Questione Di Cervello

sulle differenze di genere

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  1. Quinzio
     
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    Beh, non se andare fiero di quest'articolo. Dopotutto, esalta molto le capacita' femminili a scapito di quelle maschili.
    Poi e' lungi dall'essere di taglio scientifico, ad esempio il paragone "autostrade ad 8 corsie e strade di campagne" non si sa come applicarlo (oltre a denigrare il cervello maschile).
    Forse che la donna ha un'elaborazione parallela delle informazioni grazie a queste 8 corsie (tipo il computer che gioco' a scacchi contro Kasparov ?; non capisco....

    Inoltre, non poteva mancare la parte piccante per fare audience, cioe' che l'uomo pensa al sesso ogni 52 secondi.
    Ora, chiuque pensi a se stesso sa bene che se il cervello e' impegnato in attivita', non pensa al sesso.
    Dubito che il Kasprov, nelle ore in cui ha giocato contro Deep Blue, abbia pensato al sesso.
    Anche un uomo ai comandi di una macchina scavatrice deve essere concentrato e non pensa al sesso.
    Che vuol dire un uomo pensa al sesso ogni 52 secondi ???

    Io direi che un uomo puo' venire molto piu' facilmente eccitato rispetto a una donna. Ma ci deve essere uno stimolo.


     
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    Lupus in fabula

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    Beh, non se andare fiero di quest'articolo. Dopotutto, esalta molto le capacita' femminili a scapito di quelle maschili.

    Caro Quinzio, cerco di spiegare come la vedo io in maniera sintetica; secondo me "l'ambaradan" funziona grosso modo così:

    In Italia sono attive diverse agenzie di statistica, ad esempio istat, eurispes, eurostat, doxa, eccetera, eccetera (a questi ed altri vanno poi aggiunti i dipartimenti di statistica delle università e le indagini statistiche private)
    Praticamente tutto quanto può essere monitorato viene monitorato, e praticamente nulla è sconosciuto agli staff tecnici di chi ci governa. Sanno quanto dormiamo, quanto fumiamo, quante volte andiamo in bagno, qaunto tempo ci restiamo, per quanti minuti ci laviamo le mani dopo, quanti starnuti facciamo in un giorno, cosa pensiamo dopo una notte con la fidanzata, cosa pensiamo dopo aver votato, etc, etc.
    ecco, sanno praticamente tutto di tutto. Di questo tutto, però, traggono ovviamente delle medie
    Così, se dieci persone dopo l'uso del bagno le mani non se le lava affatto, mentre le rimanenti dieci persone se le lava per 240 secondi, questi fanno 240/20 e ci dicono per quanti secondi gli italiani, in media, si lavano le mani dopo l'uso delle toilettes.
    Si veda ad esempio una delle agenzie che tra l'altro non figura tra le più organizzate, questa: http://www.doxa.it/italiano/home.asp
    per farsi un'idea.


    Quella degli italiani che pensano al sesso ogni 52 secondi è ovviamente una media.
    E' un modo efficace, però, per confrontare il dato con la controparte femminile.

    ...I risultati aggiornati delle varie indagini statistiche, cioè quelli che più sono rappresentativi, in genere non sono divulgati in via gratuita, ma vengono venduti. Chi vuole leggerli deve pagare.
    Allora succede che spesso li comprano i giornali, ognuni di questi poi li manipola a modo suo; non è che li falsino proprio, ma a volte poco ci manca. Ci sono diversi modi per presentare i dati di una indagine e ogni giornale li presenterà a modo suo. L'impressione finale, per gli stessi dati, può essere anche completamente diversa, ovvero diametralmente opposta, a seconda del modo di presentarli.
    E' chiaro che in regime femminista non possiamo aspettarci che i dati vengano presentati in maniera fredda ed oggettiva, specialmente poi quando si parla di giornali femminili.

    Nel complesso i dati qui su riportati sono ancora abbastanza "equidistanti", non si insulta nè si criminalizza apertamente e direttamente l'uomo, ad esempio. E poi si parla di differenze, e questa mi sembra l'impostazione di fondo dell'articolo, l'impressione che si voleva comunicare.
    ...E' grasso che cola, direi che c'è quasi da esultare, visti i passati "chiari di luna".

    Bisogna poi esser capaci di "estrapolare" i dati dall'articolo, scinderli dal contesto soggettivo tendenzioso e fazioso in cui sono presentati, analizzarli freddamente e quindi trarne ognuno il proprio parere personale.
    In altre parole non badiamo ai commenti faziosi e tendenziosi, ma facciamo caso solo al dato in sè, se vogliamo conservare un minimo di libero arbitrio..



    Edited by Reduan - 27/8/2006, 11:39
     
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    CITAZIONE (Reduan @ 6/3/2005, 13:55)
    -Questione di cervello-
    Interessante libro scritto da Simon Baron-Cohen "...un brillante psicologo-ricercatore" (S. Pincher- direttore Centro neuroscienze del MIT) . Sottotitolo: La differenza essenziale tra uomini e donne. - 2003

    interessante, forse è per questo che le donne seguono a ruota e passivamente il tuo umore, se stai incazzato s'incazzano anche loro, se stai allero ridono pure loro etc.?
    Una nota: si dice che le donne hanno il corpo calloso che unisce gli emisferi più sviluppato degli uomini, non potrebbe essere che sono invece gli uomini ad avere gli emisferi più sviluppati delle donne e non lo si dice perché non è "politicamente corretto"?
     
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  4. *STRIDER*
     
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    CITAZIONE (Reduan @ 26/8/2006, 12:09)
    . Quanto al capitolo sesso, i maschi ci pensano molto più spesso delle donne perché la quantità di testosterone che raggiunge il cervello femminile è 10-100 volte inferiore. Ciò che invece può fare la differenza, per una ragazza, è l'abbraccio: una stretta di 20 secondi stimola la produzione di ossitocina, l''ormone dell'attaccamento'.

    Della serie "La scoperta dell'acqua calda"... :D
    Proprio divertenti 'ste "scienziate"...
     
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  5. giuliaMi87
     
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    io credo che il cervello non abbia un sesso....
    penso che sia tutta questione di educazione..se tu educhi un uomo fin dalal nascita a prendersi cura dei suoi sentimenti ed emozioni egl icrescerà come una donna......è tutt auna questioe culturale..non facciamo distinzioni di sesso siamo allo sfociare del 2008..
    io x la teroria che l'uomopensa al sesso ogni 52 secondi credo siano sempre impronteculturali xke è sempre stata demonizzata x secoli la donna che pensa al sesso, credetmi che ci sono donne che al sesso ci pensano sempre ed è una predisposizione mentale non fisica in base al sesso.....ma non credo ce gli uomini pensano ogni 52 secondi se hanno altri pensieri per la testa...non generalizziamo perchè poi si va a finire nel rango delle cosidette malattie sessuali tipo la ninfomania.


    scienziato apocrifo si ho delle prove che questa è solo una questione culturale....perchè se un uomo cresce in un ambiente dove non c'è alcuna figura maschile e sono tutte femmine cresce effemminato?
    ci sarà un motivo no?

