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  1. adangwin
     
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    CITAZIONE (Davide.4. @ 1/4/2007, 15:34)
    Analizzando i progetti finanziati nel corso del 2002, infatti, l´Airc ha fatto una curiosa scoperta. Se la produzione scientifica è pari tra i due sessi in termini numerici, la qualità degli studi firmati dalle donne risulta leggermente più alta, malgrado la quantità di fondi ottenuti sia mediamente inferiore. Per la precisione, l´anno scorso alle ricercatrici sono andati fondi Airc per 49.5 milioni di euro, contro i 57 consegnati ai colleghi maschi. A dispetto di questo svantaggio, l´impact factor, (o "fattore di impatto", la misura di valutazione della qualità di una ricerca attraverso il numero di citazioni ricevute) delle ricerche femminili è stato di 7.6 contro 7.5.

    Ammazza! Differenza notevole! :blink: :-------:
     
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  2. Davide.4.
     
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    Uomo sul lavoro vinco io

    Più brave, qualificate e disposte al sacrificio. Ma in poche arrivano al top.
    E qualcuno accusa: le donne non comandano perché non vogliono


    di Sabina Minardi

    Gli uomini lavorano di più. E contribuiscono maggiormente alla ricchezza nazionale". L' ha detto "Enjeux Les Echos", mensile economico francese, che in un numero intitolato "L' économie, une affaire de sexes", basato sul rapporto Ocse "Perspective de l'emploi", ha pesato l'incidenza delle donne sull'economia: nell'egalitaria Francia, contano per il 44,9 per cento. In Svezia, paese modello per le politiche femminili, il contributo in rosa non va oltre il 48,2 per cento. Il lavoro delle italiane vale il 37 per cento.

    "L'economia è una questione di sesso", ha scritto il direttore Francois Lengiet: "Le differenze di genere determinano i comportamenti economici e sociali. Uomini e donne non consumano le stesse cose, non lavorano per le stesse ragioni, non hanno gli stessi ritmi".

    Falso, hanno replicato gli esperti dei Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo: in tutti i paesi le donne lavorano molto più degli uomini. Persino in Kenya una donna è attiva 676 minuti al giorno contro i 500 dei suoi compatrioti maschi. E anche nei paesi europei, dove la durata del lavoro è ben più bassa, lo scarto resta: 391 minuti al giorno di lavoro femminile, a fronte di 363 minuti di attività maschile. Se poi nel calcolo, aggiungono gli esperti delle Nazioni Unite, si includessero quelle attività domestiche senza retribuzione, e dunque non valutabili economicamente, le donne sarebbero responsabili della larghissima parte del Pil planetario.

    La questione "uomini e donne: chi lavora di più, chi lavora meglio" torna ad accendere dibattiti.
    E le provocazioni si moltiplicano: l'ultima, qualche giorno fa, l' ha lanciata Lawrence Summers, rettore della Harvard University ed ex ministro di Bill Clinton. Prendendo la parola al Centro nazionale per la ricerca economica di Cambridge, ha esordito dicendo che le donne non hanno le stesse abilità innate degli uomini in molte discipline. "Si guardi alla scarsa propensione per matematica e scienze, ha detto: "E' una questione di biologia. E volete sapere perché le donne non arrivano al top nel campo scientifico? Perché non sono disposte ad applicarsi fino a 80 ore alla settimana".

    "Me ne vado prima di vomitare", ha esclamato la biologa del Massachussetts Institute of Technology Nancy Hopkins. Alle docenti che hanno scritto ai giornali, lamentando di sentirsi particolarmente offese, il rettore ha replicato: Mi dispiace che se la siano presa. Ma è interessante, questo vespaio: la dice lunga sul modo che le donne hanno di affrontare il confronto".
    "Visioni vecchie, limitate. Superate da un esempio pratico: se metto un'inserzione su un giornale i curriculum migliori che arrivano sono quelli delle ragazze", commenta Paolo Citterio, presidente dell'Associazione nazionale dei direttori di risorse umane G.i.d.p./H.R.D.A.: "Un direttore del personale non può che preferire chi ha ottenuto i risultati più brillanti"

    Ma proprio questo è il paradosso sul quale poggia la presenza femminile nel mondo del lavoro: le donne sono più brave a scuola. Più serie all'università. Ma al timone dell'industria, della politica e dell'economia restano gli uomini. Davvero, come sostiene il rettore di Harvard, perché poco portate verso il lavoro duro?

    Le premesse dicono il contrario. Secondo la "Relazione sullo stato dell'università 2004" della Crui, la conferenza dei rettori italiani, il numero di ragazze iscritte ai corsi universitari supera quello dei maschi: sono il 55,7 per cento. Nel campo medico sono il doppio degli uomini (16.865 contro 8.649). In ambito giuridico superano i colleghi (1 8.052 i maschi nell'ultimo anno accademico, 22.913 le femmine).

    Ma in Italia le donne magistrato sono ancora il 38 per cento della categoria. Solo il 5 per cento, vale a dire 18 su 400, sono presidenti di tribunale o procuratori capo . In Italia c'è un solo giudice costituzionale, su 15 membri; due sole donne tra i 26 membri del Consiglio Superiore della Magistratura.

    Perché le donne, messe alla prova sul lavoro, non si dimostrano poi così capaci?
    "Ci sono due fattori che le discriminano", aggiunge Citterio: "La competizione con le altre colleghe, non per questioni di lavoro ma sul piano strettamente femminile. E, indubbiamente, ancora, la maternità. Specie in Italia dove le donne restano fuori dal lavoro fino a un anno dopo la nascita del bambino. Altrove non è così: in Svizzera, per esempio, il periodo di maternità dura da uno a tre mesi.

    "Le aziende talvolta confessano apertamente di avere preferenza ad assumere maschi", nota Mario Vavassori, presidente di OD&M Consulting (www.odmconsulting.com). "Ammettono di non riuscire a investire sulle donne e sul livello di incertezza legato alla loro maternità. Non dimentichiamo che la nostra struttura produttiva è fatta in larga parte di piccolissime imprese alle quali non si può chiedere molto di più. Probabilmente, la valorizzazione delle competenze femminili potrebbe avvenire in modo più vistoso in grandi aziende, con grossi business: come quelle tecnologiche, con una organizzazione del lavoro dove la presenza fisica continua, in azienda, non è necessaria ". Il risultato?

    "L'alea della gravidanza condiziona già il primo stipendio, dice Marisa Montegiove, vicepresidente di Manageritalia Milano e coordinatrice del Gruppo donne dirigenti. "A parità di primo impiego lo stipendio della donna è inferiore di circa il 12 per cento da quello degli uomini".

    E il trend non cambia nel tempo: secondo le ultime analisi sulle retribuzioni, elaborate da Od&M, un dirigente ha guadagnato nel 2004 in media 86 mila 283 euro. Una donna dirigente 79 mila 226 euro. E se un impiegato ha in busta paga circa 26 mila euro, una donna arriva al massimo a 21.500 euro (meno 3,3 per cento).

    "Io sfaterei decisamente la questione maternità ", dice Maria Cristina Bombelli, coordinatrice del Laboratorio Armonia della Sda Bocconi e autrice di 'La passione e la fatica' (Baldini & Castoldi Dalai): " Ormai le donne hanno imparato a organizzarsi. lo credo che la differenza principale tra uomini e donne sul lavoro sia di natura culturale: il potere è ancora maschile nell'essenza e non si cura di conciliare ritmi di vita con quelli di lavoro. Gli uomini tendono a stare in ufficio molto più del necessario: è una moda tutta italiana, legata ad incombenze familiari che il maschio non vuole assumersi. E che finisce per condizionare anche le donne che lavorano. In più, il potere è omofilo nell'essenza. E attira ciò che è uguale a se stesso. Un contesto di questo tipo produce nelle donne disagio. E si allontano, spesso, dal lavoro per scelta".

    Non comandano perché non vogliono?
    Secondo un'indagine della società di ricerca Catalyst, il 26 per cento delle donne all'apice degli incarichi manageriali non vuole ulteriori promozioni: per una donna "successo" vuoi dire anche benessere psicologico, tempo per sé, equilibrio tra vita privata e pubblico. Uomini e donne, insomma, sono diversi. e non è detto che al vertice delle priorità femminili ci sia l'affermazione a tutti i costi sul lavoro. "Le donne si chiedono se valga davvero la pena ridurre la sfera privata al minimo, specie in un clima di aggressività totale. Ecco perché in politica la partecipazione è così bassa", aggiunge Bombelli.

    Negli Stati Uniti, tra i 435 membri della Camera dei rappresentanti le donne sono 62, tra i cento membri dei senato 14. In Italia, ci sono solo due ministri donna. Tra i 20 presidenti di Regione c'è solo una donna, tra i 103 sindaci dei comuni capoluogo otto. E l'elenco non cambia in altri settori: 197 donne su 5.241 al top dei sistema bancario. Secondo il Censis del 2003 le donne dirigenti sono una su quattro in tutti i settori, compreso il pubblico impiego; una su tre tra i quadri.

    Tra le donne coinvolte nella docenza universitaria, le cifre restano scarse: 17.760 su 57.370 (il 31 per cento) nel 2003, il 31 per cento degli associati, il 16 per cento degli ordinari. In valori assoluto, 84 ordinari su cento sono maschi. Fino a uno sconsolante primato: un solo rettore donna.

    "Non piangiamoci addosso. E' vero. E' una questione di scelte e di priorità ", dice Alessandra Burke, consigliere d'amministrazione di Burke & Novi, società genovese di intermediazione nel settore nautico. " Svolgo un lavoro maschile, dove essere donna provoca qualche curiosità. Mi sono districata in un contesto difficile: sola, con figli piccoli ho dato al lavoro una disponibilità totale. Un atteggiamento diverso non sarebbe stato serio verso i colleghi maschi. Molte donne non sono disposte ad essere così generose verso il lavoro".

    Gli uomini si dedicano totalmente al lavoro, è vero. Ma non si tratta di stabilire chi lavora di più o meglio. E' tempo di fare autocritica da entrambe le parti ", sottolinea Giovanna Porcaro Sabatini, vice-presidente dell'Unionquadri e segretaria nazionale delle Donne quadro: è una questione di obiettivi. Vedo emergere una classe di donne che sa chiaramente ciò che vuole. Che sta cominciando ad associarsi. E che sa fare autocritica rispetto agli errori ".

    Primo fra tutti: il non saper chiedere. A sostenerlo, in 'Le donne non chiedono' (Il Sole 24 Ore), Linda Babcock della Carnegie Mellon University e la giornalista Sara Laschever, in un libro che ogni lavoratrice dovrebbe mandare giù a memoria: le donne si aspettano che i loro meriti siano riconosciuti. Sono convinte che, presto o tardi, saranno valutate equamente. Per questo non rivendicano. E il più delle volte restano tagliate fuori. " Le donne non chiedono, convinte che il principio della meritocrazia prima o poi prevarrà, conferma Mombelli, che ha curato l'introduzione dei volume: l'impresa, invece, tende a premiare chi insiste per vedere riconosciuti i suoi meriti. A differenza degli uomini, le donne non sanno valorizzare quello che fanno. Tendono a sottolineare le incompetenze, mentre un uomo, di slancio, si dichiara pronto ad affrontare un incarico. E poi le donne hanno difficoltà a darsi una valutazione economica, il che le rende restie alla negoziazione. Il risultato di un'autostima spesso più scarsa di quella degli uomini. E della dimensione gratuita che il lavoro femminile ha sempre avuto".

    "Sulle donne incide un sentimento di inferiorità. Sanno di avere maggiori vincoli dell'uomo: l'esigenza di uscire prima, di dedicare tempo ai figli e ai genitori ", aggiunge Montegiove: " Senso di colpa ingiustificato. Quando una donna sa quello che vuole è più determinata degli uomini e lo raggiunge a qualunque costo. Ma la sua sensibilità la espone molto: e se l'ambiente di lavoro non è piacevole, ne soffre più dell'uomo. A sua volta più bravo a ritrovarsi in contesti extra professionali, dove intreccia contatti utili per il lavoro.

    Gli uomini fanno clan: costruiscono net- work a sostegno delle carriere. E, insieme, coltivano stereotipi: come quelli sull'inadeguatezza di una donna ai vertici, emersi da una recente ricerca della Fondazione Marisa Bellisario: su 300 uomini ai posti di comando in politica, industria e comunicazione, alla domanda: Come vedono le donne di potere? in 43 hanno risposto che "non sono adatte ai ruoli di comando". Per gli altri, "non occupano quei posti perché non hanno uno sponsor politico" e "perché non ne hanno le capacità".

    L'articolo è stato pubblicato su L'Espresso

    Anno: 2005

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    Le donne sono più brave ma guadagno meno

    Sono davvero poche le ragazze iscritte ai corsi di laurea di Meccatronica, ingegneria Meccanica o Elettronica, mentre è quasi tutta al femminile la facoltà di Scienze della Formazione: solo donne sono le educatrici di asilo nido, rosa al 90% il corso di Formazione Primaria, all'88% quello di Scienze dell'Educazione. Le ragazzesi laureano prima e con esiti migliori rispetto ai maschi: a laurearsi prima dei 20 anni è infatti l'84% delle femmine e il 71,4% dei maschi con votazioni suoeriori ai 27/30 il 28,9% delle femmine e il 14% dei maschi.

    Sono alcuni dati emersi ieri nel corso della tavola rotonda dal titolo "Gender Education. Differenza di genere e Didattica della scienza e della tecnica" promossa dall'Assessorato provinciale alle Pari Opportunità e dalle Consigliere di Parità di Reggio Emilia.
    All'iniziativa, svoltasi nell'Aula magna dell'università di Modena e Reggioalla presenza di un centinaio di studenti delle superiori e insegnantihanno preso parte l'Assessoraalle Pari Opportunità Loredana Dolci, le Consigliere di Parità Natalia Maramotti e Donatella Ferrari, la Preside della Facoltà di Scienze della ComunicazionePaola Vezzani, della Facoltà di Agraria Rosanna Scipioni, di Ingegneria Bianca Rimini e di Scienze della Formazione Roberta Cardarello (Università di Modena e Reggio) e Maria Paola Romano del Progetto Futuro al femminile di Microsoft.

