Identità di genere 2

alcune riflessioni

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  1. ventiluglio
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 5/10/2006, 10:11)
    50 milioni di anni fa eravamo scoiattoli che si arrampicavano sugli alberi, poi siamo divenuti quadrumani arboricoli e poi bipedi della savana. Siamo passati a uno stadio di cacciatori e raccoglitori a quello di agricoltori e allevatori, per poi diventare commercianti, industriali, finanzieri, impiegati, operai e web designer. La nostra “natura”, la nostra struttura psicofisica si è continuamente mutata profondamente per adeguarsi a nuovi contesti e nuove situazioni. La storia insegna che è l’ambiente a plasmare l’essere e non viceversa. E che fa parte della nostra “natura” e della “natura” in generale il continuo cambiamento. Così tra 4 o 5 generazioni saremo diverso da adesso, come ora siamo diversi rispetto a 4° 5 generazioni fa.

    Questo che dici non è esatto.
    La natura ("struttura psicofisica") di un uomo dell'Età della Pietra (un homo sapiens sapiens di 100.000 anni fa) e quella di un uomo del ventunesimo secolo sono assolutamente identiche. Identiche sono le pulsioni, le capacità intellettive, oltre che la conformazione fisica.
    Se per ipotesi un homo sapiens sapiens venisse catapultato in una delle nostre metropoli, e girasse per strada sbarbato, ripulito ed abbigliato con t-shirt e blue jeans, nessun indizio ci segnalerebbe che egli proviene da un'epoca a noi lontanissima e nulla ci permetterebbe di riconoscerlo come tale.

    D'altra parte degli "uomini dell'età della Pietra" sono ancora oggi tra noi. Sono gli ultimi individui che vivono ancora in quello stadio di sviluppo tecnologico, sperduti nei più remoti angoli del mondo, con modalità di vita del tutto identiche a quelle dei sapiens sapiens di 100.000 anni fa.
    Fai nascere e crescere in una metropoli moderna il figlio di un "uomo della Pietra" di una regione isolata ed inesplorata della Papua Nuova Guinea, e verficherai che nessuna differenza "psicofisica" (appunto), nessun diverso QI o abilità di alcun tipo lo separa da noi.
    Un aborigeno è in grado di pilotare un jet o svolgere esperimenti sofisticatissimi a bordo di una navetta spaziale, esattamente come noi, "figli" di Galileo e di Newton.

    Detto in altri termini, è noto che nessuna significativa mutazione/evoluzione genetica è intervenuta nell'uomo da almeno 100.000 anni in qua, se si escludono i banali - e geneticamente pochissimo significativi (benché appariscenti) - adattamenti alle condizioni climatiche (colore della pelle, degli occhi, ecc.).

    In questo senso è assolutamente falso e fuorviante pensare che l'uomo di oggi stia "adattandosi" geneticamente (cioè "plasmandosi") ad una società che muta sempre più velocemente, da una generazione all'altra.
    L'uomo è infatti da sempre una delle specie più "adattabili" del pianeta (qui la chiave del suo successo evolutivo), ma questo grazie all'importanza che negli uomini hanno l'apprendimento e la socializzazione, rispetto al puro Istinto.

    Questi cambiamenti a cui l'uomo si piega riguardano perciò solo la parte più superficiale ("culturale", appunto) dell'essere, non certo i suoi istinti, le sue pulsioni profonde, perché la sua "natura" è e rimane del tutto immutata da centinaia di migliaia di anni.

    I tempi delle mutazioni genetiche umane si musurano in "Ere" di centinaia di migliaia (se non milioni) di anni.
    I tempi dei cambiamenti sociali umani si misurano in poche (o anche solo una) generazioni.

    Questo è un concetto che ritengo assolutamente fondamentale, e che non è mai superfluo ricordare.

    Edited by ventiluglio - 8/10/2006, 14:38
     
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    CITAZIONE (Mustela_Erminea @ 5/10/2006, 23:38)
    Quindi le differenze di genere sono riconosciute dall'umanità ed esercitate prima di qualsiasi loro definizione.
    E al di là di qualsiasi ideologia.

    Ma questo vale per tutto. L'uomo prima vive qualcosa e poi impara man mano a definirla.