    Edited by giuliaMi87 - 21/12/2007, 16:31
     
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  6. Scienziato apocrifo
     
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    CITAZIONE (giuliaMi87 @ 21/12/2007, 16:25)
    io credo che il cervello non abbia un sesso....
    penso che sia tutta questione di educazione..se tu educhi un uomo fin dalal nascita a prendersi cura dei suoi sentimenti ed emozioni egl icrescerà come una donna......è tutt auna questioe culturale..non facciamo distinzioni di sesso siamo allo sfociare del 2008

    Hai delle prove di quello che dici? o parli solo per "sentito dire"?

    Se ti mostrassi delle prove che confermano il contrario cambieresti idea?
     
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  7. tonireve
     
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    CITAZIONE
    se tu educhi un uomo fin dalal nascita a prendersi cura dei suoi sentimenti ed emozioni egl icrescerà come una donna

    CITAZIONE
    crescerà come una donna

    Bella roba.
    :CLAPPING-: :CLAPPING-: :CLAPPING-: :CLAPPING-: :CLAPPING-:
     
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  8. Quinzio2
     
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    Anche una gallina può venire educata a cantare come un gallo !!!
     
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  9. Scienziato apocrifo
     
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    Da una discussione di qualche anno fa da titolo:

    Identità sessuale, dato Naturale o Culturale?

    image



    Storia del bambino che qualcuno volle bimba
    08-12-2005 - Fonte: ildomenicale.it
    Un film su Alfred Kinsey, il rivoluzionario dell’identità sessuale, riapre la questione sull’ideologia transgender. Un intervento chirurgico banale che si trasforma in tragedia. Un medico famoso, un’idea fissa. Un bambino costretto a cambiare sesso. Una lunga sequela di sofferenze. Un libro che ha sconvolto gli USA e che Peter Jackson vorrebbe portare sul grande schermo.

    Nature or nurture? Natura o educazione? La nostra identità di genere, ossia la coscienza dell’appartenenza a un determinato sesso, delle differenze con l’altro sesso, dei fattori psicologici e culturali connessi al ruolo che gl’individui di un sesso o dell’altro svolgono nella società, è inscritta profondamente nella nostra natura o piuttosto è “socialmente costruita”, frutto dell’apprendimento, come affermano da decenni attive culture femministe e gay che accusano il maschio di aver progettato la società occidentale allo scopo di conservare privilegi economici e sociali? Esistono una natura maschile e una natura femminile, o sono mero esito di indottrinamento socioculturale? Se un bambino, anziché giocare con pistole e soldatini, giocasse con le bambole e i nastrini colorati, da adulto gliene verrebbe un comportamento dolce e materno piuttosto che virile e pragmatico?

    C’era una volta Bruce
    La drammatica storia di David Reimer sembra smentire qualsiasi teoria “educativa” della sessualità.
    David Reimer nacque il 22 agosto del 1965 a Winnipeg, in Canada. Allora non si chiamava David, bensì Bruce. Nacque con un fratello gemello omozigote, Brian. I due gemelli presentavano una fimosi piuttosto marcata, e i genitori decisero di sottoporrli a un intervento di circoncisione. Un’operazione routinaria e banale, che tuttavia cambiò la vita della famiglia Reimer e soprattutto di Bruce.
    Il 27 aprile 1967 la madre, Janet Reimer, portò i suoi bambini all’ospedale di Winnipeg come programmato, nonostante sulla cittadina si fosse scatenata una tempesta di neve. Il medico che solitamente operava le fimosi era assente. Il suo sostituto decise di non effettuare l’operazione con un bisturi, ma con una macchina per cauterizzare. Nel corso di un primo tentativo non riuscì ad incidere la pelle. Aumentò il voltaggio. Secondo fallimento. Il voltaggio fu aumentato di nuovo. Il cauterizzatore bruciò il pene di Bruce. Non ci fu un tentativo su Brian. La sua fimosi si sarebbe risolta spontaneamente dopo qualche mese.

    Ron e Janet, i genitori di Bruce, si chiusero in un isolamento assoluto, per la vergogna e il rimorso. Una domenica sera, tuttavia, un uomo carismatico, suadente, ben vestito e dall’eloquio forbito fece loro credere che tutto si sarebbe risolto. Che si sarebbero risvegliati dall’incubo e che la loro vita sarebbe stata quella che avevano sempre sognato. Quell’uomo era il dottor John Money, chirurgo del Johns Hopkins Hospital di Baltimora; stava illustrando in televisione i suoi successi nel campo del cambio di sesso. Durante la trasmissione il dottor Money chiese a una donna, decisamente affascinante e femminile, di entrare nello studio e di sedersi accanto a lui. Dopodiché spiegò che quella donna quattro anni prima si chiamava Richard.

    Qualche giorno dopo il dottor Money incontrò Ron e Janet. Mantenne la sua imperturbabilità professionale, ma l’occasione era ghiotta. Fino a quel momento aveva operato persone con problemi di ermafroditismo, ossia che presentavano organi genitali appena abbozzati, oppure sia maschili che femminili; si trattava di casi estremi, con una sessualità indefinita. Ora, invece, non soltanto aveva la possibilità di trasformare chirurgicamente un bambino nato con organi genitali normali in una bambina; ma c’era pure un gemello con lo stesso patrimonio genetico. Era l’esperimento perfetto e gli veniva offerto su un piatto d’argento. Avrebbe dimostrato in maniera definitiva che l’identità di genere è socialmente costruita e assolutamente indipendente dal sesso genetico. Una piccola operazione, bambole e nastrini, qualche dose ormonale: questo è tutto ciò che serve per trasformare una persona da maschio in femmina. E per dimostrare che non esiste alcuna natura maschile o femminile, alcun progetto divino, alcun ordine naturale eterno e immutabile.

    La pipì in piedi
    Il 3 luglio 1967 il dottor Money asportò i testicoli di “Brenda” Reimer e modellò lo scroto dandogli la forma delle grandi labbra. Ordinò a Ron e a Janet di vestirla come una bambina, trattarla da bambina, parlarle come si parla a una bambina. Una volta all’anno lui avrebbe effettuato una visita di controllo. E tutto sarebbe andato bene.

    Ma l’esperimento del dottor Money incontrò un ostacolo imprevisto: Brenda. Brenda (cioè Bruce, che nulla sapeva della sua nascita) si muoveva, parlava e camminava come un maschietto; interveniva a difendere il fratello facendo a botte con i compagni di classe; rubava a Brian i giocattoli “da maschio” e i suoi vestiti; faceva la pipì in piedi. Le insegnanti, preoccupate per gli atteggiamenti poco femminili di Brenda, convocavano continuamente i genitori e, insieme a loro, facevano pressione su Brenda perché si decidesse a comportarsi come avrebbe dovuto. Brenda, dal canto suo, tentava in ogni modo di comportarsi come una brava bambina per far felici genitori e insegnanti; ma gli esiti erano sconfortanti.

