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LA DOPPIA ELICA James D. Watson
Pag. 209-215. AARON KLUG Rosalind Franklin e la scoperta della struttura del DNA (1968).*
Rosalind Franklin ha dato alcuni contributi fondamentali alla soluzione della struttura del DNA. Ha scoperto la forma "B", ha riconosciuto il fatto che esistono due stati diversi della molecola del DNA, ha definito le condizioni per la transizione tra le due forme. Sin dall'inizio, si è resa conto che il modello corretto doveva avere i gruppi fosfatici all'esterno della molecola. Ha posto le basi per una analisi quantitativa delle figure di diffrazione e, dopo la formulazione del modello di Watson e Crick, ha dimostrato che una doppia elica era consistente con le figure di diffrazione a raggi X sia per la forma "A" che per quella "B". Il resoconto che Watson fa ne La doppi elica non pretende di essere più che un aspetto della storia, mentre l'articolo di L.D. Hamilton (DNA: Modelli e realtà, "Nature", 18 maggio 1968) non rende giustizia al lavoro della Franklin. L'importanza del lavoro della Franklin è stata sottovalutata, almeno in parte, a causa della morte prematura. Dato che io, in quanto suo ultimo e forse più vicino collega scientifico, sono in condizione di riempire questo vuoto, ho cercato qui di raccontare ciò che la Franklin stava facendo nel periodo precedente la scoperta del modello di Watson e Crick, per porre così la questione della struttura elicoidale nel suo vero contesto e per sintetizzare i contributi da lei dati alla dimostrazione di quella struttura. Non ho trattato i contributi ben noti dati dagli altri protagonisti della storia, tranne che quando avevano direttamente a che fare con il suo lavoro.
La questione dell'elica
Watson e Hamilton hanno sottolineato entrambi la posizione "anti-elicoidale" della Franklin, senza spiegarne il contesto. La Franklin aveva deciso che c'erano abbastanza piani di riflessione discreti nella figura di diffrazione della forma "A" per poter dirimere la questione dell'esistenza di eliche (in questa forma del DNA) con un'analisi cristallografica oggettiva, senza dover fare alcuna ipotesi. In realtà, se c'è una fase del lavoro della Franklin che può essere chiamata "anti-elicoidale", ce n'è anche una precedente "pro-elicoidale". La si può rintracciare sia nel rapporto ufficiale del suo primo anno di lavoro, rapporto presentato nel febbraio 1952 per ottenere la borsa di studio Turner-Newall, sia nei suoi appunti per un seminario al King's College nel novembre 1951 - il seminario cui prese parte Watson e di cui egli parla nel suo libro. Nel rapporto ella afferma che le caratteristiche generali della figura di diffrazione della forma cristallina ("A") - e anche quelle della forma idrata (più tardi conosciuta come "B") - suggeriscono una struttura elicoidale e che la separazione tra gli strati della struttura "A" (27 A) probabilmente corrisponde al passo dell'elica. Inoltre, fa notare che la cella unitaria della struttura "A" ha una proiezione quasi esagonale; ciò suggerisce che la struttura sia costruita a partire da unità quasi cilindriche, e cioè da molecole del tipo di quelle che sarebbero prodotte dall'agglomerazione di un certo numero di catene coassiali. Il rapporto conclude come segue:"I risultati suggeriscono una struttura elicoidale ( che deve essere strettamente connessa) costituita probabilmente da 2, 3 o 4 catene coassiali di acido nucleico per unità elicoidale e con i gruppi fosfatici verso l'esterno". Bisogna tuttavia ricordare che le figure di diffrazione che la Franklin studiava, erano fotografie di filamenti o di rotazione, nelle quali i dati intrinsecamente tridimensionali erano ridotti a due sole dimensioni, il che implica certe possibili ambiguità nella caratterizzazione delle figure stesse. Andando avanti con la raccolta di dati quantitativi, la Franklin notò, nel 1952, che avrebbe potuto esserci una asimmetria molto definita nel fattore di forma delle molecole cristalline e quindi nella stessa struttura. Se questo fosse risultato vero, la struttura non avrebbe potuto essere elicoidale, a meno che le eliche non risultassero considerevolmente distorte. Sembra anche che la Franklin sia stata molto influenzata - nel cambiamento di opinione circa la struttura elicoidale - dalla scoperta di una doppia orientazione dei cristalliti in filamento nella forma "A". Le sembrava improbabile che potesse verificarsi questo fenomeno, se le singole molecole avessero avuto un alto grado di simmetria rispetto all'asse del filamento. Inoltre, aveva osservato precedentemente che, durante il cambiamento "da cristallino a idrato" (cioè, da "A" a "B" nella terminologia usata più tardi), aveva luogo un considerevole aumento nella lunghezza dei filamenti; nel rapporto annuale che stiamo qui considerando, affermò