    CITAZIONE (ventiluglio @ 6/10/2006, 02:20)
    La natura ("struttura psicofisica") di un uomo dell'Età della Pietra (un homo sapiens sapiens di 100.000 anni fa) e quella di un uomo del ventunesimo secolo è assolutamente identica. Identiche sono le pulsioni, le capacità intellettive, oltre che la conformazione fisica.

    Ma se geneticamente siamo simili agli uomini dell'età della pietra, eppure con comportamenti tanto diversi, vuol dire che molto di noi è frutto di adattamento sociale e non naturale. Però mi pare che su Le Scienze si affermasse che negli ultimi millenni di civilizazzione una buona percentuale dei nostri geni si sono modificati.

    Edited by Giubizza - 26/9/2008, 11:49
     
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  3. ventiluglio
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 6/10/2006, 09:50)
    ma guarda che ciò che dici avvalora la mia ffermazione: se geneticamente siamo simili agli uomini dell'età della pietra, eppure con comportamenti tanto diversi, vuol dire che molto di noi è frutto di adattamento sociale e non naturale. Però mi pare che su Le Scinze si affermasse che negli ultimi millenni di civilizazzione una buona percentuale dei nostri geni si sono modificati...

    Scusa, ma i nostri "comportamenti" sono una cosa ben diversa dalla nostra struttura psico-fisica, che invece è responsabile delle nostre pulsioni profonde:
    Un uomo in gabbia è giocoforza costretto a restare immobile (a "comportarsi" come un vegetale privato del movimento), ma le suo pulsioni lo porterebbero - oggi come 100.000 anni fa - a voler correre.
    E' "indifferente" per l'equilibrio psicofisico di un individuo il fatto che egli sia costretto (o "educato") a comportarsi in un modo tanto in contrasto coi suoi impulsi naturali? Direi proprio di no.

    Quello che è certo è che l'acquisizione culturale di comportamenti troppo lontani (o addirittura in aperto contrasto) con le nostre pulsioni profonde (cioè con la nostra "natura"), possono certamente essere messi in programma da questa o quella ideologia (con intrusive e totalitarie opere di "ingegneria sociale"), ma determinano alla fine solo alienazione e sterilità sociale. Perché la "natura umana" (che non solo esiste, ma è enormemente importante nella comprensione delle nostre azioni), alla fine risulta più forte di qualsiasi tentativo di negarla o comprimerla.

    Tratto comune di tutte le Utopie anti-umane pseudo-progressiste (dal Marxismo al Femminismo, tanto per fare due esempi comprensibili) è infatti proprio quello di voler a tutti i costi recidere le radici sociali, storiche e naturali dell'individuo, creare un "uomo nuovo", plasmato sulla base di dogmatici ed astratti assunti.

    In termini psicanalitici (Freud) si può identificare nell'ES l'istanza originaria dell'uomo, che persegue unicamente il “principio del piacere” (cioè le pulsioni istintive della nostra psiche). Queste ultime, in età adulta, vengono regolate dall'IO, che ci rende in grado di adeguarci alle circostanze della vita.
    E' evidente che tanto più l'IO nega e comprime l'ES (definito dalla nostra natura profonda), tanto più questo conflitto provoca danni all'individuo (ed alla società).

    E infatti è proprio quando le ideologie non tengono conto dell'invariabilità della Natura Umana e delle sue autentiche caratteristiche (l'istinto alla proprietà privata, ad esempio, nel caso del marxismo, o l'istinto alla definizione di "ruoli" sociali in base al sesso, nel caso del femminismo), che esse determinano alla fine solo gravi storture sociali, che prima o poi le fanno collassare ed implodere.

    Quanto al fatto che nessuna variazione genetica significativa sia intervenuta da almeno 100.000 anni in qua, questo è confermato dai ritrovamenti dei paleontologi, e - se mai ce ne fosse bisogno - dalla semplice controprova che enunciavo poc'anzi: un aborigeno "civilizzato" (cioè nato e cresciuto in una moderna metropoli), figlio di aborigeni che fino alla generazione precedente abbiano vissuto allo stadio dell'"età della pietra", è in grado di provare emozioni, sviluppare un QI e mostrare abilità esattamente allo stesso modo di noialtri, "figli" di Galileo e di Newton.
    Questo non dimostra affatto che la "natura umana" sarebbe insignificante rispetto ai condizionamenti culturali (prova ad insegnare ad uno scimpanzé la matematica o a sviluppare un linguaggio...), ma proprio che la "natura" dell'uomo dell'età della pietra era ed è identica alla nostra, permettendogli di fare tutto ciò che facciamo noi.

