Natura e cultura

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    CITAZIONE (Reduan @ 7/3/2009, 20:13)
    Va anche detto che è in ogni caso difficile capire il funzionamento dell'essere umano senza avere idea di come è strutturato l'apparato preposto alle funzioni neurologiche, (il cervello, in ultimo), sarebbe come voler comprendere la fisiologia senza conoscere l'anatomia.
    Se ad es. si nega l'esistenza di una mente non razionale che ha (enorme) importanza nella vita di ognuno, vorrei sapere come si può ammettere l'esistenza di un'influenza genetica.

    Si ma il cervello non è una cosa statica e definita di per sé, ma una "apparecchiatura" dinamica che completa il suo sviluppo interagendo con l'ambiente (che nella nostra specie e in massima parte di tipo sociale). E questo vale anche per i geni (anche se sarebbe molto melgio parlare di patrimoio genetico nel suo complesso e non tanto di singoli geni).
    Per questo sottolineo sempre che i geni danno un dato risultato in quanto l'individuo si sviluppa in un dato contesto. E non si può prescindere da questo contesto.
    Come ha dettto giustamente de Waal la questione sta nell'interazione tra geni e contesto socio-ambientale. Non è detto che un dato patrimonio genetico (dal punto di vista psichico) dia sempre lo stesso risultato in diversi contesti. Come non è detto che patrimoni genetici un po' diversi non diano risultati alquanto simili se i due soggetti crescono e si formano nello stesso contesto.
    Secondo me il patrimonio genetico dà una struttura di base che fa da argine entro i cui limiti l'essere umano può asumere diverse "forme" e atteggiamenti psichici. Ora quanto è largo questo argine? Alcuni lo fanno troppo stretto, altri troppo larghi, questo perché nessuno, almeno finora, può stabilirlo con assoluta certezza.
    Questo vale anche per il cervello che si forma anche in base all'esperienza e non è un organo statico ma dinamico.

    CITAZIONE
    L'unica speigazione a quel punto potrebbe essere di tipo religioso, ovvero i geni agiscono attraverso Dio, che in quanto tale è inconoscibile nella sua interezza.

    Ma secondo me non è una spiegazione, è solo una pezza che si mette per mettere a tacere i "curiosoni". :D

    PS: madonna mia Evil, ma il tuo è un post chilometrico. :D Comunque Darwin non era antilamarkiano, tuttalpiù sono i suoi epigoni, i neodarwinisti ad esserlo.

    Edited by Giubizza - 15/3/2009, 13:18
     
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    Un altra chicca di un eminente professore Lima De Faria

    Antonio Lima-de-Faria
    Evoluzione senza Selezione

    Antonio Lima-de-Faria è uno scienziato di raro carattere. Ha il dono innato del coraggio e la capacità di affrontare grandi problemi indipendentemente dalle opinioni dominanti. E' rigoroso e tenace nel metodo, di una conoscenza sterminata e una tagliente razionalità. Dall'alto dei suoi 81 anni portati con magnificenza, si è autodefinito un dinosauro sopravvissuto: proprio lui, in anticipo sui tempi fin dal'inizio della carriera, quando - si era nei primi anni 60 - fu discretamente richiesto da una società multinazionale per sviluppare un futuribile programma di bioingegneria agroalimentare, oggi realtà cronachistica degli OGM.

    Noto al mondo scientifico come pioniere ed uno dei più rilevanti esponenti della citogenetica molecolare (il suo Handbook of Molecular Cytology edito nel '69 è ancora un classico da cui non è possibile prescindere), autore di oltre 180 articoli sperimentali e monografie di prestigio, è membro di alcune fra le più importanti società scientifiche del mondo, inclusa la nostra Accademia Nazionale dei Lincei. Ha ricevuto premi e riconoscimenti per la sua attività fuori del comune, e ha ricoperto incarichi di consulenza scientifica per Governi e Istituzioni, dall'Agenzia Spaziale Europea, all'UNESCO, alla Banca Mondiale. Attualmente è Professore Emerito di Citogenetica Molecolare presso l'Università di Lund (Svezia) dove continua a lavorare quotidianamente, interessandosi soprattutto al problema dell'organizzazione molecolare del cromosoma.

