Il ritorno del maschio

articolo su repubblica di Natalia Aspesi sul caso aborto di Napoli

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  1. madjakk
     
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    http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/c...nto-aspesi.html

    Non era mai capitato neppure ai tempi tragici della clandestinità, quando i giornali non pubblicavano per pudore la parola infamante, aborto; quando prosperavano cliniche con professoroni che liberavano a caro prezzo dall'incomodo le signore abbienti.

    Mentre le altre, una moltitudine silenziosa di donne umiliate, precipitava nelle mani di improvvisate mammane (che venivano anche chiamate per non offendere i lettori, fabbricanti di angeli) o si arrangiavano malamente da sole. Di clandestinità, allora, sino all'approvazione della legge 194 nel 1978, spesso le donne morivano o restavano per sempre rovinate.

    Pare insopportabile, in tempi che dovrebbero essere civili, essere costretti dal vergognoso episodio al Policlinico di Napoli, a ricordare, riraccontare per l'ennesima volta, storie del passato di solitudini femminili desolate, dato che quella legge vige da 30 anni e ha fatto precipitare il numero di aborti (dal 1982 del 44%).

    Ai tempi della criminalizzazione, quando per il nostro codice l'aborto era ancora un delitto 'contro l'integrità e la sanità della stirpe', per esempio nel 1968, al 53° congresso di ostetricia a Bologna, si parlò di 3.500.000 aborti procurati l'anno, stabilendo quindi che nel periodo fecondo due donne su tre abortivano. Era probabilmente una esagerazione, tanto che l'Onu parlò per l'Italia di 1.200.000 aborti: nel 2006 sono stati 130.033, un bel salto.

    La legge puniva da 2 a 5 anni sia la donna che chi l'aiutava ad abortire, se si arrangiava da sola, il delitto pareva meno grave e la pena era più mite, da 1 a 4 anni. In realtà la legge chiudeva tutti e due gli occhi: in dieci anni, dal 1955 al 1965, le statistiche giudiziarie parlano di 150 casi di aborto procurato, mentre quelle mediche ne registrano milioni.

    Quel dolore solo femminile ce l'hanno ricordato il bel film rumeno 4 mesi tre settimane e 2 giorni di Cristian Mungiu, Palma d'oro a Cannes nel 2007, (che ha scioccato per la ripresa del feto) e ancor prima Mike Leigh in Il segreto di Vera Drake, Leone d'oro alla Mostra di Venezia 2004, e addirittura nel 1988, Claude Chabrol, con Un affare di donne.

    Ma ciò che è avvenuto nell'ospedale napoletano, è talmente clamoroso e cinico da rasentare un atto di terrorismo, come terroristica sta diventando la campagna pro-life che potrebbe stravolgere sino alla ferocia l'andamento di quella elettorale.

    Susanna Tamaro, che lancia in questi giorni il suo nuovo romanzo, Luisito, invitata da Giuliano Ferrara a entrare nella lista dei suoi candidati anti-aborto, ha gentilmente rifiutato, con una lettera pubblicata ieri sul Foglio, dichiarandosi tuttavia con lui 'nella passione con cui tu porti avanti questa tua lotta per la vita'.
    Probabilmente non sapeva ancora dell'irruzione di ben sette poliziotti nell'ospedale napoletano, con interrogatori alla madre ancora sotto anestesia, ai medici, alla vicina di letto, e al sequestro del 'corpo di reato', il feto.

    Un evento così punitivo, tenebroso e inutile (l'intervento rispettava la legge) segna l'inizio di una guerra per niente etica e del tutto politica, per assicurare al movimento di Ferrara e quindi alla destra l'appoggio elettorale della potente macchina del clero, una guerra che potrebbe farsi sempre più feroce e vergognosa. E intanto i già pochi medici che non si sono dichiarati obiettori di coscienza, dopo questa offensiva poliziesca, adesso saranno sempre più tentati di farlo; ma non basterà a convincere le donne che hanno deciso di abortire, a cambiare idea, solo che potrebbe succedere che, pur in presenza di una legge che lo consente, non avranno altra scelta che tornare ai tempi della clandestinità, rivolgendosi a medici magari obiettori e molto costosi, come è già capitato, o a Vere Drake si spera più abili del passato, o a trafficanti di Ru486.

    Le nuove vittime saranno soprattutto le immigrate, abbandonate a se stesse e a una vita precaria che potrebbero non voler imporre a un incolpevole nascituro. E' interessante che i nostri pro-life che odiano la vita e soprattutto il potere delle donne sul loro corpo, un tempo patrimonio maschile di scambio, abbiano scelto come primo campo di battaglia quella parte della legge che sposta al secondo trimestre di gravidanza la liceità dell'aborto terapeutico se il feto risulta malformato al punto da assicurargli, se dovesse nascere, una morte precoce o una vita-non vita, e alla madre, ai genitori, un futuro di inevitabile quotidiana sofferenza. E alla società quell'organizzazione di cure e aiuto che oggi non riesce ad assicurare a tutti i cittadini e non solo a quelli colpiti da handicap.

    Puntando per ora sull'aborto terapeutico lo ingigantiscono come una specie di genocidio, che non è, arrivando al 2,7% di interventi dopo la 13esima settimana; e cui obbligano a immaginare una parvenza di vita in quel feto malato, con inevitabili dubbi, disagio, sensi di colpa. E' inevitabile che poi si passerà, malgrado le attuali assicurazioni, all'assalto agli articoli di legge che consentono l'aborto nel primo trimestre, in uno scontro assurdo attorno a una legge di cui qualsiasi donna credente e no può non servirsi, non impedendo però alle altre, sempre di meno, di farlo.

