilla e rispettosa" con gli insegnanti, "aveva sempre un'espressione triste sul viso".
    Negli anni successivi essa dichiarò che la sua tristezza era dovuta alle molestie del padre, ma l'accusa, che egli respinge, non fu mai provata in tribunale. Dopo il trasferimento nel Michigan nel 1986, Graham trovò lavoro come aiuto infermiera all'Alpine Manor Nursing Home di Walker, un sobborgo di Grand Rapids.
    Diretta superiore della Graham all'Alpine Manor era la ventiquattrenne Cathy Wood.
    Sposatasi ancora adolescente, la Wood, rimasta sola e senza amici a Grand Rapids, era ingrassata fino a pesare oltre 200 chili, dopo il fallimento del suo matrimonio durato sette anni.
    Assunta all'Alpine Manor nel luglio del 1985, fu presto promossa supervisore delle aiuto infermiere, ma la sua vita sociale rimase vuota fino a quando non conobbe Gwen Graham sul lavoro.
    La loro amicizia presto si trasformò in una relazione lesbica e la Wood cominciò a buttar via chili e a godersi il turbinio dei bar gay, delle feste, del sesso casuale. La Graham restava comunque l'oggetto della sua dedizione principale e verso la fine del 1986 le due donne si promisero solennemente amore eterno, qualunque cosa fosse accaduta.
    Gwen affrontò l'argomento dell'omicidio premeditato nell'ottobre di quell'anno, ma la sua amante pensava che si trattasse soltanto di un gioco. Durante i loro rapporti, Gwen aveva preso il vezzo di legare Cathy e di soffocarla fino a farla tremare, al limite dello svenimento.
    Cathy avrebbe forse voluto lamentarsi per il gioco, ma tenne le proteste per sé.
    Lentamente, essa imparò che il dolore e il piacere possono essere le due facce della stessa eccitante medaglia. Gli omicidi di Alpine Manor riguardarono un periodo di tre mesi, dal gennaio all'inizio di aprile 1987. Il piano iniziale di Gwen, il "giochino" di MURDER, andò in fumo quando le vittime prescelte opposero una tale resistenza che fu costretta a rinunciare.
    Nonostante i suoi tentativi falliti di omicidio, non vi fu alcuna querela.
    Sia la Wood che la Graham ottenevano rapporti esemplari da parte dei superiori ed erano "molto apprezzate" dalle pazienti in reparto.
    In futuro, decise Gwen, avrebbe scelto soltanto donne di età troppo avanzata per opporre resistenza.
    La sua amante stava di guardia, in un punto dal quale poteva tenere d'occhio la scena del crimine e al tempo stesso la postazione delle infermiere, pronta a deviare chiunque si fosse trovato a passare troppo vicino mentre la Graham soffocava le sue vittime premendole un asciugamano sul viso.
    A volte la pura eccitazione suscitata dall'atto di uccidere era tale, che esse si ritiravano subito in una stanza vuota per fare sesso mentre il ricordo era ancora fresco.
    In molti casi Gwen si teneva un "souvenir": un calzino o un fazzoletto, una spilla, una dentiera.
    L'omicidio era un affare rischioso, ma le amanti assassine sembravano godersi la situazione, vantandosi delle loro vittime con le colleghe, che liquidavano i loro commenti come "battute schifose".
    Almeno tre aiuto infermiere videro la mensola dei souvenir nell'abitazione che la Wood e la Graham dividevano, ma nessuna prese seriamente i loro racconti gongolanti di omicidi...fino a un certo punto.
    Nell'aprile 1987, la luna di miele tra la Wood e la Graham finì.
    Cathy si rifiutò di uccidere personalmente chiunque "come prova del suo amore" e a soccorrerla intervenne di lì a breve il suo trasferimento in un altro reparto.
    In quel periodo, Gwen trascorreva il suo tempo con Heather Barager, un'altra lesbica, con la quale alla fine fece il viaggio di ritorno in Texas, lasciando Cathy allo sbando.
