Antologia di testi tradizionali

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  1. Purusha
     
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    (tradizione islamica [continua])

    KAY KA'US IBN ISKANDAR (principe della dinastia ziyaride, Caspio, XI secolo), Il libro dei consigli, a cura di R. Zipoli, Adelphi, Milano 1990:

    "Una volta che tu abbia deciso di chiedere la mano di una donna, pensa alla tua onorabilità. Anche se alcuni beni materiali sono per te importanti, non lesinarli alla consorte e alla prole, specie se si dimostrano una buona madre e figlioli obbedienti e gentili. Non dimenticare che queste sono cose le quali dipendono in massima parte da te. A tal proposito io ho così scritto:

    Il figliolo sarà come l'allevi,
    la moglie, invece, come tu la tratti.

    Quando ti sposi, non pretendere le ricchezze della donna e non pensare alla sua beltà, ché quella ha da essere tua moglie e non la tua amante. Per fare al caso deve risultare casta e di fede sicura, capace di occuparsi della casa e devota al marito, pudica e timorata di Dio, dabbene e di poche parole, economa e parca. Si dice che una buona moglie sia la benedizione della vita.
    Però, anche se una giovane è affettuosa, bella e da te amata, non sottoporti mai interamente al suo controllo e non essere soggetto ai suoi ordini. Quando qualcuno domandò ad Alessandro il Grande perché non sposasse la bellissima figlia di Dario, egli rispose:
    "Sarebbe un bell'affare se noi, divenuti padroni di tutti gli uomini della terra, dovessimo sottometterci al fascino di una donna".
    Comunque, non sposare una ragazza più nobile di te e non unirti in matrimonio finché non trovi una vergine, cosicché nel suo cuore vi sia posto solo per te e gli estranei sia come non esistessero, non concependo ella desideri o rimpianti particolari per un qualsiasi altro.
    Evita la donna prodiga, di lingua lunga e incapce di governare gli affari di famiglia. La gente dice che il padrone di casa deve essere come un fiume e la padrona di casa come una diga, ma non al punto che ella si arroghi la vigilanza assoluta sul patrimonio di lui, sì da impedirgli di disporne; se ciò accade, egli è la donna di lei e non ella la moglie di lui.
    Scegliti una pulzella d'alto lignaggio e non una ragazzina qualsiasi, poiché gli uomini si sposano al fine di avere una signora nella propria dimora e non per soddisfare la propria natura. Se vuoi dar sfogo alla tue voglie, puoi comprarti una schiavetta al mercato; il che non comporta altrettanta spesa o fastidio.
    Tua moglie deve essere donna completa: matura, intelligente, e tale che, stando presso i genitori, abbia capito bene come i due padroni di casa amministrano le faccende domestiche. Se trovi una giovine con queste qualità, non mancare di chiederne la mano, fa' il possibile per unirti con lei, ma sforzati di non far in nessun caso mostra di gelosia. Se nutri tali apprensioni, farai meglio a non sposarti poiché quando ci si rivela troppo gelosi non si fa che suggerire sconvenienze.
    Bisogna sapere che le donne possono portarci alla rovina per eccesso di gelosia e che sono meno disposte a concedersi quando si facciano oggetto di dubbi e proibizioni: nessuna minaccia le convince.
    Se, invece, non ti mostri così sospettoso e ti comporti generosamente con tua moglie, senza lesinarle quanto Iddio Onnipotente t'ha concesso, non fai che trattarla come si conviene: ella sarà con te più premurosa di tua madre, di tuo padre e di tuo figlio; quindi, non nutrire più considerazione per te che per lei. Se darai sfogo alla tua gelosia, al contrario, ti rimarrà più ostile di mille nemici e, mentre puoi difenderti da estranei, non potrai proteggerti da lei" (pp. 143-145)

    Edited by Purusha - 19/7/2005, 21:40
     
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  2. Purusha
     
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    (tradizione islamica [continua])

    JALAL AD-DIN RUMI (m. 1273), Il libro delle profondità interiori, trad. it. di R. Schenardi, Luni, Genova 1996:

    "Il Maestro disse: "Tu lotti giorno e notte per cercare di purificare il carattere della donna, mentre pulisci la sua macchia con te stesso. Sarebbe meglio purificarti in lei che purificare lei in te. Vai da lei e accetta tutto quel che ti dice, anche se ti sembra impossibile. Rinuncia alla gelosia. Nonostante questo attributo sia una qualità per un uomo, genera esclusivamente difetti".
    Ecco perché il Profeta - su di lui la salvezza - ha detto: "Non c'è vita monastica nell'Islàm". I monaci praticano l'isolamento, il ritiro sulle montagne, la continenza e la rinuncia al mondo. Dio l'Altissimo ha indicato al Profeta una via sottile e nascosta per purificarsi, che consiste nel prender moglie, allo scopo di sopportare la tirannia delle donne ascoltando le loro esigenze irrealizzabili e le loro critiche. Sopportare la tirannia degli altri fa sì che che ricadano su di loro le nostre impurità. Il tuo carattere si corregge in virtù della tua pazienza, ma il loro carattere peggiora a causa della loro tirannia e della loro aggressività.
    Una volta che avrai compreso questi princìpi, purifica te stesso, e considerali come un abito. Indossando quest'abito cancellerai le tue macchie e ridiventerai puro. Se non sei capace di resistere alla tua anima concupiscente, rivolgiti a te stesso in modo ragionevole: supponi che tua moglie non sia la tua sposa ma piuttosto una donnaccia e, ogni volta che in te nasce il desiderio, vai da lei. Comportandoti così espellerai da te la gelosia, l'esclusivismo e il fanatismo; finché, al di là di queste spiegazioni che ti eri dato, troverai piacere nella pazienza e nello sforzo; finché le loro insopportabili esigenze ti aiuteranno ad ottenere delle esperienze spirituali. In seguito, senza necessità di spiegazioni per convincerti, diventerai l'adepto della pazienza, dello sforzo e della mortificazione di te stesso, dal momento che in tutto ciò vedrai una precisa utilità.
    Si racconta che Muhammad (su di lui la salvezza) era tornato dalla guerra santa con i suoi compagni. Disse: "Battete il tamburo; questa notte dormiremo fuori delle porte della città. Domani entreremo". Gli fu domandato: "Perché?". Egli rispose: "Può darsi che le vostre donne si trovino con degli stranieri, voi sareste indispettiti a vederle, e succederebbe uno scandalo". Uno dei suoi compagni non gli diede ascolto; entrò in città e trovò la moglie con uno straniero.
    La via del Profeta (su di lui la salvezza) consiste in questo: occorre soffrire, respingere la gelosia e l'esclusivismo, accettare le responsabilità del mantenimento e dell'abbigliamento della propria moglie, e centomila altre, per poter penetrare nell'universo muhammadiano. La via di Gesù (su di lui la salvezza) consisteva nel perseguire l'isolamento e nell'astenersi dal soddisfare i desideri. La via di Muhammad (su di lui la salvezza e la preghiera) consiste nel sopportare la tirannia, le resposabilità della moglie e del mondo. Se non riesci a seguire la via muhammadiana, segui almeno quella di Gesù, per non essere completamente spogliato.
    Se sei abbastanza sereno da sopportare cento schiaffi nella speranza di ricevere una ricompensa, se credi nel mondo invisibile, perché ci è stato detto e annunciato, devi essere paziente finché si compia tutto quel che ti è stato promesso. Se sopporti queste sofferenze dicendo a te stesso: "Anche se in questo momento non ricevo alcuna risposta, alla fine otterrò i tesori", certamente otterrai tali tesori e ancor più di quel che ti aspettavi e speravi.
    Se queste parole non hanno effetto su di te attualmente, quando sari più maturo ne avranno uno immenso. Che cos'è la donna, che cos'è questa esistenza? Che tu le parli oppure no, lei rimarrà la stessa e non rinuncerà a quel che vuol fare; parlare non servirà a nulla e non farà che peggiorare la situazione.
    (...) Più ordini a una donna di nascondersi, più lei è tentata di mostrarsi; il fatto che stia nascosta accresce il desiderio di vederla. Tu ti credi tranquillo, mentre attizzi il desiderio dai due lati; pensi di migliorare le cose, mentre è là che si trova l'essenza della corruzione! Se per natura lei è buona, non commetterà mai una cattiva azione, che tu gliela proibisca oppure no. Agirà semplicemente seguendo la sua buona naturae il suo carattere puro. Stai tranquillo dunque, e non ti preoccupare. Ma anche se le cose stanno al contrario, lei agirà sempre come vuole, e la proibizione in realtà non farà che accrescere il desiderio" (pp. 113-115)
     