    Il libro, che superando non poche difficoltà viene qui presentato per la prima volta al pubblico italiano, è ormai esaurito da anni nelle edizioni inglese, russa e giapponese. Oltre ad essere uno studio fondamentale e rivoluzionario, di cui forse deve essere ancora apprezzato appieno il significato, esso ha dimostrato di rappresentare un caso da manuale di sociologia della scienza per le feroci resistenze che ne hanno reso impervia la diffusione.

    Nelle sue pagine costate una vita di ricerca ai massimi livelli, il grande citogenetista, giunge a indicare cause della forma biologica di principio indipendenti dal gene e dal cromosoma, e a sostenere la vacuità del concetto di selezione naturale.
    La cosa destò controversie nel 1988, allorché apparve l'edizione originale per i preclari tipi di Elsevier, e continua a levarne ancora oggi, quando della genetica sembrano essersi impadroniti giornalisti, divulgatori e grande pubblico con attenzione a volte assolutizzante e sovente molto confusa. E' dunque inutile ricordare, perché immaginabile, l'acredine di certe reazioni alla visione di quest'opera, che sulla base della competenza fisica, chimica, cristallografica, botanica e zoologica del suo Autore attaccava dal di dentro dell'evoluzionismo il dogma del paradigma neo-darwiniano, e ridimensionava il ruolo del gene nell'architettura del vivente. La visione autoevoluzionista tratteggiata nel libro pare raccogliere intuizioni aristoteliche e goethiane per riunire in un unico reame mondo biologico ed inorganico a partire dalla spiegazione delle omologie morfofunzionali, giungendo a figurare una sorta di "parentela non genica" fra lo spin dell'ultramicroscopico elettrone, la viva Limnaea dalla conchiglia ritorta e le spirali delle immense galassie.

    Diversi equivoci, in buona e cattiva fede, hanno dipinto Lima-de-Faria come un anti-evoluzionista, o hanno limitato il punto centrale della sua opera all'attacco contro la selezione naturale, "gioco da salotto per spiegare la vita" come direbbe Giuseppe Sermonti.

    In realtà esistono pochi evoluzionisti più convinti di Lima-de-Faria. Ma soprattutto, se pure è vero che la negazione del ruolo della selezione ha conferito il titolo a quest'opera, non è essa l'oggetto più importante del suo studio. Il selezionismo (e per selezionismo si deve intendere una concezione che identifica nella selezione naturale non una concausa, ma il primo motore, più o meno onnipotente, dello sviluppo biologico) è infatti il maggiore ostacolo metodologico al riconoscimento e alla spiegazione dell'omologia morfofunzionale. E' tale fenomeno, che universalmente si riscontra in tutti i regni naturali indipendentemente dall'esistenza o meno del gene, il vero protagonista del libro. Un ordine attraversa e definisce per progressive e deterministiche canalizzazioni il mondo subatomico, chimico, fisico in tutte le sue scale, per ritrovarsi infine anche nel vivente. La forma di Chitoniscus feedjeanus, contraddittoriamente al fatto che nelle scuole venga spiegata come un classico esempio di imitazione mimetica della pagina fogliare, compare prima dell'avvento delle foglie sulla Terra, ed ha un precedente nella figura in cui si dispongono i cristalli del bismuto puro. La medesima struttura e torsione si rivela nella disposizione dei cristalli di clorite, negli uncini di certe piante, nei gusci di antiche ammoniti, nel corno della capra. L'estuario di un fiume visto dall'alto, la ramificazione di un albero, la va scolarizzazione di un mammifero seguono un unico schema dendritico di sviluppo, tanto che le loro immagini, una volta ridotte alla stessa dimensione, risultano difficili a distinguersi. Comunanze chimiche costanti si rivelano basare queste e innumerevoli altre apparenti curiosità di natura. Ora, non soltanto la selezione è impotente a dar conto di tale evidenza; ma è logicamente incompatibile con qualsiasi tentativo di spiegarla. Come tutti i sistemi teorici forti dinanzi a un fatto refrattario all\rquote integrazione, la biologia selezionista ignora l'omologia, e quando non può fare a meno di incontrarla la definisce mera analogia, relegandola così in quella metafora dell'annichilimento che è l'accidentalità; la quale tuttavia, piuttosto testarda, insiste a rivelarsi ovunque, in natura, si volga lo sguardo.