    Nel frattempo il rendimento scolastico della bambina peggiorava; Brenda era sempre più chiusa e taciturna. Le insegnanti cominciarono ad accennare ai genitori il timore che Brenda fosse lesbica; suggerirono di portare la bambina da uno psicoterapeuta, per indagare i sempre più evidenti sintomi depressivi che la bimba mostrava. Il dottor Money consigliò invece ai genitori di girare per casa nudi e di frequentare spiagge per nudisti. Sempre su suggerimento del dottor Money, Ron e Janet vendettero ogni cosa, lasciarono il lavoro e andarono a vivere in un camper, in una località montana, isolata e scarsamente abitata. Ma Brenda continuò a peggiorare. Il fratello Brian mostrava atteggiamenti aggressivi nei confronti degli altri ragazzi; Ron cominciò a bere smodatamente. Janet evidenziò disturbi psicologici e tentò il suicidio. Chiese il divorzio. Infine, un incendio distrusse il camper e con esso la maggior parte delle loro cose. I Reimer tornarono a Winnipeg nel novembre del 1976, nel tentativo di ricostruirsi una vita; Brenda fu infine portata da uno psicoterapeuta.

    Ron e Janet avevano sempre portato i bambini dal dottor Money, come concordato, una volta all’anno. Ma i gemelli, Brenda in particolare, mostravano resistenze sempre più violente. I genitori non capivano: il dottor Money era sempre dolce e gentile. Non potevano immaginare ciò che accadeva nello studio mentre loro aspettavano in sala o in albergo. Non potevano sapere che Money esercitava su Brenda e Brian violenze psicologiche, che mostrava loro fotografie e filmini pornografici, che chiedeva loro di mimare rapporti sessuali scattando fotografie. Intanto Money insisteva perché Brenda fosse sottoposta a un’operazione definitiva di scavo della vagina, ma Brenda non ne voleva parlare; finse di accettare la terapia ormonale, ma nella maggior parte dei casi riusciva a sputare le pillole. Per nascondere il seno e i fianchi cominciò a mangiare a dismisura. Quando Money, nel corso della visita del 1978, la fece accogliere da un transessuale, Brenda fuggì terrorizzata e disse ai genitori che si sarebbe suicidata piuttosto che tornare in quello studio. Da quel momento decise di smettere la commedia della brava ragazza; rifiutò l’identità femminile e cominciò a comportarsi da maschiaccio.

    Due anni più tardi Ron chiese a Brenda di accompagnarlo a prendere un gelato. Le raccontò tutto: la circoncisione e quel che era seguito. Brenda chiese semplicemente: «Qual era il mio nome?».

    Decise di farsi amputare il seno e cominciò a farsi chiamare David. David Reimer tentò il suicidio ingerendo un flacone di antidepressivi della madre; in seguito comprò una pistola ed entrò nello studio del medico che, quindici anni prima, gli aveva bruciato la vita. Non lo uccise; uscì dallo studio e gettò la pistola nel fiume. Nel 1981 si sottopose a un intervento per la costruzione di un rudimentale pene; cominciò a farsi degli amici e a frequentare le ragazze. Nel 1986 si sottopose a un altro intervento di ricostruzione del pene e nel 1989 sposò Mary, una giovane donna con tre figli avuti da tre uomini diversi. Decise di raccontare la sua storia al giornalista John Colapinto; voleva denunciare gli esperimenti ai quali era stato sottoposto ed evitare ad altre persone le sue sofferenze. L’esito di quell’incontro è il toccante libro As Nature Made Him: the Boy Who was Raised as a Girl (2000), entrato fra i best seller del New York Times e insignito di vari premi (ma mai tradotto in Italia).

    Il 5 maggio 2004 David Reimer si è suicidato. E John Money è acclamato come uno dei più autorevoli psicosessuologi americani. Ora è il portabandiera della teoria secondo la quale la pedofilia non sarebbe sinonimo di violenza sui bambini.

    continua qui:
    http://questionemaschile.forumfree.net/?t=6269423
     
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  10. cama-leo
     
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    CITAZIONE (giuliaMi87 @ 21/12/2007, 16:25)
    scienziato apocrifo si ho delle prove che questa è solo una questione culturale....perchè se un uomo cresce in un ambiente dove non c'è alcuna figura maschile e sono tutte femmine cresce effemminato?
    ci sarà un motivo no?

    Sono queste le prove? Vuoi dire che tutti gli effeminati che ci sono sono stati dei senza padre?!
    Ah, 'sti padri......
     
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  11. Scienziato apocrifo
     
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    giuliaMi87 spiegami questa STORIA allora!

    p.s. non si modificano i vecchi post per rispondere ai post successivi. Le uniche modifiche consentite sono quelle di correzione dovute ad errori.
    E' una questione di netiquette. Non rispettarla porta alla totale incomprensione dei post successivi

    CITAZIONE (giuliaMi87 @ 21/12/2007, 16:25)
    io credo che il cervello non abbia un sesso....
    penso che sia tutta questione di educazione..se tu educhi un uomo fin dalal nascita a prendersi cura dei suoi sentimenti ed emozioni egl icrescerà come una donna......è tutt auna questioe culturale..non facciamo distinzioni di sesso siamo allo sfociare del 2008..
    io x la teroria che l'uomopensa al sesso ogni 52 secondi credo siano sempre impronteculturali xke è sempre stata demonizzata x secoli la donna che pensa al sesso, credetmi che ci sono donne che al sesso ci pensano sempre ed è una predisposizione mentale non fisica in base al sesso.....ma non credo ce gli uomini pensano ogni 52 secondi se hanno altri pensieri per la testa...non generalizziamo perchè poi si va a finire nel rango delle cosidette malattie sessuali tipo la ninfomania.


    scienziato apocrifo si ho delle prove che questa è solo una questione culturale....perchè se un uomo cresce in un ambiente dove non c'è alcuna figura maschile e sono tutte femmine cresce effemminato?
    ci sarà un motivo no?

    Io invece credo che, se esiste un DIO, ci dovrà mandare tutti quanti in Paradiso, se non altro per la santa pazienza che dimostriamo ogni volta che si presenta gente come te che ci costringe a ripetere per la miliardesima volta le stesse cose.


    http://www.forumfree.net/?t=780616

    Le capacità intellettive che le persone sviluppano durante la vita dipendono indubbiamente da molteplici fattori. E' indiscutibile che, oltre che dall'ambiente, l'intelligenza dipenda anche dal patrimonio ereditario.
    Si conoscono diversi geni indispensabili per un normale sviluppo intellettivo. Se questi geni vengono danneggiati nell'ovulo fecondato, si corre il pericolo che il bambino, crescendo, soffra di ritardi mentali o che abbia un'intelligenza limitata.

    All'Università di Ulm hanno analizzato dati genetici provenienti dallo Human Genome Project, confermando precedenti supposizioni: geni di questo tipo sembrano localizzati preferibilmente nel cromosoma X,quello del sesso femminile. Se si fa un confronto con gli altri cromosomi, si scopre che su quello X ricorrono con una frequenza quattro volte superiore. E di essi la femmina ne possiede di norma due esemplari; il maschio uno.

    Da oltre cent'anni si osserva che le malattie mentali colpiscono più facilmente i maschi: dato che le femmine hanno un cromosoma X in più, compensano i difetti genetici dell'uno con la parte intatta dell'altro.
    Si possono considerare questi geni del cromosoma X come "geni dell'intelligenza" che rendono la mente più ricettiva?