    Quanto al numero di geni che si sono modificati, bisognerebbe sempre tenere in considerazione che enormi quantità di geni (almeno il 90%) portano istruzioni biologiche "nulle", e possono variare senza alcuna conseguenza (sono infatti definiti "junk-genes"). E invece pochi geni (uno solo, nel caso di alcune malattie ereditarie molto rare) possono determinare enormi e gravissime conseguenze per l'individuo.
    Quello che è certo è che la "distanza genetica" tra due individui si può misurare (anche) con la loro "capacità di ibridazione" (se cioè essi siano in grado di procreare una progenie "fertile" o meno).
    Nel caso del cavallo e dell'asino, che sono due razze distinte (benché evoluzionisticamente assai vicine), essi possono ancora ibridarsi ma danno luogo a una progenie "sterile" (il mulo).
    Tutte le popolazioni umane possono invece indifferentemente ibridarsi, dando luogo a una progenie fertile. A dimostrazione del fatto che non esistono biologicamente diverse "razze" umane, ma solo una (homo sapiens sapiens) e che la distanza genetica, anche tra un aborigeno ed un cittadino di Stoccolma, è evoluzionisticamente insignificante.


    Lorenzo

    Edited by ventiluglio - 8/10/2006, 14:47
     
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    CITAZIONE (ventiluglio @ 6/10/2006, 15:31)
    Tratto comune di tutte le Utopie anti-umane pseudo-progressiste (dal Marxismo al Femminismo, tanto per fare due esempi comprensibili) è infatti proprio quello di voler a tutti i costi recidere le radici sociali, storiche e naturali dell'individuo, creare un "uomo nuovo", plasmato sulla base dei propri dogmatici ed ideologici assunti.
    Ma è proprio quando questi assunti non tengono conto dell'invariabilità della Natura Umana e delle sue autentiche caratteristiche (l'istinto alla proprietà privata, ad esempio, nel caso del marxismo, o l'istinto alla definizione di "ruoli" sociali in base al sesso, nel caso del femminismo), che essi determinano alla fine solo gravi storture sociali, che prima o poi li fanno collassare ed implodere.
    Nel caso del cavallo e dell'asino, che sono due razze distinte (benché evoluzionisticamente assai vicine), essi posso ibridarsi ma danno luogo a una progenie "sterile" (il mulo)

    Il nostro comportamento attuale è diverso da quello di 100.000 anni fa, in quanto è diversa la società in cui cresciamo. E' certo che le utopie che vorrebbero un Uomo ideale e anche invariabile sono dannose.
    Certo che esiste una natura umana se no noi saremo fatti manco di aria, pure l'aria ha una sua struttura e natura, però la nostra natura è un qualcosa di molto complesso e niente affatto univoco. Alla nascita abbiamo si delle predisposizioni ma gran parte, se non la maggior parte, di queste sono contraddittorie tra loro: esiste per esempio un istinto alla sopravvivenza ma anche un istinto di morte, un istinto alla solidarietà, ma anche all'egoismo e così via. Poi dipende da come veniamo su quali tendenze si sviluppano e quali si riducono.
    Per le razze ciò che tu dici io lo definisco "specie", il termine "razza" spesso indica le popolazioni genetiche all'interno di una stessa specie che comunque sono interfertili. un po' come il pastore tedesco e il barboncino per i cani. Sarebbero un 'intermezzo verso altre specie: se l'isolamento tra razze permane per un certo numero di generazioni c'è la speciazione e le razze diventano specie diverse.

    Edited by Giubizza - 26/9/2008, 11:20
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 6/10/2006, 16:21)
    ma non credo si possa negare che il nostro comportamento attuale sia diverso da qeullo di 100.000 anni fa, in quanto è diversa la società in cui cresciamo. E' certo che le utopie che vorrebbero un Uomo ideale e anche invariavbile sono dannose.
    Certo che esista una natura umana se no noi saremo fatti manco di aria, pure l'aria ha una sua struttura e natura, però la nostra natura è un qualcosa di molto complessoe enient'affatto univoco. Alla nascita abbiamo si delle predisposizioni ma gran parte, se non la maggior parte, di queste sono contraddittorie tra loro: esiste per esempio un istinto alla sopravvivenza ma anche un istinto di morte, un istinto alla solidarietà, ma anche all'egoismo e così via. Poi dipende da come veniamo su quali tendenze si sviluppano e quali si riducono.