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  3. Purusha
     
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    (tradizione islamica [continua])

    MUHYI-D-DIN IBN AL'ARABI (m. 1240), La sapienza dei Profeti, trad. it. di G. Jannaccone, Edizioni Mediterranee, Roma 1987:


    "Appunto perché la realtà essenziale di Muhammad comporta la singolarità primordiale - manifesta in tutto quello che è naturalmente triplice - egli disse, parlando del'amore, fonte dell'esistenza: "Tre cose del vostro mondo, tra tutto ciò che esso contiene di triplice, mi furono rese degne d'amore", ossia le donne, i profumi e la preghiera, nella quale trovava "il refrigerio degli occhi".
    Egli ricordò in primo luogo le donne e da ultimo la preghiera, giacché la donna è per la sua origine una parte dell'uomo, muovendo dal quale fu resa manifesta, e l'uomo deve anzitutto conoscere la sua anima prima di poter conoscere il Suo Signore.
    (...) Muhammad era il simbolo più evidente del suo Signore, come ogni parte dell'universo è il simbolo della sua origine, che è il suo Signore. Le donne gli "furono rese degne d'amore" nel senso che inclinò ad esse con l'affetto rivolto dal tutto alle sue parti. E' quanto esprime, nella sua realtà intima e nella visuale divina, la parola di Dio sulla creazione dell'uomo: "E quando ebbi dispiegata la sua forma, insufflai in lui il mio Spirito" (Cor. XV, 29).
    (...) Con lo Spiro divino fu resa manifesta la determinazione essenziale dell'uomo; e a causa del ricettacolo predisposto apparve lo Spirito, non come luce bensì come fuoco. Il Soffio divino inerisce dunque a ciò mediante cui l'uomo è uomo. Iddio fece scaturire una seconda "persona" da tale natura [primordiale dell'uomo], creata nella forma di questa, e la chiamò donna. Appena costei apparve nella forma dell'uomo, questi fu incline a lei, perché un essere ama se stesso, ed essa gli si volse come verso il paese natìo.
    Così le donne gli "furono rese degne d'amore", come Dio ama colui che creò "secondo la sua forma", di modo che ordinò agli angeli di luce, in tutta la loro potenza e la loro dignità di grado e di natura, di prosternarsi dinanzi a lui. Da qui la parentela intima tra Dio e l'uomo. Proprio la forma [nel significato puramente qualitativo del termine] costituisce la più elevata, la più evidente e la più perfetta parentela, poiché essa è in un certo senso il "doppio" dell'esistenza divina, come la donna, con la sua esistenza, sdoppia l'uomo e ne fa un polo di una coppia. Vi è quindi un ternario: Dio, l'uomo e la donna, l'uomo tende verso il suo Signore, che è la sua origine, e la donna tende verso l'uomo.
    Dio "gli rese le donne degne d'amore" appunto perché Egli ama colui che creò secondo la Sua forma. L'amore divino ha per oggetto unicamente quello che è nato dall'essere amorevole, e l'amore del Profeta proviene sotanto da ciò donde lui stesso era nato, vale a dire da Dio; per questo disse: "esse mi furono rese degne d'amore" e non le amò per se stesso; il suo amore era infatti connesso col suo Signore, dal quale ricevette la sua "forma", e anche l'amore perla sua sposa, che amò in virtù dell'amore di Dio per lui, per identificazione con l'amore divino.
    Quando l'uomo ama la donna desidera l'unione, ossia l'unione più completa possibile nell'amore, e nella forma costituita da elementi non esiste unione più intensa dell'atto sessuale. La voluttà penetra di conseguenza in tutte le parti del corpo e proprio perciò la legge sacra prescrive la completa abluzione, la purificazione dovendo essere totale, come era stata totale l'estinzione dell'uomo nella donna nel momento dell'estasi dovuto allla voluttà. Difatti Dio è geloso del Suo servo, e non tollerache costui creda di gioire d'altro da Lui. Egli lo purifica dunque [col rito prescritto], affinché si volga nella sua visione verso Colui nel quale si è estinto in realtà, non essendovi altro che questo.
    Allorché l'uomo contempla Dio nella donna, la sua contemplazione poggia su quanto è passivo; se contempla Dio in se stesso, considerando che la donna proviene dall'uomo, Lo contempla in ciò che è attivo, e quando Lo contempla solo, in assenza d'una qualsiasi forma derivata da Lui, la sua contemplazione corrisponde a uno stato di passività, senza mediatore, nei confronti di Dio. Pertanto la sua contemplazione di Dio nella donna è la più perfetta, poiché in questo campo contempla Dio in quanto Egli è al tempo stesso attivo e passivo, mentre nella sua contemplazione puramente interiore lo contempla soltanto in modo passivo. Perciò il Profeta - su di lui la benedizione e la pace! - dovette amare le donne a motivo della perfetta contemplazione di Dio in esse. Non è mai possibile contemplare direttamente Dio senza un qualche sostengo (sensibile o spirituale), giacchè Dio, nella Sua Essenza assoluta, è indipendente dai mondi. Ora, siccome la Realtà divina è in questo aspetto dell'Essenza inaccessibile, e vi è contemplazione soltanto in una sostanza, la contemplazione di Dio nelle donne è la più intensa e la più perfetta; e l'unione più intensa [nella sfera sensibile, che funge da sostegno per tale contemplazione] è l'atto coniugale.
    Parlando delle donne, il Profeta le chiama an-nisà, plurale cui non corrisponde singolare; disse infatti: "Tre cose del mondo mi furono rese degne d'amore, le donne (an-nisà)...", e non "la donna" (al-mar'ah), alludendo così al fatto che le donne occupano un grado ontologico posteriore al suo; la radice della parola nisà significa in realtà susseguire, essere l'ultimo. Ma il Profeta amò le donne appunto per il loro grado ontologico, perché erano il ricettacolo passivo del suo atto, e sono poste rispetto a lui come la Natura universale rispetto a Dio; proprio nella Natura universale Dio fa schiudere le forme del mondo per proiezione della Sua volontà e mediante il comando divino, che si manifesta come atto sessuale nel mondo delle forme costituite dagli elementi, come volontà spirituale nel mondo degli spiriti di luce e come conclusione logica nell'ordine discorsivo, il tutto non essendo altro che l'atto d'amore del ternario primordiale riflettentesi in ciascuno di questi aspetti.
    Chi ama così le donne, le ama d'amore divino; chi le ama invece unicamente in virtù dell'attrazione naturale, priva se stesso della conoscenza ienerente a tale contemplazione. L'atto sessuale sarà per costui una forma senza spirito; ovviamente lo spirito è sempre immanente alla forma in sé, ma rimane impercettibile a chi accosta la propria sposa - o una donna qualsiasi - soltanto per la voluttà, senza conoscere l'oggetto reale del suo desiderio. Quest'uomo è tanto ignorante nei confronti di se stesso quanto lo sarebbe uno streniero cui egli non si è mai rivelato.

