La bufala dell' 8 MARZO

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  1. bartali
     
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    CITAZIONE (lelen @ 3/3/2008, 22:56)
    Le donne invece che sono morte si presume, in quella maldetta fabbrica sono vittime di due carnefici:
    il maschilismo,

    :-------:

    Ma non era il patriarcato? :D
     
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  2. tonireve
     
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    CITAZIONE
    Giusto Toni. Ma si tratta di tragedie con responsabilità diverse: i morti sul lavoro sono (disgrazie a parte) la conseguenza dell'avidità mpadronale e rispecchiano una disparità di classe. Le donne invece che sono morte si presume, in quella maldetta fabbrica sono vittime di due carnefici:
    il maschilismo, da non confondere semplicemente con l'uomo, che lede la dignità femminile e il padrone che se ne frega dei diritti delle operaie.

    Insomma il maschilismo tocca infilarcelo sempre, pure dove palesemente c' entra quanto i rutti in una fuga di Bach.
    E comunque, i morti sul lavoro (ribadisco, in stragrande maggioranza uomini) sono dovuti essenzialmente al fatto che LA VITA DI UN ESSERE UMANO DI SESSO MASCHILE, SE NON HA IL PORTAFOGLIO A FISARMONICA, NELLA NOSTRA SOCIETA' VALE INFINITAMENTE MENO DI CIO' CHE PRODUCE.
    Conta più il fustino di detersivo della vita dell' operaio che lo produce (se è maschio, e di solito lo è).
    Questi sono i fatti.
    Poi ci sono le fregnacce da Costanzo show e le lacrime di coccodrillo.
    Ma a me fanno schifo sia le une che le altre.
     
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  3. Milo Riano
     
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    Già postata? :unsure:

    http://www.tempi.it/archivio_dett.aspx?idarchivio=2368

    La favola dell’8 marzo. Atto II

    La festa dell’8 marzo, che in Italia si tramanda di anno in anno con l’immutabilità delle leggende, narra della lotta di classe, dello sfruttamento capitalista, del diritto al lavoro e, immancabilmente, dell’iniquità della società americana