    L'Assessora Dolci, dopo aver ricordato che anche nella nostra realtà l'occupazione femminile non versa in ottime condizioni (con un tasso di disoccupazione al 5,4%), ha sottolineato con forza che "le donne a parità di mansioni guadagnano meno degli uomini. Il gap salariale è presente a tutti i livelli anche per le laureate, nonostante conseguano migliori profitti rispetto ai colleghi maschi. Tra i neolaureati che percepiscono uno stipendio inferiore a 850 euro il 39,6% è donna e il 18,5% maschio, mentre tra chi prende più di 1050 euro il 28,4% è maschio e il 16,3% è femmina. Occorre metter fine a questa disparità salariale che oltre a costituire una vera e propria discriminazione, svaluta e sminuisce il lavoro delle donne, che troppo spesso però, anche quando intraprendono studi scientifici si fermano all'insegnamento".

    "Con iniziative come queste - hanno poi spiegato le Consigliere di parità - vogliamo contribuire ad incentivare le ragazze ad immaginarsi anche in altri ruoli che non siano solo quelli dell'insegnante, perchè è tempo di utilizzare in modo adeguato il capitale umano femminile che non è migliore di quello maschile, ma è diverso e la differenza costituisce un valore".

    21\03\2007


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    Edited by Davide.4. - 6/11/2007, 22:52
     
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  3. Davide.4.
     
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    Nasce l'associazione italiana uomini casalinghi

    da admin

    Oddio! Il mondo sta davvero cambiando!!! Pari opportunità, sviluppo sostenibile e ecologia dell'abitare, queste le tematiche principali trattate anche nel sito dell'organizzazione. Proposte, difese o... il solito tormentone maschile... È stata Pietrasanta, nota città d'arte Toscana, a tenere a battesimo l'Associazione Italiana Uomini Casalinghi. L'obiettivo dell'associazione, che sarà rigorosamente non profit, è quello di promuovere un uomo nuovo in grado di riscoprire il piacere dell'ecologia domestica e coltivare i sentimenti e le relazioni sociali. Un maschio ludico e conviviale, tanto per intenderci, capace di abbattere le barriere di genere e di dialogare con le donne in un'ottica di ascolto reciproco. "La cucina, la pulizia della casa, la capacità di prendersi cura di tutti quei dettagli che sembrano insignificanti ma che fanno dell'abitare un'arte - osserva Fiorenzo Bresciani, fondatore e presidente dell'associazione - mi hanno appassionato sempre più e mi hanno fatto riflettere su quanto i pregiudizi 'di genere' e una cultura rigidamente legata agli stereotipi del maschio macho e virile, avessero penalizzato noi uomini, privandoci della capacità di prenderci cura delle persone che vivono con noi e della possibilità di godere delle gioie della casa." L'appassionata riscoperta delle attività domestiche e la condivisione della stessa ....

    ...esperienza da parte di un numero sempre maggiore di uomini hanno portato naturalmente prima alla nascita del Movimento Uomini Casalinghi, che risale al 1985, ed ora alla creazione dell'associazione nazionale, che vuol essere - dichiara Bresciani - "uno strumento di crescita culturale ed esistenziale per tutti i maschi che desiderano partecipare all'evoluzione da noi proposta."

    Gli uomini casalinghi sono convinti che gli effetti dannosi del modello del maschio guerriero potrebbero essere modificati più velocemente grazie a una presenza massiccia delle donne nelle 'stanze dei bottoni'. "La pace, le pari opportunità tra i sessi, il rispetto della terra e della natura sono valori forti, che vanno al di là degli schieramenti politici. Non c'è sviluppo possibile che non sia 'sviluppo sostenibile'.

    A questo proposito, il primo passo dell'associazione riguarderà proprio l'ecologia casalinga: una serie di incontri e di stage per avere una casa pulita e sicura senza inquinare l'ambiente e, soprattutto, senza insidiare la salute dei propri familiari.

    "Anche questa volta ci appelleremo al Movimento Italiano Casalinghe e a tutte le associazioni interessate all'argomento per fare un lavoro d'equipe e mettere i risultati a disposizione di tutti. - continua Bresciani - Stiamo pensando anche alla realizzazione di un evento teatrale ispirato ai casalinghi, ma su questo non posso dire di più."

    E se alla fine a casa fossero loro ad essere migliori di noi donne?... Qualcuna di voi potrebbe anche sospirare: magari...

    Bridget Jones

    Per ulteriori informazioni visita il sito www.uominicasalinghi.it


    07\09\2005





    Se lui è in crisi

    Uomini spenti, con poco interesse nella relazione, che hanno problemi con la compagna, che hanno perso la carica sessuale. Cosa fare? Risponde la psicoterapeuta Amelia Barbui.

    A cura di Alice Politi

    Abbiamo chiesto alla psicanalista Amelia Barbui di indicarci cosa può fare una donna quando il compagno manifesta i primi segnali di crisi o difficoltà.

    È normale che le coppie, o anche uno solo dei due, attraversi un momento di crisi. Il primo consiglio è non fasciarsi subito la testa e, invece, darsi tempo.

    Evitiamo di sentirci al centro del mondo e dunque responsabili del suo malessere. Insomma, non colpevolizziamomoci a priori: la crisi potrebbe dipendere da fattori che non c'entrano nulla con noi.

    Aspettiamo che sia lui a chiederci aiuto: è meglio che lui e solo lui decida quando renderci partecipi del suo disagio. Gli uomini, infatti, lamentano spesso di essere troppo "scrutati" dalle compagne.

    Affrontando il problema, evitiamo di voler analizzare a tutti i costi quello che in lui non va o discutere per forza tutto insieme.

    Cerchiamo di vivere il dialogo con piena serenità, trasmettendogli chiara l'idea che abbiamo fiducia in lui.






    Metrosexuals: Il macho non c'è più

    Un po' narcisi, un po' eroi. Un po' primedonne, un po' aspiranti principi azzurri. O, con un neologismo, "metrosexual". Sono i nuovi uomini, che ci tengono a essere belli, profumati, eleganti, sexy. Una "razza" in via di espansione, soprattutto nelle grandi città. E non si trata solo di divi, campioni, modelli: sono i nostri mariti, figli, fidanzati, amici. Che si guardano, ormai, nel nostro stesso specchio.

    Son tempi duri per i "duri". I macho rudi (o rozzi?) e squadrati alla Schwarzenegger e alla Sylvester Stallone sono un articolo sul viale del tramonto. Il mondo sta cambiando: patriarchi, padri-padroni e guerrieri nerboruti stanno uscendo di scena. Secondo un sondaggio condotto dal settimanale francese, “L’Express”, "virile" è l'aggettivo che meno si addice agli uomini contemporanei secondo le loro connazionali. Per le donne sotto i 35 anni gli uomini sono soprattutto divertenti (33%), gentili (30%) e fragili (20%).

    Nelle rubriche di riviste maschili (da “Men’s Health” a “GQ”, da “Arena” a “Esquire”) ora più che di pesca alla mosca o partite di rugby si parla di liposuzione del grasso addominale e di tagli di capelli alla moda. Dai consigli per acquistare una Land Rover si è passati a quelli per improvvisare una cenetta a lume di candela. Nella posta dei lettori si legge oggi di confessioni, defaillance sessuali, problemi di coppia. Se non fosse per i nomi e i pronomi maschili si potrebbe pensare di aver sbagliato rivista, di essere finiti a sfogliare le pagine di un femminile.
    Dal 1997 a oggi, secondo la American Society for Aesthetic Plastic Surgery, il numero di uomini che negli Stati Uniti si sono sottoposti a un intervento di liposuzione è quadruplicato, mentre è triplicato il numero di coloro che hanno deciso di ricorrere a un lifting facciale. La chirurgia estetica, un tempo dominio della vanità femminile o di belle appassite, oggi stuzzica anche il sesso forte, tradizionalmente inossidabile a certe futili lusinghe. Un professore dell'università di Berkeley che si è sottoposto a chirurgia plastica la mette in questi termini: "Se queste pratiche sono disponibili, mi possono rendere più attraente e ho i soldi per permettermele, perché non dovrei sfruttarle? In fondo non è una cosa più stupida da farsi rispetto a quella di comprarsi una Jaguar".
    Eccoli i nuovi maschi “ri-generati”, quelli che nella loro nuova pelle si trovano benissimo, anche (o soprattutto?) quando questa ha appena subito un lifting o è stata trattata con creme nutrienti: più sensibili, più complessi, auto-critici e, per certi aspetti, fors'anche più effeminati. Per identificarli lo scrittore americano Mark Simpson ha coniato un nuovo termine, definendoli “metrosexuals” (da metropolitan sexuals), perché – va da sé – il fenomeno, da Hollywood ai fashion media, è molto più evidente nelle grandi città che in provincia. Un fenomeno che il sociologo Francesco Morace definisce “un cortocircuito sempre più evidente tra identità maschile e identità femminile”. Il quale a sua volta porta all’esplosione di un mondo fondato sull’ambiguità sessuale e su uno stile “intersex che non è né unisex né omosex, bensì un graduale processo di contaminazione sessuale”. Secondo Simpson, “il metrosexual può essere ufficialmente gay, etero o bisessuale, ma questo non è rilevante, perché la verità è che egli ha preso se stesso come oggetto d’amore e il piacere di se stesso come sua preferenza sessuale”.
    I primi a cavalcare questo trend in ascesa sono stati i pubblicitari e gli “uomini” (!?) di marketing, che per soddisfare le esigenze iper-sofisticate dei nuovi maschi femminilizzati (definiti anche “mirror men”, per il tempo che amano trascorrere davanti allo specchio) hanno messo in piedi una macchina in grado di sfornare uova d’oro. Ormai tutte le più importanti case cosmetiche – da Shiseido a Clinique – prevedono una linea maschile di creme rigeneranti, trattamenti esfolianti, antirughe per il contorno occhi (Biotherm promuove persino una crema rassodante per gli addominali, Abdosculpt, “che va a ruba, per quanta ne ordiniamo rimaniamo sempre senza”, conferma una profumiera della Riviera ligure, che nei weekend serve la sua apprezzabilissima clientela milanese maschile) – i saloni di bellezza dedicano sempre maggiori spazi e cure a quella “metà del cielo” che finora aveva apertamente snobbato certe pratiche, fitness club e centri termali fanno a gara per attirare questi nuovi consumatori che non badano a spese. Tutti dati confermati da un sondaggio condotto dalla Euro RSCG, società di consulenza nel marketing con 233 uffici nel mondo, che ha raccolto in una saletta privata del “Manhattan restaurant”, in Madison Park Avenue, un target group iperselezionato di metrosexual dichiaratamente eterosessuali, amanti dei jeans Diesel, dell’interior design, dello yoga delle nuove Mini Coopers BMW, e che non si sognerebbero mai di ordinare un vodka tonic senza specificare la marca della vodka (Grey Goose o Ketel One).
    “L'atteggiamento degli uomini verso la cura del corpo è
    drasticamente cambiato: è sparita l'ansia di poter apparire a se stessi e agli altri come ‘effeminati’; l'uomo è sempre più narciso, specialmente se parliamo di giovani e giovanissimi: fino ai 25 anni sono veramente orientati alla ricerca della bellezza”, conferma anche Rossella Gasparini, responsabile cliente del gruppo L’Oréal per Publicis, una delle più importanti agenzie pubblicitarie italiane, “Nella fascia di età più alta, fino ai 45 anni, direi che c’è un approccio più orientato al benessere; in questo caso stiamo parlando di uomini
    metropolitani, di buona cultura e di buon livello socio-economico.
    In sintesi, gli uomini stanno diventanto sempre più esigenti verso se
    stessi, e i prodotti per la cura maschile fanno parte di un nuovo mondo tutto da scoprire”. Per questo la campagna di lancio della linea Lancome Homme (che fa parte del gruppo L’Oréal) propone un
    mondo sofisticato che, come spiega Gasparini, “suggerisce relax e piacere; l'ambientazione ricorda l'atmosfera delle moderne spa: un approccio che fa volutamente leva sul benessere prima che sulla bellezza (è questa la differenza sostanziale tra la pubblicità cosmetica rivolta alle donne e quella rivolta agli uomini)”.
    Ma come interpretano gli uomini (e le loro compagne) questo nuovo gioco dei ruoli e delle parti? E quanto l’uomo perde o guadagna dalla nuova identità maschile così ri-creata?
    “Non credo di sentirmi meno virile per il fatto di curare con estrema cura la mia persona”, dichiara Gustavo Capella, responsabile relazioni esterne di una grande azienda milanese, che non ha alcun problema nel confessare di depilarsi petto, braccia e gambe da aprile a settembre (“per un senso estetico: il pelo non mi piace”), di utilizzare lo stesso parrucchiere della moglie, di farsi preparare fragranze personalizzate da un profumiere di Rimini (“per esempio uso un estratto di vaniglia di St. Barth a cui abbino qualcosa di leggermente più speziato, come l’Halston 14”) e di andare ogni tanto dalla visagista. “Viviamo in una società che premia molto l’immagine, anche se le persone intelligenti sanno andare oltre le apparenze. Credo che però rimanere attaccati a un modello di uomo rude, ruspante e magari anche un po’ puzzolente sia superato.
    Oggi anche noi uomini abbiamo questa consapevolezza. Dove sta il limite per non cadere nel maniacale? Difficile da definire: è superato il punto oltre il quale uno poi diventa schiavo di tutto ciò e subentra l’insicurezza”.
    “Non so se questo trend influisca sul ruolo del maschio in maniera significativa”, commenta Gian Maria Madella, direttore dell’edizione italiana di “Men’s Health”, “Sicuramente, soprattutto nei soggetti più giovani, potrebbe positivamente influire sull'igiene personale che, soprattutto fra i ‘metropolitani’ d'America, lascia molto a desiderare. L'uomo ha imparato la cura di sé. E lo ha imparato ovviamente dalla donna, oltre che dai modelli commerciali, pubblicitari, cinematografici e televisivi. Probabilmente sino agli anni Sessanta non si poneva il problema di essere ANCHE BELLO. Gli bastavano la maggiore cultura, il potere, il ruolo sociale, il denaro. Era tutto ciò che serviva per incantare una pupa!
    Basta guardare i film hollywoodiani degli anni '50 e '60 per capire che allora una donna non sognava altro che un uomo potente, colto e soprattutto ricco a cui dare figli.
    Man mano che voi donne siete cresciute in tutte queste scale, al povero uomo sono venute meno una dopo l'altra le leve del potere. Oggi mediamente tutti quegli stereotipi maschili fanno meno presa e la pancia, la calvizie, il doppio mento e una riga nera sul collo non vengono più annebbiati dal mito del matrimonio. Per questo gli uomini competono tra loro, oggi, anche e forse soprattutto da un punto di vista estetico”.
    “Non credo che questi uomini più effeminati abbiano perduto la loro virilità; cercano comunque di costruirsi un corpo adatto alla lotta, al combattimento. Ma siccome in questo momento non ce la fanno a competere sul piano emotivo lo fanno su quello estetico”, concorda anche Marina Bellini, già nota per il suo libro “Maschi virtuali” (Apogeo) e ora autrice di “Maramouse”, un libro sui giochi di ruolo (secondo la metafora del gatto e del topo) tra uomini e donne online e offline. “Effettivamente quello in cui si stanno guardando oggi gli uomini è lo specchio della donna, che è diventata più aggressiva, più capace di affermarsi e realizzarsi, perdendo nella corsa la sua dolcezza e imitando spesso i lati peggiori dell’uomo, il quale a sua volta, trovandosi spiazzato dopo aver perso il suo ruolo di dominatore, cerca di ricostruirsi una sua identità pensando di più a se stesso. Anima e mente sono sovrastati da queste nuove donne amazzoni. Il cuore è rinsecchito, perché guai a essere romantici, a esprimere voglia di tenerezza… E’ un po’ come quando noi donne siamo depresse e, per tirarci su, andiamo a fare shopping o a farci una doccia solare”.
    “Avere cura di sé va benissimo, perché corrisponde a un’espansione e a un’apertura. Che l’uomo si cosparga di creme nutrienti mi può far sorridere ma non mi dispiace affatto; l’allargamento dei vecchi stereotipi maschili è sacrosanto”, sostiene il filosofo pop Franco Bolelli, che ha appena terminato un libro proprio su queste tematiche, “Con il cuore, con le palle: istruzioni per la creazione di nuovi modelli maschili”, “L’importante però è saper prendere dal femminile tutto ciò senza per questo buttar via l’essenza di sé, del proprio essere uomini. Invece ho l’impressione che si sia buttato via il bambino con l’acqua sporca. Così oggi ci troviamo di fronte a un modello di uomo buono, piacevole, educato, sensibile, profumato ma senza palle. Credo che dovremmo recuperare soprattutto il senso dell’impresa, cioè un senso di forza legato a filo doppio col senso del coraggio e della conquista. Degli anni ’60 e ’70 non sopportavo la netta separazione tra chi si occupava di cose fisiche e chi era impegnato sul piano mentale. Anche andare in palestra fa parte del nostro arricchimento ma non quando questa diventa il luogo deputato per esercitare la forza che non eserciti nella tua vita. Allora diventa solo un fatto consolatorio”.
    Arianna Dagnino


