Propaganda Rosa

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  1. Davide.4.
     
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    Dei maschi sensibili (e paritari) le donne faranno polpette

    La fase dei bar coi giochini elettronici, la fase delle mattinate rubate alla scuola e parcheggiate sui motorini, io l’ho superata. Dopo quella fase non ho più sentito il bisogno di raccontare ogni volta che me n’ero fatta un’altra, non ho più avuto il timore di sentirmi sfigato rispetto alla sbruffoneria sparaballe dei tardo-adolescenti. Anche di misurarmelo ho smesso dai tempi dei liceo: questione risolta. Ricordo con mesta allegria quella tizia che avevo mollato e che allora s’incattivì al punto da inventarsi che ce l’avevo piccolo. Poverina. Io sono un uomo fatto e finito, ma quanti uomini ne sarebbero usciti schiantati? Forse, della mia generazione, pochi.
    Sono le nuove generazioni che mi preoccupano (1) . I maschi, sin da ragazzini, sono gente che si depila il petto, fa palestra e diete, capisce di vestiti e di design, è sensibile, sa essere romantica, vuole case e figli (2) . È un maschio che si sta evolvendo, accetta la parità, è abulico o timido, spesso neppure ci prova, aspetta che si muova lei, insomma sta diventando femmina (3) . Le femmine delle nuove generazioni, per contro, sono molto più scafate e dirette, smaliziate, cresciute nell’era del Viagra e del bisturi (4) , della bellezza mediatica, inabituate all’imperfezione, intolleranti a questa crescente sensibilità maschile: e degli uomini, temo, faranno polpette.
    Avranno mariti perfetti che non si grattano il pacco, non tradiscono, non fischiano dietro alle ragazze, uomini che cambiano i pannolini: identikit del perfetto cornuto. Per compensazione, per speculare maschilizzazione della donna, sempre più femmine diranno agli uomini che ce l’hanno piccolo e, di fronte alle loro défaillance sessuali, non diranno che è stato bellissimo lo stesso: rideranno. Come ha scritto Éric Zemmour in Le premier sexe, bestseller in Francia, le mogliettine presto cercheranno virilità nuove, scioviniste, ufficialmente arretrate, quasi mai italiane: ma che almeno scopano. Questi uomini, in quanto ancora uomini, ci porteranno via le nostre donne bianche.

    12/06/2007


    FONTE: http://grazia.blog.it/2007/06/12/dei-masch...ranno-polpette/


    (1)
    CITAZIONE
    Sono le nuove generazioni che mi preoccupano

    Mi sento chiamato in causa.

    (2)

    CITAZIONE
    I maschi, sin da ragazzini, sono gente che si depila il petto, fa palestra e diete, capisce di vestiti e di design, è sensibile, sa essere romantica, vuole case e figli

    Mi alleno 5 volte a settimana, non mi depilo il petto perchè simbolo della mia virilità. Sono romantico solo quando mi va di esserlo e solo per scopare.

    (3)
    CITAZIONE
    È un maschio che si sta evolvendo, accetta la parità, è abulico o timido, spesso neppure ci prova, aspetta che si muova lei, insomma sta diventando femmina

    Che brutto quadro.
    Stiamo diventando femmine... proprongo a questo ******* di venire a Roma e incontrarmi. Vede la femmina in azione.
    Scopre tutta la mia femminilità.

    (4)
    CITAZIONE
    Le femmine delle nuove generazioni, per contro, sono molto più scafate e dirette, smaliziate, cresciute nell’era del Viagra e del bisturi

    Che schifo di maschio

    Scusate l'irruenza ma a leggere certi articoli mi sale la pezza.

    Edited by Davide.4. - 12/6/2007, 20:51
     
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  2. Davide.4.
     
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    Perchè i cani sono come gli uomini

    1. Entrambi prendono troppo spazio nel letto
    2. Entrambi hanno una paura irrazionale delle pulizie con l'aspirapolvere
    3. Entrambi segnano il proprio territorio
    4. Nessuno dei due ti dice cosa gli passa per la testa
    5. Piu' sono piccoli piu' tendono ad essere nervosi
    6. Entrambi hanno una particolare avversione per le pattine
    7. Nessuno dei due lava i piatti. Escluso qualche caso (non per i cani!)
    8. Entrambi "scorreggiano" sfacciatamente
    9. Nessuno dei due nota quando ti tagli i capelli
    10. Entrambi apprezzano i giochi di lotta
    11. Entrambi guardano con sospetto il postino ed il lattaio
    12. Nessuno dei due capisce che cosa ci trovi nei gatti.

    Ultimo aggiornamento ( lunedì 05 marzo 2007 )


    FONTE: http://millenniumdogs.net/md/content/view/189/32/
     
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  3. Davide.4.
     
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    DONNE MEDITERRANEE A CONVEGNO

    È il patriarcato il responsabile dell’intolleranza

    Costanza Falanga
    Testimoni e vittime dei conflitti, eroine e portatrici di pace, messaggere dei diritti civili eppure ancora relegate in ruoli minori nell’azione politica. Le donne che oggi vivono e lavorano nell’area del Mediterraneo sono tutte queste cose insieme e, pur nelle loro differenti culture, sono accomunate da un denominatore, il patriarcato. Elemento ancora dominante in molti Paesi in cui predominano logiche identitarie e sistemi fortemente improntati a culture maschiliste, quelle che hanno generato gli «ismi» peggiori, dai nazionalismi ai terrorimi di ogni specie.


    Emerge questo, e molto altro ancora, da «Donne del Mediterraneo fuori dalle gabbie identitarie», il seminario promosso dalla Fondazione Lelio Basso in occasione del centenario della nascita dell’uomo politico. Il seminario si conclude oggi pomeriggio alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università «Federico II» promosso, tra gli altri, anche dall’assessorato alle pari opportunità della Provincia di Napoli di cui è in corso un altro evento al femminile, la rassegna «Sguardi di donne» con la mostra della fumettista iraniana Marjane Satrapi (a Castel dell’Ovo), interamente dedicata ad una visione ironica e dissacrante del chador. Due giorni di incontri con 14 relatrici provenienti da diversi Paesi del Mediterraneo. Studiose israeliane e palestinesi, turche e curde, croate, serbe e kosovare, protagoniste di lotte per i diritti umani e civili, non solo delle donne, attraverso la ricerca accademica e l’azione politica sono state le protagoniste di «Donne del Mediterraneo».