    di Nucci Alessandra

    La festa dell’8 marzo, che in Italia si tramanda di anno in anno con l’immutabilità delle leggende, narra della lotta di classe, dello sfruttamento capitalista, del diritto al lavoro e, immancabilmente, dell’iniquità della società americana. Si tratta però di una mitologia indotta, un misto di fatti veri e meno veri ricostruiti con fantasia dal movimento sindacale, in piena Guerra Fredda, per dare corpo all’ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista. La storia vera infatti è molto più articolata della sola iniziativa che si vuole lanciata da Clara Zetkin a Copenhagen nel 1910. L’incendio della Triangle Shirtwaist Factory di New York fu tragedia vera e immane, ma non fu riconducibile né a scioperi né a serrate, fece vittime anche fra gli uomini e oltretutto avvenne nel 1911, un anno dopo il supposto “proclama”. Nella minuziosa ricostruzione storica offerta dal libro “8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna” di Tilde Capomazza e Marisa Ombra (ed. Utopia, Roma, 1991), si scopre che la data dell’8 marzo fu stabilita a Mosca nel 1921, durante la “Seconda conferenza delle donne comuniste”. Svoltasi all’interno della III Internazionale comunista, la conferenza decise di stabilire quella data come “Giornata internazionale dell’operaia” in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo. La “Festa della donna” fu istituita quindi nel quadro ideologico e politico che vedeva i paesi comunisti di tutto il mondo uniti per la rivoluzione del proletariato, sotto la guida dell’Unione Sovietica. Perché allora questo fatto non viene tramandato ogni 8 marzo? Per capirlo bisogna andare alle radici del femminismo, che non nasce dalle lotte del proletariato ma dalle donne del ceto medio, che già dalla metà dell’800 avevano cominciato a mobilitarsi per il diritto di voto. Quando poi, al volgere del XX secolo, venne fondato il Partito Socialista internazionale, le sue donne si divisero fra quelle disposte ad allearsi con le femministe “borghesi”, e quelle che invece ritenevano che, come scrisse nel 1910 L’Avanti!, «il proletariato femminile non può schierarsi col femminismo delle donne borghesi [….] per ottenere quelle riforme civili e giuridiche che le tolgano alla tutela e alla dipendenza dall’uomo. Questa emancipazione di sesso non scuote e può piuttosto rafforzare i cardini della presente società economica: proprietà privata e sfruttamento di classe». In poche parole le donne di sinistra accusavano le borghesi di «non attaccare a fondo l’istituto familiare, luogo privilegiato di oppressione della donna». Questa divisione può spiegare la ricostruzione dell’8 marzo come iniziativa di protesta per il terribile incendio di New York, il cui taglio anti-americano risultava tanto più efficace quanto più ne rimaneva nascosta la radice sovietica. Questa versione fu riportata infatti per la prima volta in Italia dal settimanale La lotta, edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano. Era il 1952, e quell’anno l’Unione Donne Italiane, settore femminile della Cgil, distribuì alle sue iscritte una valanga di librettini minuscoli, 4 cm x 6, da attaccare agli abiti insieme a una mimosa. Nel libretto c’era un resoconto dell’incendio di New York. Due anni dopo, il settimanale della Cgil, Il lavoro, perfezionò il racconto con un fotomontaggio che ritrae un signore arcigno in bombetta dal nome inventato che si fa largo fra masse di donne tenute indietro dalla polizia. Così la data dell’8 marzo si è diffusa a tappe alterne, soprattutto in Europa. In alcuni paesi è salita alla ribalta solo da pochi anni. Negli Stati Uniti, dove le manifestazioni delle donne hanno sempre incluso le più svariate associazioni femminili, le donne socialiste tenevano già una “Festa della donna” nel 1908, che però non è mai diventato un appuntamento diffuso. È da pochissimo che si tenta di far acquistare visibilità in USA all’“International Women’s Day”. Nonostante infatti la crescente pubblicistica degli studi femminili, presenti in tutti gli atenei, il livello di attenzione del pubblico per l’8 marzo continua ad essere quasi del tutto inesistente.

     
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  4. silverback
     
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    CITAZIONE (Reduan @ 3/3/2008, 00:48)
    Up.
    Un nuovo 8 marzo si avvicina...

    Sì, e dalle mie parti "si festeggerà" con i California Dream Men...
    http://www.abacab.it/news.php
     
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  5. lelen
     
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    CITAZIONE (silverback,7/3/2008 @ 13:12
    Sì, e dalle mie parti "si festeggerà" con i California Dream Men...
    [URL=http://www.abacab.it/news.php)

    E queste voi me le chiamate femministe?!
    Definirle femminstoidi é già troppo!
     
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  6. Volpe_Argentata_37
     
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    CITAZIONE (lelen @ 3/3/2008, 22:56)
    CITAZIONE (tonireve @ 3/3/2008, 13:09)
    Già.
    E' per questo che vorrei vedere dare la stessa rilevanza al 14 ottobre, ovvero la giornata in cui si ricordano tutte le vittime del lavoro, che sono in stragrande maggioranza uomini.

    Giusto Toni. Ma si tratta di tragedie con responsabilità diverse: i morti sul lavoro sono (disgrazie a parte) la conseguenza dell'avidità mpadronale e rispecchiano una disparità di classe. Le donne invece che sono morte si presume, in quella maldetta fabbrica sono vittime di due carnefici:
    il maschilismo, da non confondere semplicemente con l'uomo, che lede la dignità femminile e il padrone che se ne frega dei diritti delle operaie.

    Quindi a tuo avviso gli operai di Molfetta hanno qualche speranza di resuscitare perchè essendo uomini muoiono una sola volta a differenza della donne che sul posto del lavoro crepano due volte essendo vittime, in quanto donne, di due carnefici?
     
