CITAZIONE
L'orrore che lo stupro suscita conferisce un valore speciale nel tentativo di comprendere la psicologia di uomini e donne. Lo studio della violenza carnale è dominato da un imperativo morale: ridurne la frequenza. Ogni scienziato che getti luce sulle sue cause merita ammirazione, e visto che nessuno arriva alla verità grazie a una rivelazione divina, meritano rispetto anche coloro che esplorano teorie che possono rivelarsi sbagliate. La critica morale dovrebbe colpire solo chi impone dogmi, ignora le prove o mette il bavaglio alla ricerca.
Il problema è che la sensibilità attualmente dominante va in tutt'altra direzione.
Nella vita intellettuale moderna l'imperativo morale prevalente nell'analisi di questo fenomeno consiste nel proclamare che la violenza carnale non ha nulla a che vedere con la sessualità.
E' un mantra che va recitato ogni volta che si affronta l'argomento.
"Lo stupro è un abuso di potere e di dominio in cui lo stupratore tende a umiliare, coprire di vergogna, confondere, degradare e terrorizzare la vittima" recita una dichiarazione delle Nazioni UNite del 1993.
"Il suo obiettivo primario consiste nell'esercitare il potere e il dominio su un'altra persona".
Tale presa di posizione trova eco in un corsivo pubblicato nel 2000 dal "Boston Globe:"Lo stupro non c'entra con il sesso; c'entra con la violenza e con l'uso del sesso per esercitare il potere e il dominio... La violenza in famiglia e l'aggressione sessuale sono manifestazioni delle stesse potenti forze sociali: il sessismo e l'esaltazione della violenza".
Quando una columnist iconoclasta scrisse, su stupro e abusi familari, un articolo che dissentiva da queste posizioni, un lettore rispose:
"Da uomo attivamente impegnato da oltre un decennio come educatore e consigliere ad aiutare gli uomini a mettere fine alle violenze che fanno subire alle donne, trovo il corsivo di Cathy Young del 15 ottobre inquietante e deprimente. Essa confonde le questioni mancando di riconoscere che gli uomini sono socialmente condizionati da una cultura patriarcale che continua a dar manforte alla violenza che essi esercitano contro le donne, se decidono di esercitarla".
Quel consigliere era così profondamente radicato nell'ideologia dominante da non accorgersi che la giornalista aveva contestato il dogma da lui ritenuto vero per definizione, non "mancato di riconoscerlo". E il suo linguaggio - "gli uomini sono socialmente condizionati da una cultura patriarcale" - ripropone pigramente uno slogan familiare.
La teoria ufficiale dello stupro ha origine in "Contro la nostra volontà", un libro scritto nel 1975 da Susan Brownmiller, "femminista del genere".
Esso divenne l'emblema di una rivoluzione che cambiò il modo di vedere la violenza carnale; il punto, però, è che la nella sua teoria la Brownmiller si spingeva ben oltre l'affermazione del principio morale per cui le donne hanno diritto a non essere aggredite sessualmente. Sosteneva che lo stupro non ha nulla a che vedere con il desiderio sessuale degli uomini, ma è una tattica tramite la quale l'intero genere maschile opprime l'intero genere femminile. Nelle sue celebri parole:
"La scoperta dell'uomo che i suoi genitali potevano servire come arma per generare paura deve essere annoverata fra le più importanti scoperte dei tempi preistorici, insieme con l'uso del fuoco e le prime rozze asce di pietra. Dalla preistoria ai nostri giorni, è mia convinzione, lo stupro ha svolto una funzione critica. Si tratta né più né meno che di un consapevole processo di intimidazione mediante il quale tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di paura".
Da qui nacque il moderno catechismo: lo stupro non c'entra con il sesso, la nostra cultura sociale condiziona gli uomini a stuprare ed esalta la violenza contro le donne. Tale analisi è un frutto diretto della teoria della natura umana fatta propria dal femminismo del genere: gli esseri umani sono tabulae rasae (devono essere addestrati o socialmente condizionati a volere qualcosa); l'unica pulsione umana significativa è quella verso il potere (quindi il desiderio sessuale è irrilevante); e ogni pulsione e interesse è di gruppo (per esempio del sesso maschile e di quello femminile), non di singoli individui.
A causa della dottrina del Buon selvaggio, la teoria di Brownmiller attrae anche molti che non aderiscono al femminismo del genere. Dagli anni Sessanta si è diffusa fra le persone colte l'idea che si deve pensare alla sessualità come a qualcosa di naturale, non di vergognoso e sporco. Il sesso è buono perché è naturale e le cose naturali sono buone. E poiché lo stupro non è buono, non c'entra nulla con il sesso. La violenza carnale deve quindi avere origine in istituzioni sociali, non nella natura umana.
Lo slogan "è violenza, non sesso" è giusto sotto due aspetti.
E' assolutamente vero nella prima e nella seconda parte per la vittima, che vive lo stupro come un'aggressione violenta, non come un atto sessuale. E, nella prima parte, è vero per definizione per lo stupratore, giacché, senza violenza o coercizione, non si può parlare di stupro.
Ma che lo stupro abbia qualcosa a che vedere con la violenza non significa che non abbia nulla a che vedere con il sesso, come il fatto che la rapina a mano armata abbia qualcosa a che vedere con la violenza non significa che non abbia qualcosa a che vedere con il desiderio di possesso. I malvagi possono usare violenza per ottenere sesso esattamente come usano violenza per ottenere altre cose che desiderano.
La dottrina "lo stupro non c'entra con il sesso" passerà alla Storia come un esempio di incredibile e folle illusione popolare.