    16\12\2003





    L'uomo in spiaggia ha paura di rimorchiare

    L'uomo in spiaggia ha paura di rimorchiare Un crollo dell'immagine del mito del macho in vacanza. Le donne, invece , sono così disinibite da spaventare il partner

    ROMA - Imbarazzo, vergogna e addirittura paura al solo pensiero di una trasgressione estiva. E' così che reagiscono sei maschi italiani su dieci nei confronti del sesso, secondo quanto emerge da una indagine realizzata dalla rivista Riza Psicosomatica, di cui è stata data un'anticipazione, condotta su oltre 1000 italiani, maschi e femmine, di età compresa tra i 25 e i 55 anni. Secondo l'indagine, invece, le donne si scoprono tanto disinibite da spaventare il partner. La ricerca traccia anche un ritratto delle fantasie sessuali che fanno arrossire gli italiani. E se l'uomo sempre pronto all'abbordaggio sembra essere arrivato al capolinea, la donna di non esclude di arrivare a pagare addirittura un professionista per soddisfare il propri desideri estivi. Infatti quasi la metà (48%) degli intervistati pensa che in vacanza farà sesso solo col partner mentre addirittura il 9% va in spiaggia già rassegnato all'idea di una castità forzata. E mentre uno su quattro (24%) parte con l'idea di fare una strage di cuori pur sapendo che alla fine resterà in bianco, il 13% si accontenterebbe anche solo di un paio di avventure.
    SPECCHIO DELLE INSICUREZZE - La spiaggia dunque non è più un luogo dove «rimorchiare», ma diventa il regno delle insicurezze. Infatti per 1 italiano su 3 (29%) basta immaginare un bikini un po' troppo corto o uno sguardo ammiccante per sprofondare nell'imbarazzo più completo. E se uno su quattro (25%) vive le fantasie sessuali da spiaggia con grande vergogna, il 5% degli intervistati si dice terrorizzato al solo pensiero di qualcosa di diverso dalle posizioni più consuete. Rispetto alle fantasie che intimoriscono i maschi italiani in vacanza, l'indagine individua qualcosa di «diverso» rispetto alla solita routine per un intervistato su tre (32%), non «durare» abbastanza a lungo per uno su quattro (23%) e non riuscire a soddisfare completamente la propria metà per il 19%. Non mancano poi timori legati al paragone con i compagni precedenti della partner (14%) e alle «dimensioni» (8%) che rendono l'estate ancora più difficile. E mentre gli uomini sono terrorizzati dalla «figuraccia» estiva, le donne non hanno proprio di questi problemi. Infatti, la più grande paura in tema di sesso per lei è apparire troppo disinibita tanto da spaventare il partner (29%), non essere perfettamente curata (26%), essere rifiutata (17%) e non provare lo stesso piacere che prova lui (12%).
    FANTASIE - E se, realizzare le fantasie erotiche per lui è una vera utopia soprattutto in spiaggia, per lei tutto è più semplice. 6 donne su 10 infatti (57%) affermano che metterebbero o addirittura hanno già messo in pratica i desideri sessuali. Non solo: 1 su 2 (48%) sarebbe disposta anche a pagare un professionista per trasformare i sogni in realtà.


    03\08\2006





    Addio tabù del macho: sempre più italiani in coda dal
    sessuologo


    Nino Materi

    «Conosci un bravo andrologo? No, non è per me. Sai, ho un
    amico che ha qualche problemino...».
    Fino a ieri il «problemino» non lo attribuivamo mai a noi
    stessi, ma sempre a un vicino di casa, a un collega di lavoro,
    a un parente: tutti uomini di età variabile ai quali
    offrivamo «altruisticamente» il nostro aiuto.
    Da oggi, finalmente, il tabù del macho che si vergogna delle
    proprie defaillances sotto le coperte è roba solo per un
    personaggio di Brancati. Insomma, «Paolo il caldo» non abita
    più né in Sicilia né nel resto d'Italia. Tanto che «due italiani
    su tre» sono vittime di difficoltà in ambito sessuale.
    Per fortuna non tutti i problemi sono «reali», considerato che
    nel 50% dei casi si tratta di paure «infondate» (come quella
    legata alla dimensione del pene); non così, invece, nel caso di
    altre tipologie che rappresentano vere patologie come
    eiaculazione precoce, deficit erettile, mancanza di libido e
    infertilità.
    «Sono sempre più numerosi i pazienti che si rivolgono a noi
    perché ossessionati dalla dimensione del pene - afferma il
    professor Andrea Ledda, andrologo e direttore scientifico del
    Congresso nazionale “Progressi in andrologia”, che si sta
    svolgendo a Villa San Giovanni -. Sono giovani, tra i 20 e i 40
    anni, di cultura media, molti studenti, con alle spalle una sfilza
    di storie finite con giovani donne. Tutti alla ricerca della
    risoluzione del grande problema che li assilla: la lunghezza
    inadeguata, secondo loro, del proprio pene; ma nell'80% dei
    casi le dimensioni rientrano nella norma. Numerosi soffrono di
    eiaculazione precoce, hanno problemi di erezione e
    erroneamente imputano questi disturbi proprio alla
    dimensione del loro organo sessuale e pensano di non saper
    fare sesso».

    questi prodotti infatti non agiscono sul desiderio ma
    sull'erezione. Inoltre il «popolo delle pasticche», nell'80% dei
    casi, non comunica alle mogli o alle compagne la natura
    chimica del sesso che offre. Un bluff che scatena crisi
    depressive e ansia da prestazione: entrambe nemiche giurate
    del sesso.

    Da Il Giornale


    17\09\2006





    I maschi italiani spesso soffrono di dismorfofobia peniena?

    Molti maschi italiani soffrirebbero di dismorfofobia peniena,
    ossia pur avendo dimensioni genitali appropriate non si
    riterrebbero adeguatamente dotati.


    Nel 2002 la Società Italiana di Andrologia, nel corso della II°
    edizione della Settimana di Prevenzione Andrologica, aveva
    condotto uno Studio Antropometrico a campione tra i 5.559
    uomini che avevano partecipato all'edizione, selezionando in
    modo casuale 2.392 di questi. In essi si sono esplorate
    possibili correlazioni tra le diverse misure raccolte durante la
    visita: pene in flaccidità (circonferenza, lunghezza sia a riposo
    che in trazione), volume testicolare, ed altri parametri di
    androgenizzazione: altezza, circonferenza del collo, lunghezza
    del braccio, lunghezza del dito medio, lunghezza del piede
    (indirettamente, tramite il numero di scarpa).
    La valutazione delle dimensioni dei genitali rilevate è stata
    posta in relazione con la considerazione soggettiva di
    appropriatezza o meno delle dimensioni stesse.
    Nella popolazione studiata la lunghezza media del pene in
    flaccidità, valutata in trazione (e pertanto paragonabile alla
    lunghezza in erezione), è risultata di 13.5 cm nella fascia
    d'età 20-49 anni, e la circonferenza media del pene in
    flaccidità di 9.3 cm nella fascia d'età 20-29 anni. In quel
    campione 414 maschi potevano essere definiti dismorfofobici,
    ovvero soggetti che, pur avendo dimensioni oggettivamente
    appropriate, non si ritenevano soggettivamente soddisfatti
    delle stesse.
    Questi soggetti sono risultati prevalentemente celibi e di
    scolarità inferiore, più frequentemente nella fascia d'età 50-
    69 anni. In essi risultavano più frequenti disfunzioni
    dell'orgasmo ed eiaculazione precoce, ma non difficoltà di
    erezione in senso stretto.
    Riferivano, inoltre, più frequentemente ansia o paura
    associata alla loro prima esperienza sessuale.
    Questi dati indicano che nei soggetti dismorfofobici esiste
    un'elevata prevalenza di note di ansia che si riflettono anche
    in una scarsa qualità del rapporto sessuale, a fronte peraltro
    di una normale funzione erettile.
    Al dismorfismo penieno (malformazioni dell'organo quali il
    pene torto congenito e la sindrome di La Peyronie) e alla
    dismetria (effettivo discostarsi delle misure dal range di
    normalità) si aggiunge anche il disturbo da dismorfismo
    penieno che è riconducibile in qualche misura al dismorfismo
    corporeo (BDD).
    Tale sindrome, descritta per la prima volta con il nome
    di "dismorfofobia" da Enrico Morselli nel 1891 è caratterizzata
    da un'intensa preoccupazione di avere un grave difetto
    estetico, di entità tale da compromettere il funzionamento
    lavorativo e sociale dell'individuo. L'attuale classificazione
    delle malattie inserisce il BDD tra i disturbi "somatoformi", ma
    sempre maggiori evidenze suggeriscono una sua
    appartenenza allo spettro ossessivo compulsivo.
    I pazienti affetti da BDD si rivolgono, nella speranza di
    correggere il proprio difetto fisico, a specialisti di chirurgia,
    spesso estetica, che, nella gran parte dei casi, accolgono le
    loro richieste. Ma, per la natura del disturbo, l'intervento
    chirurgico non è in grado di risolvere la patologia, arrivando
    addirittura in alcuni casi ad aggravarla e a scatenare reazioni
    aggressive.
    Sarebbe indispensabile, quindi, che i maschi non contenti
    delle proprie dimensioni fossero valutati per la presenza di
    eventuali sintomi che possano denunciare un problema
    di "immagine corporea" nei pazienti che chiedendo interventi
    invasivi, tenendo conto di come questi ultimi possano rendere
    irrealistiche le loro aspettative.

    Fonte: Società iataliana di andrologia, Ufficio stampa - Adn
    Kronos



    Commento di Luca Puccetti

    L'indagine appare viziata da un clamoroso bias di
    arruolamento. E' evidente che chi partecipa alle settimane
    andrologiche, sulla cui opportunità abbiamo già espresso tutte
    le nostre perplessità, è intuitivamente più prono a nutrire
    dubbi e paure di inadeguatezza rispetto alla popolazione
    generale. E' comunque condivisibile la preoccupazione di
    mettere in guardia questi soggetti dall'intraprendere percorsi
    chirurgici o di altro tipo volti alla correzione della presunta
    manchevolezza e l'invito a valutare i sintomi che possano
    suggerire un disturbo dismorfofobico da affrontare con
    percorsi di counseling o psicoterapeutici più che con il bisturi.


    10\02\2007





    Maschio addio

    Periodo di crisi per il macho italico. Stando ai dati di un’indagine condotta dalla sezione locale dell’Esda, l’European Sexual Dysfunction Alliance, gli uomini italiani incorrerebbero sempre più in defaillance sessuali. Dallo studio, che ha monitorato un campione di 13 mila persone in 36 città, è emerso un deciso aumento dei giovanissimi, anche under 18, che soffrono di problemi di natura sessuale.

