Donne e politica

Diritti, opportunità, doveri

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  1. seiper1
     
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    Prosegue da QUI
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    CITAZIONE
    Cosa frena una donna alla carriera politica? Non saprei, dimmelo tu, io costato, con numeri alla mano, che però è così.... diciamo che non hanno voglia le donne, via, è per quello che in politica e nei posti decisionali ce ne sono poche, basta che volessero, tacchete, nessun impedimento.... Non è un impedimento il segretario di partito che sceglie le liste, visto il sistema di voto oggi, non è un impedimento per loro dover crescere i figli, no quelli non ce l'hanno mi dici, non è un impedimento il potere decisionale all'interno dei partiti, in mano alla classe dirigente, quasi unicamente maschile....

    (IlFemminista)

    Ok. Andiamo per ordine.
    Tu dici che la percentuale di donne in politica attiva dipende da un complotto (più o meno oscuro) della parte maschile (segreterie di partito, classi dirigenti etc.) per garantirsene il monopolio.
    Ma prima di fare un'affermazione così banale, che è quella che sentiamo tutti i giorni dai media, sapresti dirmi quello che non viene mai detto?
    Ossia, quale sia la percentuale di donne che frequentano la politica e partecipano attivamente nelle sezioni, nelle segreterie, sul territorio, nelle circoscrizioni, nei comuni e in tutti quei luoghi dove la politica si svolge?
    Io, pur senza avere dati certi (che nessuno dice esplicitamente, perché, questa sì, è una realtà occultata) so che in molti partiti (molti, non tutti) la semplice percentuale delle iscritte non va oltre il 15/20 percento, ad essere generosi. E questo dato ancora non dice quanta parte di queste abbia un impegno effettivo o possegga solo una semplice tessera. A questo riguardo, sarebbe utile ed importante se qualcuno di noi (io non ho tempo sufficiente per farlo) svolgesse una piccola ricerca sul web per raccogliere questi dati sin dove possibile. Sono convinto che ne uscirebbe un quadro significativo.
    Poi, chiunque conosca minimamente la politica sa perfettamente che la carriera e la sua ascesa sono garantite solamente dal seguito personale dell’attivista, dal numero di tessere che riesce a far sottoscrivere e dal suo bacino di consenso.
    Se una segreteria di partito dovesse sostituire a questi criteri per formare le candidature quelli del sesso di appartenenza, pregiudicherebbe il rapporto effettivo con l’elettorato perdendo voti e rappresentanza. E’ quello che sta succedendo ai DS che, privilegiando in astratto la componente femminile, ad ogni tornata perdono quote di elettorato.
    Secondo: tu dici che un ulteriore impedimento alle donne sarebbe dato dal dover crescere i figli.
    Intanto, io non riesco più a capire come si faccia seriamente ad invocare, da un lato, la maternità come valore aggiunto della donna e, dall’altro, ad additarla come fattore di impedimento al suo sviluppo sociale. Da questa contraddizione, secondo me, si stanno producendo quei guasti psicologici individuali, che hanno il loro sintomo più drammatico nelle ormai numerose madri che sopprimono i figli a calci nella schiena o infilandoli nella lavatrice. Neanche questo aspetto viene mai considerato dai media, che preferiscono parlare, invece, di astratte depressioni post-partuum…….
    Ma, a parte questo (che meriterebbe un approfondimento a parte), secondo te e molti altri, data questa evidenza biologica bisognerebbe alterare le regole del gioco democratico e della rappresentanza, nonché dei criteri meritocratici di selezione, solo per consentire alle donne una maggiore partecipazione sine titulo alla vita politica. E’ un punto di vista; sicuramente non il mio che lo considero una pericolosa falsificazione della rappresentanza politica.
    Ma ci si dimentica di osservare, soprattutto, che questa eventualità poggia, in ultima analisi, sul sacrificio di altrettanti uomini che si guadagnano la carriera sul campo e non sull’appartenenza di genere e che si vedrebbero scavalcati da altrettante donne con la semplice giustificazione che “sono donne”.
    Le chiamano esplicitamente “discriminazioni positive”, quindi ben comprendendo l’intimo aspetto discriminatorio che comportano, che sarebbe reso accettabile, chissà perché, dall’aggettivo positive. Naturalmente la positività della cosa non è estesa a tutti i cittadini, unico fattore che la renderebbe tollerabile, ma solo ad una parte di essi: quella femminile.
    Io credo che qualunque discriminazione, anche a mente del dettato Costituzionale che tu stesso hai ricordato, non abbia mai alcun aspetto positivo, ma sia solo la legittimazione di un nuovo sistema di privilegi di una parte a danno dell’altra.
    Se per te questo è progresso e civiltà siamo ben lontani dal comprenderci.

    Edited by Reduan - 21/5/2006, 22:36
     
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27 replies since 21/5/2006, 11:19   1586 views
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