    Non è più nemmeno qui in questione l'accettabilità epistemologica della continua produzione, da parte dell'establishment scientifico, di teorie evoluzionistiche ad hoc per spiegare il fenomeno, anche se di passaggio l'Autore accenna a tale spia dello stato di salute del neo-darwinismo. Il campo di ricerca oggetto del libro è infatti del tutto invisibile a chi lo affronti dal di dentro di tale prospettiva, e non avrebbe senso tentarne un adattamento, anche fortemente critico.

    Da parte di Lima-de-Faria, demolire il selezionismo in quanto limite strutturale di stampo sociologico - vittoriano di nascita - della biologia, è insomma soltanto la premessa necessaria alla teoria dell'autoevoluzione, verso la quale egli ci conduce con mano ferma, metodica, elegante, dispiegando un corredo di immagini e osservazioni che conoscono pochi pari nella letteratura scientifica moderna.
    Al di là degli studi classici sull'argomento, da D'Arcy Thompson in avanti, è indubbio che la biologia molecolare degli ultimi anni ha continuato a confermare con sempre maggiore evidenza l'importanza di elementi complementari alla genetica teorica classica nella formazione degli organismi viventi; elementi che Lima-de-Faria aveva già cominciato a indicare e sistematizzare un ventennio fa in Molecular Evolution and Organization of the Chromosome (1983). E in effetti, come rammenta lo stesso Autore, Evoluzione senza selezione è la conseguenza di quelle premesse, una volta applicate all'evoluzionismo.

    Non ricorderemo gli sviluppi delle ricerche convergenti durante i 14 anni che ci separano dalla prima edizione del libro. Sono molti i fermenti di sviluppo paradigmatico che si potrebbero collegare a quest'opera come a uno snodo fondamentale e attuale, anche in altre discipline, quale la fisica dell'ubiquità [ Cfr. Mark Buchanan, Ubiquity: the Science of History, Weidenfield & Nicholson, New York, 2000. Trad. italiana: Ubiquità, Mondadori, Milano, 2001 ]. Ci limiteremo a rammentare uno studio di biologia teorica particolarmente significativo.

    Nel 2001 Nature, una delle riviste maggiormente stimate dal'ortodossia scientifica, ha pubblicato una nota dei biochimici Michael Denton e Craig Marshall dell'Università di Otago (Nuova Zelanda) dal titolo Laws of form revisited [ Nature, 410, 22 marzo 2001, p. 417 ] . In essa, sulla base dei risultati ottenuti da Cyrus Chothia del British Medical Research Council, suggeriscono che le unità di base per la costruzione delle proteine, le piegature proteiche, rappresentino un insieme finito di forme naturali, organizzate da "regole di assemblaggio" simili a quelle che determinano la tavola degli elementi di Mendeleev. Ciò deporrebbe a favore di una determinazione fisica diretta sull'architettura vivente. In pratica esistono prove che le forme biologiche più ricorrenti (ad es. quella delle cellule dei protozoi ciliati) sono il frutto di una legge fisica. I due studiosi concludono tirando delle somme che Lima-de-Faria aveva già presentato più di un decennio prima: se è vero che una quantità sostanziale di forme biologiche è di origine fisico-chimica, le implicazioni portano assai lontano. Le leggi fisiche hanno nell'evoluzione biologica un ruolo più importante di quanto sia stato accettato sinora, e le diversità morfologiche derivano da un insieme finito di forme naturali già scritte e ricorrenti in un universo che, in ultima analisi,segna la vita sul carbonio.
     