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  7. Guit
     
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    CITAZIONE (lelen @ 3/3/2008, 22:56)
    Giusto Toni. Ma si tratta di tragedie con responsabilità diverse: i morti sul lavoro sono (disgrazie a parte) la conseguenza dell'avidità mpadronale e rispecchiano una disparità di classe. Le donne invece che sono morte si presume, in quella maldetta fabbrica sono vittime di due carnefici:
    il maschilismo, da non confondere semplicemente con l'uomo, che lede la dignità femminile e il padrone che se ne frega dei diritti delle operaie.

    Ma no. No. No. No. No.

    Stiamo all'anno zero.

    Non tiene. E' assurdo, inconsistente, per nulla equidistante. Un giudizio inquinato e sincronico.

    Questo è leggere la storia con una lente verde e dire che il mondo una volta era ricco di vegetazione.



    La morte sul lavoro è un dramma maschile, quindi non è interpretabile solo come condizione di classe ma necessariamente anche come condizione di genere.

    Condizione di genere maschile, non femminile.

    Questa società uccide maschi sul lavoro, non femmine.

    Se le femmine muoiono nelle fabbriche per maschilismo allora, i maschi muoiono nelle fabbriche per femminismo.

    Visto che ci muoiono più uomini, l'indicatore pende per una società più femminista che maschilista.


    L'ipocrisia della propaganda femminista è riuscita a rivoltare l'evidenza storica, solo per prevaricare sugli uomini. Non certo per giustizia.

     
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  8. adangwin
     
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    CITAZIONE
    La morte sul lavoro è un dramma maschile, quindi non è interpretabile solo come condizione di classe ma necessariamente anche come condizione di genere.

    Condizione di genere maschile, non femminile.

    Questa società uccide maschi sul lavoro, non femmine.

    Se le femmine muoiono nelle fabbriche per maschilismo allora, i maschi muoiono nelle fabbriche per femminismo.

    Visto che ci muoiono più uomini, l'indicatore pende per una società più femminista che maschilista.

    L'ipocrisia della propaganda femminista è riuscita a rivoltare l'evidenza storica, solo per prevaricare sugli uomini. Non certo per giustizia.

    E alla viglia dell'otto marzo l'immancabile pugno allo stomaco:

    8 marzo, Inca Cgil: ogni anno 120 donne vittime del lavoro
    http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=507761
     
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  9. Guit
     
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    CITAZIONE (adangwin @ 7/3/2008, 15:52)
    E alla viglia dell'otto marzo l'immancabile pugno allo stomaco:

    8 marzo, Inca Cgil: ogni anno 120 donne vittime del lavoro
    http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=507761

    La solita propaganda per omissione:

    ogni anno 120 donne vittime del lavoro

    ogni anno 1300 persone vittime del lavoro

    1300 persone - 120 donne = 1180 uomini. Visto che i sessi sono due dev'essere per forza così.

    O no ?
     
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  10. bartali
     
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    Già, che faccia di bronzo sti femmicomunisti
     
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    Lupus in fabula

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    CITAZIONE (bartali @ 7/3/2008, 16:07)
    Già, che faccia di bronzo sti femmicomunisti

    Avete notato, specie in questa campagna elettorale, come il femminismo venga associato sempre ed immancabilmente, con comunismo e ambientalismo ?
    ...Questo sembra proprio contraddire la tesi secondo cui il femminismo andrebbe invece a braccetto con consumismo e capitalismo.
    http://questionemaschile.forumfree.net/?t=14897455
     
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  12. Guit
     
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    CITAZIONE (Reduan @ 7/3/2008, 20:45)
    ...Questo sembra proprio contraddire la tesi secondo cui il femminismo andrebbe invece a braccetto con consumismo e capitalismo.

    A meno che il comunismo non sia altro che l'altra faccia della medaglia della società dei consumi.