    Gli uomini sanno che sono innamorato;
    tuttavia non sanno di chi...


    Ciò s'addice ottimamente a chi ama solo per la voluttà, vale a dire chi ama il sostegno della voluttà, la donna, ma rimane ignaro del significato spirituale di tutto questo. Se lo conoscesse, saprebbe grazie a cosa gioisce, e chi realmente gioisce di tale voluttà; egli sarebbe pertanto spiritualmente perfetto" (pp. 138-143)

    Edited by Purusha - 22/7/2005, 16:27
     
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  4. COSMOS1
     
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    Plutarco, Praecepta coniugalia 33:
    Se le donne si sottomettono al marito, sono lodate. Se invece vogliono comandare, si disonorano più di coloro che si lasciano comandare
     
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  5. Purusha
     
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    (tradizione islamica [fine])


    'Abd al-Wahhàb al-SHA'RANI (1493-1565), Il libro dei doni (Kitàb latà'if wa al-akhlàq), a cura di V. Vacca, Istituto Orientale di Napoli, Napoli 1972:

    "Non mi consiglio mai con le donne sul fare o non fare una cosa, neppure con la madre dei miei figli, perché l'affetto dei coniugi dipende soltanto che hanno bisogno l'uno dell'altro, per circostanze, sensualità e natura. i consigli della moglie non vanno seguiti, specialmente se vuole bene al marito - infatti si dice: "Non chiedere consigli a chi ama, perché gli sta a cuore far piacere all'amato. Diceva Afdàl al-Din: "Gli uomini, in maggioranza, non hanno giudizio; lo perdono in seguito alle passioni e alla mancanza di devozione. Ma il giudizio delle donne è perduto dall'origine, perché i loro desideri sono basati, fin dalla prima giovinezza, sulle inclinazioni naturali. Salvo che il marito spieghi a sua moglie le cose per raddrizzare la sua mente, senza però seguire i consigli di lei".