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    Già che ci siamo posto i titoli di due bellissimi libri usciti come supplemento di Le Scienze un paio di anni fa:

    1. Sean B. Carroll, Infinite forme bellissime, La nuova sicenza dell'Evo-Devo.

    2. Gary Marcus, La nascita della mente, Come un piccolo numero di geni crea la complessità del pensiero umano.
     
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    CITAZIONE (Evilclown @ 8/3/2009, 16:07)
    Un altra chicca di un eminente professore Lima De Faria

    Scusa Evil, ma questo concetto della fisica applicata alla biologia cosa dovrebbe dire? :unsure:
    Del resto è ovvio che la vita si fondi su leggi fisiche, anche chimiche direi.
     
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  5. Evilclown
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 8/3/2009, 17:06)
    CITAZIONE (Evilclown @ 8/3/2009, 16:07)
    Un altra chicca di un eminente professore Lima De Faria

    Scusa Evil, ma questo concetto della fisica applicata alla biologia cosa dovrebbe dire? :unsure:
    Del resto è ovvio che la vita si fondi su leggi fisiche, anche chimiche direi.

    Lima de Faria non è un fisico ma un grande genetista,citando studi diversi ho voluto dimostrare come il darwinismo faccia acqua da tutte le parti.Il concetto di evoluzione umana per selezione naturale(sessuale),l'idea che le caratteristiche umane siano innate nell'individuo(geni,dna),sono tutt'altro che certezze scientifiche.
    Ma (secondo me) al potere tramite la gaia scienza dominante fa comodo mantenere lo status quo ufficiale per giustificare se stesso.
     
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    Se l'evoluzionismo fa acqua, qual'è, secondo te, un'ipotesi più verosimile?
     
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  7. Evilclown
     
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    Un ipotesi di evoluzione di tipo lamarckiano(con aggiornamenti)dove l'evoluzione degli organismi si sviluppa in sintonia con l'ambiente e non per la competizione selvaggia.
     
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  8. silverback
     
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    LE SCIENZE, febbraio 2009.
    Editoriale, di Marco Cattaneo (pag. 7).

    La potenza di un'idea

    L'evoluzione è così semplice - dice David Lee Hull, fiolosofo della Northwestern University - che chiunque può fraintenderla. Forse è per questo che, a un secolo e mezzo dalla sua formulazione, una delle più potenti idee della storia del pensiero scientifico ha ancora tanti nemici. E che Darwin è stato tirato per la giacca in tutte le direzioni, e gli sono state attribuite affermazioni che non si sarebbe mai sognato di pronunciare né, peggio, di mettere nero su bianco.
    A cominciare dall'abusatissimo argomento secondo cui Darwin avrebbe sostenuto che "l'uomo discende dalle scimmie", fonte di innumerevoli caricature sul finire dell'Ottocento e di equivoci che si sono trascinati fino ai giorni nostri.
    Oppure dall'idea che l'evoluzione sia un processo progressivo, dal più semplice al più complesso, dal "peggiore" al "migliore". O ancora che l'evoluzione sia il semplice frutto del caso. Per finire con il tormentone secondo cui l'evoluzionismo sarebbe una teoria non confermata da prove materiali. Nulla di più falso. L'evoluzione non è una teoria, è un fatto, attestato da migliaia di osservazioni. E' l'incessante cambiamento degli esseri viventi per effetto di mutazioni genetiche casuali sottoposte all'azione della selezione naturale. Un cambiamento che in alcuni casi abbiamo sotto gli occhi giorno per giorno. Un solo esempio, un fenomeno di evoluzione che possiamo osservare per via dell'estrema brevità del ciclo vitale degli organismi coinvolti: la resistenza agli antibiotici, frutto della selezione di batteri che recano una mutazione che li rende inattaccabili da parte di uno specifico farmaco.
    Ne troverete molti, di questi esempi, nelle pagine che seguono (come pure nello splendido libro di Sean Carroll Al di là di ogni ragionevole dubbio, allegato a questo numero). Iniziando dall'articolo in cui Edoardo Boncinelli esamina i due pilastri dell'evoluzione - mutazioni e selezione naturale - nella sintesi moderna, e conclude con un cenno a quella affascinante disciplina, l'Evo-Devo, che sta chiarendo i meccanismi della vita al confine tra evoluzione e sviluppo embrionale.
    Scorrendo questo numero incontrerete anche osservazioni su parti dell'organismo che abbiamo ereditato dai pesci, riflessioni sulla storia passata e futura della nostra specie, un'incursione nelle controverse interpretazioni della psicologia evoluzionistica e un'illuminante analisi del ruolo dell'evoluzione in tecnologie che sono sempre più di uso comune. Una su tutte, quella che più cattura l'attenzione del grande pubblico, è l'analisi del DNA come prova forense.
    Non poteva mancare, alla fine, un cenno all'evoluzione della guerra contro l'evoluzione. Che forse a qualcuno potrà sembrare un problema tutto americano, ma lo è fino a un certo punto. Anche da noi non mancano i tentativi di sminuire la portata dell'evoluzionismo come rivoluzione della conoscenza, e in fondo sono passati solo cinque anni da quando Letizia Moratti, all'epoca ministro dell'istruzione, ha fatto cancellare l'evoluzione dai programmi scolastici per poi precipitarsi a fare marcia indietro dopo aver chiesto il parere di un comitato di esperti. E pensare che nel 1875 - come racconta Telmo Pievani nell'articolo Darwin, l'Italia e gli italiani - Vittorio Emanuele II nominava Charles Darwin socio straniero dell'Accademia dei Lincei. Come cambiano i tempi...