    Un favorevole collocamento di questi geni sull'unico cromosoma X dell'uomo dovrebbe avere come conseguenza un'intelligenza particolarmente brillante; per ottenere lo stesso risultato una donna invece dovrebbe avere una supercombinazione su entrambi i cromosomi X, cosa più difficile.
    Inoltre ci dovrebbero essere non solo più maschi malati di mente ma anche più con intelligenza superiore alla media.

    Di fatto i valori di QI nella popolazione femminile si trovano vicini al valor medio nella gaussiana, mentre nei maschi si notano più ampie oscillazioni dei valori di QI.
    La presenza di una funzione cerebrale estremamente marcata è caratteristica della specie umana.
    Dall'accumulo di "geni intelligenti" nel cromosoma X, un genetista evolutivo giunge facilmente alla conclusione che essi devono aver avuto un ruolo particolare nell'evoluzione della specie.

    Le caratteristiche tipiche di una specie si sviluppano in un tempo relativamente breve.
    Nei pesci ciò può avvenire in poche generazioni.
    Negli esseri umani si contano sette milioni di anni dalla separazione della linea degli scimpanzé.
    Le caratteristiche delle specie devono essere selezionate velocemente e questo è possibile tramite i geni che vengono fissati sul cromosoma X.

    Il cambiamento di questi geni nell'individuo maschile può essere visibile e dunque selezionabile, già nella successiva generazione.
    Le ricerche sui processi di selezione che portano allo sviluppo della specie si sono molto intensificate dai tempi di Charles Darwin.
    Per lo sviluppo di una nuova specie, oltre a molti altri fattori, è di particolare importanza la selezione sessuale.

    Le scelte femminili dominano il mondo animale, per semplici motivi: nella riproduzione la femmina investe di più. Paragonando l'elevatissimo numero di spermatozoi del maschio, la femmina produce relativamente poche e preziose cellule uovo.
    Per questa ragione la femmina tende ad accoppiarsi più raramente del maschio, ed è più selettiva.
    Darwin spiegò la presenza di caratteristiche appariscenti - come la coda del pavone o il canto dell'usignolo - proprio con la selezione sessuale.

    A fianco della selezione sessuale c'è la selezione naturale, dove a spuntarla non sono i più belli,ma i più robusti. E queste forme di selezione possono agire, da un certo punto in poi,in direzioni contrastanti.
    Un esempio: la femmina del pavone sceglie tra i pretendenti quello con la coda più imponente; nel corso dell'evoluzione questa coda sarebbe potuta diventare talmente lunga e vistosa da ostacolare la fuga del pavone maschio dai predatori, ma la selezione naturale frena e limita lo sviluppo di queste caratteristiche sessuali.

    Se questa moderazione non ha successo,la specie si estingue.
    Lo sviluppo dell'intelligenza nell'Uomo è qualcosa di molto diverso: in questo caso entrambe le forme di selezione (naturale e sessuale) si rinforzano a vicenda.
    Un uomo con capacità eccellenti non soltanto sarà attraente per molte donne e dunque in grado di concepire più discendenti, ma quegli stessi geni gli forniranno un vantaggio anche nella lotta per la sopravvivenza.

    Anche l'esperienza dei kibbutz israeliani, animati da uno spirito egualitario e dall'obiettivo di "emancipare" le femmine dagli "svantaggi" della maternità, hanno dimostrato in maniera incontestabile la diversità esistente fra i due sessi.
    Nei kibbutz l'accesso alle professioni era aperto a tutti indiscriminatamente,le femmine erano educate a non porre eccessiva cura nell'aspetto esteriore e invece di crescere in nuclei familiari tradizionali i bambini erano allevati in speciali comunità per l'infanzia.
    In modo affine ai Kinderladen tedeschi, anche nei kibbutz l'educazione era strettamente unisex e mirava a estirpare gli stereotipi maschio-femmina.
    Tra il 1956 e il 1958 l'antropologo americano Melford E.Spiro dedicò un'ampia ricerca alle conseguenze dell'educazione innovativa applicata ai kibbutz israeliani.
    E fu il primo a sorprendersi scoprendo che i piccoli istraeliani sviluppavano le classiche preferenze per giochi maschili e femminili.
    A dispetto di tutti gli sforzi degli educatori, particolarmente spiccata era la preferenza delle bambine per giochi mamma-bebè.
    L'antropologo andò oltre: tornò a controllare i soggetti del suo studio dopo un intervallo di vent'anni.
    Le bambine dei kibbutz, ora adulte, erano diventate donne "emancipate", tenaci nel perseguire gli stessi obiettivi professionali dei colleghi uomini?
    Avevano sviluppato gli stessi interessi professionali dei maschi della loro generazione?
    Al contrario.
    Spiro constatò una specie di controtendenza: la maggior parte delle femmine cresciute nei kibbutz era tornata coscientemente ai ruoli tradizionali, con l'annessa divisione dei compiti.
    Invece di continuare la lotta per "l'emancipazione" impegnandosi nell'eliminazione di pregiudizi e ingiustizie, queste femmine cresciute all'insegna dell'ideale della parità dei sessi ora chiedevano di dedicarsi ai figli e al focolare domestico, contrapponendo a quell'ideale unisex una scelta di vita ispirata ai ruoli tradizionali.
    Spiro, fino ad allora fautore della tesi sociogenetica dei ruoli sociali, concluse "ipotizzando" l'esistenza di "fattori preculturali determinanti": fattori biologici, dunque, che determinano in modo decisivo le costanti comportamentali di maschi e femmine..