    Molte di loro sono fondatrici di associazioni che fanno molto per il processo di pace internazionale. Tra queste la palestinese Hanan Aruri del Jerusalem Center for Women e la israeliana Sonia Zarchi di Bat Shalom, un’associazione che mostra tutti i giorni al mondo intero come la convivenza tra palestinesi e israeliani sia possibile. Prendendo spunto dal tema del convegno, quali sono secondo voi, oggi, le gabbie di ogni genere in cui una donna è costretta? «La prima gabbia riguarda il Nazionalismo israeliano», risponde Sonia Zarchi. «Le donne in Israele sono ingabbiate nell’identità nazionale in contrapposizione a quella palestinese. La seconda gabbia è quella di tante donne occidentali che pensano di essere libere ma sono ancora molto lontane dalla partecipazione politica attiva, legate ai ruoli di moglie e di madre».


    «La prima è una gabbia reale per le donne palestinesi perché l’occupazione è come vivere in gabbia», dice Hanan Aruri. «La seconda gabbia è ancora quella di essere prigioniere del mondo maschile e dei sistemi creati dagli uomini in senso politico, sociale e civile. Il patriarcato, in poche parole». Nel terzo millennio molte donne portano ancora il chador. Quel è il vostro parere in proposito? «In Israele non c’è questa tradizione, ma quello che ho notato lavorando con molte donne arabe è che quelle che lo portano per libera scelta non si sentono affatto limitate nel loro pensiero», risponde Sonia Zarchi. «Per le palestinesi non è una costrizione», risponde Aruri, «chi lo porta lo fa perché sceglie di farlo ed è felice».


    Nei processi di pace dei territori occupati alle donne viene attribuito un ruolo determinante. Spesso però sono esse stesse portatrici di morte trasformandosi in kamikaze «Il ruolo di una donna è ancora fondamentale nel processo di pace, purchè esca dalla gabbia in cui politicamente l’ha relegata l’uomo e riesca a far sentire in modo più attivo la sua presenza in politica», rispondono d’accordo Aruri e Zarchi. Ma quanti punti in comune per un confronto hanno oggi le donne palestinesi, cecene, israeliane o algerine e occidentali? «Non saprei, non è semplice rispondere», afferma Sonia Zarchi. «Venendo qui, a questo seminario, ero convinta di trovare molte differenze culturali», è il parere di Hanan Aruri. «Eppure su un punto ho capito che tutte eravamo d’accordo e avevamo gli stessi obiettivi. Essere più attive per non farsi fagocitare dal patriarcato, un sistema che ha prodotto nazionalismi e fondamentalismi».

    Articolo da "Il Mattino" del 6 dicembre 2003


    FONTE: http://www.ecologiasociale.org/pg/dum_fem_mediterraneo.html
     
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  4. Davide.4.
     
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    I maschi, la violenza e l'odio


    Mi sbaglierò, ma ho l’impressione che attualmente, per la parte che seguo di blogosfera, quella che si occupa anche di massimi sistemi, le cose più coraggiose le scrivano le donne. [...] Con quell’entusiasmo che prova chi può finalmente parlare liberamente dopo tanti secoli di silenzio imposto e che gli uomini invece stanno perdendo. [...] Proprio per questo gusto rivoluzionario ancora fresco in memoria le donne non hanno paura di parlare e ragionare su temi come la violenza e l’odio, che i maschi temono e non affrontano apertamente, perché sono abituati a sublimarli nell’omofobia o magari in quel ‘troia’ vomitato contro chi osa non adorarli in ginocchio”.
    La migliore risposta che si potesse dare al commento che Lucio ha lasciato al mio post precedente, l’ha scritto Lameduck. Ma lei ha fatto molto di più. È andata oltre, per dipingere un ritratto degli uomini (e delle donne) della blogosfera che mi sembra assai giusto e che condivido. Trovo che abbia ragione da vendere e che se ne possano trarre conclusioni anche più generali. Per questo vi invito caldamente a leggerla.

    Scritto da Gabriele alle 10:23

    04 giugno 2007


    FONTE: http://querelles.blogspot.com/2007/06/i-ma...za-e-lodio.html
     
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  5. Davide.4.
     
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    Più donne, più guadagno

    Le imprese femminili hanno ottimi risultati economici, quanto e più di quelle guidate da uomini

    di Elisa Manacorda
    Sorpresa. Le imprese femminili – quelle guidate da una donna, o in cui la maggioranza delle azioni o del capitale sia detenuta da una donna – crescono, si espandono anche in settori non legati alle tradizionali attività di cura (salute, insegnamento, assistenza…), e soprattutto ottengono ottimi risultati economici, quanto e più di quelle guidate da uomini. Che restano, però, la grande maggioranza. È il risultato di una ricerca condotta su 621 piccole e medie imprese italiane da Paola Dubini e Lucrezia Songini, docenti dell’Università Bocconi, sul “Glass Ceiling in SMEs: When Women are in Command”: cioè su quel soffitto di vetro che ancora impedisce alle donne di occupare posizioni di rilievo nel mondo imprenditoriale. Le cifre della ricerca dimostrano innanzitutto che la presenza del sesso femminile nell’industria è in crescita: dieci anni fa il capitale detenuto dalle donne era del 13 per cento, e solo nel 5,9 per cento dei casi era in mani femminili. Oggi il 37 per cento degli azionisti nelle imprese campione è costituito da donne, che però detengono solo il 20 per cento del capitale. Le Pmi a maggioranza femminile rappresentano invece l’8,9 per cento di quelle considerate. Ma la sorpresa (che per chi conosce questo settore è tale solo a metà) è che le imprese femminili sono presenti in tutti i settori di mercato.