    Per i ragazzi, nel 90% dei casi si tratta comunque di disagi temporanei collegati all’ansia da prestazione. Problemi di autostima, quindi, e non legati ad una vera e propria disfunzione erettile. Nella fattispecie, rivolgendosi all’urologo la maggior parte dei giovani risolve il problema in tempi brevissimi. Diverso è il discorso per quanto riguarda i soggetti adulti. Nel 75% dei casi presi in esame si sono infatti riscontrate disfunzioni dipendenti da diabete, ipertensione, sofferenze cardiovascolari o precedenti interventi alla prostata. L’indagine dell’Esda sottolinea inoltre come l’uomo italiano creda ancora all’equazione virilità-onore, un pregiudizio radicato sopratutto nel sud del paese. L’80% degli intervistati è ancora vittima di luoghi comuni e inibizioni culturali che gli impediscono di prendere coscienza delle proprie disfunzioni o di individuare il referente giusto per risolvere i problemi legati alla sfera sessuale. Pur con differenze sostanziali tra il nord e il sud del paese, in media solo il 10% degli uomini si rivolge ad uno specialista e ben il 60% di questi è spinto a farlo dalla propria compagna.

    www.jugo.it


    29\05\2005





    Addio uomo potente

    Le donne sognano un uomo oggetto. Da prendere, spogliare e spupazzare. Un macho usa e getta. Addio alla voglia di uomini potenti, importanti e intellettuali che hanno scatenato la passione del gentil sesso nella passata stagione. Troppo tormentati, troppo impegnati. Sapete chi è il maschio che fa impazzire l'immaginario collettivo femminile? Il bel fisicato Raoul Bova.

    Questo emerge dalla classifica degli uomini-oggetto pubblicata dal settimanale "Anna" che ha interpellato 800 lettrici di età compresa fra i 18 e i 54 anni. Il risultato è che l'uomo che vorrebbero spogliare non è Marco Tronchetti Provera o Luca Cordero di Montezemolo, ma Bova, che ha ottenuto il 75% delle preferenze davanti a Clooney (65%) e Pitt (58%). Sempre secondo questa inchiesta il macho italiano, dopo un anno di profonda crisi, è tornato a popolare le fantasie erotiche delle donne.

    Tra i bellocci c'è anche Alessandro Gassman che conquista il 55% dei voti, davanti al latino Ricky Martin (54%). Sesto posto per Gabriel Garko che ha umiliato addirittura Tom Cruise (51%) ed Enrique Iglesias (44%). L'unico calciatore nella top ten è l'attaccante dell'Inter e della Nazionale Christian Vieri. Chiude la classifica dei primi dieci l'attore Stefano Accorsi con il 35%.

    Ma i veri sconfitti di questa sondaggio sono come abbiamo già detto- gli uomini che hanno in mano le leve di comando. L'unico esponente del governo italiano è Pier Ferdinando Casini con l'8% superato da Francesco Rutelli, leader della Margherita con il 12%. In coda Luca Cordero di Montezomolo può solo consolarsi con il sorpasso in classifica ai danni di Marco Tronchetti Provera. Poveri potenti... ma poi secondo voi si rattristeranno?


    12\03\2003

    In questo articolo provate a sostituire la parola "uomo" o "maschio" con "Donna" o
    "Femmina" non suona sessista?





    Caro maschio, ogni donna è una dea che aspetta il suo animale

    «Uomini, mettetevi comodi. Troverete la donna giusta, anche perché le donne non chiedono di meglio che farsi trovare». L’esortazione, apparentemente scherzosa, porta la firma seria di Claudio Risé, psicoterapeuta junghiano, autorevole saggista e autore del recentissimo Maschio amante felice (Frassinelli), uno studio sull’universo maschile che pare aver dimenticato e avvilito l’orgoglio del proprio sesso. Avvilito a tal punto che il messaggio di qualsiasi uomo maturo o giovanissimo, non adeguatamente accasato, potrebbe suonare così: «Cercasi moglie o compagna ideale disperatamente». E in quel disperatamente c’è tutta la fatica e l’incertezza di trovare l’anima gemella. Oggi più di ieri. Perché in una società che, negli ultimi 40 anni, ha sovvertito schemi e modelli con dolorosa rapidità, il gioco delle parti tra uomo e donna è mutato e ha messo in crisi persino la speranza di trovare quel diverso da te che ti stimoli, sorregga, ti completi.

    Claudio Risé, 55 anni, milanese, padre di due figli («avuti da due diverse mogli ideali») da quando, una ventina di anni fa, decise per motivi sentimentali di buttare alle ortiche una brillante carriera di giornalista, all’Espresso e poi a Repubblica, per diventare analista, ha ormai accumulato esperienze di varia e sofferente umanità. E ha maturato la convinzione che, oggi, sia proprio l’uomo a trovarsi di più nei guai. Per questa affinata conoscenza di desideri e pulsioni profonde, si presta ad essere una bussola preziosa nella ricerca della compagna di viaggio per la vita.Lo abbiamo intervistato.

    Domanda. In un mondo così mutevole, si cerca una moglie ideale per sempre o si mette già in conto di trovare una compagna «a tempo», sapendo come ormai siano rari i rapporti duraturi?

    Risposta. La donna ideale è legata all’esperienza dell’innamoramento, uno stato irrazionale che non ti fa pensare a categorie storico-sociali che parlano della fine della famiglia. Sei preso da quella persona, dall’archetipo femminile che vedi dietro di lei e con lei vuoi stare per tutta la vita. L’innamoramento è un’esperienza totale che prende completamente. Se pensi di viverlo solo in parte, non ti innamori nemmeno. E lo prova quel 92% di intervistati che ha dichiarato nel sondaggio di Class che la moglie è per tutta la vita.

    Domanda: La ricerca della donna ideale è, oggi, più difficile di ieri?

    Risposta. Sì, perché oggi l’angoscia principale degli uomini è quella di non essere in grado di trovare una compagna. E’ un’angoscia molto diffusa, soprattutto tra i più giovani: «Nessuna mi vorrà. Che fare. A quali schemi di immagine o di comportamento devo adeguarmi?». Di fronte a quest’ansia, io propongo un momento di pausa. E suggerisco: «Mettetevi in poltrona, riscoprite voi stessi, scoprite le cose che amate, poi troverete la vostra donna».

    Domanda. E un disagio maschile così diffuso da cosa è causato?

    Risposta. Innanzitutto dalla mancanza di un’educazione sentimentale. Quella che, in passato, veniva trasmessa ai figli maschi dal padre e che, ormai, è sempre più delegata alle madri, nonne, maestre ed educatrici. Maschi non si nasce per una speciale conformazione anatomica, lo si diventa attraverso lo sviluppo delle nostre relazioni affettive e sessuali. Con un padre assente, o perché assorbito da un lavoro frenetico e da desideri di affermazione divoranti, o perché fuori casa in seguito a una separazione o a un divorzio, il figlio cresce in un ambito femminile che non può trasmettergli i valori etici e le qualità psicologiche proprie del suo sesso. Gli comunica, nel migliore dei casi, la sensazione che la mascolinità sia bellicosa, rozza e volgare; insomma qualcosa di cui vergognarsi. Una volta cresciuto, quest’uomo dubbioso sul senso della sua virilità deve confrontarsi con giovani donne moderne che, oltre all’autonomia, rivendicano un proprio stile emotivo e di pensiero. E ciò aggrava la sua insicurezza.

    Domanda. Quindi il maschio diventa un amante poco felice?

    Risposta. Sicuramente. Da qui l’idea del mio libro e il desiderio di spiegare a questo essere timoroso che maschio è bello. Bello, a patto che riconosca il proprio istinto e sappia seguirlo senza timore di venir giudicato inadeguato a una società troppo prona alle buone maniere; bello, se si riappropria dell’orgoglio del fallo che dona e dà la vita; bello, se troverà la capacità di costruire un rapporto rispettoso di sé e della sua parte.

    Domanda. Dunque, prima di incamminarsi nella ricerca della sua donna ideale, l’uomo deve ritrovare il valore della propria mascolinità. Ma non crede che questo suo invito agli uomini di mettersi comodi sia troppo partigiano? Non sono restati comodi per centinaia di anni prima d’ora?

    Risposta. Questo è vero, Ma oggi l’uomo è in grave difficoltà. E non nasce nulla di appagante e duraturo quando i rapporti tra uomo e donna sono squilibrati, nevrotizzati. Credo che, per capire quale sia la giusta compagna, l’uomo debba scoprire quali sono le sue pulsioni, seguire l’istinto. L’educazione ricevuta e il condizionamento sociale possono portarlo molto lontano da ciò che, nell’intimo, vuole davvero. Spesso ha un’immagine razionale di sé diversa dalla sua emotività. E la bussola per ritrovarsi non può che essere il desiderio. Se noi desideriamo una donna, quella è la donna che amiamo, anche se i giornali ci frastornano con immagini femminili del tutto diverse e se l’ambizione sociale e il narcisismo ci vorrebbero accanto a partner da copertina. La continua proposta di donne levigate, attraverso il tambureggiamento di cinema e televisione, è così forte che gli uomini pensano di essere attratti da bionde con due metri di gambe quando, magari, preferiscono brune minute con due tette così.

    Domanda. Non è che, sotto sotto, molti maschi latini si accontentino della mora formosetta perché, a loro volta, non possono vantare un fisico d’attore?

    Risposta. Può essere anche così. Ma non dimentichiamo che la donna è imprevedibile nelle sue scelte. Ingrid Bergman si innamorò di Roberto Rossellini che non era un rubacuori sottile e slanciato. E trovo che sia un comportamento sensato: perché, al fine di non cadere in un meccanismo nevrotico, è fondamentale riconoscere il proprio autentico desiderio, liberandosi da condizionamenti familiari o sociali (ci sono figli che, per tutta la vita, rincorrono amanti simili alla propria madre). E, una volta riconosciuto, si deve capire con quali forze profonde dell’inconscio femminile sia collegata la nostra partner ideale.

    Domanda. Nel libro infatti dopo aver delineato alcune tipologie maschili (il perenne fanciullo, il cinico uomo di potere, il patriarca padre-padrone, il narciso, il lottatore a ogni costo, il giramondo che sfida ogni limite), lei passa a elencare una serie di archetipi femminili sui quali riflettere per fare la scelta giusta. Forte della sua esperienza, vorrebbe parlarci della donna ideale degli uomini d’oggi?

    Risposta. L’osservazione empirica contraddice l’ipotesi naturale, secondo cui l’uomo cerca nella donna qualità o stimoli compensatori. Verrebbe da dire che il notaio, per contrastare la sua vita tranquilla, voglia una Venere suscitatrice di desiderio che fa della bellezza o del fascino il centro della vita di coppia (una Anna Galiena o una Anna Falchi, tanto per citare due Veneri in testa al sondaggio di Class ). Invece no, l’uomo quieto punta di solito a una partner più legata alla figura della Dea Madre, e cioè una Giunone amante del focolare e dei figli, stanziale, fedele, gelosa, di grande senso pratico. Una donna che sconsiglio a chi vuole essere un amante felice perché difficilmente è interessata al sesso e tende a fare del suo uomo un bambino obbediente.

    Domanda. Come mai lei parla di dee più che di donne reali?

    Risposta. Per individuare una tipologia femminile è bene risalire alle potenti immagini della femminilità, e quindi ai grandi archetipi di dee che stanno dietro alla nostra cultura. Oltre a Venere e alla Grande Dea Madre, c’è la donna Proserpina, colei che rimane legata alla psicologia della figlia, un’eterna fanciulla che, a tratti, deve tornare alla madre e al suo mondo infantile. E’ un tipo di donna che vuole un compagno paziente: può essere la sposa giusta di uno che è già al secondo matrimonio, o di un manager moderno, sempre con la valigia in mano, perché è la moglie che soffre meno le assenze del marito. C’è poi la Donna Artemide, o Diana, che ama la natura almeno quanto la propria indipendenza; è leale e fiera di farcela da sola. Può vivere accanto a un ecologista rispettoso delle altrui libertà perché, se le si toglie aria, o lascia il partner o perde fascino. C’è poi la Pizia, o Cassandra, la profetessa sensitiva, drammatica, teatrale. A letto è una furia e fuori è una diva bisognosa di un marito-fan. E’ giusta per l’intellettuale o il creativo che può avvalersi delle sue antenne per capire da quali forze profonde traggano linfa gli avvenimenti. Infine c’è la prostituta sacra, la donna che offre tutta la passione di cui è capace in modo transpersonale: non a un partner solo ma a una collettività (Madonna per esempio è una tipica prostituta sacra e, come lei, molte attrici). Oggi è una figura più accettata, anche riconosciuta nella sua positività. Ma per quanto approdi, talvolta, al matrimonio, la prostituta sacra non si presta a essere costretta in un vincolo solo.

    Domanda. Tra fedeltà, tenerezza, complicità, sensibilità, attrazione fisica, fermezza, sincerità e capacità di gestione familiare, quali sono le qualità che deve possedere la sposa sognata?

    Risposta. Caratteristica fondante di un rapporto duraturo è l’attrazione fisica: è la bussola sensoriale che deve portarci là dove dobbiamo andare. Importantissima è anche la sincerità o, meglio, la lealtà: tra i due protagonisti di un incontro maturo devono esserci delle regole, più istintive che razionali, alle quali restare fedeli nel tempo. Anche la sensibilità ha un ruolo determinante: si deve sentire ciò che l’altro sente. Altrimenti c’è il pericolo di una relazione di tipo autistico o idealizzante, in cui ciascuno va avanti con la propria strada. Ne consegue che tra i due partner ci deve essere complicità (e nei risultati del sondaggio di Class si colloca addirittura al primo posto) che preferirei chiamare intesa, perché nel termine complicità c’è un’idea di obbligatoria separazione dal collettivo, non sempre così necessaria. L’intesa non deve isolarci. E bisogna guardarsi dalla gelosia: il maschio amante felice deve essere, innanzitutto generoso.

    Domanda. Fino a che punto vale la pena di intestardirsi se, col passare del tempo, il rapporto non appaga più?