    Stai in pratica sostenendo uno dei pilastri del pensiero femminista: la natura umana di uomini e donne è identica (cioè non esiste), dunque tutto si ridurrebbe ai condizionamenti culturali, che possono essere indefinitivamente arbitrari.
    Cresci un maschio con bambole e merletti ed avrai, da adulto, una "donna".
    Cresci una femmina con pistole e automobiline ed avrai, da adulta, un "uomo".

    Ebbene questa tesi, che pone una netta, fisiologica separazione (se non addirittura una radicale contrapposizione, nel caso della cosiddetta "cultura patriarcale"), tra Natura e Cultura - in auge per diversi decenni - è oggi superata perché smentita da innumerevoli osservazioni, prove, e fatti incontrovertibili. Questi dimostrano non solo che Natura e Cultura, nelle società "sane", non sono mai in contrapposiizione, ma anche che i condizionamenti naturali sono assai più forti di quelli sociali e culturali, e che esistono due specificamente diverse "nature" per uomini e donne.

    Questa radicale diversità dei sessi può certamente essere ridotta con intrusive e totalitarie opere di ingegneria sociale, miranti all'omologazione dei generi (per vari scopi: ideologici o utilitarstici, come nel caso della produttività consumistica citata se non erro da Ermellino), ma è un'operazione alla lunga fallimentare e controproducente, perché comporta costi altissimi per la salute psicofisica degli individui (in questo senso la crescente "sterilità" dell'Occidente moderno potrebbe esserne un'efficace spia) ed alla fine la Natura distinta dei due sessi sempre prevale.

    Per questo ti rimandavo alla lettura de "La Regina Rossa". Perché a conforto di questo si dovrebbero enumerare tutta una serie di ragionamenti e osservazioni molto specialistiche e tecniche, che troveresti meglio espresse nelle parole di un autentico divulgatore scientifico come Matt Ridley.
     
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    CITAZIONE (ventiluglio @ 6/10/2006, 16:52)
    Stai in pratica sostenendo uno dei pilastri del pensiero femminista: la natura umana di uomini e donne è identica (cioè non esiste), dunque tutto si ridurrebbe ai condizionamenti culturali, che possono essere indefinitivamente arbitrari.
    Cresci un maschio con bambole e merletti ed avrai, da adulto, una "donna".
    Cresci una femmina con pistole e automobiline ed avrai, da adulta, un "uomo".

    A dire il vero non me la sento né di confermare né di negare.

    Edited by Giubizza - 26/9/2008, 11:52
     
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  7. silverback
     
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    Giubizza, lo so che costano, ma ti consiglio ugualmente la lettura di altri due libri (se lo vorrai, ovvio), cioè questi:
    "CHI SIAMO - La storia della diversità umana"; di Luca e Francesco Cavalli-Sforza.
    http://www.bur.it/2001/new_829a.htm
    "TABULA RASA - Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali"; di Steven Pinker.
    http://www.cicap.org/prometeo/lb_3422.php
     
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  8. ventiluglio
     
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    Rileggendo l'intervento di Mustela_Erminea, mi rendo conto solo adesso di quanto sia acuto e centrato. Davvero perfetto.
    Gli faccio i miei complimenti.


    Lorenzo
     
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    CITAZIONE (ventiluglio @ 6/10/2006, 16:52)
    Ebbene questa tesi, che pone una netta, fisiologica separazione (se non addirittura una radicale contrapposizione, nel caso della cosiddetta "cultura patriarcale"), tra Natura e Cultura - in auge per diversi decenni - è oggi superata perché smentita da innumerevoli osservazioni, prove, e fatti incontrovertibili. Questi dimostrano non solo che Natura e Cultura, nelle società "sane", non sono mai in contrapposiizione, ma anche che i condizionamenti naturali sono assai più forti di quelli sociali e culturali, e che esistono due specificamente diverse "nature" per uomini e donne.