    (...) Può darsi che qualcuno denunci la moglie al giudice la ripudii, credendo di trovarne una migliore. E' impossibile: qualunque moglie prendesse, se lui è storto lei, anche quando in origine era dritta, si storcerà" (pp. 68-70)

    Edited by Purusha - 27/7/2005, 13:03
     
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  6. Purusha
     
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    TRADIZIONE HINDU (Sanatana Dharma)


    Brhadaranyaka Upanisad:

    "Yajnavalkya aveva due mogli: Maitreyi e Katyayani. Maitreyi era quella tra esse che amava discutere dei supremi veri, mentre Katyayani sapeva soltanto quello che sanno di solito le donne. Ora, poiché Yajnavalkya stava per abbracciare un altro stato, se ne uscì con queste parole:
    "Maitreyi, io sto per abbandonare questo lugo e farmi eremita; voglio quindi regolare gli interessi tra te e Katyayani".
    Domandò allora Maitreyi: "Posto che, o signore, ereditassi tutta questa terra piena di ricchezze, sarei dunque immortale?".
    Rispose Yajnavalkya: "Nemmeno per sogno. La tua vita durerebbe quanto quella dei ricchi, ma non si può sperare immortalità dalla ricchezza".
    Disse allora Maitreyi: "Che ne farei delle ricchezze, se esse non possono rendermi immortale? Mettimi piuttosto a parte del sapere che hai, o signore".
    Yajnavalkya riprese: "Pur essendomi già cara, mi sei diventata anche più cara. Suvvia, ti spiegherò queste dottrine, ma tu ascolta attentamente quanto sto per dire".
    Egli disse: "Non per amore del marito è dunque caro il marito, ma per amore dell'Atman [lo Spirito Universale, assoluto e infinito, n.d.P.] è caro il marito. Non per amore della moglie la moglie è cara, ma per amore dell'Atman la moglie è cara, etc."

    "L'essenza delle creature è la terra; l'essenza della terra è l'acqua; l'essenza dell'acqua sono le piante, l'essenza delle piante, i fiori; l'essenza dei fiori, i frutti; l'essenza dei frutti è l'uomo; l'essenza dell'uomo, il seme.
    Prajàpati [Il Signore degli esseri prodotti, n.d.P.] pensò di dare all'uomo un sostegno e creò la donna; dopo averla creata, la venerò dal di sotto: perciò dal di sotto si deve venerare la donna. Egli trasse da sé questa selce prominente con la quale si spreme il Soma, e con essa si fece addosso a lei.
    Il grembo della donna è la vedi [perimetro rituale di forma trapezoidale dove si depongono le offerte sacrificali, n.d.P.], i suoi peli sono l'erba sacra che ne tappezza il fondo, la sua pelle è la pelle dove il succo del Soma si raccoglie, la matrice, che sta nel mezzo, è il combustibile".

    Edited by Purusha - 3/8/2005, 13:16
     
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  7. Purusha
     
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    (tradizione hindu [continua])


    Manavadharmashastra (cfr. Le leggi di Manu, a cura di W. Doniger, trad. it. di T. Ripepi, Adelphi, Milano 1996):

    "Le divinità trovano diletto nei luoghi in cui le donne sono riverite, , ma dove le donne non sono riverite tutti i riti sono senza frutto. Dove le donne della famiglia sono infelici, la famiglia è presto distrutta, ma prospera sempre dove le donne non sono infelici. le case maledette dalle donne della famiglia che non sono state trattate con il dovuto rispetto finiscono completamente distrutte, quasi fossero colpite da un atto di stregoneria. Pertanto gli uomini che desiderano la prosperità devono sempre riverire tali donne con con ornamenti, vesti e cibo in occasioni di celebrazioni e feste.
    La fortuna è stabile in una famiglia in cui il marito è sempre soddisfatto della moglie e la moglie del marito. Se la moglie non è radiosa, non stimola l'uomo e, poiché l'uomo non è stimolato, la procreazione di figli non ha luogo. Se una donna è radiosa, l'intera famiglia è radiosa, ma se lei non è radiosa, l'intera famiglia non è radiosa. Con i cattivi matrimoni, l'abbandono dei riti, il mancato studio del Veda e le trasgressioni contro i brahmani, le famiglie cessano di essere famiglie" (III, 56-63)