    Risposta. Quando i tuoi sogni, il tuo orientamento sessuale ti portano altrove, tu devi andare lì. La decisione non deve essere avventata, ma se qualcosa si è esaurito a livello profondo bisogna andare dove ci porta il cuore. Se non lo si fa, si cade nella nevrosi. Io, per esempio, mi sono innamorato a trent’anni di una Pizia. E ho addirittura scardinato la mia vita professionale: sono entrato in analisi per conoscere il mio io profondo e sono diventato, a mia volta, analista. Quindici anni più tardi ho messo fine al mio matrimonio legandomi a una nuova compagna: un’Artemide pura, una donna delle forze naturali (è sudtirolese ed è medico omeopata). L’ho conosciuta quando era mia paziente, ma i segnali di un cambiamento erano già da tempo nei miei sogni.

    Domanda. Par di capire che a un’ipotetica donna ideale dovrebbe corrispondere un ipotetico uomo ideale.

    Risposta. Sì, anche perché sennò uno dei due ci perde troppo. Resta, comunque, che nel cercare la compagna di una vita l’uomo deve sapere quali sono i suoi veri desideri. I sondaggi, se fatti bene, sono importanti perché individuano tendenze spesso confermate. Il loro grado di credibilità è, però, molto condizionato da quanto si conosca davvero di colui che risponde alle domande. Può accadere come in quel gioco di società in cui valgono non le prime risposte ma le successive. Nel quiz in cui ti chiedono che animale ti senti, tu, all’inizio, rispondi: «Un leone». E’ solo all’ultimo che ti concedi nella tua vera felinità che, magari, è quella del gatto.






    Willy Pasini: "Uomini da Amare"

    Titolo: Uomini da Amare
    Autore: Willy Pasini
    Edizioni: Mondadori: 2006


    "Non più principi azzurri che promettono amore eterno né playboy dal fascino irresistibile né impavidi eroi dagli occhi di ghiaccio. Chi sono i "veri" uomini oggi?"

    Nell' introduzione Willy pasini propone subito il tema centrale del saggio splendidamente chiaro e scorrevole come è nell' uso del grande psichiatra e pscicologo di razza che l'autore è da sempre.

    " Le donne non capiscono gli uomini, ma gli uomini non capiscono se stessi". Cosa è mai successo?!?

    E' successo che se nella sfera pubblica l' uomo continua ad avere il suo ruolo di potere, nel privato, invece l' uomo deve per forza ricercare nuovi modelli di comportamento, per incontrare donne nuove e diverse.

    I modelli maschili tradizionali sono entrati in crisi. E a questa crisi profonda dice l' autore il maschio risponde in tre maniere diverse:

    Con la violenza se non sociale dentro la famiglia o alla coppia
    Con l' apatia che si è sostituita alla aggressività che l' uomo un tempo utilizzava preferibilmente. Ma la passività diventa un problema nei fatti.
    Con il pensare a nuovi ruoli per la mascolinità quali ad esempio quello della paternità che nel maschio giovane a volte prende le forme non proprio appetibili del "mammo"

    Ma chi sono, davvero, i maschi di oggi? Willy Pasini, psichiatra e sessuologo, ci propone un viaggio nell'universo maschile per capire come sono cambiati i mariti, i fidanzati, i compagni del ventunesimo secolo, ma in primo luogo per suggerire a questi maschi «destabilizzati» una via d'uscita e aiutarli a trovare una risposta ai dubbi che li tormentano.

    L'esame di numerosi casi clinici, ma anche il ricorso a esempi tratti dal mondo politico e dello star System, consente di delineare diverse tipologie di problemi - dalle semplici difficoltà psicologiche e relazionali ai veri e propri disturbi sessuali - e di illustrare le più recenti terapie in grado di risolverli.

    La conquista di un nuovo modello di identità maschile è un cammino lungo e difficile, alla ricerca di quelle caratteristiche che gli uomini moderni sembrano aver perduto, e che Pasini individua a partire da alcuni personaggi della mitologia greca: Achille, il guerriero che non fa mai un uso gratuito della forza ed è legato ai suoi compagni da indissolubili sentimenti d'amicizia; Ulisse, il viaggiatore spinto dalla curiosità di conoscere, che ha fatto dell'astuzia la sua arma più efficace; e, in particolare, il centauro Chirone, l'educatore di eroi, umano quando deve parlare e sedurre, selvaggio quando deve agire e fare l'amore.

    E questa la direzione che il maschio moderno deve seguire per ridefinire il suo ruolo, recuperando le qualità - una reale disponibilità all'ascolto, una visione più democratica del rapporto interpersonale, un'assertività mai prevaricatrice - che fanno di lui un «vero uomo», più forte e in grado di costruire, giorno per giorno, un legame maturo e creativo con la propria compagna, ma anche con i figli, gli amici e i colleghi.

    Perché saranno soprattutto gli uomini capaci di immaginare altri modi di esprimere se stessi a vivere l'attuale periodo di crisi come un autentico momento di crescita personale e sociale.






    Sindrome di Peter Pan

    di Francesca Tonelli

    Non vuole certo essere il solito luogo comune, ma la crisi dell'uomo moderno è un fatto innegabile e una delle forme principali con cui si manifesta è proprio la sindrome di Peter Pan. Una condizione di eterna adolescenza, in cui una stragrande maggioranza di uomini tra i 30 e i 45 anni, permane serenamente, senza tuttavia una vera consapevolezza del loro "ristagnare". Ristagnare, in quanto l'immaturità che li caratterizza e che talora può farli apparire simpatici, non permette loro di evolversi e di maturare a livello umano. Senza impedire loro, però, di fidanzarsi e, perché no, di sposarsi: il tutto con la consueta, allegra e persistente leggerezza di sempre. Il loro problema consiste nell'intrattenere un rapporto privilegiato con se stessi, di stampo narcisistico: ciò significa che ogni comportamento, ogni azione o gesto è volto a preservare un'immagine personale il più possibile favorevole, positiva, ineccepibile.
    Si può tranquillamente affermare che, da un punto di vista strettamente emotivo, gli uomini “Peter Pan” si sono arrestati alla fase adolescenziale e, come gli adolescenti, evitano ogni tipo di responsabilità e d'impegno. L'approccio che adottano di fronte alle difficoltà è di totale disimpegno, di deresponsabilizzazione e di evitamento: appena le problematiche diventano serie e richiedono un certo tipo di maturità, preferiscono defilarsi e negare il problema. Affrontano i rapporti interpersonali senza coinvolgimento, senza introspezione, evitando i conflitti e, allo stesso tempo, le grandi passioni, che richiedono consapevolezza interiore, serietà e drammaticità, sentimenti a loro sconosciuti.

    Per i “Peter Pan”, anche l'erotismo non sa essere realmente vissuto in quanto tale, ma assume una forma giocosa e allegra, che rifiuta categoricamente l'impegno e la conquista: in questi uomini, tutto è teso a mantenere un'apparente omeostasi emotiva, in cui ogni cosa è piacevole, superficiale, sdrammatizzante. La loro estrema immaturità li rende molto vulnerabili ed impreparati ad affrontare turbamenti e scombussolamenti di alcun genere, che richiederebbero l'eventualità, tutt'altro che remota, di esporsi in prima persona e di prendere in mano una situazione conflittuale, per loro difficilmente gestibile. Da veri adolescenti, si auspicano che altri risolvano i problemi per loro. Costringerli a misurarsi con le regole degli adulti non è cosa facile e, probabilmente, neppure consigliabile, in quanto per la maggior parte di loro, il limite è intrinseco e strutturale, motivo per cui non riescono ad avere la consapevolezza del problema e si vivono bene comunque. O ce li teniamo così... o ce li teniamo così.


    23\03\2005





    La lista nera

    Gli uomini trentenni che vivono ancora con mamma e papà. Quelli che “sei stupenda e io non ti merito”. Quelli che, pur restando ex, a volte tornano a farsi un giro. Quelli con la sindrome di Peter Pan. Quelli sciatti. Quelli che portano i capelli lunghi. Quelli che parlano sempre di calcio. Quelli che parlano sempre di sesso (e ne fanno poco). Quelli che se la tirano. Quelli che si depilano il torace. Quelli che vivono la macchina come prolungamento del pene. Quelli che portano i calzini corti. Quelli che “ti è piaciuto?”. Quelli che sono abbronzati tutto l’anno. Quelli che “basta che respiri”. Quelli che sono inconsciamente gay. Quelli che al primo appuntamento parlano della loro ex. Quelli che “ti chiamo domani” e poi spariscono. Quelli che se li cogli in flagrante negano anche l’evidenza. Quelli misogini. Quelli che “ti amo, ma io devo realizzarmi”. Quelli che tradiscono per noia. Quelli che non hanno sense of humor. Quelli che…


    14\02\2007





    Generazione peter pan

    secondo uno studio dell'Istituto Italiano di Medicina Sociale, presentato ad un convegno a Roma sui genitori di domani. Gli uomini italiani sono gli adolescenti piu' vecchi in Europa, arrivano fino a 34 anni. Il 45 per cento dei giovani fra i 30 e 34 anni, soprattutto maschi, vive ancora con i genitori e molti non si sentono ancora in grado di prendersi delle responsabilità. I nuovi Peter Pan hanno le loro idee riguardo ad esempio al matrimonio. Prima serve trovare lavoro, poi si pensa di mettere su famiglia e solo dopo si decide di mettere al mondo un figlio. E anche i genitori, soprattutto le madri, non aiutano a far spiccare il volo ai bimbi. solo il 18% crede un figlio debba uscire di casa alla maggiore eta'. Secondo genitori e figli l’eta ideale sarebbero i 26, ma alla fine non oltrepassano la porta di casa prima dei 30. e anche quando ci si sposa non ci si allontana troppo; quasi la metà delle nuove coppie va ad abitare entro un chilometro dalla casa di mamma e papà. Diventati grandi dichiarano di desiderare almeno due figli ma se ne mette al mondo solo uno. Un bambino su quattro ha una mamma con piu' di 34 anni. anche i nonni sono cambiati, solo la meta' delle madri che ha una figlia con un bambino la incita a farne un altro, perche sanno che poi li lascerebbero a loro. Ma le figlie? molte non vivono bene un eventuale gravidanza. E una ragazza su 3 non nasconde, ha aggiunto lo psicoterapeuta Federico Bianchi di Castelbianco, di avere una vera e propria paura nei confronti di una futura maternita'. Oltre il 50% dei ragazzi considera l'evento come una scocciatura. Sarà anche una questione di cultura, ma specie a Sud è ancora piu elevata l’eta in cui si cresce, l’età in cui si lascia il nido e tutto tra i pianti delle madri. Vero è che abituati a far la bella vita, risulta difficile rinunciare a qualche cosa per pagare l’affitto.


    06\02\2007

    Considerati dei bambinoni stupidi che si devono far guidare dall'esperta di turno.





    L'amicizia femminile? Più vera»

    Lo studio condotto da scienziati dell'Università di Manchester «L'amicizia femminile? Più vera» «Le donne stabiliscono legami profondi. Quelli degli uomini sono basati soprattutto sull'interesse» STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
    MANCHESTER (INGHILTERRA) - Quante volte abbiamo sentito dire che le donne tra loro si sentono sempre in competizione e non riescono ad essere amiche? Sembra che sia tutto falso. Almeno secondo un lungo studio di scienziati dell'Università di Manchester che afferma invece che le donne sono il genere che meglio riesce a costruire vere e spassionate amicizie. Infatti i legami creati dagli uomini hanno un solo fine: l'interesse

    Simbolo: le quattro amiche della serie tv Sex and the city (Reuters)
    STUDIO - Lo studio, condotto su un campione di 11.000 uomini e donne, si basa su sondaggi e quiz condotti nell'arco di dieci anni (tra il 1992 e il 2002) e ogni persona sottoposta allo studio ha risposto ad un complesso questionario sullo stato delle proprie relazioni amichevoli. Il professore Gindo Tampubolon, ordinario dell'Università "School of Social Sciences", afferma che il 75% delle persone tende a costruire le più strette amicizie con persone dello stesso sesso e sottolinea: «L'amicizia tra donne sembra essere molto differente dall'amicizia tra gli uomini. Questa è molto profonda e si basa su aspetti morali. Essa è considerata un valore centrale della propria vita».

    BARRIERE SOCIALI E GEOGRAFICHE - Secondo il professore l'amicizia tra donne supera le barriere sociali e geografiche: «Le donne, quando costruiscono un'amicizia, non hanno pregiudizi sociali o geografici e la loro visione del rapporto ha qualcosa a che fare con la loro personalità e identità. Gli uomini, invece, sono molto più inconstanti con le loro amicizie e quando costruiscono un legame del genere sono interessati a sapere quale interesse possono trarre da questo rapporto».

    RAPPORTO - Secondo le statistiche il 47% delle donne sente quotidianamente la sua migliore amica contro il 36% degli uomini. Meno netta la differenza in percentuale con i rispettivi secondi migliori amici e amiche: il 33% delle donne sente queste quotidianamente, mente solo il 28% degli uomini fa la stessa cosa. La causa di tutto ciò potrebbe essere spiegata attraverso l'analisi della natura maschile e femminile: gli uomini tendono a costruire relazioni con le persone che hanno i loro stessi interessi. Le donne invece sono molto più aperte e alla ricerca di amicizie innovative

    INTERNET E NUOVI RAPPORTI - Lo studio ha cercato di comprendere anche se la natura dei rapporti di amicizia sia cambiata negli ultimi anni con l'avanzare della moderne tecnologie. La risposta è negativa: Internet, la telefonia e le nuove tecnologie non hanno mutato l'idea che le persone hanno dell'amicizia e anche il modo di costruire tali relazioni. «Nulla è mutato, perchè se in passato le persone scrivevano agli amici attraverso le lettere postali, oggi lo fanno con la posta elettronica, o chattando oppure parlando con il telefono portatile» spiega il professore Tampubolon che sottolinea che negli ultimi anni sono cambiati solo i mezzi di comunicazione e non i sentimenti delle persone

    Francesco Tortora


    09\03\2007





    Pellegrini: "Nuoto maschilista: se vinci, sono gelosi

    «È stata dura seguire i metodi
    di Castagnetti, in piscina facevo
    anche 18 chilometri al giorno»


    GIULIA ZONCA, INVIATA A MELBOURNE
    Ha cambiato squadra, casa, allenatore e ha trattato da sola, per ogni rivoluzione. Niente legali, genitori o consiglieri, ogni contratto lo ha gestito in proprio. Federica Pellegrini guarda film e scarica la tensione dentro il ritiro di Geelong, tra un paio di giorni si trasferisce a Melbourne e domenica scende in vasca per i 400 metri stile libero. È l’incognita del suo programma mondiale, la gara nuova da aggiungere ai 200 che, a soli 18 anni, l’hanno già esaltata e stroncata. Ma l’Australia non è una rivincita. È il nuovo mondo, il posto perfetto dove ripartire.