    Si arrivò ad agosto e Cathy disse tutto al suo ex marito, ma Ken Wood temporeggiò per altri quattordici mesi prima di chiamare la polizia.
    Gwen Graham, nel frattempo, era andata a lavorare al Mother Frances Hospital di Tyler, rimanendo in contatto con Cathy per telefono.
    La polizia di Grand Rapids all'inizio non credette alla storia di Ken Wood.
    Nel primo trimestre del 1987 all'Alpine Manor erano morte quaranta pazienti, tutte di morte naturale, anche se a pensarci bene otto casi sembravano diversi.
    Tre di questi furono esclusi dai detective, rimase dunque un elenco che comprendeva Marguerite Chambers, 60 anni; Edith Cole, 89; Myrtle Luce, 95; Mae Mason, 79 e Belle Burkhard, 74.
    In nessun caso vi era la dimostrazione scientifica che si fosse trattato di un omicidio, ma le dichiarazioni di Ken Wood e le riflessioni dei dipendenti dell'istituto bastarono a creare il caso.
    Entrambe le donne furono arrestate nel dicembre 1988, la Wood fu trattenuta senza cauzione a Grand Rapids per l'omicidio della Cole e della Chambers.
    In Texas, dove le notizie sull'indagine in corso nel Michigan erano già costate il posto a Gwen, una cauzione di un milione di dollari fu sufficiente per tenerla in prigione.
    La battaglia sull'estradizione si protrasse e la Graham presto rinunciò alle manovre legali, tornando nel Michigan per affrontare di sua spontanea volontà le accuse a suo carico.
    Il personale dell'Alpine Manor fu "sopraffatto" dalla notizia degli arresti, anche se qualcuno ricordava Gwen come un tipo "imprevedibile", accennando casualmente al temperamento focoso della Graham.
    Le ex aiuto infermiere Deborah Kidder, Nancy Harris, Lisa Lynch, Dawn Male e Russell Thatcher considerarono in modo diverso le "battute schifose" e i souvenir che erano riuscite a ignorare mentre delle vite umane erano in pericolo.
    Al processo, tutte e cinque deposero contro Gwen Graham per la pubblica accusa, mentre Cathy Wood diventò da un giorno all'altro il testimone più importante dello Stato.
    Nel settembre 1989 l'ammissione di colpevolezza per omicidio di secondo grado risparmiò alla Wood l'ergastolo, facendole ottenere una condanna da venti a quarant'anni.
    In cambio della relativa clemenza, tre mesi dopo depose contro la Graham, decidendo così le sorti della sua ex amante.
    Oltre alle cinque vittime assassinate, disse Cathy, Gwen cercò di soffocare almeno altre cinque donne che sopravvissero. La confessione decisiva al marito da parte della Wood era stata dettata più che dal senso di colpa, dal timore che la Graham continuasse a uccidere nel suo nuovo posto di lavoro nell'ospedale texano, questa volta scegliendo dei bambini come vittime.
    "Quando ammazzava quelle persone all'Alpine e io non facevo niente", disse la Wood alla corte, "era molto brutto. Ma quando mi chiamò per dirmi quanto avrebbe desiderato uccidere un bambino, ho pensato che dovevo fermarla in qualche modo. Sapevo che lavorava in un ospedale laggiù. Disse che voleva prendere uno dei bambini e lanciarlo contro una finestra. Dovevo fare qualcosa. Non m'importava più di me stessa".
    L'avvocato della Graham cercò di ritrarre la Wood come una bugiarda gelosa e vendicativa, che aveva montato l'accusa contro di lei, facendone "l'agnello sacrificale", ma i giudici non furono di questo avviso.
    Essi deliberarono per sette ore prima di giudicare Gwen colpevole di cinque omicidi di primo grado e di complotto in omicidio di primo grado.
    Il 2 novembre 1989 la Graham fu condannata a sei ergastoli senza possibilità di libertà condizionale.