     
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  13. fsda
     
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    - 8 marzo, una festa inventata
    http://www.spaziostudenti.it/default.asp?pagina=34&sez=203

    C'erano una volta delle operaie tutte lavoro, fede socialista e sindacato; e c'era un padrone cattivo. Un giorno, le lavoratrici si misero in sciopero e si asserragliarono nella fabbrica. Qualcuno (il padrone stesso, a quanto si dice) appiccò il fuoco e 129 donne trovarono atroce morte. Era l'8 marzo 1908, a New York. Due anni dopo, la leggendaria femminista tedesca Clara Zetkin propose, al Congresso socialista di Copenaghen, che l'8 marzo, in ricordo di quelle martiri sociali, fosse proclamato ''giornata internazionale della donna''.

    Storia molto commovente, letta tante volte in libri e in giornali, fatta argomento di comizi, di opuscoli di propaganda, di parole d'ordine per le sfilate e le manifestazioni: prima del femminismo e poi di tutti. Si, storia commovente. Con un solo difetto; che è falsa. Eh già, nessun epico sciopero femminile, nessun incendio si sono verificati un 8 marzo del 1908, a New York. Qui, nel 1911 (quando già la ''Giornata della donna'' era stata istituita), se proprio si vogliono spulciar giornali, bruciò, per cause accidentali, una fabbrica, ci furono dei morti, ma erano di entrambi i sessi. Il sindacalismo e gli scioperi non c'entravano. E neanche il mese di marzo.

    Piuttosto imbarazzante scoprire di recente (e da parte di insospettabili quanto deluse femministe) che il mitico 8 marzo si basa su un falso che, a quanto pare, fu elaborato dalla stampa comunista ai tempi della guerra fredda, inventando persino il numero preciso di donne morte: 129. Ma è anche straordinario constatare quanto sia plagiabile proprio quella cultura che più si dice ''critica'', che guarda con compatimento (per esempio) chi prenda ancora sul serio quelle ''antiche leggende orientali'' che sarebbero il Natale, la Pasqua, le altre ricorrenze cristiane.

    E, dunque, a qualcuno che facesse dell'ironia sulle vostre, di feste e pratiche religiose (messa, processioni, pellegrinaggi), provate a ricordargli quanti 8 marzo ha preso sul serio, senza mai curarsi di andare a controllare che ci fosse dietro.

    Vittorio Messori

    - - -

    - una leggenda (da wikipedia)
    http://it.wikipedia.org/wiki/Giornata_Inte...ale_della_Donna

    " In Italia è molto diffusa una storia che fa risalire l'origine della festa ad un grave incidente avvenuto negli Stati uniti, l'incendio dell'industria tessile Cotton. Questa storia è un falso storico accertato che fu elaborato dalla stampa comunista [...] non esiste alcun tipo di prova e documento che affermi l'esistenza di un fatto storico che confermi l'episodio delle oltre 129 donne bruciate vive in un incendio di una fabbrica dal proprietario perché le donne erano scese in sciopero. [...] Questa storia prende spunto da un reale fatto di cronaca, un incendio avvenuto nel 1911 (quindi dopo, e non prima della tradizionale data di nascita della festa, il 1910), a New York, nella Triangle Shirtwaist Company. Le lavoratrici non erano in sciopero [...] L'incendio, per quanto le condizioni di sicurezza del luogo di lavoro abbiano contribuito non poco al disastro, non fu doloso. Le vittime furono oltre 140, ma non furono tutte donne [...] l'8 Marzo non ha nulla a che fare né con lo sciopero né con l'incendio [...] La versione comunista fu riportata in Italia Nel 1952 da "La lotta", settimanale edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano. L'Unione Donne Italiane distribuì nello stesso anno alle iscritte libretti con un resoconto dell'incendio di New York. Nel 1954 Il Lavoro, settimanale della Cgil aggiunse un fotomontaggio di Mr. Johnson con la bombetta che si fa largo tra la massa di donne tenute dalla polizia. "

    Una "festa" inventata, tratto da Pensare la storia.
    Una lettura cattolica dell'avventura umana, Paoline, Milano 1992