    Vista da lontano, quella medaglia olimpica, vinta a 16 anni, era troppo pesante?
    «Il contrario, solo grazie a quell’argento e a quello dei Mondiali di Montreal, arrivato l’anno dopo, ho avuto le spalle coperte. Altrimenti questo sarebbe stato un anno più duro. Con due medaglie così è difficile darti addosso, anche quando attraversi momenti no».

    Il momento no è finito?
    «Ho lavorato tutta l’estate per potenziare la spalla, per bloccarla ed evitare di operarla, ci sono riuscita, ci siamo riusciti io e il mio allenatore che ora è lo stesso della squadra nazionale, Alberto Castagnetti. Per uscire dal momento sbagliato ho fatto tutto quello che serviva».

    Quando si è accorta che era ora di dare una svolta?
    «Subito dopo Montreal, ma ho fatto finta di non capire. Non volevo lasciare il mio allenatore, Di Mito, con lui ho cominciato, con lui ho vinto, è stato come un padre. Ho traccheggiato e ho sbagliato. Serviva un ribaltone».

    Così ha lasciato Milano per Verona, la Dds per l’Aniene. E in concreto cosa c’è di diverso?
    «C’è che vivo sola in centro, c’è che nei rari momenti liberi dal nuoto, posso uscire e comprare scarpe a volontà, tacchi alti soprattutto se sono giù di morale, c’è che sono felicemente single, c’è che ora i miei genitori mi possono venire a trovare facilmente. Lo fanno pure troppo».

    E in piscina cosa è cambiato?
    «Non ho mai nuotato prima due volte al giorno. All’inizio è stato faticoso. In fase di carico facevo anche 18 chilometri al giorno in vasca da 50 metri, sembrava impossibile approcciare serenamente i metodi di Castagnetti. Non gli stavo dietro. I doppi turni erano un massacro».

    Mai pensato di essersi sbagliata?
    «No, la sterzata è stata brusca e necessaria, ora sono tranquilla. Ho lavorato anche sull’approccio alla gara, mi faccio sempre le mie mille paranoie con la differenza che so smontarle da sola. Non accumulo, ho imparato ad andare a letto presto».

    Come sta vivendo il ritiro?
    «C’è un bel clima, si è trovato un equilibrio anche tra noi, prima vincevano gli uomini e le donne a nascondersi, poi hanno vinto le donne e gli uomini sono diventati invidiosi. Adesso siamo collaudati».

    Sicura che gli uomini ancora non digeriscano le vittorie delle donne?
    «Mica solo nel nuoto. I maschi si sentono attaccati, è la nostra società che è basata su questi schemi».

    Cioè è maschilista?
    «Ma sì, quante donne che contano ci sono? Quante donne al potere ci sono? Anche nello sport, quante donne importanti ci sono? Pochissime. Non si va avanti».

    Mi faccia l’esempio di una donna che stima.
    «Oriana Fallaci, purtroppo non c’è più, ma lei sì che aveva il coraggio di dire le cose in faccia. Lasciamo stare i concetti, io ne condivido molti, ma detesto parlare di politica, quello che mi ha affascinato di lei era il modo di essere schietta. Io sono così. Per questo spesso mi prendono per una difficile».

    Invece come è?
    «Una che sa tirare fuori le unghie, mi so difendere bene e sono sincera, brutale. Mi è capitato di tagliare i ponti per aver detto delle verità sul muso. So benissimo che questo atteggiamento può essere scambiato per estremismo. È successo anche alla Fallaci e a tutti i tipi che pensano: o con me o contro di me».

    Lei parla di maschilismo, però preferisce chiacchierare e fare amicizia con gli uomini. Dove è l’errore?
    «È che spesso le donne se le cercano, fanno la parte delle svampite. Se potessi cambiare qualcosa, non cambierei gli uomini, solo il pregiudizio diffuso. Le donne non sono solo esibizioniste o gatte morte. Anzi, probabile siano la minoranza anche se poi quelle influenzano più delle altre».

    Ha mai avuto la nausea da nuoto come Thorpe?
    «Non e non ce l’ha avuta neanche lui. Ha solo vinto tutto, è arrivato dove non era mai stato nessuno prima. Perché doveva restare? Ha fatto solo bene. Io non potrei lasciare la piscina. Le due medaglie le lascio dietro, nei ricordi, a pararmi la schiena. Adesso è ora di andare avanti».


    21\03\2007





    L'uomo rischia l'estinzione

    di: Abrahm Abbot

    WWF in allarme per una nuova specie che sta rischiando di scomparire, almeno in senso metaforico: si tratta del maschio Homo sapiens sapiens e tutto quello che rappresenta questa parola. Virilità, decisione, grinta sembrano ormai lontani valori che non appartengono più all’uomo di oggi.

    Questa è la tesi di un gruppo di studiosi, riunitisi a Vienna, secondo cui la “razza” maschile, oltre a soffrire di un notevole svantaggio numerico, sarebbe ormai diventata davvero obsoleta. E a determinare la disfatta del sesso forte sarebbero proprio le amate/odiate donne, sempre più disposte a fare a meno dell'uomo per la procreazione.

    La provetta, le banche di spermatozoi e i metodi sempre più moderni per la fecondazione assistita stanno sottraendo all'uomo il ruolo di indispensabile partner sessuale, sottolineano gli esperti. E le cose non vanno meglio all'interno della famiglia e della struttura sociale, dove la sua posizione si fa sempre più debole. "L'uomo continuerà a essere necessario?", è la domanda.

    Siegfried Meryn, professore dell'Istituto per l'educazione medica della capitale austriaca, e Alejandro Jadad, dell'Università di Toronto, hanno anticipato le loro preoccupazioni sul settimanale scientifico "British Medical Journal": l'unica speranza, per l'uomo, è che la donna faccia sue quelle caratteristiche essenzialmente negative che hanno portato il maschio sulla strada dell'estinzione.

    "Negli ultimi anni - hanno scritto - c'è stato un netto aumento dei disordini psico-sociali nei maschi". Assumono più alcool e droghe e soffrono di depressione in percentuali superiori alle donne. E che dire delle decine di guerre che al momento infiammano il mondo, "per la maggior parte causate, combattute e aggravate dagli uomini?". La lista dei mali del maschio è lunghissima: non è circoscritta alla minore utilità sessuale e a problemi psicologici.

    Rispetto alla donna, sottolineano Meryn e Jadad, l'uomo ha più probabilità di morire delle 12 principali cause di decesso che vanno dal cancro al suicidio, dall'attacco cardiaco agli incidenti automobilistici. Questo nonostante la donna sia fisicamente più predisposta ad alcune malattie, debba occuparsi della famiglia e della casa e sia meno retribuita quando lavora.

    In ufficio la donna sta prendendo il sopravvento: "Sa fare tutto quello che sa fare l'uomo - scrivono i due professori - e generalmente lo fa meglio". Non è una sorpresa, insomma, che l'uomo sia depresso. Ma l'aspetto più pericoloso per lui è proprio quel machismo di cui è sempre andato fiero. Considera preoccuparsi della salute "una cosa da donne". Di conseguenza non va dal medico con la stessa frequenza e quando ci va a volte è troppo tardi.






    I MASCHI NON SERVONO: NATO IN LABORATORIO TOPO SENZA PADRE (22/04)

    Per fare un topo ci vuole un topo femmina e un ricercatore giapponese. Per la prima volta, ricercatori giapponesi hanno infatti generato un topo con una “nascita vergine", per partenogenesi, vale a dire utilizzando solamente materiale genetico femminile contenuto nella cellula uovo della madre e senza alcun contributo di un animale maschio.
    I ricercatori, nel loro articolo pubblicato sulla rivista Nature, sottolineano come la partenogenesi sia stata già osservata negli insetti e nei rettili, ma non nei mammiferi da laboratorio. Nell’esperimento sono stati generati embrioni di mammiferi da una cellula uovo di cui è stata indotta la divisione come se fosse stato fertilizzato. L’embrione è morto dopo alcuni giorni di gestazione.
    La barriera da infrangere era la necessità di un processo denominato “Imprinting”. Esso assicura che una delle due copie di ogni gene in ogni gene in una cellula - solitamente uno del padre e uno della madre - sia “spenta”. Se ciò non accade, l'embrione smette di svilupparsi.
    Assicurandosi che determinati geni fossero disattivati, Tomohiro Kono, dell'Università dell’Agricoltura di Tokyo è stato in grado di generare un topo da un ovocita ricostruito che conteneva due sets di materiale genetico materno.
    Il topo nato (femmina, naturalmente) è diventato adulto e in grado di riprodursi. Questi risultati indicano che, normalmente, la partenogenesi non avviene perché i geni paterni controllano l’imprinting. Ciò rende obbligatorio il contributo paterno ai fini della procreazione. Ora, a quanto pare, la scienza ha reso tale contributo superfluo.
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    Embrioni umani senza utilizzo di sperma

    Università di Edimburgo: Paul de Sousa ha annunciato al BA Science Festival (Festival della scienza della British Association) di Dublino che il suo gruppo è riuscito a creare "embrioni vergini", o partenoti, stimolando un ovulo umano a iniziare a dividersi come un embrione senza l'aggiunta di alcun materiale genetico da parte di una cellula spermatica maschile.
    L'annuncio giunge a solo un giorno di distanza da quando la Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA), del Regno Unito, ha autorizzato il trasferimento dei componenti di un embrione umano in un ovulo non fecondato di un'altra donna, estendendo ulteriormente i confini della ricerca riproduttiva.
    Si prevede che gli embrioni derivati da questo concepimento verginale apriranno una nuova strada alla coltura di tessuti e cellule femminili per un'ampia gamma di esperimenti e cure. Il gruppo di Edimburgo, che svolge la propria attività presso il Roslin Institute, dove era stata clonata la pecora Dolly, ha utilizzato circa 300 ovuli umani di donatrici volontarie per creare una mezza dozzina di blastocisti partenoti - embrioni umani costituiti da circa 50 cellule, che possono essere impiegati come fonti di cellule staminali.
    Nella riproduzione normale, gli ovuli espellerebbero metà del loro materiale genetico per prepararsi a ricevere il complemento maschile rilasciato da una cellula spermatica. Per creare i partenoti, gli ovuli sono stati coltivati in laboratorio in modo tale che mantenessero tutti i loro cromosomi; è stato possibile portarne a maturazione e indurne la divisione tramite elettroshock di circa la metà. Tuttavia, solo cinque su cento sono riusciti a raggiungere lo stadio di blastocisti, presentando quindi solo la metà del normale numero di cellule. Respingendo le obiezioni sull'efficacia del processo, il dottor De Sousa ha dichiarato: "È un gioco numerico. Si tratta solo di fornire il tessuto che dovrà essere impiegato nella sperimentazione".
    Gli embrioni sono stati coltivati tramite un processo chiamato partenogenesi, che in greco significa "nascita vergine"; la partenogenesi avviene in maniera del tutto naturale nelle piante e in alcuni animali, quali le api, le formiche e persino alcune lucertole.

    Gli umani, analogamente ad altri mammiferi, non ne sono soggetti a causa di un processo di regolazione genica chiamato imprinting che richiede il contributo sia dei geni materni che di quelli paterni affinché l'embrione raggiunga il pieno sviluppo. Finora gli scienziati hanno indotto artificialmente i partenoti in mammiferi quali topi e scimmie, benché molto spesso ne sia scaturito uno sviluppo anomalo.
    I geni marcati (o imprinted) sono geni la cui espressione è determinata dal genitore che li ha trasmessi; questi geni violano la comune regola ereditaria secondo cui vengono espressi in ugual misura i corredi genetici di entrambi i genitori. Dall'ultimo computo è emerso che nei mammiferi un esiguo numero di geni, circa 80, è soggetto a imprinting. La maggior parte dei geni marcati viene repressa e, di conseguenza, o si esprime unicamente il gene materno perché quello paterno è "imprinted" o viceversa. Il processo inizia durante la formazione dei gameti quando, nei maschi, alcuni geni ricevono l'imprinting nello sperma che si sviluppa e, nelle femmine, altri lo ricevono nell'ovulo che si sviluppa. Tutte le cellule dell'embrione che ne deriverà avranno lo stesso corredo di geni imprinted sia da parte del padre che della madre tranne per quelle cellule ("germoplasma") che sono destinate a continuare a produrre gameti (ovuli o cellule spermatiche), in cui vengono cancellati tutti gli imprint - sia materni che paterni.
    L'imprinting è un processo molto importante: l'eredità intenzionale (sperimentale nei topi) o casuale (negli umani) di due copie di un particolare cromosoma da un genitore e di nessuna dall'altro è solitamente fatale; l'eredità di due copie di uno dei geni materni e di nessuna copia di quelli paterni (o viceversa) può altresì provocare gravi difetti di sviluppo. Inoltre, una mancanza di imprinting nelle cellule somatiche può causare il cancro.
    Ecco perché gli scienziati sono interessati a utilizzare cellule di partenoti, che potrebbero far luce sulla clonazione, un processo che ostacola l'imprinting, e sui legami tra imprinting difettoso e patologia. La partenogenesi offre anche la possibilità di coltivare cellule di donne affette da gravi malattie genetiche, consentendo di effettuare uno studio particolareggiato sugli effetti cellulari di queste malattie e, in teoria, le cellule staminali ottenute tramite questo metodo potrebbero essere utilizzate per coltivare tessuti di sostituzione per donne che hanno sviluppato determinate patologie. All'incontro della British Association il dottor De Sousa ha dichiarato: "Per ora non siamo riusciti a ottenere cellule staminali da tali embrioni, ma questa continua a essere la nostra ambizione".
    Alcuni scienziati ritenevano che, impiegando i partenoti nella ricerca, si sarebbero potute evitare le obiezioni dei gruppi per la vita; il dottor De Sousa non condivide questo parere, confermato dalle dichiarazioni di sgomento che tali gruppi hanno rilasciato alla stampa, e ha affermato che "chi ha un atteggiamento a favore della vita considererà opinabile qualsiasi utilizzo di ovuli ed embrioni a fini non riproduttivi". Il dottor De Sousa ha anche ribadito che non vi è alcuna intenzione di impiantare gli embrioni per dare origine a una gravidanza - eventualità che, peraltro, è vietata dalle clausole della licenza di ricerca che è stata concessa al suo gruppo.
    Altri hanno espresso dubbi di carattere tecnico, affermando che il livello di manipolazione genetica necessario per realizzare la partenogenesi rende inutilmente complicata questa strada per le cellule staminali di embrione, tanto che persino la clonazione di embrioni umani sembrerebbe costituire un approccio più diretto: il dottor De Sousa, tuttavia, ritiene che nelle fasi iniziali della ricerca sulle cellule staminali gli scienziati debbano lasciare aperte varie possibilità. "Vogliamo queste linee cellulari essenzialmente a scopi di ricerca ", ha dichiarato. "Sia la clonazione che la partenogenesi creano cellule difettose, ed è del tutto possibile che da ciò si dedurrà che le linee di cellule staminali clonate non sono adatte a modelli terapeutici o di ricerca".