    No, al contrario: credo proprio che natura e cultura siano due facce di una stessa medaglia. Credo però altresì che questa medaglia, questo sistema complesso, possa prendere svaraite forme.

    Edited by Giubizza - 26/9/2008, 11:52
     
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  10. animus
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 4/10/2006, 11:03)
    CITAZIONE (Mustela_Erminea @ 3/10/2006, 19:02)
    Giubizza,

    credo che tu parta da un presupposto che è fondamentalmente sbagliato.
    Vuoi definire tutto scientificamente, ma devi renderti conto che esistono cose nella vita che non si possono definire con precisione assoluta.

    Cara....

    Cara????

    Tu credi che dietro a Mustela , ci sia un donna??
    Hai le idee piu' confuse di quanto sostieni........:D


    CITAZIONE (Mustela_Erminea @ 5/10/2006, 23:38)
    Io ho scritto che il tentativo di G. di definire le differenze di genere attraverso il metodo scientifico è inutile.
    Mi scuso : ho utilizzato un termine sbagliato.
    Il termine esatto è impotente.
    La scienza è impotente nel definire le differenze di genere.

    Questo non è vero, infatti si puo', ad esempio, dimostrare che l'istinto materno non solo esiste (sempre piu' spesso si sente dire che non esiste), me che è anche una conseguenza biologica, e quindi, naturale e non sociale, e questo , è alla base delle differenze di genere.
     
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    In un nuemro di Le Scienze era scritto che alcuni cuccioli di cercopitechi tra i giocattoli che i ricercatori mettevano loro a disposizione, i maschi sceglievano macchinine e pistole e le femmine le bambole
    Mi chiedo che se ne fa un cucciolo maschio di una macchinina e di una pistola giocattolo e un femmna di una bambola. :lol:

    Edited by Giubizza - 26/9/2008, 11:51
     
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  12. animus
     
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    Vedi Giubizza,

    pochi uomini hanno la lucidità per scrivere quello che ha scritto "l'ermellino", figuriamoci quante sarebbero le donne in grado di farlo?

    E poi anch'io mi firmo su altri forum con un nick femminile, ma da li, a pensare che sono una donna.........ce ne passa!!
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 7/10/2006, 11:14)
    guarda che il femminismo (ma io lo chiamerei femminocentrismo), perlomeno quello di più recente generazione, erige come suo perno proprio la differenza di genre. Solo in chiave ideologica: tutto viene presentato in modo che le donne risultino più forti, più intelligenti, più mature, più tutto degli uomini.
    Prendi per esempio riviste come L'Espresso o "scientifiche" come Focus, quante volte vedi apparire un titolo del tipo "Sono loro il sesso forte" o "Non è lui il sesso forte" e coglionaggini del genere?
    Ma come si giustifica il fatto che i posti di potere e di pretigio sono in mano agli uomini? E' un paradosso: la donna è superiore ma occupa posti inferiori, l'uomo è inferiore ma occupa posti superiori. Ecco che entra in gioco la convenzione sociale.
    Le donne quindi sarebbero vittime di una società di pregiudizi che soffocherebbe la loro superiorità
    Quindi il "femminismo" fa suoe le differenze di genere, ma volte a denigrare il maschile. [...]

    Scusa ma anche secondo me le cose non stanno esattamente così.
    Il principio era all'incirca:
    "...uomo e donna sono uguali, non esistono differenze legate ad una diversa natura (negazione delle differenze naturali), bensì tali differenze sono da attribuirsi esclusivamente ad un costrutto sociale e culturale. Dato questo presupposto, dobbiamo perciò influenzare e modificare il comune sentire e la società stessa, in modo da annullare tali differenze (culturali e sociali), per ripristinare così il vero ordine naturale delle cose...per realizzare ciò è necessario quindi abbassare l'uomo ed innalzare la donna... "
    Ovviamente una tale teoria è assolutamente perversa, e lo è proprio perchè parte da un presupposto assolutamente errato, quello secondo cui non esistono differenze naturali significative, e quindi nessun ruolo, etc..
     