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    #entry11896995
    In bambini e bambine vi è il germe innato della differenza sessuale.
    Ma l'idea che sia la disposizione genetica che spinge a selezionare gli stimoli dell'ambiente secondo il ruolo sessuale, contraddice la tesi molto popolare e in voga non solo fra le femministe,ma anche presso molti e stimati ambienti scientifici, secondo la quale la differenza sessuale è frutto esclusivamente dell'ambiente culturale, il prodotto di una secolare educazione agli stereotipi.
    I dubbi intorno a questa concezione sociogenetica hanno cominciato ad addensarsi in seguito all'esperienza di asili alternativi sorti dopo il '68.
    All'epoca, molte giovani coppie di genitori decisero di rompere con i ruoli sessuali tradizionali impartendo ai figli un'educazione non repressiva e sessualmente neutra.
    L'idea era che le differenze tra maschi e femmine sarebbero andate così via via scomparendo, anzi non sarebbero sorte affatto.
    In Germania, tra le varie iniziative, vi fu l'organizzazione di asili autogestiti da cooperative di genitori, che furono battezzati "Tante-Emma-Laden", le botteghe della zia Emma.
    In questi Kinderladen o botteghe dell'infanzia, si cercò di praticare una cultura della non-violenza e di favorire l'affermarsi di comportamenti solidali e reciproci.
    I promotori dei Kinderladen intendevano soprattutto mettere in discussione i tradizionali ruoli sociali, per cui, per esempio,le bambole erano tabù per le femmine.
    Gli psicologi Horst Nickel e Ulrich Schmidt Denter, all'epoca ricercatori presso l'Università di Dusselfort, ed essi stessi simpatizzanti di un'educazione antiautoritaria, si prefissero di documentare il progetto dei Kinderladen dal punto di vista scientifico.
    Misero quindi a confronto lo sviluppo di circa 400 bambini in età compresa fra i tre e i cinque anni provenienti in parte da scuole tradizionali e in parte da quelle alternative.
    In un primo momento, i rilevamenti sembrarono confermare le aspettative: le attività di gioco nei Kinderladen palesavano una minore tendenza alla conflittualità.
    Ma la ragione era che, in caso di contrasto,le bambine cedevano subito, senza colpo ferire.
    Si scoprì così che le differenze comportamentali erano ancora più pronunciate nei bambini cresciuti nelle antiautoritarie "botteghe di zia Emma", i quali si avvicinavano agli stereotipi sessuali più dei bambini educati tradizionalmente.
    I maschi erano più aggressivi e inclini all'uso della forza e le femmine più paurose e portate a cedere ai maschi in situazioni di esasperata competizione.
    Le femmine imparavano a "difendersi" solo verso i cinque anni.
    La conclusione fu scoraggiante: gli stereotipi che gli studiosi si aspettavano di trovare negli asili tradizionali erano ancora più "ingombranti" nei Kinderladen alternativi.
    Successive ricerche hanno avvalorato i dubbi sulla tesi sociogenetica della differenza sessuale.
    L'educazione agli stereotipi maschio-femmina durante i primi anni di vita non è mai tanto sistematica da spiegare l'insorgere di comportamenti specifici solo attraverso la socializzazione.
    Questo vale in maggior misura per le categorie "autoaffermazione e aggressività", dove le differenze di comportamento vanno ben al di là di quanto possa incidere l'esempio trasmesso quotidianamente dai genitori.
    Con buona pace delle femministe e relativi seguaci maschi.


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    #entry30216579
    Negli ultimi anni si sono andate accumulando prove che il testosterone influenzi non soltanto gli ornamenti e la corporatura, ma anche i cervelli.
    Il testosterone è un composto chimico antico, presente in forma pressoché identica in tutti i vertebrati.
    La sua concentrazione determina l'aggressività in modo così preciso che, negli uccelli con scambio di ruoli sessuali come i falaropi o nei clan a dominanza femminile delle iene, è la femmina ad avere livelli ematici di testosterone più alti.
    Il testosterone mascolinizza l'organismo (in sua assenza il corpo resta di tipo femminile, quali che siano i geni dell'individuo) e mascolinizza anche il cervello.
    Tra gli uccelli, in genere canta solo il maschio.
    Un diamante mandarino che non ha nel sangue un livello sufficiente di testosterone non canta.
    In presenza dell'ormone, la parte del cervello preposta alla produzione del canto cresce e l'uccello comincia a cantare.
    Anche una femmina di diamante mandarino può cantare, purché sia stata esposta al testosterone in una fase precoce della vita e poi da adulta.
    In altre parole, il testosterone prepara il cervello del nidiaceo a reagire di nuovo, più avanti nella vita, al testosterone e quindi a sviluppare la tendenza al canto.
    Se si può parlare di mente per un diamante mandarino, l'ormone è una sostanza che ne altera la mente.
    Lo stesso vale per gli esseri umani.
    In questo caso le testimonianze provengono da una serie di esperimenti, in parte naturali e in parte no.
    La natura ha dotato alcuni soggetti maschili e femminili di dosi alterate di ormoni e negli anni Cinquanta i medici hanno fatto lo stesso iniettando certi tipi di ormoni in alcune pazienti gravide.
    Le donne affette dalla sindrome di Turner nascono senza ovaie e quindi hanno meno testosterone nel sangue di quelle che le hanno (le ovaie producono un po' di testosterone, sebbene non quanto i testicoli).
    Queste donne sono esageratamente femminili nei loro comportamenti, di solito hanno uno spiccato interesse verso i bambini, i vestiti, i lavori domestici e le storie d'amore.
    Gli uomini che da adulti hanno nel sangue meno testosterone rispetto alla norma, gli eunuchi per esempio, si riconoscono per l'aspetto e l'atteggiamento femminile.
    Gli uomini che durante lo stato embrionale sono stati esposti a un livello di testosterone inferiore alla norma, per esempio i figli di diabetiche che durante la gravidanza hanno dovuto assumere ormoni femminili, sono timidi, poco energici ed effemminati.
    Gli uomini con troppo testosterone sono bellicosi.
    Le figlie di donne che negli anni Cinquanta sono state trattate con iniezioni di progesterone (per prevenire un aborto spontaneo) dicono di essere state "maschiacci" da bambine; il progesterone non ha effetti diversi dal testosterone.
    Anche le femmine affette da iperplasia surrenale congenita o sindrome adrenogenitale, sono dei maschiacci: le loro ghiandole surrenali, poste vicino ai reni, anziché produrre cortisolo, come dovrebbero, producono un ormone ad azione simile a quella del testosterone.




    QUESTIONI DI SESSO E DI GENERE di G.V. Caprara

    Gli psicologi evoluzionisti sembrano esserne convinti: c'è un'irresistibile forza del gene a riprodurre sè stesso. Ne deriva, come ovvia conseguenza, la tendenza del maschio ad inseminare più donne che può. Anche la donna ha il problema di riprodurre i propri geni. Per questo ha bisogno, sempre secondo gli psicologi evoluzionisti. di un partner fedele che la protegga durante la gravidanza e custodisca il più a lungo possibile la sua prole. Questa regressione all'infinito nell'eredità è suggestiva, fondamentalmente conservativa e in quanto tale rassicurante. Ma serve davvero appellarsi all'evoluzione per reclamare il diritto alla diversità quando si parla della personalità di maschi e femmine?