    “In genere tendono a essere considerati femminili – e dunque marginali – quei campi che riguardano le attività di servizi e assistenza alla persona”, spiega Paola Dubini, docente di Economia aziendale all’ateneo milanese “e la letteratura sul tema sostiene che l’imprenditorialità femminile trovi maggiore spazio proprio in questi settori”. Basta però ribaltare il punto di vista per scoprire una realtà diversa: “Noi abbiamo condotto l’indagine partendo da una popolazione di Pmi, non dai settori di appartenenza”, continua Dubini. Notando che le imprese al femminile occupano spazi importanti anche nel settore manifatturiero e dei servizi. Resta invece confermato il dato secondo cui le imprese familiari, rispetto ad altre tipologie di impresa, hanno un ambiente più favorevole alla crescita delle donne manager. “Anche se ancora oggi le proprietà si passano soprattutto agli eredi maschi, mentre le figlie vengono con una certa frequenza liquidate con denaro o con altre proprietà”, continua Dubini.

    A segnare ancora il confine dell’esclusione è invece l’ingresso nel Consiglio di Amministrazione: sono sempre le imprese familiari ad avere una maggiore incidenza di amministratori delegati donne (8,8 per cento contro il 4,8 per cento delle altre), ma si tratta comunque di eccezioni. Donne tenute lontane dai luoghi deputati alle decisioni, per tanti motivi: “A volte è un fattore che nasce dalle scelte scolastiche (dettate dal padre): le ragazze seguono studi che rendono più difficile entrare in questo mercato del lavoro”, continua Dubini. Ma anche quando fanno ottime scuole, prima o poi le ragazze toccano con mano il fatto che comunque il “soffitto di vetro” impedisce loro di guadagnare quanto i colleghi maschi, anche di pari grado, o quanto il marito. E allora, nell’economia di una famiglia, la scelta s’impone per motivi pratici: sarà la persona che ha meno prospettive professionali a sacrificarsi, a seguire il coniuge nei suoi spostamenti, ad avere cura di figli e genitori anziani. E addio azienda.

    Quando però le condizioni lo permettono, le imprenditrici si fanno valere. “C’è tutta una letteratura secondo cui le aziende femminili sono più deboli dal punto di vista economico. In realtà la nostra ricerca mostra che quando le imprese hanno una maggioranza di donne, le attività vanno bene”, spiega la docente, con un ritorno sugli investimenti del 7,49 per cento, contro il 7,14 delle imprese maschili, e una redditività del capitale proprio dell’8,66 per cento.Merito, forse, anche di uno stile di leadership basato sul consenso, più che sul potere. “Abbiamo isolato un gruppo di aziende con Amministratore delegato donna, e abbiamo chiesto come vengono prese le decisioni, soprattutto in momenti delicati nella vita di un’azienda com’è quello della successione. Ebbene, le donne riescono a tenere presenti i diversi interessi delle parti in causa, sanno mediare, sanno valutare i tanti punti di vista”. Il risultato è che alla fine sono in genere tutti soddisfatti.

    Per questo, sostengono le due autrici della ricerca, varrebbe la pena che il mondo imprenditoriale aprisse con più convinzione le porte a queste risorse. E anche quello politico potrebbe promuovere strumenti di sostegno più efficaci, soprattutto in alcuni particolari momenti della vita professionale di una donna: “dopo la maternità – conclude Dubini – o quando i figli già grandi lasciano una madre troppo ‘vecchia’ per il nostro mercato del lavoro”.

    25\05\2005


    FONTE: http://www.galileonet.it/primo-piano/6094/...ne-piu-guadagno
     
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  6. adangwin
     
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    In questi ultimi articoli segnalati da Davide ho trovato la conferma di quanto ho detto oggi.
    L'odio di alcune donne* verso gli uomini.
    Non c'è il fenomeno opposto, perlomeno non è paragonabile sia in termini quantitativi che qualitativi.
    E' necessario approfondire questo fenomeno.

    *che purtroppo hanno presa su buona parte delle donne.
     
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  7. Davide.4.
     
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    Gli uomini che cambiano: nuovi maschi, nuovi papa’, nuovi gentlemen.