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  14. animus
     
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    CITAZIONE (Giubizza @ 9/10/2006, 12:17)
    CITAZIONE (animus @ 7/10/2006, 11:45)
    pochi uomini hanno la lucidità per scrivere quello che ha scritto "l'ermellino", figuriamoci quante sarebbero le donne in grado di farlo?

    vabbé, però a parte l'ironia, non è che poi le donne siano sceme....

    Sì, ma anche i delfini sono intelligenti.... :P

    Cmq di donne valide ce ne sono, solo, sono troppo poche.
     
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  15. silverback
     
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    CITAZIONE (ventiluglio @ 6/10/2006, 02:20)
    CITAZIONE (Giubizza @ 5/10/2006, 10:11)
    50 milioni di anni fa eravamo scoiattoli che si arrampicavano sugli alberi, poi siamo divenuti quadrumani arboricoli e poi bipedi della savana. Siamo passati a uno stadio di cacciatori e raccoglitori a quello di agricoltori e allevatori, per poi diventare commercianti, industriali, finanzieri, impiegati, operai e web designer. La nostra “natura”, la nostra struttura psicofisica si è continuamente mutata profondamente per adeguarsi a nuovi contesti e nuove situazioni. La storia insegna che è l’ambiente a plasmare l’essere e non viceversa. E che fa parte della nostra “natura” e della “natura” in generale il continuo cambiamento. Così tra 4 o 5 generazioni saremo diverso da adesso, come ora siamo diversi rispetto a 4° 5 generazioni fa.

    Questo che dici non è esatto.
    La natura ("struttura psicofisica") di un uomo dell'Età della Pietra (un homo sapiens sapiens di 100.000 anni fa) e quella di un uomo del ventunesimo secolo sono assolutamente identiche. Identiche sono le pulsioni, le capacità intellettive, oltre che la conformazione fisica.
    Se per ipotesi un homo sapiens sapiens venisse catapultato in una delle nostre metropoli, e girasse per strada sbarbato, ripulito ed abbigliato con t-shirt e blue jeans, nessun indizio ci segnalerebbe che egli proviene da un'epoca a noi lontanissima e nulla ci permetterebbe di riconoscerlo come tale.

    D'altra parte degli "uomini dell'età della Pietra" sono ancora oggi tra noi. Sono gli ultimi individui che vivono ancora in quello stadio di sviluppo tecnologico, sperduti nei più remoti angoli del mondo, con modalità di vita del tutto identiche a quelle dei sapiens sapiens di 100.000 anni fa.
    Fai nascere e crescere in una metropoli moderna il figlio di un "uomo della Pietra" di una regione isolata ed inesplorata della Papua Nuova Guinea, e verficherai che nessuna differenza "psicofisica" (appunto), nessun diverso QI o abilità di alcun tipo lo separa da noi.
    Un aborigeno è in grado di pilotare un jet o svolgere esperimenti sofisticatissimi a bordo di una navetta spaziale, esattamente come noi, "figli" di Galileo e di Newton.

    Detto in altri termini, è noto che nessuna significativa mutazione/evoluzione genetica è intervenuta nell'uomo da almeno 100.000 anni in qua, se si escludono i banali - e geneticamente pochissimo significativi (benché appariscenti) - adattamenti alle condizioni climatiche (colore della pelle, degli occhi, ecc.).

    In questo senso è assolutamente falso e fuorviante pensare che l'uomo di oggi stia "adattandosi" geneticamente (cioè "plasmandosi") ad una società che muta sempre più velocemente, da una generazione all'altra.
    L'uomo è infatti da sempre una delle specie più "adattabili" del pianeta (qui la chiave del suo successo evolutivo), ma questo grazie all'importanza che negli uomini hanno l'apprendimento e la socializzazione, rispetto al puro Istinto.

    Questi cambiamenti a cui l'uomo si piega riguardano perciò solo la parte più superficiale ("culturale", appunto) dell'essere, non certo i suoi istinti, le sue pulsioni profonde, perché la sua "natura" è e rimane del tutto immutata da centinaia di migliaia di anni.

    I tempi delle mutazioni genetiche umane si musurano in "Ere" di centinaia di migliaia (se non milioni) di anni.
    I tempi dei cambiamenti sociali umani si misurano in poche (o anche solo una) generazioni.

    Questo è un concetto che ritengo assolutamente fondamentale, e che non è mai superfluo ricordare.

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