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Repubblica — 05 settembre 1999, pagina 36.
Donne, il nostro sesso è l' arma più potente
VENEZIA - Con quell' aria delicata e per bene, tradizionale e persino un po' smarrita, Jane Campion, una tre le poche registe donne venerate come un grande maestro, porta dentro di sé, da sempre, le immagini oscure e le emozioni violente di donne segnate da ferite che le rendono diverse, donne che non si adeguano, che gli altri non capiscono e isolano. Anche Ruth, la spaziosa Kate Winslet (diventata famosa per i baci di Di Caprio nel "Titanic"), protagonista di Holy Smoke, in concorso ieri, è così, una ragazza molto giovane che cerca in una religione orientale, in una setta indiana, una via di fuga da una realtà di normale balordaggine. E così, inquiete e inquietanti, sono tutte le donne dei suoi film: la grassa e schizoide "Sweetie" che vive su un albero del giardino di casa, fa orrore ai suoi familiari e disgustò per totale assenza di bon ton i critici al Festival di Cannes di dieci anni fa; la malinconica e solitaria Janet Frame, la scrittrice neozelandese alla cui biografia Campion si era ispirata per girare "Un angelo alla mia tavola", rinchiusa per otto anni in manicomio, che improvvisamente infiammò la Mostra di Venezia del 1990 ottenendo il Leone d' argento; la muta e cupa Ada di "Lezioni di piano" (Palma d' oro a Cannes nel 1993 e tre Oscar), Isabel di "Ritratto di signora", troppo libera e intelligente per la società del suo tempo. Oggi, a 45 anni, con addosso una camicia e una gonna lunga ritagliate da un vecchio sari leggero, Jane Campion pare proprio una ragazza soave e irriducibile degli anni ' 70, quelle che definendosi femministe, provocavano allora scherno e terrore ovunque, anche in Australia dove, nata in Nuova Zelanda, è cresciuta con una madre attrice e un padre regista teatrali. "Alla fine del millennio stiamo ancora qui a chiederci chi ha più potere, l' uomo o la donna. Ce l' ha, credo, chi lo sa usare. E le donne possono averne quanto ne vogliono usando la loro sessualità, che è molto meno fragile di quella maschile. Anni fa girai per il governo australiano un filmetto educativo contro le molestie sessuali. Lo trovai proprio brutto, perché mi fu impossibile dire, per non scoraggiare il mio committente, quello che avrei voluto. Ragazze, anche in ufficio puntate sull' attrazione sessuale, lavorerete con più gusto". Irreprensibile nella vita, non sfiorata da notizie rosa forse perché vive in un continente dalle distanze immense, dove a fare la spesa bisogna andare con l' aereo di casa, sposata pare felicemente, con una piccina di cinque anni che ha portato con sé, ha sempre raccontato le sue donne turbolente e inafferrabili attraverso le emozioni del sesso, la sua mancanza o i suoi eccessi, il suo rifiuto o la sua scoperta. "Un corpo giovane di donna può prendersi qualsiasi rivincita su un uomo, che per quel corpo è disposto ad ogni compromesso, resa, umiliazione. Ho scelto per questo film Kate Winslet perché ha una figura densa, molto femminile, antica eppure ancora adolescente. E quel povero Harvey Keitel, che ha più del doppio dei suoi anni, nel mio film ossessionato dalla perdita seduttiva che gli deriva dall' invecchiare, che si tinge i capelli, si profuma l' alito e porta stupidi jeans attillati, con tutta la sua spocchiosa autorità dell' esperto americano che deve strappare la ragazza alla setta, è un perdente. O meglio uno che vuole perdere per smetterla con il ruolo del duro. Ho provato molta soddisfazione a far indossare a quel macho un abito rosso di donna, che lo rende ridicolo mentre supplica amore". Ancora una volta soavemente feroce con gli uomini, Jane Campion lo è ancora di più con l' istituzione della famiglia. "Considero quella del film una famiglia tipo, del tutto normale, in Australia e nel resto del mondo occidentale. Un padre imparruccato, indifferente e con amante, la solita madre che si sacrifica, il fratello bello e sciocco con moglie bella e sporcacciona, l' altro fratello fidanzato in casa con uno che porta divise da cowboy trasparenti. La casa piena di gadget orribili, l' abbigliamento leopardato da grande magazzino, i bambini troppo grassi. Se poi una vuole andare in India e si innamora di un vecchio guru obeso, è comprensibile". Anche Campion è stata folgorata dalla spiritualità orientale, visto il rispetto con cui ne parla nel film? "Ho fatto un lungo viaggio in India a scopo turistico, non per cercare qualcosa di alto, ma non posso negare che il paese non mi abbia colpito. Non è della religione che la gente, e la famiglia di Ruth, hanno paura, ma della fede in qualcosa di invisibile, che non sia un programma televisivo, la pubblicità di un frigorifero, l' ultimo divo. Certo ci sono sette di imbroglioni, ma anche veri movimenti spirituali. E sempre più persone, sempre più giovani, hanno bisogno di credere in qualcosa, di andare alla ricerca di quel mitico Graal che si chiama anima e che non si sa più cosa sia. Di riscoprire, nell' egoismo e nell' aridità di oggi, il senso di essere buoni, generosi, altruisti".
NATALIA ASPESI
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