    Mentre il mondo incessantemente pretende risposte per tutta quella serie di avvenimenti che lasciano a dir poco sconvolti (l’estrema aggressività, violenza e degrado che invade tutti i campi dell’esistenza, la salvaguardia del pianeta, la solidarietà mondiale, le crisi economiche, la malasanità, ecc.) ancora filosofi, sociologi e scrittori si interrogano sul nuovo modo di essere del maschio contemporaneo e delle sue ultime tendenze, quali, ad esempio, la gentlemen-cool come nuova virilità centrata sullo stile, l’eleganza e il bon-ton perfetto. I nuovi gentlemen amano sancire una differenza con gli uomini del passato in nome di una moda che trova però profonde radici psicologiche. Già negli anni ’80 la donna, sotto la spinta di un’innovazione femminile, agiva, anche in modo sottile, un cambiamento degli antichi modelli femminili in nome dell’autoaffermazione e della libertà individuale e da questo, si iniziò a intravedere un maschio in crisi, intrappolato da un groviglio di dubbi, assalito da mille paure nei confronti di una donna attiva, determinata, non più sottomessa e totalmente intenzionata a possedere ciò che sino ad allora era esclusiva maschile: il potere in ogni campo. Risultato? Maschi in preda a difficoltà di corteggiamento, goffi nell’approccio e in balia di ansia da prestazione. Tuttavia, gli uomini, passando per l’infantilizzazione prima, per l’autocentrismo e il narcisismo alla dolce e gabbana poi, hanno iniziato ad ostentare una virilità meno rude culminata, oggi, nel così definito ‘padre materno’. E’, in Inghilterra, oramai le mamme sono più propense a lasciare i loro figli in mano a babysitter uomini definiti ‘manny’ poiché sono più bravi delle colleghe a fornire punti di riferimento stabili, a mantenere l’ordine e la disciplina. Per niente scalfiti dal fatto che la donna ricopre ruoli decisionali in ambito professionale e sociale, la nuova generazione di uomini ha rifiutato i passati modelli di padre tiranno, freddo ed emotivamente lontano impegnandosi a stare insieme con i figli, a mostrare affetto senza imbarazzo e vergogna, sensibilmente in grado di assolvere alle funzioni materne. Inoltre, i padri costretti a stare lontani dai figli (lavoro, separazioni, ecc.) lamentano un’oppressiva profonda tristezza, segno questo di un importante diffondersi della consapevolezza che la presenza del padre è indispensabile per la crescita dei figli. In psicologia, questa affermazione non è solo concettuale ma anche scientifica: il rapporto con il padre condiziona l’esistenza esattamente a quello con la madre. Già S. Freud evidenziò l’importanza del padre nel sostenere il bambino nel delicato momento della triangolazione edipica dove l’elaborazione di una strategia relazionale da parte del bambino passa per l’identificazione con il padre. Madre e padre sono infatti mitizzati; soddisfano, consolano, contengono ma diventano anche il polo in cui il bambino riferisce le sue forme ideali di identificazione. Successivamente, Jacques Lacan, prestando attenzione al gioco immaginario del bambino, nota come nel riflesso speculare da cui il bimbo accetterà l’impotenza umana per abbandonare l’onnipotenza, l’insostenibile accettazione del limite viene accolta attraverso il padre che si caratterizza come il depositario di una legge riguardante tutta l’umanità sulle vicissitudini dell’identità e degli affetti che accompagnano l’evoluzione nel divenire prima uomo e poi padre. L’autorevole autorità del genitore di sesso maschile, quindi, è fondamentale nello sviluppo ma solo se lui decide di dedicarsi alla compagna e ai suoi figli. Ma gli uomini si scoprono anche romantici e preoccupati della sfera emotiva. Da una ricerca su scala europea di meetic, il primo portale di dating-on-line, si rileva che per il 64% dei maschi tra i 18 e i 55 anni il matrimonio è il coronamento di un sogno d’amore mentre per le donne, invece, è importante pensare alla carriera e a occupare sempre di più posizioni di potere e prestigio. Sembra, dunque, tramontata la figura di don Giovanni l’inafferabile uomo che non deve chiedere mai incapace di amare che attrae le sue prede regalando l’illusione di una fusione intima e profonda. Da un’analisi psicologica, però, gli uomini di oggi non appaiono poi così diversi da quelli del passato; la loro personalità è sempre molto complessa, tipicamente maschile dove le nuove spinte a sperimentare un modo di essere più in sintonia con il proprio mondo affettivo si scontrano con un lato tradizionalista che pone un ruolo maschile come soltanto dedito al lavoro, attento a se stesso e distratto nella relazione con la compagna. Questi nuovi codici di comportamento per alcuni sembrano un mistero e questo induce negli uomini atteggiamenti diversi; alcuni mostrano paura soffrendone la presenza altri, invece, ne subiscono il fascino nel desiderio di possedere per ottenere quella comunicazione con l’altro sesso finalmente svincolata dai limiti. Tornando ai padri, in psicologia, molto si è evidenziato sulla loro influenza inconsapevole in alcune forme psicopatologiche; del resto, alcuni, alla nascita del primo figlio possono sentirsi presi da problemi che riguardano la mentalizzazione dell’avvenimento dove al provare sentimenti di gelosia per il nascituro si accosta la sindrome della couvade, disagi della paternità con manifestazioni psicosomatiche, aggressività auto ed eterodiretta, comportamenti di fuga, evasione nel lavoro, problemi nella sfera sessuale, vere e proprie strategie inconsce per negare o rimuovere l’angoscia della paternità all’avvicinarsi del parto. Il timore vissuto può portare a un rifiuto o a una sfida verso un nuovo aspetto della propria personalità. A questo proposito, Erich Fromm, mostrò come lo sviluppo dell’uomo è contrassegnato dal suo impegno nel superamento dei vari ostacoli alla sua piena affermazione e, la radicale estraniazione da se stesso è ciò che impedisce di esprimere pienamente la propria umanità e, in questo senso, il disagio sorge quando l’uomo fuggendo dai rischi della libertà spersonalizza se stesso. E’ vero, quindi, che una profonda mutazione nel ruolo e nell’identità maschile ha investito il vissuto dell’uomo ma, ciò che costituisce l’identità di ciascuno è dato dal principio di individuazione che ci rende quelli che siamo originalmente inconfondibili e non sostituibili e, questo, non riguarda soltanto l’uomo. Da un’analisi psicologica più ampia, infatti, si nota che, in realtà, non esistono più confini che delimitano con precisione l’esistenza umana. Gli uomini sempre più si lasciano trasportare delle loro emozioni e sono disposti a mettersi in gioco con una donna anche predatrice che è capace di coltivare relazioni anche solo fisiche e una razionalità per affermare se stessa nel mondo. Ma più l’uomo esplora nuovi spazi, più sente il bisogno di indagare la parte inconsapevole di sé e il proprio io profondo e, si accorge, che il rapporto emotivo che contraddistingue i due sessi è dominato dalla paura e dalla difensiva. Occorre non dimenticare, quindi, che qualsiasi cambiamento in realtà coinvolge sia gli uomini che le donne che, non avendo più voglia di nascondersi in ruoli preconfezionati sono impegnati a superare quelle barriere divisorie che si incontrano per dare vita, a poco a poco, a un nuovo modo di dialogare intorno alla vita.


    Non è stato specificato l'anno dell'articolo.

    FONTE: http://www.palermoweb.com/psicologia/mente1.asp?ID=49
     
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  8. Davide.4.
     