    "Una ragazza, una giovane donna o anche una donna anziana non deve fare nulla in modo indipendente, neppure a casa propria. Nell'infanzia una donna deve stare sotto il controllo il padre, nella giovinezza sotto il controllo del marito e, quando il marito è morto, sotto il controllo dei figli. Essa non deve godere dell'indipendenza. Una donna non deve cercare di separarsi dal padre, dal marito o dai figli, poiché la separazione da costoro renderebbe entrambe le famiglie (di lei e del marito) degne di disprezzo. Essa deve essere sempre allegra e abile nelle faccende domestiche; deve tenere i suoi utensili ben lucidati e non avere le mani bucate. Quando il padre, oppure il fratello, con il consenso del padre, la dà (in moglie) a qualcuno, finché quell'uomo è in vita essa gli deve obbedire, e quando è morto non deve violare il patto che la lega a lui.
    Per rendere fauste le nozze si recitano versi di benedizione e si celebra un sacrificio al Signore delle creature, ma è l'atto di dare (in moglie la sposa) che rende (lo sposo) il suo signore. Un marito che celebra il rituale della trasformazione (rappresentato dal matrimonio) con i versi vedici rende sempre felice la sua donna, sia quando essa è nel periodo fecondo sia quando non lo è, sia in questo mondo sia nell'altro. Una moglie virtuosa deve servire costantemente il marito come fosse un dio, anche se questi si comporta male, si abbandona alla concupiscenza ed è privo di qualsiasi buona qualità.
    Separate (dai mariti) le donne non possono sacrificare né iniziare un voto o un digiuno; è èerché una donna obbedisce al marito che in cielo è magnificata.
    Una donna virtuosa non deve mai fare nulla che dispiaccia al marito che l'ha presa per mano nel matrimonio, vivo o morto che sia, se desidera raggiungere il mondo del marito (dopo la morte). Quando il marito è morto essa può digiunare quanto vuole, (vivendo) di fiori, radici e frutti fausti, ma non deve nemmeno pronunciare il nome di un altro uomo. Fino alla morte deve pazientare, esercitare l'autocontrollo, essere casta e sforzarsi di adempiere il dovere impareggiabile delle donne che hanno un solo marito" (V, 147-158)

    "Esporrò i doveri di un uomo e di una donna che rimangono sulla via del dovere sia nell'unione che nella separazione. Gli uomini devono rendere le loro donne dipendenti giorno e notte e tenere sotto il proprio controllo quelle che sono attaccate agli oggetti dei sensi. Il padre la protegge nell'infanzia, il marito la protegge nella giovinezza e i figli la proteggono nella vecchiaia. Una donna non è adatta all'indipendenza. Il padre che non la dà in sposa al momento opportuno deve essere biasimato, e deve essere biasimato il marito che non ha rapporti sessuali con lei al momento opportuno; e il figlio che non protegge la madre quando il marito è morto deve essere biasimato.
    Le donne devono essere protette in special modo dagli attaccamenti, anche se di poco conto, giacché le donne non protette possono portare dispiaceri a entrambe le famiglie. Considerando questo come il dovere supremo di tutti gli ordini sociali, i mariti, anche quelli deboli, si sforzano di proteggere le mogli. Infatti, proteggendo con zelo la moglie, egli protegge i propri discendenti, le consuetudini, la famiglia e se stesso, come pure il proprio dovere. Il marito penetra la moglie, diventa un embrione e nasce in questo mondo. [...] La moglie partorisce un figlio che è come l'uomo con cui lei fa l'amore; perciò egli deve proteggere con zelo la moglie, al fine di mantenere pura la sua progenie.
    Nessun uomo è in grado di proteggere completamente le donne con la forza, ma è possibile proteggerle completamente usando questi mezzi: egli deve tenerla occupata ad accumulare e spendere denaro, a compiere purificazioni, ad adempiere il proprio dovere, a cucinare pasti e a prendersi cura degli arredi. Non sono ben protette le donne confinate in casa da uomini su cui si può contare perché facciano bene il loro lavoro: sono ben protette le donne che si proteggono da sé. Bere, frequentare cattive compagnie, rimanere separate dai mariti, andarsene in giro, dormire e vivere in casa altrui sono le sei cose che corrompono le donne. Non badano all'aspetto fisico, né danno importanza all'età: "Un uomo!" dicono, e fanno l'amore con lui, bello o brutto che sia. Poiché rincorrono gli uomini come prostitute, poiché sono volubili e per natura non si affezionano, queste donne sono infedeli al marito anche quando sono protette con zelo. Sapendo che tale è la loro peculiare natura, quale nacque al momento della creazione operata dal Signore delle creature, un uomo deve esforzarsi in tutti i modi di proteggerle. Il letto e il seggio, gioielli, concupiscenza, ira, disonestà, un'indole malevola e una cattiva condotta sono ciò che Manu assegnò alle donne" (IX, 1-17)