    Ciò che è impressionante in questa offensiva lunatica è che tutti quei raduni di alte gerarchie in veste nera e zucchetto cremisi, tutte le perorazioni di agguerriti e spesso mendaci predicatori cosiddetti laici, avvengono tra maschi. A parte qualche sporadica donna (Binetti, Scaraffia, Tamaro, e altre) è soprattutto maschile la piccola folla che vuole decidere su qualcosa che riguarda solo il corpo della donna, il suo cuore, il suo futuro, il suo legame col figlio. Una sofferenza, un senso di impotenza, una paura che gli uomini non conosceranno mai, per cui alla loro spietata etica in difesa astratta di una generica vita, dovrebbe sovrapporsi il rispetto per chi sceglie di non diventare madre, di non volere mettere al mondo un figlio non desiderato o casuale cui non potrà assicurare il necessario amore.

    Questi paladini di qualcosa che chiamano vita soprattutto pensando di dare lustro politico alla loro, sanno poco dei tempi, sino a qualche decennio fa, in cui gli uomini erano bravissimi a far di tutto per portare a letto una ragazza, a lasciarla disgustati perché un gentiluomo sposa solo una vergine e, nel caso la sedotta pasticciona rimanesse incinta, a lavarsene le mani, nell'approvazione generale: 'Non sono stato io!' era il nobile grido. Mi assicurano che anche oggi, le sventate che non si preoccupano da sole di difesa contraccettiva, se lo sentono dire da quelli che si chiamano sportivamente partners, cui non passa per la testa che anche loro hanno delle responsabilità.

    Prima del liberatorio '68, c'erano ancora genitori che cacciavano di casa le ragazze madri il cui figlio senza padre diventava il bastardo. Adesso la modernità suggerisce altro: e per esempio in Desperate Housewives la perfetta Bea per non fare brutta figura coi vicini, nasconde la figlia nubile incinta e fa finta di essere lei la madre attempata del bambino che nasce. Ma in passato, importava a qualcuno il destino di una madre e di un figlio colpevoli di non avere un pater familias? Importa oggi a qualcuno che si inginocchia davanti a una non meglio specificata vita (pur che sia in forma di embrione o feto, perché le migliaia di donne, vecchi e bambini che muoiono orrendamente in Darfur non suscitano il minimo interesse)?.

    In tutto questo sterile vociare, con eventi vergognosi come quello di Napoli, manca una voce, non quella dei politici o dei teologi o dei medici che infatti dicono la loro, manca quella degli eventuali padri. Le donne alla fine, sono sempre sole, ogni responsabilità di vita è troppo spesso solo loro. Non basta offrire elemosine, come se avere o non avere un figlio fosse solo una questione di soldi. Non basta chiamarle assassine come ha fatto ridicolmente e colpevolmente Ferrara: si tratta di un termine storico, anzi antico.

    Un indimenticabile vecchio articolo di Guido Ceronetti, lo scrittore che sosteneva la necessità della legge che liberasse le donne dal marchio di criminali (contro la stirpe poi) cominciava più o meno: "Un'assassina ogni mattina mi rifà il letto, un'assassina mi prepara la colazione, un'assassina...".

    ___fine____

    Secondo me sbaglia e di gran lunga nelle parti che ho grassettato. A mio parere agli 'uomini pro-life' non interessa assolutamente 'il potere sul corpo delle donne' quanto impedire che venga soppressa una (futura) vita.

    Per quanto riguarda il secondo discorso la Aspesi si è dimenticata che un bambino lo si fa in due? E che se si decidono di rischiare senza contraccezione la "colpa" ricade su entrambi non solo sull'uomo? Uomo che a differenza della donna non ha possibilità di scelta.
     
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  2. Milo Riano
     
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    Per quanto riguarda il secondo discorso la Aspesi si è dimenticata che un bambino lo si fa in due? E che se si decidono di rischiare senza contraccezione la "colpa" ricade su entrambi non solo sull'uomo? Uomo che a differenza della donna non ha possibilità di scelta.

    Infatti! Cmq mi sembra che per Ferrara il vero tema sarebbero le conseguenze della cultura laicista-nichilista, quindi inizia dall' aborto per poi toccare eugenetica, i deliri della tecno-scienza sull' uomo, eccetera.. vogliono screditarlo con argomentazioni molto basse, secondo me!
     
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    Lichtenstein .. o San Marino, che anche loro hanno il rappresentante all'ONU

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    Non basta chiamarle assassine come ha fatto ridicolmente e colpevolmente Ferrara: si tratta di un termine storico, anzi antico.

    Ieri Ferrara ha parlato in apertura de l'"Infedele". Non mi pare (anzi sono sicura) di non averlo sentito chiamare assassina la donna che ha praticato l'aborto terapeutico, mi sembra che abbia casomai colpevolizzato la società in genere (e tra l'altro anche il maschio *così l'ha definito* che ha fatto l'amore con quella donna e che l'ha lasciata sola). Mi è sembrato abbastanza chiaro che l'interesse era per il bambino cui è stato impedito di avere un futuro.

    Che poi in passato l'uomo se ne lavasse le mani e non si prendesse le sue responsabilità.... ma, la mia esperienza non può certo far testo nè statistica, ma conosco un sacco di coppie che si sono sposate proprio per "riparare" ad una gravidanza imprevista, per cui che proprio non sia mai passato per la testa agli uomini in generale di avere delle responsabilità mi sembra un'affermazione alquanto azzardata.
     
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2 replies since 14/2/2008, 13:08   119 views
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