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    LE DONNE E LA TELEVISIONE

    Il piccolo schermo è dominato dalle donne, che guidano il 70% dei programmi di punta.
    Da uno studio promosso da Meta Comunicazione, attraverso l'analisi del nuovo palinsesto televisivo e 100 interviste a psicologi, sociologi e esperti di marketing, in occasione del lancio della nuova stagione televisiva, è emerso il radicale cambiamento della tv italiana: una volta la donna era relegata a valletta stupidina con il compito di affincare il presentatore "uomo".
    Oggi tutto questo non c’è quasi più, le donne superano il sesso forte, sia per ore di trasmissione che per il numero di programmi e la rilevanza che quest’ultimi hanno. Dunque donne alla conquista del piccolo schermo, sono loro a "portare i pantaloni" in video e superano i maschietti sia per ore di trasmissione (nel palinsesto quotidiano ci sono in media 20-25 ore di programmi guidati da donne, con punte di 30, contro 10-12 dagli uomini) sia per numero di programmi in prime time e il povero "maschio" è relegato al ruolo di valletto.
    L'immagine dei due sessi proposta dalla tv cambia radicalmente: "lei" sempre più dipinta come dominatrice (63%), forte (56%), ma senza mai rinunciare alla sua femminilità (48%), mentre "lui" insicuro (58%) e narciso (52%).
    "Nella società contemporanea il classico modello familiare è venuto meno - sottolinea Saro Trovato, presidente di Meta Comunicazione-. La donna ha un ruolo sempre più rilevante e forte, mentre i modelli promossi dai media e dalla moda hanno femminilizzato l'uomo. Tutto questo -spiega- non poteva che avere effetti sul piccolo schermo. Le donne sono più affidabili, più responsabili, danno fiducia, nella vita e nel piccolo schermo, mentre l'uomo -conclude Trovato- sembra più occupato a cercare un'identità perduta".
    I nuovi palinsesti autunnali consacrano la donna come vera regina del piccolo schermo. Conduttrici e show girl hanno la meglio sui loro corrispettivi maschili quando si analizzano i programmi di punta delle diverse reti nazionali: tra il 70 e il 75% delle trasmissioni di prima serata vengono condotte da donne. Ulteriore conferma è data dalla tipologia di programmi: le donne ormai hanno "invaso" anche quei campi che un tempo erano di esclusiva pertinenza maschile. Dalla politica ai programmi di inchiesta ('Report' ne è un esempio) per arrivare al più eclatante, ovvero allo sport.
    Gli uomini invece nel 57% dei casi delle trasmissioni di punta sono "relegati" al ruolo di valletto della conduttrice: da Brosio, inviato-succube della Ventura nell'Isola dei Famosi a Bettarini, che da valletto nella Talpa è diventato valletto di Buona Domenica, solo per fare due esempi. Nel 31% delle trasmissioni in palinsesto, quando condividono la scena con un personaggio femminile, sono delle "spalle", rivestendo spesso il ruolo di vittima. Solo nel 10% dei programmi a doppia conduzione si assiste a ruoli paritari. Uno scenario che fa parlare gli esperti di tv matriarcale (67%), intendendo con questo che questa predominanza femminile non è solo una moda passeggera, come invece sostiene il 15%, o solo un cambiamento "di forma" che non muta la sostanziale predominanza maschile nel piccolo schermo (11%).
    Per gli psicologi, la predominanza della donna è un adattamento ai nuovi modelli di famiglia, nei quali, il ruolo femminile riveste molto spesso anche campi fino a ieri prettamente maschili.
    Al primo posto, di nuovo modello mediatico, c’è Milly Carlucci, donna dolce e femminile dal polso di ferro, al secondo Antonella Clerici, seguita da Paola Perego. Presenti anche le show-women per eccellenza, Simona Ventura e Maria De Filippi anche se rispettivamente al nono e decimo posto, pioniere dell’ascesa delle donne in Tv, il ruolo troppo aggressivo e mascolino che si sono costruite, le penalizza. Che dire, tra un po’ largo a valletti e letterini!

    13 giugno 2007

    FONTE: http://www.babyboomers.it/televisione/art.asp?art_id=849
     
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  9. *STRIDER*
     
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    CITAZIONE (adangwin @ 12/6/2007, 23:27)
    In questi ultimi articoli segnalati da Davide ho trovato la conferma di quanto ho detto oggi.
    L'odio di alcune donne* verso gli uomini.
    Non c'è il fenomeno opposto, perlomeno non è paragonabile sia in termini quantitativi che qualitativi.
    E' necessario approfondire questo fenomeno.

    *che purtroppo hanno presa su buona parte delle donne.

    Personalmente ritengo che il discorso riguardi quasi tutte le ragazze e le donne laureate* e una buona parte di quelle più "ignoranti".
    Ovvero, sono del parere che il fenomeno sia generalizzato.
    Basti dire che è quasi impossibile, in pubblico, (ma anche in privato), ascoltare un apprezzamento nei confronti degli uomini. Le donne, di solito, se parlano del genere maschile, lo fanno solo per parlarne male.
    A questo aggiungiamo altresi' che un numero imprecisato di "maschietti" (non uomini) dà loro una grossissima mano.



    *Sono figlio di due insegnanti, perciò so di cosa parlo.
     
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  10. Davide.4.
     
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    Da una ricerca federale la conferma che le donne hanno raggiunto e surclassato gli uomini nel campo degli studi e del lavoro

    Usa, femmine più brave e studiose superati i maschi nelle università

    Cala il numero dei ragazzi iscritti al college. Avvocati, medici e psicologi: la nuova classe dirigente americana porta la minigonna


    WASHINGTON - La riscossa del "sesso debole". Secondo le statistiche federali Usa le donne, non solo hanno raggiunto gli uomini nel campo degli studi, ma li stanno anche superando in quello del lavoro. Un salto generazionale, impensabile fino a 25 anni fa. Smessi i panni delle casalinghe, nei campus d'oltreoceano le ragazze si impongono come studentesse modello e nel mondo del lavoro ambiscono alle cariche tradizionalmente ricoperte dai maschi, facendosi valere nei settori più disparati: dalla biologia alla medicina, dalla giurisprudenza fino alla laurea in Storia e in materie economiche, oltre a guadagnare terreno in campi fin'ora ad esse sconosciuti, come matematica, scienze e agricoltura. Tutti settori dove, fino a qualche anno fa erano proprio gli uomini a conquistare i livelli di eccellenza.