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    - La favola dell’8 marzo.
    http://www.tempi.it/archivio_dett.aspx?idarchivio=2368

    La festa dell’8 marzo, che in Italia si tramanda di anno in anno con l’immutabilità delle leggende, narra della lotta di classe, dello sfruttamento capitalista, del diritto al lavoro e, immancabilmente, dell’iniquità della società americana

    di Nucci Alessandra
    (autrice di "donna ad una dimensione")

    La festa dell’8 marzo, che in Italia si tramanda di anno in anno con l’immutabilità delle leggende, narra della lotta di classe, dello sfruttamento capitalista, del diritto al lavoro e, immancabilmente, dell’iniquità della società americana. Si tratta però di una mitologia indotta, un misto di fatti veri e meno veri ricostruiti con fantasia dal movimento sindacale, in piena Guerra Fredda, per dare corpo all’ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista. La storia vera infatti è molto più articolata della sola iniziativa che si vuole lanciata da Clara Zetkin a Copenhagen nel 1910. L’incendio della Triangle Shirtwaist Factory di New York fu tragedia vera e immane, ma non fu riconducibile né a scioperi né a serrate, fece vittime anche fra gli uomini e oltretutto avvenne nel 1911, un anno dopo il supposto “proclama”. Nella minuziosa ricostruzione storica offerta dal libro “8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna” di Tilde Capomazza e Marisa Ombra (ed. Utopia, Roma, 1991), si scopre che la data dell’8 marzo fu stabilita a Mosca nel 1921, durante la “Seconda conferenza delle donne comuniste”. Svoltasi all’interno della III Internazionale comunista, la conferenza decise di stabilire quella data come “Giornata internazionale dell’operaia” in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo. La “Festa della donna” fu istituita quindi nel quadro ideologico e politico che vedeva i paesi comunisti di tutto il mondo uniti per la rivoluzione del proletariato, sotto la guida dell’Unione Sovietica. Perché allora questo fatto non viene tramandato ogni 8 marzo? Per capirlo bisogna andare alle radici del femminismo, che non nasce dalle lotte del proletariato ma dalle donne del ceto medio, che già dalla metà dell’800 avevano cominciato a mobilitarsi per il diritto di voto. Quando poi, al volgere del XX secolo, venne fondato il Partito Socialista internazionale, le sue donne si divisero fra quelle disposte ad allearsi con le femministe “borghesi”, e quelle che invece ritenevano che, come scrisse nel 1910 L’Avanti!, «il proletariato femminile non può schierarsi col femminismo delle donne borghesi [….] per ottenere quelle riforme civili e giuridiche che le tolgano alla tutela e alla dipendenza dall’uomo. Questa emancipazione di sesso non scuote e può piuttosto rafforzare i cardini della presente società economica: proprietà privata e sfruttamento di classe». In poche parole le donne di sinistra accusavano le borghesi di «non attaccare a fondo l’istituto familiare, luogo privilegiato di oppressione della donna». Questa divisione può spiegare la ricostruzione dell’8 marzo come iniziativa di protesta per il terribile incendio di New York, il cui taglio anti-americano risultava tanto più efficace quanto più ne rimaneva nascosta la radice sovietica. Questa versione fu riportata infatti per la prima volta in Italia dal settimanale La lotta, edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano. Era il 1952, e quell’anno l’Unione Donne Italiane, settore femminile della Cgil, distribuì alle sue iscritte una valanga di librettini minuscoli, 4 cm x 6, da attaccare agli abiti insieme a una mimosa. Nel libretto c’era un resoconto dell’incendio di New York. Due anni dopo, il settimanale della Cgil, Il lavoro, perfezionò il racconto con un fotomontaggio che ritrae un signore arcigno in bombetta dal nome inventato che si fa largo fra masse di donne tenute indietro dalla polizia. Così la data dell’8 marzo si è diffusa a tappe alterne, soprattutto in Europa. In alcuni paesi è salita alla ribalta solo da pochi anni. Negli Stati Uniti, dove le manifestazioni delle donne hanno sempre incluso le più svariate associazioni femminili, le donne socialiste tenevano già una “Festa della donna” nel 1908, che però non è mai diventato un appuntamento diffuso. È da pochissimo che si tenta di far acquistare visibilità in USA all’“International Women’s Day”. Nonostante infatti la crescente pubblicistica degli studi femminili, presenti in tutti gli atenei, il livello di attenzione del pubblico per l’8 marzo continua ad essere quasi del tutto inesistente.
     