    ---------------------------------------------------------

    La formula dell'evoluzione
    di Piergiorgio Odifreddi (pag. 20), professore ordinario
    di logica matematica all'Università di Torino e
    visiting professor alla Cornell University di Ithaca
    (New York).



    Nel suo libro Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo (Il Saggiatore, Milano, 1999), il fisico Antonino Zichichi dismette la teoria biologica dell'evoluzione come non scientifica, in quanto non espressa da un'equazione.
    Tra le tante critiche che le sono state rivolte nel secolo e mezzo che ci separa dalla pubblicazione del capolavoro di Charles Darwin L'origine della specie, questa è una delle più disinformate: la matematica dell'evoluzionismo esiste infatti da un secolo esatto, visto che fu trovata indipendentemente nel 1908 da Godfrey Hardy e Wilhelm Weinberg, da cui il nome di legge di Hardy-Weinberg con cui è (o dovrebbe essere) conosciuta.
    Le leggi dell'ereditarietà erano state scoperte nel 1866 da Gregor Mendel, e riscoperte nel 1900 da Hugo de Vries, Karl Correns ed Erik von Tschermak: sostanzialmente stabiliscono che se si incrociano due individui eterozigoti, portatori cioè di due varianti A e a di uno stesso carattere (chiamate tecnicamente alleli), il primo dominante e il secondo recessivo, allora la loro prole sarà per un quarto omozigote dominante (AA), per un quarto omozigote recessiva (aa), e per metà eterozigote (aA o Aa), semplicemente per le leggi della combinatoria. Infatti la meiosi separa i due alleli di ciascun genitore, così che metà dei gameti (gli spermatozoi maschili e gli ovuli femminili) ne avranno uno, e metà l'altro. E, poiché la fecondazione combina casualmente un gamete maschile e uno femminile, ciascuna delle quattro combinazioni avrà un quarto delle possibilità.
    Nel 1902 Udny Yule sollevò una possibile obiezione nei confronti del mendelismo: se la prole esprime per tre quarti la variante dominante del carattere (che richiede solo un allele A), e per un quarto quella recessiva (che richiede entrambi gli alleli a), come mai gli alleli e i caratteri dominanti non aumentano nella popolazione, fino a far scomparire quelli recessivi? La risposta fu data da Hardy in una lettera a "Science" intitolata Proporzioni mendeliane in una popolazione mista, che iniziava modestamente così:"Sono riluttante a intromettermi in una discussione su un argomento di cui non sono esperto, e mi sarei aspettato che il semplice fatto che voglio far notare fosse familiare ai biologi. Ma alcune osservazioni di Udny Yule suggeriscono che possa valer la pena farlo".
    Il semplice fatto era che se i due alleli A e a sono rispettivamente presenti nei gameti della popolazione nelle percentuali p e q, allora lo stesso ragionamento di prima mostra che se gli individui si accoppiano in maniera casuale la loro prole sarà monozigote dominante in proporzione p2, monozigote recessiva in proporzione q2 ed eterozigote in proporzione 2pq.
    Ma allora nei gameti della prole l'allele A sarà presente in proporzione p2 + pq = p (p+q), e l'allele a in proporzione q2 + pq = q (p+q). E poiché p + q = 1, le due percentuali sono le stesse di quelle di partenza, cioè p e q: in altre parole le percentuali sia dei due alleli sia dei loro genotipi (cioè, degli individui che esibiscono la rispettiva variante del carattere), rimangono costanti di generazione in generazione, indipendentemente dai valori di partenza.
    Poiché l'evoluzione avviene quando le cose cambiano, essa è possibile soltanto quando non si verificano almeno alcune delle condizioni che portano all'equilibrio di Hardy e Weinberg. Da un lato, tre assunzioni del loro ragionamento sono di natura statistica: gli accoppiamenti devono essere equiprobabili e casuali, e la popolazione dev'essere sufficientemente grande perché valga la legge dei grandi numeri. Dall'altro, due ulteriori assunzioni sono di natura fisica: il sistema deve essere stabile e chiuso.
    Ora, accoppiamenti non equiprobabili sono tipici della "selezione naturale", che favorisce la fecondità o la sopravvivenza di alcuni individui rispetto ad altri.
    Accoppiamenti non casuali sono invece tipici della "selezione artificiale" imposta da allevatori o coltivatori, così come della "selezione sessuale" praticata da partner selettivi. Se la popolazione è piccola si può verificare una "deriva genica", per esempio nei pochi sopravvissuti a un cataclisma ("collo di bottiglia"), o in pochi emigrati distaccatisi da un gruppo ("effetto del fondatore"). Instabilità del sistema, infine, possono essere provocate da mutazioni endogene (copiatura) o esogene (danneggiamento) dei singoli alleli, e aperture del sistema da flussi genici in entrata nella popolazione (immigrazione) o in uscita (emigrazione).
    Con buona pace di Zichichi, si ritrovano così matematicamente le condizioni evolutive identificate empiricamente dai biologi, come si addice appunto a ogni buona teoria scientifica.
     