    Progresso femminile e stagnazione maschile: la sentenza degli studi Usa è chiara. Perfino le roccaforti dei rampolli americani, l'insegnamento e la psicologia, sono state abbattute.

    E i ragazzi stanno a guardare, mentre l'esercito delle ragazze prende il sopravvento? A quanto pare sì. Le iscrizioni del "sesso forte" agli studi universitari avanzati è in calo. Spesso accade che i giovani non terminino neppure il College, o almeno non con i tempi delle ragazze, frenetiche e ansiose di concludere gli studi il più in fretta possibile. E secondo gli studiosi le ragioni che spingono i ragazzi a gettare la spugna anzitempo sono due: in primo luogo l'incapacità della scuola di insegnare in modo appropriato ai bambini in tenera età. Incapacità che si trasforma in frustrazione per gli studenti al momento dell'adolescenza. Ma nonostante questo i maschi sono costretti a pronunciare un sonoro mea culpa, perché l'altro motivo del loro declino è la pigrizia: consci di poter comunque barcamenarsi nel mondo del lavoro anche senza un diploma universitario, i maschietti se ne restano con le mani in mano, in attesa che piova addosso l'opportunità della vita, o che al limite, qualche donna decida per loro.

    (3 giugno 2006)


    FONTE: http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/sc...cita-donne.html
     
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  11. Davide.4.
     
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    Se il maschio non accetta il confronto alla pari

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    Maschile e femminile: compiti e ruoli, continuano ad essere il motivo di riflessione. Vorrei partire da un caso estremo, l'uxoricidio, per riflettere sull'applicazione disperante di un antico desiderio di dominio sulle donne che sembra essere da sempre un desiderio profondo della società maschile sia là dove politica e religione sono in grado di imporre le regole, sia nelle società in cui la legge sostiene le pari opportunità familiari e sociali. è difficile da parte dei maschi accettare un confronto alla pari, una valorizzazione di codici di condotta condivisi. Perché una parte dei maschi pensa che perdere potere nei confronti del femminile sia un segnale disperante. Lo pensano i maschi lasciati , i maschi traditi, ma anche quelli superati economicamente e politicamente. L'uxoricidio, la violenza fisica e sessuale ripropongono una incompetenza di elaborazione che oggi riguarda gli uomini grandi ma anche i ragazzi.

    Sopraffazioni minorili

    Sono i maschi più piccoli - come hanno anche dimostrato alcuni fatti di cronaca - del primo anno delle superiori che il branco prende di mira, maschi fragili per età o per fisico, ancora in una fase dello sviluppo in cui non è così semplice sapere come reagire, sono i gay che vengono presi di mira come a confermare la paura delle differenze di potere e di immagine maschile. Il sesso lascia la zona che gli appartiene, quella della relazione e della gioia, per vestire i panni disperati rappresentati dalle molestie e dalla violenza. Tutte queste situazioni valorizzano il dominio e la paura come fossero segnali di forza, mentre questi due elementi mostrano solo l'incompetenza a tradurre il disagio in cambiamento, in risposte intelligenti, utili per cercare la propria espressione e la propria prospettiva senza immaginare mai che il nostro benessere possa nascere attraverso la sopraffazione e l'imposizione.

    Quando accadono fatti gravi si vuole credere nel raptus, mentre le cose cattive, crudeli, accadono attraverso un costante allenamento che viene autorizzato e portato avanti senza censura e che può portare ad atti estremi come l'omicidio. Maschile e femminile sono doni, così come le modificazioni e le dimensioni varianti, sono modi attraverso i quali si può esprimere la convivenza e il confronto. Alimentare la paura, l'idea che se la donna diventa forte l'uomo si indebolisce, nutrire la paura è una colpa sociale. Il carnefice che deve essere condannato e curato copre con la sua violenza la sua incompletezza e afferma se stesso perché opprime, ma proprio in questo mostra la sua precarietà psicologica e la sua inesistenza soggettiva. L'Istituto che dirigo da molti anni lavora sulla mediazione sessuale, è un percorso di crescita nelle relazioni che ha come principio primo che non esiste la possibilità di essere felici a danno degli altri, che è il dialogo tra i sessi che porta benessere.

    Regole delle scambio

    Ne parliamo con i ragazzi e le ragazze, in uno scambio che privilegia il concetto di differenza e di uguaglianza, che fa riconoscere le attese inconsce, le proiezioni delle attese. Ci sono tre regole d'oro che i giovani sono guidati a sottoscrivere: nel toccare il corpo si deve chiedere il permesso, il corpo è sacro; che si vince solo se si costruisce un dialogo che aiuti a superare la solitudine; che si deve diventare capaci di un ascolto competente. I ruoli maschili e femminili possono essere verificati solo se si esprimono liberamente paure, desideri e si costruisce un accordo tra le regole. Giochi di ruolo, grandi tabelloni, lavoro di gruppo, ci aiutano ad immaginare che la convivenza partirà dal riconoscimento, senza il quale l'altra/o non esiste e per questo viene ridotto/a a cosa e in quanto tale, possibile da distruggere.

    Siamo consapevoli che tutti i comportamenti cattivi si preparano a lungo, lasciando passare i piccoli gesti, senza censurarli e senza trasformarli. Si può abitare il mondo insieme, se ognuno di noi pensa che la nostra forza non nasce mai dalla debolezza di un altro. I ragazzi e le ragazze ci capiscono, sanno che domani la scommessa sarà il progetto di coppia, di famiglia e che quello che si confronta oggi darà strumenti per condividere emozioni, paure, rabbie, senza farle diventare motore di pericolose distruzioni.