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  14. Scienziato apocrifo
     
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    Per onor di cronaca:
    Secondo vio che giorno della settimana era l'8 marzo 1908 ????

    http://cronologia.leonardo.it/calendar.htm

    Attached Image
    8marzo.jpg

     
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  15. silverback
     
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    http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/s...otto-marzo.html
    Rieditato, con un dvd, Storie, miti e riti
    della giornata internazionale della donna. Parlano le autrici
    "La verità sull'8 marzo delle donne
    per quel libro scovato per caso"

    di SILVANA MAZZOCCHI

    "La verità sull'8 marzo delle donne per quel libro scovato per caso"
    SE, NELLA PARIGI del Fronte popolare si distribuivano i mughetti, nel 1946 quando l'Udi, l'Unione donne italiane, si trovò a organizzare il primo 8 marzo dell'Italia libera, le partecipanti alla discussione decisero di optare per le gialle mimose. "A noi giovani romane vennero in mente gli alberi coperti di fiori gialli... pensammo che quel fiore era abbondante e, spesso, disponibile senza pagare...", recita tra l'altro la testimonianza di Marisa Rodano, una delle tante voci raccolte nel bel volume 8 marzo, una storia lunga un secolo, in cui Tilde Capomazza (femminista e programmista televisiva) e Marisa Ombra (ex partigiana e presidente, negli anni Settanta, dell'editrice di Noi donne) ricostruiscono un secolo d'impegno femminile, restituendo dignità e adeguata importanza a una data troppo spesso ridotta a puro rito consumistico.

    Il libro, già uscito nel 1987 con il titolo: Storie, miti e riti della giornata internazionale della donna per la casa editrice di nicchia Utopia e presto andato esaurito, esce ora per Jacobelli con una nuova edizione impreziosita dal Dvd originale, (anche questo introvabile fin dal 1988), che intreccia rare immagini storiche con le interviste e le testimonianze di alcune protagoniste della politica italiana degli ultimi cinquant'anni. Un documento molto utile per comprendere il vero significato dell'8 marzo e, dunque, per incentivare l'indispensabile passaggio di memoria tra le generazioni.

    E' ricco di notizie e di ricostruzioni storiche il lavoro di Capomazza e Ombra. E, già all'epoca, fece scalpore soprattutto una scoperta: il fatto che non fosse in realtà basata su alcun dato certo la convinzione comune che Clara Zetkin, nel 1910, avesse scelto l'8 marzo per ricordare le operaie americane morte due anni prima durante un incendio avvenuto nel corso di uno sciopero. E come, invece, fosse provato da una ricca documentazione che, a fissare il giorno delle donne all'8 marzo, fosse stata la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 "per ricordare una manifestazione di donne con cui si era avviatala prima fase della rivoluzione russa".