    15\09\2005





    Speriamo che sia femmina

    L'uomo intelligente esiste ancora?O è mai esistito?

    Vago vago vago tra i blog che rispecchiano tutte le nostre giornate e conosco conosco conosco giorno per giorno la bellissima community e mi accorgo che esistono delle entità maschili, con doti particolari di cinismo intelligenza e senso critico, poco sviluppate nell'uomo medio della nostra società... e noto post su post di bellissime anime femminili che commentano invaghite tutti i suoi discorsi... tanto di cappello, si merita i più bei commenti... ma mi chiedo: ragazze, l'uomo intelligente esiste ancora?

    Il dubbio nasce spontaneo (anche se per consuetudine televisiva è la domanda... a nascere spontanea...) di fronte a cotanta ammirazione, come davanti ad un doppio arcobaleno al tramonto rosso fuoco a Tiburtina in una sera di ottobre (l'ho visto davvero, per quanto incredibile...), ci si chiede: davvero basta un maschio che dimostri di saper pensare, di saper reagire agli stimoli esterni della vita che lo circonda in modo attivo, di essere fuori da quell'immagine telefilmesca medio americana di bevitore di birra incollato allo schermo che l'unico movimento che gli si riesce ad attribuire è l'impercettibile zap sul telecomando, davvero basta un barlume di sagacia per far sciogliere le donne di oggi?

    Ma che mondo è allora quello degli uomini che ci circondano? Cosa ci fanno vedere della loro esistenza, della loro spiritualità, della loro crescita mentale, della loro attività neuronale se basta un piccolo pesciolino in un mare di donne a metterle in competizione? Come se sapessero che non ci sono altri pesciolini del genere... allora quello, lo si deve pescare!

    E qui non voglio sminuire nè il nostro sublime genere femminile, nè tanto meno quello (potenzialmente interessante) maschile... ma solo porvi davanti ad una riflessione: gli uomini intelligenti esistono ancora o sono rari animali di cui si contano pochi esemplari al mondo? O siamo noi a cercare in laghi privi di pesciolini pensanti?

    E voi poveri uomini etichettati ormai da esseri senza interessi esterni alla semplice sopravvivenza, come fate ad essere così passivi e privi di interesse di riscatto verso quel genere femminile che tanto bramate di avere accanto per qualsiasi uso ne vogliate disporre, che ben poca stima e buona opinione ha di voi? Quello stesso genere che lotta ogni giorno per far cambiare a voi l'opinione di Barbie infermiera che il vostro istinto primordiale le affibia al primo sguardo?

    Forse la vostra inerzia è sintomo di vera mancanza di intelligenza...dote che tra l'altro (scientificamente provato) si eredita dalla donna... ma in questo ereditare, si dimezza verso il genere maschile?

    Per favore riscattatevi! Dateci un segno di vita neuronale, staccate la tv o optate per il National Geografic... Dateci la speranza che se noi combattiamo per avere il riconoscimento delle nostre capacità lo facciamo verso qualcuno che le sappia cogliere...
    (contributo di Claudia)


    17\03\2007

    Edited by Davide.4. - 11/7/2007, 19:57
     
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    Quote panda per gli uomini?

    Le donne in alcuni settori sorpassano i maschi: vincono concorsi e rendono meglio. Forse presto alcune professioni riserveranno posti per l'ex sesso forte

    Un primo segnale arriva dalla vicina Francia: le donne stanno conquistando sempre più posti di lavoro un tempo tipicamente maschili. Sono sempre meno gli uomini d'Oltralpe che trovano posto in magistratura, negli ospedali e a scuola. Certe professioni, piaccia o no, stanno andando verso il monopolio femminile. Di più. Il fenomeno ha acceso un vivo dibattito tra i nostri vicini di casa al punto che il ministro della Giustizia Dominique Perben si è di recente domandato se in futuro per certe professioni non si dovrà riservare ai "poveri" maschi una quota minima di posti. Il polverone è stato sollevato dopo gli esiti dell'ultimo concorso per la "Scuola nazionale della Magistratura", dove si addestrano i futuri amministratori della legge: le ragazze ammesse sono state l'82% del totale. Un risultato che la dice lunga sul processo di progressiva "femminizzazione" riscontrabile in alcuni settori.

    Le donne - commenta chi analizza questi dati - sono più brave, più agguerrite, più istruite. Ai concorsi si presentano in percentuale non superiore a quella degli uomini, ma superano le prove in modo più brillante. Non vanno tanto diversamente le cose nel mondo della scuola: un recente studio ipotizza che sempre in Francia nel 2010 le donne saranno l'80% del personale docente nelle elementari e medie inferiori e il 60% alle medie superiori. Gli uomini perdono terreno anche nella sanità, tradizionale feudo maschile: le donne medico oggi rappresentano quasi il 36% del totale e nel 2020 raggiungeranno il 50%. Ma, più in generale, è tutto il settore pubblico a essere toccato da questa nuova ondata "rosa": l'ex sesso debole occupa complessivamente il 56,9% dei posti statali. Ecco come si spiega la proposta, che suona quanto meno bizzarra ideata dal ministro Perben, di intervenire con il più classico dei sistemi a tutela delle minoranze: quello delle quote, proprio come accade negli Usa per agevolare l'integrazione dei neri.

    E a proposito di America, anche negli Usa si assiste negli ultimi tempi a un'inversione di tendenza per l'ex sesso debole, non solo nella fase scolastica (link a ele), quando le ragazze primeggiano sui coetanei, ma anche - una volta cresciute - nell'ambito del lavoro. Anche nel mercato americano, che conta oltre otto milioni di disoccupati, sono sempre più numerosi gli uomini che cercano un impiego in settori tradizionalmente "in rosa". Insomma, accade sempre più spesso nel Paese a stelle e strisce che in una famiglia sia lei a lavorare e lui no, e alla fine è spinto dalla disperazione a ricercare un mestiere che sfida lo stereotipo del sesso. La tendenza reale della società trova eco nella cultura dei mass media: nel serial della Nbc "Friends" è Monica che sostiene il marito disoccupato Chandler.

    Questi segnali fanno ben sperare le femministe italiane (e non solo), che per ora possono solo incrociare le dita e attendere che qualcosa un giorno cambi anche da noi. L'Italia per il momento si conferma fanalino di coda dell'Europa quanto a presenza femminile nei posti di potere, sia esso politico, decisionale, economico e sindacale. Il cosiddetto "sesso debole" continua a rimanere tale, secondo un monitoraggio effettuato dall'associazione Arcidonna. Un esempio vale su tutti, nel mondo del lavoro bancario: è vero che ben il 47% di assunti a livello impiegatizio è donna, ma è altrettanto vero che il dato scende al 22% se si considerano i quadri. E fa riflettere che nel 40% delle banche non ci siano dirigenti donne.

    Ma un recente studio evidenzia un'inversione di tendenza che vedrebbe le donne più lavoratrici di un tempo: il part time - secondo l'indagine condotta dal ministero del Lavoro - ha fatto registrare un sorprendente calo: meno 54mila unità dall'aprile 2001 all'aprile 2002: si assiste a un aumento dell'occupazione full time e a un calo di quella a tempo parziale per le donne, soprattutto nel Mezzogiorno. Per la prima volta negli ultimi 10 anni, sottolinea l'indagine, il part-time femminile è diminuito in termini assoluti, passando da un milione e 426 mila a un milione e 372 mila per le donne. Opposta la tendenza del mercato del lavoro maschile: soprattutto nelle aree del Centro Nord, infatti, il contratto a termine aumenta e quelli part-time registrano un elevato incremento in particolare in Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli, Umbria e Marche.


    04\07\2003

    Edited by Davide.4. - 11/7/2007, 19:53
     
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  5. silverback
     
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    L'uomo in spiaggia ha paura di rimorchiare Un crollo dell'immagine del mito del macho in vacanza. Le donne, invece , sono così disinibite da spaventare il partner

    Se gli uomini comuni dovessero aspettare l'iniziativa femminile, rimarrebbero vergini per tutta la vita, in almeno il 99,99% dei casi.
     
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    http://magazine.excite.it/news/1948/Maschi...cisti_del_sesso
    Scusate ma non capisco: agli uomini non si rizza e vengono in tre minuti? Mi pare un po' contradditorio...
    Comunque mi fa piacere che almeno si cominci a coinvolgere anche la partenr nelle terapie per i problemi maschili anziché mandarli in terapia come una volta.
    Può darsi che è un piccolo inizio di responsabilizzazione femminile...
     
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  7. Davide.4.
     
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    Il sesso debole? L'uomo!

    Unanimità nella comunità scientifica.

    L'accordo tra i sessuologi e i sociologi è ormai unanime: è la donna che comanda. Ed è questo un segnale inequivocabile del tempo che cambia.
    Nell'ottocento la donna non era considerata in grado di avere istinti sessuali. Solo nell'alta aristocrazia vi erano donne emancipate che facevano incetta di amori e che si lasciavano andare a grandi passioni. La donna tipica, quella umile e povera, era un vista come il contenitore della prole. Era considerata un mezzo per procreare e per accogliere gli sfoghi, considerati legittimi, dell'uomo. Fino a tutta la metà del novecento, l'adulterio femminile era considerato un reato, mentre veniva giustificato quello maschile.

    Le eccezzioni, come detto, erano poche. Fu Flaubert, con il suo grandissimo romanzo Madame Bovary a rompere per primo questa tradizione. Ma fu una goccia nello stagno. Poi vi è stata la rivoluzione sessuale, il femminismo e la presa di coscienza della donna. Il suo ingresso nel mondo del lavoro, il riconoscimento dei suoi diritti e, tra questi, l'aborto e il divorzio, di cui esse, più degli uomini, hanno saputo trarre vantaggio e indipendenza.

    Ma qualcosa è cambiato, di coneguenza, anche nell'uomo. L'uomo del duemila appare timoroso, dubbioso, pieno di problemi e frustrato. Ecco come la pensa Elia:
    L'uomo ha oggi timore della donna. Sa di non avere più diritto ad essa, ha la consapevolezza che la donna ha delle pretese, anche sessuali, ed è preso da una vera e propria ansia da prestazione. L'impotenza, forse sempre esistita, è però in aumento proprio a causa del nuovo ruolo della donna. Essa è legata a cause psicologiche, e l'uomo ormai pensa più a come soddisfare lei che se stesso. E ciò provoca ansia e le sue prestazioni ne risentono inevitabilemnte.
    Secondo il nostro esperto Elia, quindi, è davvero l'uomo il sesso debole?

    Si, a tutti gli effetti. Certo, il fenomeno non è spiegabile in poche parole, però ormai l'accordo nella comunità scientifica è unanime. L'uomo non sceglie quasi mai, ma è scelto dalla donna. L'uomo non sa più come conquistarla, non sa come farla innamorare e non sa, come detto, soddisfarla. La donna del duemila fa paura all'uomo perchè è decisa, sicura di sè e forte.

    Ma è così per tutte le classi sociali?

    No, indubbiamente. esistono ancora, e sono la maggiorparte, le ragazze senza ambizione, che hanno come unico obiettivo quello di sposarsi, avere dei figli e vivere, tutta la vita, con il proprio marito. Ma è un fenomeno destinato a divenire maggioranza. Questo tipo di ragazze è in via d'estinzione. Provengono da famiglie molto tradizionali e, in genere, svolgono lavori umili e sono poco colte. Le ragazze oggi si laureano di più e meglio dei loro colleghi uomini, hanno più fame di successo e sanno cosa vogliono dalla vita. Sono loro che diventeranno le donne forti, quelle che soppianteranno il sesso ex-forte. E qualche segno di cambiamento lo si avverte, seppur debolemente, anche tra le donne tradizionali. Leggono, si informano, come dimostra il boom delle riiste femminili e dei siti Internet a loro dedicati.

    Una rivoluzione a tutti gli effetti, dunque. Allora, per l'uomo, non c'è via di scampo?

    Forse no. Le donne, per diventare veramente il sesso forte, devono cambiare alcuni atteggiamenti. Uno di essi è quello relativo alla politica. Perchè le donne sono così rare nelle sedi di partito? Perchè continuano a votare per "quello che le dice il marito"? Perchè, probabilmente, credono che non sia importante. E qui sbagliano. Oggi più che mai una persona davvero vincente deve avere la consapevolezza che i centri nevralgici del paese sono il mondo della finanza e quello della politica. E' lì che si decidono i destini di una società. E delegare questi interessi all'uomo significa che la loro emancipazione ha ancora delle lacune. Per la gioia dei pochi uomini rimasti forti o che si sentono tali.