    14-06-2007

    di Roberta Giommi


    FONTE: http://www.repubblica.it/supplementi/salut...54lei54054.html
     
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  12. Davide.4.
     
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    Il reality show che propone donne da plasmare sull’immaginario maschile

    La Sposa Perfetta

    Chiara Palmisani


    Le pratiche di appropriazione dei segni del sesso opposto sono state da sempre maschili Le mutilazioni e scarnificazioni, fisiche o simboliche, hanno da sempre oppresso, e continuano a farlo, il corpo femminile. La televisione, fedele riproduzione della società, trasmette un reality come “La Sposa Perfetta”, in onda su RAIDUE, che in proposito la dice lunga già dal titolo.

    Se il titolo è agghiacciante, i contenuti non sono da meno. Questa la descrizione del reality show sul sito della RAI: “Per dimostrare di essere La Sposa Perfetta, ciascuna ragazza dovrà convincere la mamma del proprio prescelto delle proprie abilità culinarie, di possedere una buona visione dell’economia domestica , di saper sbrigare con destrezza tutte le mansioni di casa e soprattutto di essere una buona compagna”.

    Sembra di leggere il manuale della perfetta donna fascista, ma il format proviene dalla Turchia. E anche su questo ci sarebbe da riflettere. Donne rinchiuse in una casa sotto gli occhi delle telecamere, che devono aggiudicarsi il pargolo d’oro con il beneplacito di "mammà". Donne in competizione per ottenere l’agognato principe azzurro, messe l’una contro l’altra per apparire agli occhi di lui “mogliettine ideali”. La loro unica aspirazione è essere approvate, investite di valore dal giudizio maschile.

    Viene da chiedersi dove sono finiti decenni di battaglie e di discorsi sull’autodeterminazione della donna. Di lotte per diffondere una maggiore consapevolezza della propria condizione di subalternità. Di proposte per una TV di stato che non diffonda immagini discriminanti e stereotipate per le donne. Anni e anni cancellati. Calpestati dalla TV spazzatura, ma per fortuna non ancora del tutto dimenticati. Per lo meno non da tutt@.

    Infatti, tanto maschilismo, cattivo gusto e superficialità messi insieme non hanno impiegato molto ad attirare aspre critiche. Da segnalare l’articolo di un’indignata Natalia Aspesi su la Repubblica dello scorso 6 aprile e il comunicato dello stesso giorno della Commissione pari opportunità dell’Usigrai (Unione sindacale giornalisti RAI) e della Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana), in cui si chiede esplicitamente alla ministra Pollastrini e al presidente del Consiglio d’amministrazione della RAI di arginare tale deriva televisiva.

    Con un reality come “La Sposa perfetta” si arriva a mistificare l’essenza stessa dell’identità femminile. La pretesa “femminilità” delle aspiranti sposine non è altro che una forma di compiacenza nei confronti delle attese maschili, reali o supposte, in materia d’esaltazione dell’ego dei futuri mariti e delle loro madri, incarnazione dello stereotipo della suocera-strega.

    31 maggio 2007


    FONTE: http://www.womenews.net/spip3/spip.php?art...=MASCHI%20CRISI



    Ridotte a zero dalla Tre, la telefonia mobile che mette le donne ai voti

    Zero diritti, zero dignità, zero coscienza!

    Chiara Palmisani

    Qualche giorno fa a Roma, passando all’interno della Facoltà di Sociologia, davanti a un gruppo di ragazzi, mi sento addosso i loro occhi e avverto che, uno ad uno, cominciano letteralmente a dare i numeri! Per ingannare il tempo, assegnavano dei voti alle ragazze che passavano lì davanti. Sicuramente non ci sono nessi apparenti tra il loro passatempo e i cartelloni pubblicitari della Tre che riempiono le strade di Roma eppure ...

    Eppure, anche qui tre donne vengono messe ai voti con dei grandi buchi a forma di “zero” sui loro attillatissimi vestiti, mostrando così il loro corpo nudo. A giudicar dalla bellezza e dalla posa provocante dei loro corpi, credo che i ragazzi in cui ho avuto modo di imbattermi non avrebbero dato loro dei voti tanto bassi quanto invece ha scelto di fare la telefonia mobile.
    Se la Tre cuce esplicitamente, scucendone i vestiti, il valore del corpo femminile sui corpi di tre modelle e se degli studenti universitari, altrettanto esplicitamente, pronunciano ad alta voce il voto che decidono si meriti ogni ragazza che passa loro davanti, un nesso forse c’è. È quello subdolo e indissolubile che storicamente sottende la logica maschile e che attribuisce all’uomo l’accesso allo status di soggetto in diritto di giudicare e stabilire la dignità, il valore simbolico e materiale della donna e ancora una volta di sancirne così l’identità, senza darle altra possibilità di esistere se non attraverso gli occhi di lui.

    Nei grandi cartelloni pubblicitari della Tre, con l’intento di incentivare gli abbonamenti telefonici, si allude, neanche tanto velatamente, alla triplice convenienza dell’“affare” che offre la bionda, la rossa, e la mora a zero spese!

    L’unico abbonamento in grado di garantire “il prendi tre e paghi zero”! Il riferimento alla prestanza sessuale e alla celebrazione della virilità di colui che può permettersi tre donne a costo zero, poiché questo è il valore del loro essere donna, non è altro che la celebrazione del desiderio fine a se stesso, della semplice azione maschile sulla carne femminile.

    È il desiderio che desidera se stesso, che si autoinveste del diritto a possedere le tre donne-zero delle pubblicità. Quei corpi di donna, privati della loro dignità e ridotti a incarnazione del piacere dell’uomo videns, sono meri oggetti del desiderio sessuale maschile. È qui presente un godimento indiviso perché unilaterale. Non c’è incitamento all’amore tra uomo e donna ma alla morte. Non si esalta il rapporto a due, il contatto corporeo, il piacere dei sensi femminili e maschili insieme. Non si celebra alcuna reciprocità, perché alla donna è negata la condizione di soggetto autonomo.