    Libertà vs necessita
    Il presidente Clinton è la delizia degli psicologi evoluzionisti. È infatti la testimonianza esemplare dell'irresistibile forza dei gene a riprodurre se stesso. La prova vivente dell'incontenibile tendenza del maschio a propagare i suoi geni e di conseguenza ad inseminare tutte le donne che può.
    Secondo gli araldi della nuova dottrina è inevitabile che i grandi inseminatori abbiano avuto la meglio nel segnare la storia della specie e che il modo di risolvere i problemi riproduttivi abbia alla fine plasmato la personalità. Non sarebbe perciò sorprendente se l'interesse per il DNA del presidente Clinton andasse ben al di là dell'accanimento un po' crudele col quale si è dibattuto di un contatto sessuale più o meno appropriato.
    Se effettivamente l'inseminazione del maggior numero di femmine è ciò che assegna un vantaggio evolutivo al maschio, si dovrebbe provvedere a rifornire le banche del seme non con quello dei grandi scienziati, come ingenuamente qualcuno ha suggerito in passato, ma con quello dei grandi "scopatori". La saggezza popolare, in fondo, si era già approssimata a quest'idea, quando recitava che «l'uomo porcello è tanto più bello».
    Anche alle donne si è posto lo stesso problema di massimizzare le probabilità di riproduzione dei propri geni, ma la soluzione per loro è stata un'altra. Poiché la gravidanza è lunga e vulnerabile, alle donne è convenuto cercarsi compagni prestanti e fedeli, che prima assicurassero il buon esito del parto e poi evitassero di dissipare energie e risorse a vantaggio della prole altrui. Non so se sia vero quanto hanno riferito i giornali scandalistici ma, se lo fosse, il desiderio della signorina Lewinsky di avere una bambina dal presidente sarebbe del tutto naturale, non meno della gelosia della signora Clinton.
    Gli argomenti degli psicologi evoluzionisti non sono da sottovalutare perché, al di là degli usi strumentali, quello delle differenze di sesso o di genere che essi ripropongono è un terreno su cui le mode teoriche vanno e vengono, ma i pregiudizi resistono, a dispetto delle battaglie e delle affermazioni di principio a favore della parità di dignità, opportunità, responsabilità di uomini e donne.
    La regressione all'infinito nell'eredità è suggestiva, fondamentalmente conservativa e in quanto tale rassicurante. Vale perciò la pena di tentare di fare il punto della situazione, partendo dalle conoscenze che oggi abbiamo a disposizione, per approdare ad alcune lezioni di cautela che possiamo trarre dall'esperienza.
    Maschi e femmine sono biologicamente diversi ed è inevitabile che anatomia e fisiologia influenzino la loro psicologia. La loro differenziazione biologica comincia al concepimento, continua con lo sviluppo del feto e si estende lungo tutto il corso della vita, in accordo con l'influenza decisiva che gli ormoni esercitano nello sviluppo delle strutture e nella regolazione delle funzioni che inequivocabilmente distìnguono gli organismi maschile e femminile.
    Maschi e femmine hanno corpi diversi. Ancora menopausa e gravidanza sembrano essere prerogative femminili. Nelle nostre società le femmine sono generalmente meno vulnerabili alla nascita, anticipano il loro appuntamento con la pubertà, sono generalmente più longeve. Certo, non è solo la biologia a dettare il corso di questi eventi, ma sarebbe incauto sottovalutarne l'importanza, anche in un'epoca in cui la cultura estende pervasivamente la sua azione in ambiti che tradizionalmente erano il dominio della natura. È intuibile che le differenze tra maschi e femmine non possono essere solo fisiche, ma il corpo comunque reclama la sua parte.
    Non è d'altro canto necessario appellarsi all'azione tanto lunga quanto difficilmente definibile dell'evoluzione della specie per reclamare il diritto alla diversità di maschi e femmine quando si affronta il discorso delle loro personalità. Nessuna tra le cause che stanno alla base delle differenze individuali è più ovvia e verosimilmente più pervasiva di quella legata al sesso, anche per tutto ciò che alle differenze sessuali si associa: pressioni sociali, attribuzioni di ruolo, rappresentazioni di sé. Il problema è, piuttosto, che quando dal corpo si passa alla personalità, dalle differenze fisiche a quelle psicologiche, nessuno sa rendere ancora pienamente conto di quelle diversità che tutti hanno la sensazione di intuire.
    Di fatto, la natura lascia un'ampia discrezionalità alla cultura e agli individui stessi nel decidere che cosa fare del patrimonio di potenzialità che essa fornisce. I nessi tra morfologia e fisiologia, da un lato, e caratteristiche di personalità, dall'altro (abbracciando con questo termine il temperamento, il carattere e l'intelligenza), sono molteplici e, in condizioni di normalità, largamente flessibili. Vi sono infiniti modi di assecondare le richieste del proprio corpo e perciò di essere maschi e femmine, e tutti non indifferenti al contesto in cui si vive e alla storia di ciascuno. È stato perciò naturale che molti studiosi abbiano considerato con sempre maggiore attenzione i moventi e i meccanismi sociali che nel corso dello sviluppo orientano maschi e femmine ad adottare modi di pensare, sentire ed agire diversi, in conformità ai differenti ruoli assegnati a uomini e donne nei vari contesti ambientali.
    Sesso e genere sono termini che il discorso scientifico impiega distintamente per riferirsi a differenze individuali che, in un caso, riflettono determinanti biologiche (cromosomi, gonadi, ormoni) e, nell'altro, determinanti psicologiche e sociali. Sempre più spesso si tratta di differenze sessuali quando ci si riferisce a proprietà e caratteristiche fisiche, mentre si tratta di differenze di genere quando ci si riferisce a proprietà e caratteristiche psicologiche. Si inquadrano dunque nell'ambito del discorso sulle differenze di genere gli sviluppi di quelle discussioni che in passato hanno affrontato il problema delle "differenze sessuali" nel caso dell'intelligenza e delle varie abilità cognitive, dei tratti di personalità e degli atteggiamenti sociali, della diversa vulnerabilità di maschi e femmine a varie forme di disadattamento sociale. Quello delle differenze tra maschi e femmine è un discorso che, nel corso degli anni, ha continuato a restare al centro dell'attenzione degli studiosi e ad accumulare straordinarie quantità di dati. È un discorso che ha oscillato tra opposte posizioni, acclamando indifferentemente il diritto alla diversità e alla similarità. È un discorso che ha però anche avuto il merito di denunciare tutta una varietà di false credenze, più o meno mascherate scientificamente, sulle ipotetiche inferiorità o superiorità dell'uno o dell'altro genere.
    Ma è un discorso che tuttora può sembrare lontano, come prima accennavo, dal rendere ragione di ciò che tutti sembrano intuire. Quanto ci viene accordato dai test di intelligenza e di personalità, dagli esperimenti di laboratorio, dalle frequenze e dalle correlazioni dei vari indicatori di vulnerabilità può infatti apparire contradditorio.
    Da un lato, l'assenza di sostanziali diversità in capacità e disposizioni attesta le pari potenzialità di maschi e femmine. Molteplici meta-analisi hanno sgombrato il campo dai vecchi pregiudizi sulla minore intelligenza delle femmine, sofisticati esperimenti hanno confermato la pari accessibilità di maschi e femmine ad una molteplicità di comportamenti e ruoli sociali che tradizionalmente erano ritenuti prerogativa degli uni o delle altre, mascolinità e femminilità si sono rivelati tratti di personalità il cui unico fondamento è culturale e ideologico. Dall'altro lato, sono stereotipi che ancora vengono avvalorati empiricamente quelli del maschio "più energico e aggressivo" e quello della femmina "più remissiva e sensibile". Ma vi sono notevoli differenze da contesto a contesto, resta discutibile l'esistenza di fasi specifiche di tipizzazione sessuale e ancor più problematica risulta l'esistenza di modalità universali.