    Edited by silverback - 4/1/2005, 20:08
     
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  11. silverback
     
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    Nata come Lofie Louise Preslar a Bienville, in Louisiana, una delle principali vedove nere d'America era figlia dell'editore di un giornale di rilievo.
    Frequentò le migliori scuole private di New Orleans, dove diventò famosa per le sue avventure sessuali.
    Espulsa da un esclusivo collegio, Louise tornò a casa a Bienville e si diede alla ricerca del piacere.
    Nel 1903 sposò Henry Bosley, un commesso viaggiatore, seguendolo nei suoi spostamenti.
    Mentre si trovava per lavoro a Dallas, nel Texas, nell'estate del 1906, Henry sorprese sua moglie a letto con un petroliere locale e, distrutto dal dolore, si uccise due giorni dopo.
    Louise vendette la proprietà di Henry e si trasferì a Shreveport, dove si mise a fare la prostituta fino a quando non poté permettersi il viaggio fino a Boston.
    Il drammatico cambio di situazione non sconvolse affatto Louise.
    La sua occupazione era sempre la stessa e come prostituta che girava per le case, diventò la prediletta della locale aristocrazia. Oltre a ciò, rubava i gioielli delle mogli assenti dei suoi ricchi clienti, vendendo quelli che decideva di non tenere per sé.
    Col tempo si spinse troppo in là e fu scoperta. Minacciata di denuncia, si ritirò a Waco, in Texas, dove riuscì a conquistare Joe Appel, un petroliere ben noto per i diamanti che montava sugli anelli, sulle fibbie delle cinture e persino sui bottoni dei vestiti.
    Una settimana dopo che aveva incontrato Louise per la prima volta, Joe fu trovato morto con un proiettile in testa, mentre i diamanti erano spariti.
    Convocata davanti a una giuria per le indagini preliminari, Louise ammise di aver sparato ad Appel per "autodifesa".
    Il petroliere aveva cercato di violentarla - dichiarò - e lei era stata costretta ad agire di conseguenza.
    Nessuno si ricordò dei gioielli mancanti e i membri della giuria applaudirono apertamente quando venne lasciata libera.
    Nel 1913 a Dallas, mentre la buona sorte e il denaro stavano per esaurirsi, Louise sposò un dipendente di un albergo del posto, Harry Faurote.
    Quello di Louise fu principalmente un matrimonio di convenienza e il comportamento apertamente adultero della sposa spinse Faurote a impiccarsi nel seminterrato dell'albergo.
    Trasferitasi a Denver nel 1915, Louise sposò Richard Peete, un venditore porta a porta.
    Nel 1916 gli diede una figlia, ma le magre entrate di Peete non erano all'altezza dei suoi standard, così nel 1920 se ne andò da sola a Los Angeles.
    Qui, mentre era alla ricerca di una casa in affitto, Louise conobbe il dirigente minerario Jacob Denton.
    Questi aveva una casa da affittare, ma si convinse presto a tenere per sé la proprietà per andare a convivere con Louise.
    Dopo molte settimane di infuocati rapporti, Louise chiese a Denton di sposarla, ma egli rifiutò.
    Fu un "errore" fatale.
    Facendo buon viso davanti al rifiuto, Louise ordinò al custode di Denton di scaricare una tonnellata di terra nel seminterrato, dove aveva progettato di "far crescere funghi", il piatto preferito di Denton, come prelibato regalo per il suo amante.
    Quando Denton sparì il 30 maggio 1920 non era cresciuto nessun fungo, ma Louise aveva molte spiegazioni per i visitatori curiosi.
    Innanzitutto, diceva loro che l'uomo aveva litigato con "una donna, una spagnola dall'aspetto", che si era infuriata e gli aveva fatto a pezzi un braccio con una spada.
    Nonostante fosse riuscito a sopravvivere, raccontava, il povero Jacob era così imbarazzato dal suo handicap da chiudersi in una volontaria reclusione!
    Incalzata dall'avvocato di Denton, revisionò la storia e vi aggiunse una gamba amputata; l'uomo d'affari scomparso sarebbe tornato in circolazione solo quando si fosse sentito a suo agio, dopo l'innesto di un arto artificiale.
    Incredibilmente, questi racconti tennero tutti a distanza per molti mesi mentre la "signora Denton" dava una serie di feste lussuriose a casa del suo amante assente.
    A settembre l'avvocato di Denton si fece sospettoso e chiamò la polizia per perquisire la casa.
    Dopo aver scavato per un'ora nel seminterrato emerse il cadavere di Denton, con un proiettile nella testa.