    Le donne della pubblicità della Tre sono asservite al piacere del patriarca, ridotte alla pura opacità della loro carne, alla presenzialità di corpi indifesi mascherati da corpi intraprendenti e sicuri del proprio potere deduttivo. Corpi umiliati, che non possono più arretrare o sottrarsi all’invadenza dello sguardo dell’altro. Assecondando l’occhio voyeuristico del fruitore pubblicitario, tali immagini, disseminiate per le strade di Roma, decretano la fine dell’intimità e dell’interiorità femminile della passante che le osserva, facendo di colpo sprofondare la donna nella materialità del nudo e sottraendola alla dualità di una sessualità rispettosa della sua soggettività.

    Corpi di donne utilizzati dal mondo della produzione pubblicitaria per circuire, sviare dalla propria strada e attirare a sé l’occhio maschile, finiscono per atterrire, offendere e negare la coscienza femminile. In questo processo di seduzione noi donne siamo ridotte a puri escamotage per attirare l’attenzione dell’altro, private di ogni sovranità sui nostri corpi, rappresentate alla stregua di niente.

    La soggettività femminile è annullata, è sottratta a se stessa ed è trasformata in oggettività pura, in apparenza e non in desiderio profondo di relazione con l’altro/a.
    L’immagine delle tre donne sexy, che si offrono volontariamente al piacere maschile, è in realtà la riproduzione di una concezione maschile della donna che ama piacere a lui rendendosi nullità, uno zero, per assecondare il suo desiderio. Non sono immagini innocue ma modelli di adesione alla potenza maschile, esercitata in nome di un “naturale” privilegio sociale, politico, culturale ed economico. Le pratiche di appropriazione dei segni del sesso opposto sono state sempre maschili. Le mutilazioni e scarnificazioni, fisiche o simboliche, continuano a opprimere il corpo femminile.
    La pubblicità della Tre, come tutte le altre pubblicità che mercificano e oltraggiano il corpo della donna, punta ancora una volta sulla donna-oggetto per sedurre i sensi maschili e impone una logica di abiezione nei confronti della sessualità femminile, ridotta a criterio di produzione e privata di senso.

    19 marzo 2007


    FONTE: http://www.womenews.net/spip3/spip.php?art...=MASCHI%20CRISI
     
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  13. silverback
     
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    Chiara Palmisani
    CITAZIONE
    L’immagine delle tre donne sexy, che si offrono volontariamente al piacere maschile,

    O al portafoglio maschile...?

    CITAZIONE
    Il riferimento alla prestanza sessuale e alla celebrazione della virilità di colui che può permettersi tre donne a costo zero, poiché questo è il valore del loro essere donna, non è altro che la celebrazione del desiderio fine a se stesso, della semplice azione maschile sulla carne femminile.

    è in realtà la riproduzione di una concezione maschile della donna che ama piacere a lui rendendosi nullità, uno zero, per assecondare il suo desiderio.

    Non sono immagini innocue ma modelli di adesione alla potenza maschile, esercitata in nome di un “naturale” privilegio sociale, politico, culturale ed economico.

    Un giorno, quando tutto questo letame sarà solo un ricordo, verranno date anche delle tesi nelle Università, per capire, per comprendere, come fu possibile concepire simili bestialità.
     
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  14. Davide.4.
     
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    C’è un tale lavaggio del cervello da secoli e secoli, che noi stesse ci sentiamo colpevoli

    Le religioni monoteiste e il corpo della donna: la misoginia

    Grazia Poluzzi

    Non c’è giorno che il Papa Ratzinger e la CEI non facciano la predica ricordando il buon modello femminile da seguire ed imporre. L’utero non è mio, è un bene sociale e come tale devo trattarlo o saranno guai (per me). Ai guai ci siamo abituate.
    Con le altre religioni ed usanze consolidate, non va certo meglio, sto pensando all’escissione: al posto dell’utero, si dispone sul clitoride, che può essere fonte di problemi per il maschio: meglio eliminarlo e l’infibulazione è ancora peggio, un’aggravante della situazione locale.
    In India c’è da augurarsi di non rimanere vedove od essere ripudiate: sorgerebbe il rischio del rogo o vetriolo.

    E se invece parlassimo un attimo dell’organo maschile?

    E’ palesemente causa di un sacco di guai, quali la prostituzione, la si vede sulle strade a decorare le nostre città di giorno e di notte, donne spesso minorenni, rapite, schiavizzate, stuprate, vendute, nelle mani di malavitosi e c’è ancora di peggio: la pedofilia, sempre in aumento, maschile e femminile, collegata al mercato della pornografia.

    Sulle gravissime colpe maschili invece la Chiesa non ha mai detto niente e quelle sì, causano un sacco di problemi sociali sotto agli occhi di tutti e sulle pagine di cronaca nera.
    L’aborto, che nessuna vorrebbe, è comunque un fatto individuale, che non danneggia altri, se non la stessa interessata (che spesso paga anche per lui) e a volte muore persino, specie se praticato nell’illegalità.
    C’è un tale lavaggio del cervello da secoli e secoli, che noi stesse siamo le prime a sentirci colpevoli! E tutto ciò è un assurdo incredibile! O no?

    4 giugno 2007


    FONTE: http://www.womenews.net/spip3/spip.php?art...=maschi%20crisi
     
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  15. animus
     
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    Ho lasciato un messaggino al sito che hai segnalato, speriamo si faccaino vive.
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    Facile moderare i commenti e fare apparire solo quelli che fanno comodo a voi eh, perche' non venita a confrontarvi sul nostro forum (questionemaschile.forumfree.net), a dire le vostre stronzate a chi sa rispondevi per le rime e darvi quello che vi meritate senza nascondervi dietro la vostra censura e vediamo quanto siete brave a cantarvela e suonarverla. (se no ve la suoniamo noi, don't worry , dovete solo mostrare di non essere tanto vigliacche :-)) ).

    Bye bye

    Animus
     
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930 replies since 30/3/2007, 20:28   33417 views
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