    Edited by Purusha - 7/8/2007, 19:16
     
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  8. Purusha
     
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    Ecco qui una chicca, spigolata fra le pagine di un celebre filosofo italiano tardo-rinascimentale, usualmente - e fraudolentemente - presentato come precursore di un pensiero 'progressista', ma le cui opere gli esperti sanno esser disseminate di frecciate misogine e anti-uxorie...
    _______________________

    GIORDANO BRUNO (1548-1600)


    "Che dunque voglio dire? che voglio conchiudere? che voglio determinare? Quel che voglio conchiudere e dire, o Cavalliero illustre, è che quel ch'è di Cesare, sia donato a Cesare, e quel ch'è de Dio, sia renduto a Dio. Voglio dire che a le donne, benché talvolta non bastino gli onori ed ossequi divini, non perciò se gli denno onori ed ossequii divini. Voglio che le donne siano cossì onorate ed amate, come denno essere amate ed onorate le donne: per tal causa dico, e per tanto, per quanto si deve a quel poco, a quel tempo e quella occasione, se non hanno altra virtù che naturale, cioè di quella bellezza, di quel splendore, di qul serviggio, senza il quale denno esser stimate più vanamente nate al mondo che un morboso fungo, qual con pregiudicio de meglior piante occupa la terra; e più noiosamente che qualsivoglia napello o vipera che caccia il capo fuor di quella. Voglio dire che tutte le cose de' l'universo, perché possano aver fermezza e consistenza, hanno gli suoi pondi, numeri, ordini e misure, a fin che siano dispensate e governate con ogni giustizia e raggione"

    De gli eroici furori, in G. Bruno, Dialoghi italiani, v. II, a cura di G. Aquilecchia, Sansoni, Firenze 1985, pp. 931-932.
     
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  9. Purusha
     
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    (tradizione cristiana [integrazioni])


    ILDEGARDA DI BINGEN, Il libro delle opere divine, Mondadori, Milano 2003


    "L'uomo infatti è la pienezza delle opere divine, perché Dio è conosciuto da lui e perché Dio ha creato tutte le creature per lui e gli ha concesso, nel bacio del vero amore, di annunciarLo e lodarLo con razionalità. Ma all'uomo mancava un aiuto che fosse simile a lui. Per questo Dio gli diede questo aiuto nel corpo speculare della donna, in cui era contenuto, invisibile, tutto il genere umano che sarebbe stato prodotto nell'energia della forza di Dio, come il primo uomo era stato fatto nell'energia della sua forza. Il maschio e la femmina infatti sono in rapporto così stretto l'uno con l'altra, che l'opera dell'uno è compiuta per mezzo dell'altro: perché il maschio senza la femmina non si chiamerebbe maschio, né la femmina senza il maschio avrebbe il nome di femmina. La femmina è infatti l'opera del maschio e il maschio è il volto della consolazione della femmina, e nessuno dei due può esistere senza l'altro. Il maschio rappresenta la divinità, la femmina l'umanità del figlio di Dio" (p. 611)

    "Maschio e femmina Dio li creò, ma il maschio prima e la femmina dopo, prendendo dal maschio colei che partorisce, come il maschio per la forza della sua virilità genera cò che in esso è nascosto" (p. 811)

    Edited by Purusha - 7/7/2008, 23:57
     
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