giustizia giusta

cronaca di un rapimento

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  1. ilmarmocchio
     
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    06/03/2009 13:12
    http://www.libero-news.it/articles/view/526130

    «Costretta a dire che papà era pedofilo»
    Benedetta Frigerio
    Pubblicato il giorno: 06/03/09

    Prelevata da scuola con un blitz dei carabinieri. Perché così ha stabilito la magistratura. Da qui, inizia il calvario di una bambina violentata, invece che dal padre, come tutti vogliono e le fanno credere, dall’ideologia di quelli che in questa storia si infilano i panni dei “buoni”.

    «Ma il mio papà e la mia mamma lo sanno dove mi porti?». Mentre la gazzella dei carabinieri correva veloce per le strade di Milano l’angoscia mi montava nel cuore. Ormai era trascorsa un’ora dalla brusca apparizione di Carla (l’assistente sociale, ndr) nella mia vita. Quella mattina mi aveva preso, come fosse la cosa più normale del mondo, e ora mi teneva accanto a sé, prigioniera sul sedile posteriore di quell’auto nera che da sola bastava a farmi paura».
    metodo investigativo

    La vicenda è quella di Angela L., strappata ai genitori all’età di sette anni. È il 24 novembre 1995. I giudici sono convinti della fondatezza delle accuse di abusi di una cugina nei confronti del padre della piccola e, anziché verificarla, riconducono ogni particolare delle indagini a quell’ipotesi accusatoria.

    La stagione giudiziaria è quella del cosiddetto “metodo investigativo Forno” (1992-2004), dal nome del pm milanese che si occupa in quegli anni di reati di natura sessuale. Utilizzato in centinaia di processi per stupri, si basa sul coinvolgimento di educatori e psicologi, il cui compito è di condurre i bambini, possibili vittime di violenza sessuale, a confidarsi con loro, e sull’appoggio dei tribunali dei minori, per ottenere l’allontanamento immediato dei presunti seviziati dalle famiglie. Per Forno, la procedura da seguire è sempre questa, a prescindere dalla fattispecie.

    Non risulta perciò strano che Angela racconti oggi in “Rapita dalla giustizia” (Ed. Rizzoli, 2009, pp. 210, euro 18,50) di essere stata costretta a mentire davanti a un entourage di “esperti” che, convinti della colpevolezza di suo padre, sanno che serve la sua parola ad incastrarlo, fino al punto di giustificare i mezzi con cui viene ottenuta: «Se dici tutto rivedi la mamma», dicono a lei, che con questa speranza si lascia convincere «dell’idea che non fosse così terribile raccontare una bugia».

    «Non riuscivo a comprendere», racconta Angela, «la gravità dei comportamenti che stavo attribuendo a mio padre. Quando, molto tempo dopo, scoprii il vero significato di quello che mi avevano spinto a dire, fu orribile: mi sentii sporca e, per la prima volta, veramente violentata».

    Per Angela inizia poi la vita negli orfanotrofi, dove percepisce di essere trattata dagli “addetti ai lavori”, come l’oggetto esanime della loro occupazione, come una «pratica burocratica», «come una cosa», scriverà lei. Due anni in istituto scorrono nella compagnia di professionisti abili, coerenti con i loro compiti, con le sentenze dei tribunali, eppure troppo distanti dalla realtà per vedere i disagi della piccola, per accorgersi che Angela vuole tornare a casa: «Non avrei trovato partecipazione sentimentale, ma una diffusa ipocrisia». Perché, si sa, in questioni così delicate viene prima la legge, il rigore.

    Ma al dramma si aggiunge dell’altro. Il “metodo Forno” prevede anche l’azione congiunta dei periti, perciò gli anni dell’orfanotrofio coincidono con quelli di una madre che lotta per riavere la sua bimba, sottoposta ai ricatti di chi le chiede di accusare il marito in cambio della figlia, e di una moglie che per non cedere alla menzogna perderà la sua battaglia. Passati tre anni, è il 1998, papà viene prosciolto in primo appello. Neanche questo basta a riportare la piccola dai suoi genitori. Anzi. Angela viene destinata all’affido e entra in una casa nuova. Ma la pena non sembra alleggerirsi, la convivenza con la famiglia proprio non funziona. E anche quando, dopo due anni, un serie di casi giudicati da Pietro Forno è smentita, e papà viene assolto dalla Cassazione, per i giudici è comunque troppo tardi, la bimba resta con la famiglia affidataria. E Angela? A lei non verrà mai chiesto nulla, saltata, ancora una volta bypassata in nome delle idee dei suoi “tutori” su quel che va fatto a priori.
    la liberazione

    Sarà solo la tenacia di mamma e papà a mandare in pezzi gl’ingranaggi della macchina giudiziaria: venuti a conoscenza del posto in cui la bimba passa le vacanze, setacceranno le spiagge di Alassio, fino a trovare quella ragazza che somiglia troppo alla loro piccola per non essere lei. Ed è così, è proprio Angela: “27 maggio 2006… ero libera”. Perché sia capitato a lei e non a un altro non va domandato. Non sarà mai dato saperlo. Ma restano parecchi interrogativi sulle altre centinaia di casi figli dell’ideologia dei buoni e cattivi a tutti costi, di una giustizia che si concepisce infallibile. Casi forse simili a quello di Angela, o magari nemmeno, quando privi di un lieto fine.

    Che ne dite ?
     
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  2. Evilclown
     
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    Sembra una moderna caccia alle streghe o agli untori di manzoniana memoria.

    Il cinismo culturale ha creato un clima da grande fratello orwelliano,dove tutti gli uomini sono dei potenziali stupratori in quandto maschi.E c'è qualche vergognoso soggetto che grida a gran voce di vergognarsi di essere maschio nei mass media
     
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  3. TullioConforti
     
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    Attenzione, che c´e´ tanta gente che ci campa co ste cose, assistenti sociali, magistrati, avvocati, tribunali, psicologi, istituti.

    Se non ci fossero i "Forni" di turno, come farebbero a giustificare il loro stipendio?

    La domanda conseguente e´ chi sono i veri mostri? I genitori che si vedono strappare i bambini, o gli addetti ai lavori, che in fondo seviziano i bambini ed i loro genitori, rovinando famiglie, a mero scopo di lucro?
     
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  4. ilmarmocchio
     
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    Pienamente d'accordo con i 2 interventi precedenti. E' chiaro che c'e' tutto un indotto che cicampa. Eppure , lo sgomento nel leggere certe vicende , rimane
     
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  5. COSMOS1
     
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    ho sentito dire che le assistenti e i giudici implicati nella vicenda non solo lavorano ancora, ma hanno addirittura fatto carriera.
    Se potessimo recuperare i loro indirizzi sarebbe niente male mandargli un po' di messaggi di congratulazioni
     
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  6. madjakk
     
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    Immagino che la ragazza e la famiglia non abbiano potuto denunciare nessuno di quegli incompetenti.
     
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  7. ilmarmocchio
     
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    Ottima l'idea di Cosmos1
     
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6 replies since 6/3/2009, 19:16   210 views
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