Dove le donne non arrivano mai (lavoro)

da Repubblica.it

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  1. divinefeet
     
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    Quote rosa in azienda? Ecco le professioni dove le donne non arrivano mai

    Le imprese continuano a preferire gli uomini in molte posizioni: dal dirigente finanziario all’esperto informatico. Dalla magistratura alla tv, cresce il numero di donne in attività ma poche nei posti che contano. Il divario retributivo aumenta con l'età. Il 2007 anno europeo delle pari opportunità.

    di FEDERICO PACE

    Se una donna che rimane in casa venisse pagata per tutto quello che fa, dice un recente studio statunitense, dovrebbe guadagnare circa 110 mila euro l’anno. Ovvero, come un dirigente d’azienda. Questo gioco economico (prova il calcolo), seppure non muta le condizioni di chi è casalinga a tempo pieno o di chi lo è pure lavorando, è utile a mostrare il paradosso delle tante cose che fanno le donne e del poco che ricevono in cambio.

    Sì perché le donne, comunque la si metta, a casa o in azienda, a lavorare ci stanno sempre. E quasi sempre ci rimettono. In Italia – dati dell’ultima indagine del Laboratorio Armonia della Bocconi sul Pay Gap - il divario retributivo tra le donne e gli uomini cresce nel tempo. E' stimato pari al 9 per cento per le donne tra 20 e 35 anni e arriva fino al 36 per cento per la classe d’età tra 56 e 65 anni (vedi tabella). Ma non si tratta solo di retribuzioni, piuttosto di opportunità professionali che non sempre vengono offerte alle donne in pari misura a quelle che vengono prospettate agli uomini.

    A riaprire il tema in Italia, ci ha pensato il nuovo ministro delle Pari opportunità, Barbara Pollastrini. Le aziende, ha detto Pollastrini, si devono aprire ai talenti femminili. La dichiarazione lascia presagire l’ipotesi di quote rosa non solo per le candidate in politica ma anche per i posti alle donne nelle università e nelle imprese.

    In Italia, se si guarda alle preferenze che le aziende esprimono al momento delle assunzioni, dati Unioncamere, ci si accorge che tra le professioni a “orientamento maschile” o “off-limits” per le donne, oltre a quelle come l’addetto ai servizi di sicurezza personale, ci sono posizioni come il direttore dell’area finanza e amministrazione, il tecnico informatico e i disegnatori tecnici. E per queste tre posizioni l’evoluzione degli ultimi anni mostra una crescente disparità (vedi tabella).

    Allo stesso tempo le figure dove invece vengono preferite le donne sembrano essere quasi sempre le medesime. Per le selezioni del 2005, le aziende hanno detto di preferire una donna quando cercavano segretarie, assistenti di didattiche, estetiste, assistenti socio-sanitarie o impiegate nella contabilità (vedi tabella). Viene da pensare che le imprese siano tra i più arretratti recetttori delle mutazioni sociali in atto.

    In un'indagine realizzata dal Corep sulle “Disuguaglianze di genere nelle politiche aziendali” - che ha analizzato come è mutato il mercato del lavoro negli ultimi otto anni in Piemonte - si osserva che le donne entrano sempre di più nelle posizioni dirigenziali ma allo stesso tempo però ci sono ancora delle professioni ad “alta segregazione”. Gli uomini sono molto presenti nelle attività di gestione imprenditoriale e in quelle operaie, mentre le donne nelle attività impiegatizie non specializzate (vedi tabella). Seppure, proseguono gli autori, vi sono aziende che vedono crescere le quote di donne in figure impiegatizie, di coordinamento e dirigenziali, sono altrettante quelle dove le posizioni femmili arretrano. Spesso sembrano contare più le scelte delle singole aziende più che i fenomeni strutturali.

    Ma non solo. In Italia, se si guarda ai media, ci si accorge che anche qui cresce la quota delle donne ma poche sono quelle che ricoprono posti cruciali. Di domenica, sui quattro giornali più venduti si può leggere solo una firma femminile tra gli editoriali (quella prestigiosa di Barbara Spinelli su La Stampa). All’apice della carriera giornalistica ci arriva una quota ancora irrisoria (meno del 2 per cento).

    In Tv, secondo una recente indagine del Censis, solo il 36,9 per cento dei programmi di approfondimento è condotto da donne. E anche lì dove lo spazio è maggiore, ad esempio nel ruolo delle "esperte", le donne sono relegate in ambiti e tematiche specialistice. Se si va a vedere di cosa parlano queste donne si scopre che raramente vengono chiamate per discutere di medicina, diritto o cultura manageriale. Le esperte del gentile sesso per lo più finiscono per parlare di astrologia (una su cinque), natura, artigianato o letteratura (vedi tabella).

    Nella magistratura, negli ultimi venti anni la componente femminile è quadruplicata (vedi tabella) eppure la loro presenza negli incarichi direttivi e nei ruoli di rappresentanza è ancora ridotta: le donne titolari di uffici semidirettivi sono 51 contro 665 uomini e le titolari di uffici direttivi sono 23 a fronte di 421 dirigenti uomini.

    Nell'ambito della ricerca e delle scienze, secondo i dati resi noti dal rapporto dell’Unione europea “She figures”, da noi sono donne solo il 19 per cento dei ricercatori attivi nelle aziende. E se nelle università la proprorzione sale (al 31 per cento) è pure vero che a meno di cinque di loro (16,8%) capita di riuscire a raggiungere la posizione più elevata.

    Più ampiamente, secondo un’indagine realizzata dall’Institute for the Study of Labor, in Italia solo il 3,9 delle donne che lavorano occupano un posto da responsabile mentre il 13 per cento è quadro e la gran parte (l'83,1 per cento) è occupata in posizioni impiegatizie (vedi tabella) mentre tra gli uomini l’11,5 per cento ricopre posizioni di responsabile (vedi tabella).

    A fine marzo di questo anno, il Consiglio europeo dell’Unione europea ha sottoscritto una sorta di patto europeo dove le parti si impegnano a perseguire le parità di genere, colmare i divari e combattere gli stereotipi nel mercato del lavoro. A questo si aggiunga che il 2007 è stato dichiarato l’anno europeo delle pari opportunità per tutti. Basterà?

    Fonte: http://lavoro.repubblica.it/lavoro/index.j...Content=1686655
     
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