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  9. Evilclown
     
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    ORNITORINCO UNO, DARWIN ZERO. UNA BIOLOGIA DIVERSA. Una nota di Massimo Piattelli Palmarini - ---- di replica a Giorgio Bertorelle
    23 maggio 2008, di Federico La Sala

    L’eccezionalità genetica dell’ornitorinco.
    Massimo Piattelli Palmarini replica a Giorgio Bertorelle

    La teoria dell’evoluzione e il (defunto) darwinismo
    di Massimo Piattelli Palmarini (Corriere della Sera, 23.05.2008)

    Il Presidente della Società italiana di biologia evoluzionistica, Giorgio Bertorelle, («Corriere» del 21 maggio) usa nei miei riguardi un veleno non molto meno acre di quello degli speroni dell’ornitorinco, la specie australiana di mammiferi monotremi oggetto del nostro contendere. Uno solo dei suoi molti veleni merita un antidoto, per cortesia verso i lettori.

    Definisce la mia posizione un anti-darwinismo «all’italiana », evidentemente ignaro del mio ventennale, e ancora perdurante, soggiorno accademico negli Stati Uniti e delle svariate critiche al darwinismo ortodosso espresse, tra altri, da eminenti evoluzionisti americani, inglesi e tedeschi come Richard Lewontin, Gregory C. Gibson, Andreas Wagner, Gabriel Dover, Eric Davidson, Stuart Newman, Michael Sherman, Gerd Mueller, Marc Kirschner e la lista potrebbe continuare. Sono tutti biologi con credenziali scientifiche inattaccabili, tutti perfettamente materialisti, tutti indefettibilmente tesi allo sviluppo di una teoria dell’evoluzione biologica naturalistica.