    Le statistiche criminologiche attestano la maggiore propensione dei maschi alle condotte antisociali, come d'altro canto gli studi epidemiologici confermano la maggiore vulnerabilità delle femmine alla depressione. Ma anche in questi casi vi sono considerevoli differenze relative al modo in cui gli stessi fenomeni si palesano, vengono riconosciuti e trattati, all'interno dei diversi contesti sociali e culturali, nei maschi e nelle femmine.
    Per la maggior parte delle differenze tra maschi e femmine il peso della natura sembra assai meno decisivo di quello della cultura. Per non scomodare la biologia può bastare un minimo d'intelligenza sociale: è sufficiente guardarsi attorno, nella scuola, nei posti di lavoro, oppure accendere quella straordinaria macchina di significati, mode e prescrizioni sociali che è la televisione. Anche limitandoci al contesto culturale che ci è più familiare, sono evidenti i diversi trattamenti ricevuti da maschi e femmine, le differenti rappresentazioni sociali del maschile e del femminile, i differenti percorsi professionali che si raccomandano e si rendono più facilmente accessibili.
    Verosimilmente, l'intreccio di relazioni di cui maschi e femmine vengono a far parte, le aspettative che gli uni e le altre suscitano e debbono assecondare, i ruoli che trovano e possono negoziare, segnano la strada che dalle potenzialità porta alle capacità, fanno da sostegno alle concezioni di sé e significativamente improntano il corso che uomini e donne possono imprimere alla loro vita.
    Come per altri temi, anche per quanto riguarda le differenze tra maschi e femmine il pendolo della discussione non ha cessato di oscillare tra natura e cultura appellandosi indifferentemente all'una e all'altra. Gli anni Settanta si sono conclusi sotto il segno dell'androginia con la quale si reclamava per entrambi i sessi il diritto a condividere quanto in passato era stato loro differentemente precluso e riservato. Si reclamavano per uomini e donne qualità che tradizionalmente erano state privilegio degli uni (l'assertività) o delle altre (la tenerezza), al servizio della loro piena realizzazione nella sfera degli affetti e del successo. Negli anni Ottanta il movimento femminista, opportunamente, ha posto in guardia verso un'omologazione tra maschi e femmine che poteva finire col penalizzare entrambi.
    Negli anni Novanta la psicologia evoluzionista ha riaffermato con nuovo vigore la diversità tra maschi e femmine, traendo i propri argomenti dalla riflessione sull'evoluzione della specie. Maschi e femmine sono diversi, affermano gli psicologi evoluzionisti, perché i problemi che hanno dovuto affrontare per la loro sopravvivenza e per la riproduzione della specie sono stati diversi. I maschi hanno mirato ad inseminare il maggior numero di femmine e hanno coltivato le arti della guerra per avere e preservare l'accesso alla maggior quantità e varietà di risorse, tra cui ovviamente le donne. Queste, al contrario, in ragione dei limiti naturali posti all'estensione della loro figliolanza, dalla lunga gravidanza e dalla sterilità che sopravviene coll'avanzare dell'età, hanno mirato a catturare e preservare uomini ricchi e prestanti, che fossero in grado di assicurare il sostentamento e la crescita dei loro figli.
    Dai diversi problemi che maschi e femmine hanno dovuto risolvere, sempre secondo gli psicologi evoluzionisti, sono derivate differenti strategie di adattamento alla realtà, che la selezione naturale ha poi ben radicato in differenze biologiche. Non sarebbe perciò la cultura, ma la natura, a rendere gli uomini più assertivi e aggressivi, più infedeli e più sensibili al fàscino della bellezza e della giovinezza. Sarebbe d'altro canto la natura a rendere le donne maggiormente inclini alla tutela e più portate ad apprezzare soprattutto la solidità finanziaria dei maschi. Sarebbe ancora la natura a rendere ragione delle diverse espressioni della gelosia in maschi e femmine. Mentre gli uomini sarebbero soprattutto disturbati dall'idea di dover mantenere i figli degli altri, le donne sarebbero soprattutto preoccupate che le risorse dei loro compagni vengano distratte a favore di figliolanze altrui, a danno delle proprie.
    Si tratta, tutto sommato, di argomentazioni non nuove. Argomentazioni che, per molti aspetti, sembrano riportarci indietro al tempo degli istinti e ad un'interpretazione ingenua dell'evoluzione e dei suoi meccanismi. Ma stupiscono il clamore che esse suscitano in larga parte della comunità scientifica ed il favore che incontrano nel grande pubblico, soprattutto negli Stati Uniti.
    Sembra però improbabile che i criteri secondo cui ha operato la selezione della specie nel corso di migliaia di anni possano essere decifrati secondo un ragionamento ed un calcolo di utilità che può valere, o esser valso, in situazioni contingenti e che, inequivocabilmente, pare influenzato dalle categorie conoscitive e dalle esperienze della nostra cultura.
    Mentre vi sono culture che solo in epoca recente hanno compreso pienamente i meccanismi attraverso cui opera la procreazione, la tecnologia (le analisi del DNA) si fa garante oggi della paternità tradizionalmente ritenuta incerta. Ma non vi sono dubbi che, ancora una volta, può essere più rassicurante appellarsi ai disegni della natura.
    A lungo si è vantata la superiorità del maschio sulla femmina, con vari argomenti, non raramente mascherati scientificamente. Poi si è reclamata l'uguaglianza. Infine, si è acclamata la diversità nella parità di diritti ed opportunità, confidando nelle illimitate potenzialità di maschi e femmine. Gli psicologi sono stati complici dì tutto questo: quando hanno accreditato la minore dotazione intellettuale delle donne, quando hanno cercato nella natura le cause di differenze che stavano invece nella cultura, quando infine hanno smascherato gli errori dei loro predecessori indicando, nelle interazioni di natura e cultura e nelle proprietà autonome di ciascuna persona di partecipare al proprio destino, i luoghi dove indagare per cogliere i meccanismi del divenire e del sentirsi femmina e maschio.
    Per il passato è verosimile la tesi di quanti, come la Eagly (1987), hanno sostenuto la diversa propensione di femmine e maschi rispettivamente a preservare le relazioni ("communion") e a perseguire le realizzazioni ("agency") in corrispondenza a determinate condizioni di vita, forme di organizzazione del lavoro e pratiche di socializzazione che indirizzavano nell'una o nell'altra direzione. Il futuro forse aiuterà a chiarire quel che c'è di vero nelle tesi dì quanti, come la Chodorow (1978), sostengono la maggiore propensione al maternage e perciò agli affetti delle donne sulla base della loro prolungata identificazione con la madre.
    Certo è che le cose sono destinate a cambiare rapidamente in concomitanza del massiccio ingresso delle donne nel mondo del lavoro e del graduale riequilibrio tra componente maschile e femminile nelle diverse professioni e nelle varie posizioni di responsabilità.
    Sarebbe tuttavia riduttivo ritenere che tutto dipenda soltanto dalla cultura e dal sociale. Anche nelle condizioni più avverse del passato vi sono state donne che con successo hanno sfidato le barriere sociali del loro tempo. Anche in culture convintamente maschiliste vi sono stati uomini che sono stati capaci di amare teneramente, di coltivare i propri affetti e di fornire modelli di accudimento esemplari. Evidentemente, natura e cultura impongono importanti condizioni, ma non bastano ad esaurire ciò che ognuno può trarre dalla propria condizione di maschio o di femmina.
    Le due metà del cielo sono ugualmente attrezzate a rendere conto della notte e del giorno. Verosimilmente, nessun altro ambito di indagine sembra più promettente di quello delle differenze tra maschi e femmine per capire come natura e cultura operano sottilmente e di concerto nel determinare ciò che è unico di ciascuna individualità. Forse nessun altro settore di ricerca sembra più illuminante per capire quali sono i gradi di libertà che a ciascuno sono accordati nel farsi artefice del proprio destino.