    I detective cominciarono a dare la caccia a Louise e la ritrovarono a Denver, dove aveva ripreso una tranquilla vita familiare accanto a Richard Peete.
    Riconosciuta colpevole di omicidio nel gennaio 1921, Louise ebbe una condanna all'ergastolo.
    All'inizio Louise scrisse fedelmente al marito Richard, ma la lontananza non aumentò il suo affetto per l'uomo che si era lasciata alle spalle.
    Nel 1924, dopo che molte sue lettere non avevano avuto risposta, Peete si uccise.
    Il direttore di San Quintino, Clinton Duffy, una volta descrisse Louise come una donna "da un'aria d'innocente dolcezza che nascondeva un cuore di ghiaccio".
    Si disse che le piaceva vantarsi degli amanti che aveva spinto ad uccidersi e che aveva a cuore in modo speciale il suicidio di Richard: dimostrava che nemmeno le mura della prigione potevano contenere il suo fascino letale.
    Nel 1933 Louise fu trasferita da San Quintino al carcere di Tehachapi e sei giorni dopo, al suo decimo tentativo di ottenere la libertà condizionale, fu rilasciata dal carcere.
    La sua scarcerazione era dovuta in buona parte all'intercessione di un'operatrice sociale, Margaret Logan, e di suo marito Arthur.
    In libertà condizionale sotto la vigilanza della signora Latham a Los Angeles, a Louise fu consentito di chiamarsi Anna Lee, dal nome della sua star del cinema preferita.
    Durante la seconda guerra mondiale trovò lavoro in una mensa militare; nel 1942 un'anziana collega scomparve inspiegabilmente e la sua casa fu trovata nel più completo disordine.
    I detective andarono a trovare Anna Lee, la persona più vicina alla donna scomparsa, ma fu loro risposto che essa era morta per le ferite riportate in una caduta.
    Con un atteggiamento che potrebbe essere eufemisticamente definito di gigantesca negligenza, credettero alla storia, senza mai preoccuparsi di controllare il passato di Anna o di ottenere un certificato di morte.
    La premurosa signora Latham morì nel 1943 e Louise fu affidata alla custodia dei Logan.
    Nel maggio 1944 sposò Lee Judson, un anziano direttore di banca, e il 30 maggio Margaret Logan scomparve senza lasciare tracce: Louise raccontò all'anziano marito di Margaret che lei era in ospedale e non era in grado di ricevere visite.
    Verso la fine di giugno Louise aveva convinto le autorità che Arthur era pazzo; egli venne rinchiuso in un manicomio statale, dove morì sei mesi dopo.
    Per risparmiarsi le spese del funerale, Louise mise il cadavere a disposizione della facoltà di medicina.
    Louise si trasferì a Judson a casa dei Logan, dove però non tutto era a posto.
    In poco tempo il marito scoprì il buco di un proiettile in una parete, un tumulo di terra sospetto nel giardino e una polizza d'assicurazione in cui si nominava Louise unica beneficiaria di Margaret Logan.
    Malgrado ciò, Judson non disse nulla, e toccò alla stessa Louise svelare il groviglio di inganni.
    Nel dicembre 1944 l'ufficiale incaricato di sorvegliare la libertà condizionale di Louise si era insospettito per i rapporti regolari, presentati con la firma incerta di Margaret Logan, troppo lusinghieri nei confronti della vigilata. Poco prima di Natale la polizia fece irruzione a casa dei Logan, spingendo finalmente Lee Judson ad esporre i suoi sospetti.
    In giardino fu disseppellito il corpo di Margaret Logan, al che Louise fu pronta con un'altra delle sue fandonie.
    Questa volta, il decrepito Arthur Logan era diventato improvvisamente pazzo, picchiando a morte la moglie in un attacco di follia.
    Terrificata all'idea di attirare i sospetti per via dei suoi precedenti, Louise aveva seppellito il cadavere e aveva temporeggiato per un mese prima di fare internare Arthur.
    Louise non fu creduta e fu accusata dell'omicidio di Margaret, mentre la morte del marito fu registrata come accessoria.
    Prosciolto il 12 gennaio 1945, Judson si uccise il giorno dopo, gettandosi dal tredicesimo piano di un edificio di uffici a Los Angeles.
    Louise, fu notato, sembrò soddisfatta della sua reazione alla loro separazione.
    Riconosciuta colpevole di omicidio di primo grado da una giuria che comprendeva undici donne, Louise questa volta fu condannata a morte.
    I suoi appelli furono respinti ed essa fu giustiziata nella camera a gas del carcere di San Quintino l'11 aprile 1947.