    «All’italiana», detto da Bertorelle, penso significhi qualcosa come provinciale, di seconda mano, più di un tantino becero. Di questo dovrebbe scusarsi non con me, che poco mi importa, ma con la scienza italiana, se non addirittura con tutti gli italiani. Sostiene che i processi biologici da me citati nell’articolo (duplicazioni geniche, mutazioni di geni maestri con effetti subitanei su molti tratti distinti, moltiplicazioni di cromosomi sessuali) sono «noti da tempo a tutti e interamente compatibili con la moderna teoria dell’evoluzione ». Auspico siano noti a lui da tempo e certo lo sono a molti biologi, ma il grande pubblico non ne sa niente, mi creda, e non solo in Italia. Certo che sono «interamente compatibili con la moderna teoria dell’evoluzione » perché sono essi stessi la moderna teoria dell’evoluzione, come da me esplicitamente sostenuto in quell’articolo.

    L’errore di Bertorelle, grave, è confondere e generare confusione nei lettori tra la moderna teoria dell’evoluzione, sacrosanta, e il darwinismo, ormai largamente defunto. Sarebbe come far credere che qualsiasi analisi delle cause economiche profonde dei fenomeni sociali sia ipso facto un’analisi marxista. L’economista e storico francese Florin Aftalion, per esempio, è un anti marxista, che ha recentemente pubblicato un esauriente studio delle cause economiche della rivoluzione francese.

    La teoria darwiniana dell’evoluzione è perfettamente naturalistica, ma non ogni teoria perfettamente naturalistica dell’evoluzione è darwiniana. Lascio la parola a Darwin stesso: «Se si potesse dimostrare l’esistenza di un qualsiasi organo complesso e l’impossibilità che esso sia stato formato da piccoli, numerosi, successivi cambiamenti, allora la mia teoria collasserebbe assolutamente». I Bertorelle di questa terra non prendono sul serio il loro eroe. Lui non anticipava, come invece fanno loro, che le molte meraviglie della biologia degli ultimi venti anni potevano venire «integrate » nella sua teoria, che la sua teoria sarebbe stata confermata nell’essenziale da quanto oggi sappiamo.
    Sono molti anni che le scoperte della genetica e della biologia dello sviluppo hanno fatto «collassare assolutamente » la teoria darwiniana, proprio nei termini precisati dallo stesso Darwin. Sarebbe l’ora di prenderne atto, aprire la mente a teorie naturalistiche più interessanti smettendo di agitare il vieto vessillo darwiniano per proteggersi da immaginari assalti alla razionalità scientifica
     
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  10. silverback
     
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    Sì, ho già letto quell'articolo, così come ne ho letti altri molto simili.

    Ma tu questi li hai letti?
    CITAZIONE (silverback @ 8/3/2009, 11:34)
    CITAZIONE (Reduan @ 8/3/2009, 10:48)
    La teoria di Darwin è abbastanza accreditata e ci si può basare.

    Concordo.
    In merito, su LE SCIENZE del mese scorso, sono stati pubblicati i seguenti articoli:
    L'EREDITA' DI DARWIN, pag. 38-43, di Gary Stix;
    LA GENETICA DELL'EVOLUZIONE, pag. 44-50, di Edoardo Boncinelli;
    DAGLI ATOMI AI CARATTERI, pag. 52-59, di David Kingsley;
    IL PEDIGREE DEGLI ESSERI UMANI, pag. 60-63, di Kate Wong, illustrazioni di Viktor Deak;
    QUESTO VECCHIO, VECCHIO CORPO, pag. 64-67, di Neil H. Shubin;
    CHE NE SARA' DI HOMO SAPIENS, pag. 68-73, di Peter Ward;
    QUATTRO ERRORI SULLA MENTE, pag. 74-81, di David J. Buller;
    EVOLUZIONE E TECNOLOGIA, pag. 82-89, di David P. Mindell;
    DARWIN, L'ITALIA E GLI ITALIANI, pag. 90-95, di Telmo Pievani;
    IL NUOVO VOLTO DEL CREAZIONISMO, pag. 96-103, di Glenn Branch ed Eugene C. Scott;
    DARWIN 1809-2009, pag. 104-105, di Giovanni Spataro.


    LE SCIENZE, edizione italiana di SCIENTIFIC AMERICAN, febbraio 2009 - Numero speciale: L'EVOLUZIONE DELL'EVOLUZIONE - A 150 anni dalla pubblicazione dell'origine della specie e a 200 dalla nascita del grande naturalista, la teoria di Darwin è più attuale che mai.