prudentemente: "L'elica nello stato idrato è quindi presumibilmente non identica a quella dello stato cristallino". Con questa premessa, era del tutto naturale - nel contesto delle nuove osservazioni sperimentali - pensare che la struttura "A" avrebbe potuto essere non elicoidale, ed esaminare quindi strutture non elicoidali. Le ipotesi di partenza della Franklin possono essere sintetizzate come segue: per quanto vi fossero chiaramente strutture elicoidali nella struttura "B", esse avrebbero potuto essere così distorte - o anche distrutte - dai legami intermolecolari nella struttura cristallina "A" che era necessario considerare strutture non-elicoidali. Ma una struttura "A" plausibile avrebbe dovuto soddisfare certi criteri, definiti in base alle sue stesse osservazioni sulla transizione da "A" a "B": e cioè che, indipendentemente da quanto può accadere alle catene, la trasformazione doveva essere reversibile; inoltre i fosfati dovevano in ogni caso restare all'esterno della struttura, e cioè verso l'acqua. Le sue note di laboratorio dell'inverno 1952-53, la mostrano intenta a considerare vari tipi di strutture, tra cui lamine e aste, fatte di due catene che si sviluppano in direzioni opposte con basi interconnesse e anche una struttura pseudo-elicoidale con gruppi fosfatici non equivalenti, che rassomigliava in proiezione a un otto. Nel gennaio 1953 la Franklin cominciò a costruire modelli, per limitare le strutture a quelle possibili dal punto di vista stereochimico, cercando di accordarle alla funzione tridimensionale di Patterson per la forma "A", che era stata calcolata nel 1952. Da questa funzione aveva imparato che c'erano gruppi fosfatici disposti in certe direzioni a distanza di 5,7 A l'uno dall'altro. Ciò che la funzione di Patterson - per la sua stessa natura - non poteva chiarirle era se queste direzioni si riferissero a fosfati di una stessa catena o di catene differenti. Nessuna delle strutture prescelte, tuttavia, si accordava con la funzione di Patterson, e non a caso. Inoltre, alcune potevano essere escluse per quel che riguardava la forma "B", anch'essa costantemente tenuta d'occhio. Nelle sue note, la vediamo passare continuamente dai dati di una delle forme a quelli dell'altra, applicando la teoria della diffrazione elicoidale alla forma "B" e cercando di adattare la funzione di Patterson alla forma "A". La vediamo anche cercare di adattare le basi al modello, usando i dati analitici di Chargaff, e ritornare continuamente alla densità e al contenuto di acqua delle due forme, informazione questa mediante la quale tentava di verificare il numero delle catene. Allo stesso tempo, cercava di risovere la funzione di Patterson direttamente col metodo di sovrapposizione. A febbraio, la Franklin sapeva già che c'erano due catene per cella unitaria nella struttura "A" e stava considerando la possibilità di una struttura con undici nucleotidi per catena. Tuttavia, per quanto sapesse che c'erano dieci nucleotidi per catena elicoidale nella struttura "B", e che molto probabilmente c'erano due catene di questo tipo nell'elica "B", non vide la relazione tra queste due strutture, forse perché non riusciva a liberarsi dal suo profondo impegno a risolvere la funzione di Patterson direttamente, senza ipotesi a priori, scelta che richiedeva la considerazione di strutture non elicoidali. La risposta - alla quale non arrivò prima che il modello di Watson e Crick venisse proposto - è naturalmente sorprendentemente semplice. Ambedue le strutture sono elicoidali e sono collegate in un modo semplice, come ho dimostrato. Naturalmente, non è possibile dire che cosa sarebbe accaduto se non fosse intervenuta la struttura proposta da Watson e Crick; penso che alla fine si sarebbe resa conto - e forse non molto tempo dopo - della relazione tra le forme "A" e "B". Indipendentemente da quanto avrebbe potuto accadere, è chiaro che il punto di vista "anti-elicoidale" non era un semplice capriccio o "pura perversità". Il punto cui la Franklin era arrivata a quel tempo è uno stadio che molti ricercatori scientifici riconosceranno, uno stadio in cui coesistono osservazioni apparentemente contraddittorie o discordanti, ognuna delle quali può essere considerata significativa; e non si sa quali indizi scegliere per risolvere il rompicapo. Il libro di Watson ha chiarito il fatto che - in nessuno dei protagonisti - esisteva una logica ferrea che potesse portare direttamente alla soluzione. Per esempio, una domanda che avrebbe potuto essere posta a quel tempo era quale delle due forme del DNA, la "A" o la "B", fosse più strettamente vicina al DNA nel suo stato naturale. Deve esserci una certa ristrutturazione intermolecolare nella transizione da "A" a "B". Una delle due strutture era più fondamentale dell'altra? Con il senno di poi, la risposta è