E' manifestamente assurda, non merita l'aura di sacralità in cui è avvolta ed è contraddetta da una massa di prove.
Pensiamoci un momento.
Primo dato di fatto sotto gli occhi di tutti: accade spesso che un uomo voglia fare l'amore con una donna che non vuole fare l'amore con lui. E, in questo caso, usa ogni tattica a disposizione degli esseri umani per influire sul comportamento altrui: corteggiare, sedurre, adulare, raggirare, tenere il broncio, pagare.
Secondo dato di fatto evidente: alcuni uomini ricorrono alla violenza per avere quello che vogliono, senza curarsi delle sofferenze che provocano. C'è chi rapisce i bambini per chiedere un riscatto, chi acceca la vittima di una rapina perché non possa riconoscerlo davanti ai giudici, chi gambizza un complice per aver fatto la spia con la polizia o il membro di una banda concorrente e chi uccide uno che nemmeno conosce per la marca delle sue scarpe sportive.
Sarebbe straordinario, in contraddizione con tutto ciò che si sa sugli uomini, che nessuno ricorresse alla violenza per ottenere un rapporto sessuale.
Ora applichiamo il buon senso alla dottrina che vuole che gli uomini si diano allo stupro per gli interessi del sesso cui appartengono.
Un violentatore rischia sempre che la donna si difenda e lo colpisca.
In una società tradizionale rischia la tortura, la mutilazione e la morte per mano dei parenti della vittima.
Nella società moderna rischia di passare un sacco di tempo in prigione e di essere a sua volta stuprato
dagli altri detenuti (il famoso "codice non scritto", verso chiunque abusi di donne e bambini).
Davvero gli stupratori, nell'assumersi questi rischi, si sacrificano altruisticamente per il bene dei miliardi di estranei che compongono il sesso maschile?
Non è molto credibile, e lo è ancora di meno se si ricorda che gli stupratori sono spesso dei poveracci, persone agli ultimi gradini della scala sociale, mentre i principali beneficiari del patriarcato sono i ricchi e i potenti.
E' vero che in guerra gli uomini si sacrificano per un bene maggiore, ma in questo caso o vengono arruolati di forza o possono sperare, quando le loro imprese diverranno note, nell'incensamento pubblico.
In genere i violentatori, invece, compiono le loro azioni in privato e cercano di tenerle segrete.
E, nella stragrande maggioranza delle epoche e dei luoghi, un uomo che stupra una donna è trattato da rifiuto umano.
L'idea che "tutti gli uomini" siano impegnati in una brutale guerra contro tutte le donne cozza contro l'elementare dato di fatto che gli uomini hanno madri, figlie, sorelle e mogli CHE STANNO LORO PIU' A CUORE DI QUANTO STIA LORO A CUORE LA QUASI TOTALITA' DEGLI ALTRI UOMINI.
Per dirla in termini biologici, i geni di ogni persona vanno in giro nel corpo di altre persone, metà delle quali sono del sesso opposto.
Insomma, si può davvero credere che, letteralmente, la nostra cultura "insegni agli uomini a violentare" o "esalti i violentatori"?
Anche una certa insensibilità del sistema giudiziario di un tempo per le vittime di violenza carnale ha una spiegazione più semplice di quella secondo cui tutti gli uomini traggono beneficio dallo stupro.
Fino a epoca recente, nei processi per stupro ai giurati veniva ricordato il monito di Lord Matthew Hale, giurista del diciassettesimo secolo, per cui la testimonianza di una femmina va valutata con cautela, perché un'accusa di violenza carnale "è facile da muovere e da essa è difficile difendersi, anche se l'accusato è innocente".
Il principio è coerente con la presunzione di innocenza incorporata nel nostro sistema giudiziario, per il quale è preferibile lasciare in libertà dieci colpevoli che mettere in galera un solo innocente.
Ma supponiamo, anche in questo caso, che gli uomini che hanno applicato tale politica allo stupro l'abbiano piegata ai loro interessi collettivi.
Supponiamo che abbiano esercitato una qualche pressione sulla bilancia della giustizia per ridurre al minimo la possibiltà di venire loro stessi, un giorno, accusati di stupro ingiustamente (o in circostanze ambigue), e che non abbiano dato abbastanza peso all'ingiustizia subita dalle donne nel vedere i loro aggressori andarsene via liberi.
Questo sarebbe davvero ingiusto, ma non sarebbe ancora un incoraggiare lo stupro come consapevole tattica per tenere sottomesse le femmine. Se fosse questa la tattica degli uomini, perché, tanto per cominciare, avrebbero dovuto fare della violenza carnale un reato?
Quanto all'idea che credere alla teoria "non è sesso" sia più morale, essa è semplicemente errata. Riconoscendo che la sessualità può essere fonte di conflitto, e non solo sano piacere reciproco, non faremo altro che riscoprire una verità che gli osservatori della tragica condizione umana hanno rilevato lungo tutta la Storia. E se un uomo stupra per il sesso, questo non significa che "non può evitarlo" o che dobbiamo scusarlo, non più di quanto dobbiamo scusare un uomo che spari a un negoziante di liquori per impadronirsi della cassa o che dia un colpo in testa a un automobilista per rubargli la BMW.
Per concludere, si pensi al quadro dell'umanità dipinto dalla teoria delle femministe del genere.
Come fa notare la femminista dell'equità Wendy McElroy, secondo quella teoria "persino il marito, il padre, il figlio più amorevole e gentile trae beneficio dallo stupro della donna che ama. Nessuna ideologia che muova accuse così spietate agli uomini come classe può medicare alcuna ferita. Può solo, come contropartita, generare ostilità".