    IL VIDEO

    Tilde Capomazza, il vostro libro ha sfatato la leggenda che l'8 marzo sia nato per ricordare la morte delle operaie americane nell'incendio del 1908. Come lo avete accertato?
    "Potrei dire 'per puro caso', ma in realtà fu la tappa felice di una ricerca che cominciata nel 1985 durò due anni: Marisa Ombra passava giornate in vari archivi, io sfogliavo libri, le poche riviste storiche esistenti; Internet allora per noi ancora non esisteva. Un giorno alla storica libreria delle donne 'Al tempo ritrovato' a piazza Farnese, a Roma, chiesi a Maria Luisa Moretti se per caso le fosse mai passato tra le mani qualche libro o rivista che parlasse della Giornata della donna, anche in lingua straniera, magari. Lei si mise a pensare, poi, rivolta a Simone, sua partner nella gestione della libreria, disse: 'Guarda un po' su quello scaffale ... ti ricordi quando venne una ragazza francese e ci lasciò un libro?' Simone non ricordava, ma cercò e trovò quel libro. Mancò poco che non svenissi. Titolo 'La journée internationale des femmes. La clef des énigmes, la verité historique'. Autrice Renée Coté , canadese del Quebèc, quindi di lingua francese. Era un libro farraginoso, ma ricco di riproduzioni, di citazioni, di appunti relativi alla confusa storia della Giornata, tutta interna al Movimento socialista internazionale e successivamente alla Internazionale comunista. Fu lì che scoprimmo che di incendio non si parlava affatto, ma decisiva fu la lettura degli atti della Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen 1910 dove di Gdd si parlò ma non di incendi... La giornata, dopo vari tentativi fatti da Clara Zetkin fu poi approvata a Mosca nel 1921 , definita giornata dell'operaia, e ispirata alla rivolta delle donne di Pietrogrado contro lo zarismo avvenuta il 23 febbraio 1917( corrispondente nel nostro calendario gregoriano all'8 marzo)".

    Il libro e il dvd raccontano i 50 anni di questa ricorrenza. Qual è, oggi, il significato dell'8 marzo?
    "Il libro per la verità, uscito nel 1987 cioè 21 anni fa, non aveva alcun intento celebrativo di una ricorrenza. Ci eravamo buttate in questa impresa Marisa ed io, non storiche, ma militanti del Movimento con percorsi diversi, perché avvertivamo che le manifestazioni dell'8 marzo stavano perdendo di forza, di efficacia, al limite, di senso. E pensammo di ripercorrerne la storia per capire cosa aveva spinto le donne che ci avevano precedute a costruire questo appuntamento annuale di lunga durata che aveva certamente prodotto importanti esiti. Era il caso di mollarlo o era bene rifletterci? Scegliemmo la seconda via scoprendo eventi impensati. Ma di tutto questo l'unica cosa che colpì la stampa fu la cancellazione dell'incendio e pareva che, con quella scoperta, avessimo voluto cancellare addirittura la giornata".

    Qual è il testimone che la generazione del femminismo e del Movimento ha trasmesso alle ragazze di oggi?
    "Noi abbiamo studiato e scritto di quel filo affascinante che ha attraversato la storia del Movimento e che ha portato attraverso le piazze d'Italia le proteste, le denunce e le richieste che le militanti intendevano far conoscere sia alle altre donne , sia ai vari governi. Ma non abbiamo fatto storia del Movimento, anche se abbiamo dovuto attraversarlo. Sull'argomento le opinioni delle donne che sono state soggetti attivi possono essere molto diverse. Noi due, con il nostro lavoro, abbiamo voluto fare memoria storica di questo appuntamento annuale ricco di eventi, di sofferenze, di allegria, di grande impegno che è stato il prodotto di un soggetto collettivo molto forte e che ha impegnato ogni donna che ne faceva parte".

    "Al mito dell'incendio che ha avuto una funzione aggregante agli inizi, abbiamo sostituito la storia di questi soggetti reali che si sono fatti carico per sé e per tutte le donne di un processo di emancipazione e liberazione che deve continuare. Di fronte alla commercializzazione e volgarizzazione dell'8 marzo, noi proponiamo una riflessione sulla storia, molto gradevole nel dvd, molto avvincente nel libro. Questo è il nostro testimone e speriamo che passi in più mani lasciando tracce ispiratrici di nuovi impegni".

    Tilde Capomazza, Marisa Ombra
    8 marzo, una storia lunga un secolo
    Prefazione di Loredana Lipperini
    Jacobelli editore
    Cofanetto libro*dvd, euro 19,50

    (7 marzo 2009)
     
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