ovvia, e cioè quella che è più vicina al DNA in soluzione, quindi la forma idrata o forma "B", che non mostra ulteriori cambiamenti di struttura quando l'idratazione cresce fino al punto in cui il DNA passa in soluzione. Bisogna aggiungere che, verso la fine del 1952, Wilkins e Randall resero nota una somiglianza tra le fotografie di diffrazione a raggi X di spermatozoi e i filamenti di DNA puro; le periodicità tuttavia non erano chiaramente definite e la struttura non veniva attribuita a nessuna delle due forme - allora già note ma non ancora pubblicate. Le figure di diffrazione di spermatozoi furono classificate come forma "B" solo più tardi. Sembra corretto concludere che non c'era una evidenza sperimentale tanto determinante, dal punto di vista biologico, da convincere la Franklin a spostare il suo interesse analitico principale dalla forma "A" alla forma "B". Anche se la Franklin per un po' si mosse nella direzione sbagliata per quanto riguardava uno degli aspetti del problema, ci sono tuttavia sufficienti indicazioni che dimostrano che era nel giusto per quanto riguarda altri aspetti. Nel suo primo lavoro, la Franklin analizzò anche il problema dell'impacchettamento delle basi. Discusse l'esistenza di piccoli aggregati stabili di molecole, connesse da legami a idrogeno tra i loro gruppi basici e con i gruppi fosfatici esposti al mezzo acquoso. Trattò anche l'ovvia difficoltà di impacchettare una sequenza di basi che non seguono un ordine cristallografico particolare. Il punto raggiunto dalla sua riflessione può essere giudicato dal seguente estratto del suo lavoro del marzo 1953: D'altra parte, sembra anche improbabile che i gruppi purinici e pirimidinici, considerevolmente differenti l'uno dall'altro sia in forma sia in grandezza, possano essere intercambiabili in una struttura così ordinata come quella della situazione "A". Una possibile soluzione, quindi, è che nella struttura "A" la citosina e la timina siano intercambiabili, mentre la purina e la pirimidina non lo siano. Questo è suggerito dalle strutture cristalline - notevolmente simili - trovate da Broomhead (1951) per gli idrocloruri di adenina e di guanina. In questo modo potrebbe essere possibile una varietà infinita di sequenze nucleotidiche in grado di spiegare la specificità biologica del DNA. La intercambiabilità delle basi è, naturalmente, ancora molto lontana dalla verità finale - l'accoppiamento delle basi - ma nel contesto dell'analisi cristallografica nella quale la Franklin era impegnata (una analisi che poteva portare a una soluzione per la parte della struttura che si ripeteva regolarmente) questa idea sarebbe stata essenziale per riuscire ad adattare al modello anche le parti variabili. Nel suo libro, Watson ha scritto che la "immediata accettazione" da parte della Franklin del modello di Watson e Crick all'inizio lo meravigliò; ma continua dicendo che, dopo averci riflettuto, questo fatto non lo sorprendeva più. E' un fatto che non può più sorprendere, dopo aver studiato i lavori della Franklin e i suoi appunti di laboratorio, e dopo aver capito quanto, nello sviluppo del suo lavoro - per quanto in modo sconnesso e in tempi diversi - fosse giunta vicina alle varie caratteristiche della struttura contenute nella soluzione corretta.
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* Da "Nature", 24 agosto 1968, pag. 808-810. Aaron Klug (nato nel 1926) è membro del Laboratorio di biologia molecolare del Medical Research Council a Cambridge. Le sue ricerche vertono sull'analisi cristallografica delle strutture biologiche. Nel 1982 ha ricevuto il premio Nobel per la chimica.
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Lavori di R.E. Franklin e R.G. Gosling. 1) The structure of sodium thymonucleate fibres. I. The influence of water content, "Acta Cryst", 6; 673 (1953). 2) The structure of sodium thymonucleate fibres. II. The cylindrically symmetrical Patterson function, "Acta Cryst", 6; 678 (1953). 3) Molecular configuration in sodium thymonucleate, "Nature", 171; 742 (1953). 4) Evidence for 2-chain helix in crystalline structure of sodium desoxyribonucleate, "Nature", 172; 156 (1953). 5) The structure of sodium thymonucleate fibres. III. The three-dimensional Patterson function, "Acta Cryst", 8; 151 (1955).
Altri riferimenti bibliografici. 6) R.G. Gosling, Tesi, Università di Londra (1954). 7) M.H.F. Wilkins, A.R. Stokes e H.R. Wilson, "Nature", 171; 739 (1953). 8) J.D. Watson e F.H.C. Crick, "Nature", 171; 737 (1953). 9) G.B.B.M. Sutherland e M. Tsuboi, "Proc. Roy. Soc.", A, 223; 80 (1954). 11) M.H.F. Wilkins, W.E. Seeds, A.R. Stokes e H.R. Wilson, "Nature", 172; 759 (1953). 12) M.H.F. Wilkins e J.T. Randall, "Biochim. Biphys. Acta", 10; 192 (1953).
Edited by silverback - 24/2/2009, 23:56
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