    Anno: 2002

    Edited by Davide.4. - 11/7/2007, 19:55
     
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  8. silverback
     
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    also, hanno replicato gli esperti dei Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo: in tutti i paesi le donne lavorano molto più degli uomini. Persino in Kenya una donna è attiva 676 minuti al giorno contro i 500 dei suoi compatrioti maschi. E anche nei paesi europei, dove la durata del lavoro è ben più bassa, lo scarto resta: 391 minuti al giorno di lavoro femminile, a fronte di 363 minuti di attività maschile. Se poi nel calcolo, aggiungono gli esperti delle Nazioni Unite, si includessero quelle attività domestiche senza retribuzione, e dunque non valutabili economicamente, le donne sarebbero responsabili della larghissima parte del Pil planetario.

    Nel mondo, il 73% dei morti sul posto di lavoro appartiene al genere maschile.
    A questo aggiungiamo tutti i lavori di merda che anche e soprattutto in quei Paesi gli uomini sono costretti a fare.

    Ripeto: la slealtà femminile, nonché la compiacenza di tanti pseudo uomini, è a dir poco spaventosa.
    Non parliamo poi dell'indelebile rancore femminile.
    Io, a livello personale, mi occupo delle suddette questioni da lustri; ebbene, in tutti questi anni, non mi è mai capitato di ascoltare un apprezzamento pubblico femminile nei confronti degli uomini (non a singoli individui, che è un altro paio di maniche).
    Solo critiche negative, feroci, spietate.
    Il bello è che poi si stupiscono pure se qualche "ritardato" come me gli risponde a brutto muso.

    Edited by silverback - 1/4/2007, 19:08
     
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  9. Davide.4.
     
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    Donne, sempre più spesso al lavoro e sempre più ''vittime''.

    E oltre 120mila sono invalide
    Quasi nove milioni le lavoratrici nel nostro paese, in crescita gli incidenti sul posto di lavoro (+5%). La denuncia dell'Anmil: servono indennizzi più alti e meno difficili. Pubblicato anche il rapporto Inail: ogni anno denunciati seimila casi di malattie fra le lavoratrici


    ROMA - Continuano ad essere quasi le uniche protagoniste delle attività svolte all"interno della casa, ma sono sempre di più le donne che lavorano: circa 8 milioni 825mila (dati Istat 2005), quasi mezzo milione in più di quelle che risultavano impiegate al momento del censimento 2001. Eppure, la parità di diritti è ancora lontana: le donne sul lavoro sono "vittime" nell'accezione più ampia del termine: sono più disoccupate degli uomini, quando lavorano ricevono paghe più basse e se hanno la sfortuna di subire un infortunio - ed accade sempre più spesso - hanno indennizzi più bassi e grandi difficoltà ad ottenere quanto spetta loro.

    E' una condizione tutt'altro che facile quella che appare dal Rapporto che l'Anmil, l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi sul lavoro, ha presentato a Roma sul tema "Donne, infortuni sul lavoro e tutela delle vittime". Le statistiche denunciano che il fenomeno degli incidenti sul lavoro è in ascesa, in parte per l'aumento dei tassi di occupazione femminile, in parte per il sempre più frequente ingresso delle donne in settori lavorativi ad alto rischio di infortuni e che, fino a ieri, prevedevano esclusivamente mansioni destinate agli uomini. Le donne invalide per un infortunio sul lavoro o una malattia professionale sono oltre 120mila (121.926 al 31 dicembre 2006), cioè poco più del 16,4% degli uomini. Ad esse vanno aggiunte quasi 115mila donne titolari di rendite ai superstiti, che portano il totale di quelle che percepiscono un indennizzo (a titolo permanente, diretto o ai superstiti) sopra quota 236mila. In ascesa i casi di infortunio mortale: nei primi undici mesi del 2006 sono stati novantatre, contro i settantotto dello stesso periodo del 2005; è un aumento netto, ancor più preoccupante perché giunto dopo numerosi anni di contrazione del numero di incidenti mortali. Complessivamente, nel quinquennio 2001-2005 l'occupazione femminile è cresciuta del 5,86% e le donne che hanno subito un infortunio sul lavoro sono aumentate del 5% considerando i soli settori "Industria e conto stato" e le malattie professionali. I settori lavorativi in cui gli incidenti sono in forte crescita sono il commercio (+ 30% in cinque anni, dai 18268 casi del 2001 ai 23.792 del 2005) e la sanità (+23%, dai 20150 del 2001 ai 24832 del 2005). Buone notizie solo dal manifatturiero (-16,5% in cinque anni, dai 37.964 ai 31.701 del 2005), dopo però il numero assoluto resta troppo elevato.

    Ma il Rapporto Anmil mette anche in evidenza le conseguenze derivanti dagli infortuni e tutte le carenze legislative e regolamentarie che le donne italiane sono costrette a sopportare, ad iniziare dalla carenza di una specifica tutela assicurativa che tenga conto delle specificità della condizione femminile. Qualche esempio: non c'è alcuna differenza fra uomini e donne nella valutazione percentuale del danno estetico (ben diverso il sentire nella società attuale) ed esiste una profonda sottovalutazione delle malattie tipicamente femminili, come il tumore della mammella, che è fatto rientrare nella definizione generica di "neoplasie maligne che si giovano di trattamento medico e/o chirurgico locale", ma che provoca un danno psicologico e fisico ben maggiore di quello causato da altre neoplasie. E nessun valore è attribuito all'assistenza che la donna presta alla famiglia e alla casa: totalmente inascoltati finora i richiami dell'Anmil per la corresponsione alle donne, in questi casi, di un doppio indennizzo. "Una donna che lavora in fabbrica, che sia sposata e con due figli piccoli" - afferma l'Anmil - nel caso di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale che ne comprometta le capacità fisiche in modo grave e permanente subisce danni molteplici": si riduce non solo "la sua capacità lavorativa", e cioè la sua capacità di apportare reddito alla famiglia, ma anche la sua "capacità di accudire alle esigenze dei figli più piccoli e alle faccende legate alla conduzione della casa". Danni concreti ed effettivi, che sono giuridicamente rilevanti ma che - denuncia l'Anmil - "non ottengono il giusto riconoscimento nell'ambito dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali". Particolarmente difficile la situazione per ciò che concerne il reinserimento al lavoro e più in generale quello sociale: le donne risultano espulse dal mondo del lavoro dopo un infortunio in misura molto maggiore rispetto agli uomini, e troppo spesso pur restando al lavoro vengono adibite a mansioni diverse, talvolta non del tutto compatibili con la menomazione subita. Le donne disabili trovano una collocazione mirata solo nel 3,8% dei casi: il restante 96,2% resta disoccupato.

    Che fare dunque? La richiesta che l'Anmil fa al governo è quella di passare dalle parole ai fatti, dedicando le opportune risorse a questi temi. "In particolare riteniamo che in seguito all'infortunio e alla malattia professionale della donna l'assicurazione obbligatoria debba farsi carico di un intensivo sostegno psicologico e sociale nell'immediatezza dell'evento" - conferma il presidente nazionale Pietro Mercandelli - "oltre ad un sostegno prolungato nel riposizionamento familiare e a prestazioni economiche per il lavoro familiare e domestico. Inoltre - prosegue - sono necessari interventi per il reinserimento lavorativo delle donne infortunate e misure di sostegno psicologico e sociale dirette ai familiari dell'infortunata". Primo banco di prova, il Fondo per le famiglie delle vittime del lavoro, istituito dalla finanziaria 2007: per diventare operativo, aspetta ancora di essere regolato da un decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. (ska)


    08\03\2007

    La stampa italiana sembra maggiormente interessata alla "correttezza politica" piuttosto che all'accuratezza scientifica. Perciò la percezione del pubblico viene radicalmente deviata.

    Edited by Davide.4. - 11/7/2007, 19:59
     
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  10. silverback
     
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    CITAZIONE
    Il sesso debole? L'uomo!
    Unanimità nella comunità scientifica.

    Il bello è che in questo caso a sostenere certe ridicole tesi sono soprattutto gli uomini (?!?).
    Gli stessi, però, che giudicano tali solo "gli altri"... non se stessi.
     
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  11. Davide.4.
     
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    W le donne italiane

    Le donne del Belpaese sono quelle che lo fanno più spesso

    di Dino Pezzella

    Secondo una ricerca condotta dall'istituto olandese Skim Analytical il 59% delle italiane ha rapporti sessuali almeno una volta la settimana.

    Le italiane. Degli italiani non c'è menzione. E quindi forse le italiane colmano il gape sessuale dei loro connazionali andando con gli stranieri.

    Mi freme spirito patriottico. Chi me la da? Lo faremmo al grido dell'Inno di Mameli, non sono mica un calciatore che non me lo ricordo? Sarebbe solo sesso nazionalista, senza legami sentimentali oltre lo spirito di bandiera.

    Comunque ciancio alle bande, come direbbe Giovanni dalle Bande Nere, e bando alle bande come direbbe un banditore negato per la musica di piazza, è quello delle nostre donne un ritmo che nessuna altra donna europea, sempre secondo gli studiosi fiamminghi, è in grado di tenere. In Europa una donna tra i 15 e i 49 anni su due fa sesso "almeno" una volta alla settimana. A guidare la classifica sono quindi le italiane, come rivela uno studio commissionato dall'azienda farmaceutica Schering e condotto dall'istituto olandese di ricerca "Skim Analytical", che ha intervistato 11.500 donne in 14 paesi europei. Non ha intervistato però la mia che abbassa la media paurosamente giacchè non me la da mai. Almeno a me. Comunque questo studio farà impennare il turismo sessuale verso il nostro Paese. O no? Secondo i risultati pubblicati a Monaco - scrive il quotidiano Die Welt - le italiane si piazzano al numero uno per quanto riguarda l'attività sessuale: il 59% delle nostre connazionali ha rapporti sessuali almeno una volta alla settimana, seguite dalle donne della Repubblica Ceca (57%). Alle tedesche va un po' meno bene, con appena il 46% delle donne che hanno rapporti frequenti settimanali. Fanalino di coda spetta alle austriache: solo il 38% di loro ha uno o più rapporti sessuali alla settimana.


    17\09\2006





    Gli italiani durano poco

    Tra i giovani aumentano le patologie sessuali: colpa di ansia da prestazione e insicurezza sulle dimensioni

    di Cristiano

    4 milioni di italiani durano meno di 3 minuti

    Patologie sessuali in aumento nei giovani nella fascia di età tra i 18 e i 30 anni. La colpa è dovuta all'ansia da prestazione e dall'insicurezza sulle dimensioni. Tre milioni di giovani italiani soffrono di impotenza, mentre per altri quattro milioni che soffrono di eiaculazione precoce la durata di un rapporto sessuale non supera i tre minuti. Questi i dati emersi al congresso europeo di urologia in corso a Berlino, al quale partecipano oltre 10 mila specialisti provenienti da tutto il mondo.

    Secondo il presidente della Societa italiana di urologia, Vincenzo Mirone, la principale causa dell’aumento di queste patologie sessuali è dovuta ai tanti falsi miti della società contemporanea, che riducono il rapporto sessuale ad una prova di resistenza e a una questione di misure, provocando nei giovani false preoccupazioni e ansie da prestazione. Patologie sessuali in aumento nei giovani nella fascia di età tra i 18 e i 30 anni. La colpa è dovuta all'ansia da prestazione e dall'insicurezza sulle dimensioni. Tre milioni di giovani italiani soffrono di impotenza, mentre per altri quattro milioni che soffrono di eiaculazione precoce la durata di un rapporto sessuale non supera i tre minuti. Questi i dati emersi al congresso europeo di urologia in corso a Berlino, al quale partecipano oltre 10 mila specialisti provenienti da tutto il mondo.

    Secondo il presidente della Societa italiana di urologia, Vincenzo Mirone, la principale causa dell’aumento di queste patologie sessuali è dovuta ai tanti falsi miti della società contemporanea, che riducono il rapporto sessuale ad una prova di resistenza e a una questione di misure, provocando nei giovani false preoccupazioni e ansie da prestazione.

    tratto da Instablog

    Tags: sesso impotenza eiaculazione


    23\03\2007

    Che differenza di trattamento due pesi e due misure.

    Edited by Davide.4. - 11/7/2007, 20:04
     
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  12. silverback
     
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    http://menarepigs.iobloggo.com/

    Tutto ciò non fa che evidenziare una volta di più, per quale ragione - in altre epoche -, le femmine siano state "tenute a bada" dagli uomini.
    Purtroppo il "rispetto a prescindere" non è una qualità femminile.

    Loro ti rispettano solo se ti fai rispettare.
    E non a caso sono proprio gli "stronzi" quelli che hanno più successo con le donne.
     
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    cioé anche le donne, quindi perchè un titolo antimaschile?
     
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  14. silverback
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 1/4/2007, 19:27)
    http://magazine.libero.it/generali/generali/ne4681.phtml
    cioé anche le donne, quindi perchè un titolo antimaschile?

    Sai cos'è che non conosce certa gente?
    L'effetto boomerang...
    Prima o poi, tutto torna indietro.
     
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    CITAZIONE (silverback @ 1/4/2007, 19:23)
    http://menarepigs.iobloggo.com/

    Tutto ciò non fa che evidenziare una volta di più, per quale ragione - in altre epoche -, le femmine siano state "tenute a bada" dagli uomini.
    Purtroppo il "rispetto a prescindere" non è una qualità femminile.

    Loro ti rispettano solo se ti fai rispettare.
    E non a caso sono proprio gli "stronzi" quelli che hanno più successo con le donne.

    Quoto e sottocrivo in pieno: si tratta di una Verità nuda e cruda, dura finchè si vuole, amara e a cui non si vuole credere, ma una realtà.
    E' più vera del Vangelo. All'uomo intelligente non resta che accettarla.

    Questa Verità spiega anche perchè il sistema di valori dei musulmani sia più naturale del nostro e perchè da loro la famiglia -intesa come unione tra uomo e donna con tutto quel che ne consegue- non sia in crisi come da noi.

    E' l'uomo che crea, è l'uomo che costruisce, è lui l'unico che prende l'iniziativa, è l'unico che si assume responsabilità; spuntiamo le sue armi, scoraggiamo la sua iniziativa, e si otterrà quello che si è ottenuto: una società senza famiglie e con pochissimi figli.
     
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