    Riferimenti bibliografici
    Bandura A., Bussey K. (1999), Social cognitive theory of gender development, «Psychological review», in stampa.
    Bonnes M. (1988), Mascolinità e femminilità. In G. V. Caprara (a cura di), Personalità e rappresentazione sociale, 190-217, Roma, La Nuova Italia Scientifica.
    Buss D. M. (1995), Psychological sex differences: Origins through sexual selection, «American Psychologist», 50, 164-168.

    Chodorow N. (1978), The reproduction of mothering: Psycho-analysis and the sociology of gender, Berkeley, University of
    California Press. Eagly A. (1987), Sex differences in social behavior. A social role
    interpretation, Hillsdale, n. j., Erbaum. Gilligan C. (1982), In a different voice, Cambridge, Harvard University Press.
    Gould S. J. (1987), An urchin in the storm, New York, Norton.
    Lips H. (1988), Sex and Gender, Mountain View, ca., Mayfiles Publishing Compagny.

    Gian Vittorio Caprara è Ordinario di Psicologia della personalità alla Facoltà di Psicologia dell'Università «La Sapienza» di Roma. È stato Presidente dell'European Association of Personality Psychology, membro del Council of International Society of Research on Aggression e dell'Academia Europaea Study Group on Youth and Social Change e Visiting Professor of Personality Psychology and Social Psychology in numerose università statunitensi, tra cui Universìty of California, la Stanford University e l'Univeisity of Michigan. È attualmente Direttore del Centro Interuniversitario per la ricerca sulla genesi e sullo sviluppo delle motivazioni prosociali e anasociali.




    #entry91917362
    A far luce sui diversi desideri dei due sessi sono i rapporti omosessuali.
    Quelli eterosessuali rappresentano un compromesso tra i desideri di un uomo e i desideri di una donna, e tendono quindi a minimizzare le differenze tra i sessi.
    Gli omosessuali, invece, non hanno bisogno di giungere a compromessi, e la loro esperienza mette in mostra la sessualità umana in una forma più pura.
    In uno studio sugli omosessuali di San Francisco condotto prima dell'epidemia di AIDS (il primo caso ufficiale fu registrato il 5 giugno 1981), emerse che il 25% degli uomini gay aveva avuto più di mille partner sessuali; il 75% oltre 100.
    Viceversa, nessuna femmina lesbica risultò così promiscua, solo il 2% di esse dichiarò un centinaio di partner.
    Anche altri desideri dei gay, come quelli riguardanti la pornografia, la prostituzione e l'attrazione per partner giovani, rispecchiano o portano all'eccesso i desideri degli eterosessuali.
    (Tra l'altro, il fatto che i desideri sessuali degli uomini siano gli stessi a prescindere dal fatto che siano rivolti alle femmine o ad altri uomini confuta la tesi che si tratti di strumenti di oppressione della femmina.)
    Non è che gli uomini gay siano sessualmente "più calorosi": sono semplicemente uomini i cui desideri maschili si incontrano con altri desideri maschili anziché con desideri femminili.

    Tra gli eterosessuali, se gli uomini desiderano la varietà più delle femmine, quello che dovrebbe conseguirne può dircelo un qualunque corso di economia.
    L'accoppiamento dovrebbe essere considerato un'elargizione femminile, un "favore" che le donne possono decidere se concedere o negare.
    Fiumi di metafore parlano del rapporto sessuale con una donna come di una merce preziosa, sia che assumano il punto di vista di lei (concedersi, dargliela, sentirsi usata), sia che assumano quello dell'uomo (averla, favori sessuali, farcela).
    E le "transazioni sessuali", come i cinici di ogni genere hanno scoperto da tempo, obbediscono spesso a logiche di mercato.
    In tutte le società sono quasi esclusivamente gli uomini che corteggiano, fanno approcci, ricorrono a "filtri d'amore", fanno regali in cambio di rapporti sessuali, pagano la futura moglie (anziché ricevere la dote) e le prostitute.
    L'economia sessuale, naturalmente, dipende anche dalla desiderabilità dei singoli individui, non solo dai desideri medi dei due sessi.
    Si paga per il sesso (in denaro, impegni, favori, regali, vacanze, cene, etc.) quando il partner è più desiderabile di noi.
    Dato che le donne discriminano più degli uomini, l'uomo medio deve pagare per avere rapporti sessuali con la donna media...*
    Un uomo medio può attrarre una moglie di qualità superiore a quella di una partner occasionale (presumendo che l'impegno matrimoniale sia una forma di pagamento...), mentre una donna media può attrarre un partner occasionale (che non pagherebbe niente...) di qualità superiore al marito*.

    Solo con gli uomini di qualità "più alta" sono disposte ad avere rapporti sessuali (gratis) un gran numero di femmine.

    (*) Non sempre è così ma poco ci manca
     
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  12. TullioConforti
     
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    QUOTE (giuliaMi87 @ 21/12/2007, 16:25)
    io credo che il cervello non abbia un sesso....
    penso che sia tutta questione di educazione..se tu educhi un uomo fin dalal nascita a prendersi cura dei suoi sentimenti ed emozioni egl icrescerà come una donna......è tutt auna questioe culturale..non facciamo distinzioni di sesso siamo allo sfociare del 2008..
    io x la teroria che l'uomopensa al sesso ogni 52 secondi credo siano sempre impronteculturali xke è sempre stata demonizzata x secoli la donna che pensa al sesso, credetmi che ci sono donne che al sesso ci pensano sempre ed è una predisposizione mentale non fisica in base al sesso.....ma non credo ce gli uomini pensano ogni 52 secondi se hanno altri pensieri per la testa...non generalizziamo perchè poi si va a finire nel rango delle cosidette malattie sessuali tipo la ninfomania.


    scienziato apocrifo si ho delle prove che questa è solo una questione culturale....perchè se un uomo cresce in un ambiente dove non c'è alcuna figura maschile e sono tutte femmine cresce effemminato?
    ci sarà un motivo no?

    Bella favola, ma la realta' e' diversa, il cervello ha sesso eccome.
    Scientificamente dimostrato.


     
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  13. animus
     
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    Secondo me e' inutile discorrere con giulia, non ne vale la pena, anzi di piu', diventa umiliante abbassarsi sotto certi livelli.....e' troppo ignorante (ed in piu' supponente).
    Sapete come la penso.
    BAN.... :rolleyes:
     
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  14. giuliaMi87
     
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    cama-leo si sn uomini educati come donne sicuramente.....
     
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  15. +Vargan+
     
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    Ma dio non ha creato l'uom (in senso neutro) ha sua immagine e somiglianza?

    Non vedo perchè rieducare una delle sue creazioni.

    Non mi dirai che le donne si vogliono sostituire a Dio?

    Magari con l'ingegneria genetica.......
    Pero a questo punto si potrebbe cambiare direttamente la donna. Pardon. Alcune donne.
     
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65 replies since 6/3/2005, 12:55   4390 views
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