    Edited by silverback - 5/1/2005, 02:14
     
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  12. silverback
     
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    http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronach...06/varese.shtml
     
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  13. davide_v
     
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    La Stampa, 22 gennaio pagina 7

    "La più alta in grado una donna capitano"

    Cinque danesi rinviati a giudizio per abusi sui prigionieri durante gli interrogatori

    La magistratura militare ha rinviato a giudizio cinque componenti delle forze armate danesi che si sarebbero macchiati di abusi ai danni dei prigionieri iracheni, mentre prestavano servizio nella zona di Bassora. La più alta in grado è Annemete Hommel, capitano della riserva, richiamata in patria lo scorso luglio prima della scadenza della sua missione, dietro denuncia dei colleghi di reparto. La procura militare ha accertato che durante gli interrogatori l'ufficiale maltrattava i prigionieri, li costringeva a assumere posizioni che procuravano sofferenza, negava loro acqua e cibo e gli impediva di usare il bagno. Il contingente danese è composto di 500 uomini.


    Repubblica.it:

    Milano, il corpo era in un sacchetto di plastica
    aveva il cordone ombelicale tagliato

    Neonata morta abbandonata in una cabina telefonica

    MILANO,19 GENNAIO 2005 - L'hanno messa in un sacchetto di
    plastica e abbandonata in una cabina telefonica. Pochi minuti dopo la sua nascita una bambina, dalla carnagione sicuramente bianca, è stata trovata morta questa notte intorno alle 2,30 da una guardia giurata in una cabina telefonica di corso di Porta Vittoria 16 a Milano. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, ma della madre nessuna traccia.

    Non è ancora chiaro, secondo i carabinieri, se la neonata sia venuta alla luce viva o morta. Il primo esame del medico legale, infatti, non è stato sufficiente per questo accertamento. Toccherà all'autopsia stabilirlo. Di certo, secondo i militari, che indagano sul caso, la neonata è stata partorita non molto tempo prima in un altro luogo e poi portata lì: aveva il cordone ombelicale tagliato e la placenta in un altro sacchetto, di fianco.

    Il luogo in cui è stato trovato il corpicino si trova a pochi metri dal Palazzo di giustizia ed è di fronte a un ufficio postale.

    A fare la scoperta sono stati due nordafricani, che alle 2 sono andati nella cabina per una telefonata: quando hanno visto il sacchetto si sono spaventati (uno di loro è anche irregolare) e si sono allontanati.

    Poi, però, all'altezza del Tribunale, quando hanno incrociato l'auto di un vigilante, l' hanno fermata chiedendo aiuto. E' stata la guardia giurata, a quel punto, a chiamare il 112.

    La neonata è di carnagione chiara: nessun altro indizio, al momento, aiuterebbe a capire chi possa essere la madre.

    Gli investigatori hanno acquisito le cassette dell'impianto di videoregistrazione dell'ufficio postale, la cui telecamera esterna potrebbe, forse, aver inquadrato chi ha portato il sacchetto nella cabina telefonica.

     
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  14. davide_v
     
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    Corriere.it:

    Dramma familiare a Piossasco, nel torinese

    Ferisce la figlia a coltellate e poi si uccide

    Emanuela Bosio, di 36 anni, soffriva di crisi depressive. La bimba di tre mesi è ricoverata in gravi condizioni

    PIOSSASCO (TORINO) - Ha tentato di uccidere la figlia di
    tre mesi e poi si è uccisa. È successo, in via Saluzzo, a Piossasco, grosso centro alle porte di Torino. La donna ha compiuto il folle gesto con un coltello. A trovare madre e figlia è stato il marito, che ha subito chiamato il 118. La bambina è stato subito ricoverata in gravi condizioni all'ospedale Regina Margherita di Torino, per la donna invece non c'è stato nulla da fare. Si sta occupando del caso la compagnia dei carabinieri di Moncalieri.
    La bimba, colpita più volte al torace con un coltello da cucina mentre giaceva nella culla, si chiama Giulia e ha tre mesi e mezzo. Ora si trova all' ospedale infantile Regina Margherita, dove verrà sottoposta a intervento chirurgico.

    CRISI DEPRESSIVA - La madre è Emanuela Bosio, 36 anni, sposata con un uomo che lavora a Torino. Secondo le prime informazioni soffriva di una profonda crisi depressiva originata dal parto, e negli ultimi giorni con lei era andata a vivere la madre. Emanuela, però, verso le dodici, in preda a un raptus, ha cacciato la donna da casa e ha colpito la figlioletta: poi, con lo stesso coltello, si è tolta la vita. Ad aggravare ulteriormente la tragedia vi è l'incidente capitato al padre di Emanuela, Bartolomeo, che nel tentativo di entrare nell'appartamento passando per una finestra è caduto e ha riportato un grave trauma cranico: l'uomo è stato trasportato all' ospedale di Pinerolo (Torino) per essere operato.

    24 gennaio 2005


    http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronach.../coltello.shtml
     
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  15. maxine
     
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    Queste cronache che a più riprese inviate capisco possano lasciare allibiti e facciano venire la tentazione di dare dei giudizi ma credo che queste situazioni estreme debbano essere valutate di chi ne ha le capacità e le competenze ed esulano dalla questione maschile. Che le donne sono teneri angeli del focolare è sicuramente discutibile ma non sono queste le prove da portare a carico.... è come se io vi elencassi gli innumerovoli casi di stupro che avvengono a danno delle donne come testimonianza a favore della " cattiveria " maschile .... ! Aberrazioni ne avvengono sicuramente da ambo le parti ma non le si possono prendere come metro di valutazione credo...
     
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826 replies since 6/8/2004, 10:04   26819 views
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