     
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  11. Evilclown
     
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    CITAZIONE (silverback @ 8/3/2009, 20:20)
    Sì, ho già letto quell'articolo, così come ne ho letti altri molto simili.

    Ma tu questi li hai letti?
    CITAZIONE (silverback @ 8/3/2009, 11:34)
    Concordo.
    In merito, su LE SCIENZE del mese scorso, sono stati pubblicati i seguenti articoli:
    L'EREDITA' DI DARWIN, pag. 38-43, di Gary Stix;
    LA GENETICA DELL'EVOLUZIONE, pag. 44-50, di Edoardo Boncinelli;
    DAGLI ATOMI AI CARATTERI, pag. 52-59, di David Kingsley;
    IL PEDIGREE DEGLI ESSERI UMANI, pag. 60-63, di Kate Wong, illustrazioni di Viktor Deak;
    QUESTO VECCHIO, VECCHIO CORPO, pag. 64-67, di Neil H. Shubin;
    CHE NE SARA' DI HOMO SAPIENS, pag. 68-73, di Peter Ward;
    QUATTRO ERRORI SULLA MENTE, pag. 74-81, di David J. Buller;
    EVOLUZIONE E TECNOLOGIA, pag. 82-89, di David P. Mindell;
    DARWIN, L'ITALIA E GLI ITALIANI, pag. 90-95, di Telmo Pievani;
    IL NUOVO VOLTO DEL CREAZIONISMO, pag. 96-103, di Glenn Branch ed Eugene C. Scott;
    DARWIN 1809-2009, pag. 104-105, di Giovanni Spataro.


    LE SCIENZE, edizione italiana di SCIENTIFIC AMERICAN, febbraio 2009 - Numero speciale: L'EVOLUZIONE DELL'EVOLUZIONE - A 150 anni dalla pubblicazione dell'origine della specie e a 200 dalla nascita del grande naturalista, la teoria di Darwin è più attuale che mai.

    Ho letto qualcosa di Dawkins,dove nei suoi libri il gene mi sembra come un entita quasi divina con volontà di potenza :wacko:

    Su Boncinelli ricordo proprio un suo articolo,riguardo la polemica di Palmarini con Bertorelle(darwinista) e ricordo che nel suddetto articolo Boncinelli pur definito darwinista ortodosso,dovette ammettere che la "moderna teoria dell evoluzione" implicava l'inserimento di altre variabili come L'AMBIENTE.Se riesco a trovare quel vecchio articolo lo posto....
     
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    CITAZIONE (Quinzio2 @ 7/3/2009, 20:21)
    CITAZIONE
    L'unica speigazione a quel punto potrebbe essere di tipo religioso, ovvero i geni agiscono attraverso Dio, che in quanto tale è inconoscibile nella sua interezza.

    La sua interezza ?
    Io mi accontenterei anche di un pezzettino, di una briciola, ma manco quella mi e' arrivata.

    Quinzio, più che un ateo mi sembri un credente ferito e deluso.

    CITAZIONE (Reduan @ 8/3/2009, 10:48)
    Io penso però che manipolando informazioni frammentarie sia possibile arrivare a qualunque conclusione. Che però, essendo basate appunto su info frammentarie e troppo variegate, hanno alte probabilità di essere errate.

    Vero, purtroppo questo è uno dei problemi della cultura odierna. E molti poi si aggrappano su questo fatto marciandoci sopra accusando di questo tutto ciò che si distanzia dai propri pregiudizi personali.

    CITAZIONE
    La teoria di Darwin è abbastanza accreditata e ci si può basare.

    Infatti il problema non è il darwinismo ma il neodarwinismo che vede la selezione naturale pure nel piatto dove mangiamo.

    CITAZIONE (Evilclown @ 8/3/2009, 17:48)
    Ma (secondo me) al potere tramite la gaia scienza dominante fa comodo mantenere lo status quo ufficiale per giustificare se stesso.

    Anche questa è cosa da tenere in debita considerazione.

    Edited by Giubizza - 18/3/2009, 17:13
     
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